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La nuova disciplina del credito immobiliare ai consumatori

4 Novembre 2016

Avv. Fabio Civale, Studio Legale Civale Associati

Di cosa si parla in questo articolo

Sommario: 1. L’ulteriore scissione parziale della disciplina di trasparenza bancaria. – 2. Ambito di applicazione. – 3. Obblighi pre-contrattuali. – 4. Obblighi di informazione degli intermediari del credito ed ulteriori modifiche al decreto legislativo 141/2010. – 5. Verifica del merito di credito. – 6. Valutazione dei beni immobili. – 7. Servizi di consulenza. – 8. Finanziamenti in valuta. – 9. Inadempimento del cliente – patto marciamo. – 10. Pratiche di commercializzazione abbinata.

 

1. L’ulteriore scissione parziale della disciplina di trasparenza bancaria

In data 20 maggio 2015 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 21 aprile 2016, n. 72 (c.d. “Decreto Mutui”) [1] di attuazione della direttiva 2014/17/UE (c.d. “Mortgage Credit Directive”).

La Banca d’Italia, dopo brevi consultazioni avviate nei mesi di luglio e agosto 2016, ha adottato le disposizioni di attuazione in tema di trasparenza dei contratti di credito immobiliare ai consumatori, verifica del merito creditizio e valutazione dei beni immobili.

Prima di addentrarci nelle pieghe e nei risvolti, anche pratici ed operativi, della nuova disciplina dei contratti di credito immobiliare ai consumatori, non può non rilevarsi come il recepimento della Direttiva 2014/17/UE abbia ulteriormente ampliato quel fenomeno che ebbi a definire di “scissione parziale” (2] della disciplina di trasparenza bancaria che risulta, oggi, strutturata in quattro (sotto) regimi retti dalla chiave di volta di cui all’art. 115, comma 3, del TUB [3].

La tutela, informativa e conformativa, di per sé necessaria per (quasi) tutti i clienti, risulta essere oggi ulteriormente modulata in funzione delle diverse categorie di clienti (consumatori, clienti al dettaglio, microimprese, ecc.), nonché dei distinti prodotti e servizi bancari ai quali, ritengo, non possono che accedere regole diverse e graduate in funzione delle caratteristiche dei prodotti e servizi e delle connesse esigenze di tutela della clientela e di efficienza dei relativi mercati.

2. Ambito di applicazione

Il Decreto Mutui reca importanti novità con riferimento alla disciplina dei contratti di credito immobiliare ai consumatori, nonché con riferimento alla disciplina degli intermediari del credito (agenti in attività finanziaria, mediatori creditizi, ecc.).

Il Testo Unico Bancario risulta integrato mediante l’introduzione di un nuovo Capo I bis che si inserisce nel Titolo VI ed è rubricato “credito immobiliare ai consumatori”. Risulta altresì integrato e modificato il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141 per quanto concerne la disciplina degli intermediari del credito (agenti in attività finanziaria e mediatori creditizi, ecc.).

Sotto il profilo soggettivo, la nuova disciplina si applica ai rapporti con i consumatori [4].

Sotto il profilo oggettivo, la nuova disciplina si applica ai contratti di credito “con cui un finanziatore concede o si impegna a concedere a un consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria, quando il credito è garantito da un’ipoteca sul diritto di proprietà o su altro diritto reale avente a oggetto beni immobili residenziali oè finalizzato all’acquisto o alla conservazione del diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o progettato” [5].

La nuova disciplina di cui al Capo I bis del Titolo VI del TUB, pertanto, si applica ai contratti di credito ai consumatori:

  • garantiti da ipoteca su un immobile residenziale;
  • finalizzati all’acquisto o alla conservazione del diritto di proprietà [6] su un terreno o su un immobile edificato o progettato.

Non è richiesto, di per sé, che il finanziamento sia sempre destinato all’acquisto di un immobile residenziale, essendo di per sé sufficiente, ai fini dell’applicabilità della disciplina del credito immobiliare ai consumatori, che i contratti di credito siano garantiti da ipoteca su un immobile residenziale, indipendentemente dalla finalità e destinazione dello stesso credito [7].

Il legislatore italiano, in sede di recepimento, sembrerebbe inoltre essersi avvalso della facoltà di estendere la disciplina qui in esame anche ai contratti di credito relativi a beni immobili diversi da quelli “residenziali”, quali ad esempio un box o un terreno [8]. Tali (secondi) contratti di credito, “finalizzati” all’acquisto o alla conservazione del diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o progettato, possono essere assistiti da garanzia reale o personale, ovvero possono avere natura chirografaria.

Risultano, di contro, esclusi dalla disciplina qui in esame i contratti di credito non garantiti finalizzati alla ristrutturazione di un bene immobile residenziale [9]. A tali finanziamenti di ristrutturazione di beni immobili residenziali si applicheranno le norme in tema di “credito ai consumatori” di cui al Capo II del Titolo VI del TUB e ciò anche quando siano di importo superiore ad Euro 75.000 [10].

L’ampia definizione normativa induce a ritenere ricompresi nell’ambito di applicazione della nuova disciplina i contratti di credito immobiliare rivolti ai consumatori che assumono le forme tecniche di mutui ipotecari, credito fondiario, aperture di credito ipotecarie di durata superiore ad un mese, leasing abitativo introdotto dalla legge 28 dicembre 2015 n. 208 (c.d. Legge di Stabilità 2016).

Di contro, risultano esclusi dalla disciplina qui in esame i contratti di credito richiamati nell’art. 120-sexies del TUB [11].

3. Obblighi pre-contrattuali

In tema di contratti di credito immobiliare ai consumatori, il Decreto Mutui introduce una specifica disciplina degli annunci pubblicitari [12], nonché un complesso sistema di obblighi e presidi precontrattuali che disegnano un nuovo processo di interlocuzione tra finanziatore e cliente e che impongono al finanziatore, anche avvalendosi degli intermediari del credito, di:

  • mettere a disposizione del consumatore un documento contenente informazioni generali chiare e comprensibili;
  • consegnare al consumatore il P.I.E.S. contenente informazioni personalizzate necessarie per consentire il confronto delle diverse offerte di credito sul mercato;
  • concedere al consumatore un periodo di riflessione di almeno sette giorni previa offerta vincolante formulata dal finanziatore e che deve includere la bozza del contratto di credito;
  • fornire al consumatore chiarimenti adeguati sui contratti di credito ed eventuali servizi accessori proposti.

Occorre rilevare che, ai sensi dell’art. 120-noviesdecies, comma 2, del TUB il “finanziatore e l’intermediario del credito forniscono gratuitamente ai consumatori le informazioni” in tema di contratti di credito immobiliare ai consumatori, ciò anche in deroga al regime delle spese addebitabili di cui all’art. 127-bis del TUB [13]. Tale regime di gratuità, i cui esatti confini risultano ancora poco definiti, sembrerebbe attenere unicamente alle informazioni previste dalla disciplina del credito immobiliare ai consumatori.

Addentrandoci nel nuovo processo di interlocuzione tra finanziatore e consumatore, occorre in primo luogo considerare che, in qualsiasi momento, il finanziatore e l’intermediario del credito devono mettere a disposizione del consumatore un documento, su supporto cartaceo o su altro supporto durevole, contenente informazioni generali, chiare e comprensibili, sui contratti di credito offerti [14]. La finalità precipua della messa a disposizione del documento contenente le informazioni generali è quella di consentire al consumatore di conoscere l’ampia gamma di prodotti e servizi di credito offerti dal finanziatore, nonché le principali caratteristiche degli stessi [15].

Il recupero della rilevanza delle informazioni generali rappresenta, si ritiene, un tratto distintivo e qualificante della Direttiva 2014/17/UE sul credito immobiliare ai consumatori, in raffronto alla Direttiva 2008/48/CE sul credito ai consumatori.

La Banca d’Italia, avvalendosi del potere attribuitole ed in conformità alla disciplina comunitaria [16], ha compiuto la scelta di standardizzare il foglio contenente le informazioni generali sul credito immobiliare ai consumatori, attraverso la predisposizione del modello di cui all’allegato 3 del Provvedimento in materia di trasparenza [17]. La scelta appare opportuna e finalizzata a favorire la comprensibilità e la comparabilità delle offerte dei vari finanziatori.

Rinviando all’esame del predetto allegato 3 del Provvedimento in materia di trasparenza per tutti i contenuti informativi di dettaglio, in tale sede si richiama l’attenzione sulla circostanza che nel foglio contenente le informazioni generali, in aggiunta alla descrizione delle caratteristiche dei contratti di credito e delle condizioni economiche, i finanziatori devono indicare:

  • le informazioni ed i documenti che il consumatore dovrà fornire ai fini della verifica del merito creditizio ed il termine entro il quale il cliente deve fornire tali informazioni e documentazione [18];
  • la possibilità, ove prevista, per il potenziale cliente di ricevere servizi di consulenza dal finanziatore o da un intermediario del credito;
  • la durata dell’istruttoria, ossia il tempo massimo misurato in giorni che intercorre tra la presentazione della documentazione e la stipula del contratto.

Le predette informazioni potranno incidere e dovranno essere evidentemente coordinate con le successive fasi del processo di interlocuzione pre-contrattuale tra il finanziatore ed il potenziale cliente, potendo determinare i contenuti sia del modulo contenente le informazioni personalizzate (PIES), sia del modulo contenente l’offerta vincolante che saranno di seguito analizzati.

Le informazioni personalizzate risultano finalizzate a consentire al consumatore il confronto delle diverse offerte di credito presenti sul mercato, la valutazione delle connesse implicazioni e l’assunzione di una decisione informata in merito alla conclusione di un contratto di credito, ciò anche mediante la richiesta di apposita consulenza prestata anche da soggetti terzi diversi dal finanziatore.

Le informazioni personalizzate sono fornite su supporto cartaceo o su altro supporto durevole attraverso la consegna del modulo denominato “Prospetto informativo europeo standardizzato” (P.I.E.S.), secondo il modello standard contenuto nell’allegato 4E del Provvedimento di Banca d’Italia in materia di trasparenza [19], al quale può essere aggiunto un documento distinto per qualsiasi informazione ulteriore. L’avvenuta consegna del PIES deve essere attestata dal cliente su modulo cartaceo o attraverso altro supporto durevole, con l’espressa indicazione della data di avvenuta consegna [20].

Il PIES include una tabella di ammortamento esemplificativa allorquando (i) il tasso di interesse è fisso per tutta la durata del contratto di credito o (ii) il contratto prevede il rimborso differito degli interessi (gli interessi non sono rimborsati integralmente con le rate e sono aggiunti all’importo totale del credito residuo) [21].

Il P.I.E.S. deve essere consegnato:

  • tempestivamente” [22] e dopo che il consumatore avrà fornito le informazioni necessarie circa le sue esigenze, la sua situazione finanziaria e le sue preferenze [23];
  • in tempo utile” e prima che il consumatore sia vincolato da un contratto di credito o da un’offerta, per tale dovendosi intendere l’offerta vincolante formulata dal finanziatore ed accettata dal consumatore.

La consegna del PIES, quindi, si interpone tra il momento della raccolta delle informazioni fornite dal consumatore circa le sue esigenze, la sua situazione finanziaria e le sue preferenze ed il momento in cui il consumatore è vincolato alla conclusione del contratto di credito.

Se ne desume, pertanto, che la consegna del PIES potrà avvenire in fase antecedente all’elaborazione e rilascio di una offerta vincolante da parte del finanziatore al potenziale cliente, ovvero contestualmente al rilascio della stessa offerta vincolante.

Il legislatore italiano non risulta essersi avvalso della facoltà, pur prevista dalla Direttiva 2014/17/UE [24], di prevedere quale obbligatoria la consegna del PIES prima dell’offerta vincolante.

Qualora il finanziatore, strutturando un processo efficiente, sia in grado di acquisire le informazioni dal potenziale cliente circa le sue esigenze, la sua situazione finanziaria e le sue preferenze, procedere ad una rapida istruttoria e quindi ad elaborare e consegnare “tempestivamente” l’offerta vincolante unitamente al PIES, non risulta di per sé necessaria la consegna di un PIES prima dell’offerta vincolante. La consegna di un PIES prima dell’offerta vincolante, in tal caso, andrebbe unicamente ed inutilmente ad ingessare il processo pre-contrattuale di interlocuzione tra il finanziatore ed il consumatore, senza fornire alcuna tangibile utilità al potenziale cliente e, peraltro, ponendo il rischio di possibile confusione ed eccesso di “carta” qualora, come si ritiene potrà accadere di frequente, unitamente all’offerta vincolante potrà essere allegato il PIES.

Diversamente, qualora a seguito della raccolta delle informazioni dal potenziale cliente circa le sue esigenze, la sua situazione finanziaria e le sue preferenze, in ragione dei tempi dilatati dell’istruttoria, il finanziatore non sia in grado di elaborare e consegnare “tempestivamente” l’offerta vincolante al potenziale cliente, lo stesso finanziatore dovrà procedere “tempestivamente” alla consegna di un PIES in fase antecedente alla elaborazione e rilascio di una (eventuale) offerta vincolante.

La consegna del PIES, avvenuta in fase antecedente o contestuale all’offerta vincolante, deve in ogni caso avvenire “in tempo utile” e prima che il consumatore sia vincolato da un contratto di credito o da un’offerta vincolante formulata dal finanziatore ed accettata dal cliente.

Il legislatore, prima comunitario e poi nazionale, ha quindi voluto concedere al potenziale cliente un adeguato spatium deliberandi tra la consegna del PIES (anche contestuale all’offerta vincolante) e l’assunzione di un vincolo a carico del cliente. L’adeguatezza di tale spatium deliberandi risulta, peraltro, strettamente correlata al concreto dispiegarsi del processo pre-contrattuale di interlocuzione tra il finanziatore ed il consumatore in cui risultano come dette cadenzate le fasi di:

  1. messa a disposizione delle informazioni generali;
  2. consegna e fornitura da parte del cliente dei documenti e delle informazioni necessarie ai fini della valutazione del merito di credito (attività da compiersi nel termine massimo indicato dal finanziatore nel modulo contenente le informazioni generali);
  3. consegna del PIES (la cui data di consegna deve essere attestata per iscritto dal cliente);
  4. eventuale rilascio dell’offerta vincolante – diritto del cliente al periodo di riflessione di almeno sette giorni;
  5. accettazione del cliente e stipula del contratto di credito.

Le fasi di cui alle precedenti lettere c) e d) possono fondersi qualora il rilascio dell’offerta vincolante e del PIES sia “tempestiva” rispetto alla raccolta delle informazioni del cliente inerenti e necessarie ai fini della valutazione del merito di credito.

In tal senso la nuova disciplina di riferimento risulta potenzialmente in grado di accrescere la tutela del cliente in termini di certezza e trasparenza del processo pre-contrattuale, nonché finalizzata a stimolare la concorrenza tra i finanziatori e l’efficiente svolgimento dell’attività di erogazione del credito, anche in termini di necessaria accresciuta celerità del processo di valutazione e delibera del credito.

In ogni caso, anche in ragione dei primi enfatici commenti tesi ad affermare l’immanenza nella disciplina del credito immobiliare ai consumatori di un modello di consulenza paritetico alla disciplina dei servizi di investimento (modello c.d. MiFID), pare opportuno rilevare che il considerando n. 44 della Direttiva 2014/17/UE espressamente prevede che “il PIES dovrebbe essere personalizzato e rispecchiare le preferenze espresse dal consumatore, ma la fornitura delle informazioni personalizzate non dovrebbe implicare l’obbligo di un parere”. Ancor più chiaro è il testo inglese della stessa Direttiva 2014/17/UE che, sempre al considerando n. 44, espressamente dispone che “while the ESIS should be personalised and reflect the preferences expressed by the consumer, the provision of such personalised information should not imply an obligation to provide advice”.

In breve, il rilascio di informazioni personalizzate attraverso la consegna del PIES che tenga conto delle informazioni e delle preferenze espresse dal consumatore, di per sé, non implica un obbligo da parte dei finanziatori e degli intermediari del credito di fornire al consumatore una “consulenza” in materia di contratti di credito immobiliare ai consumatori. Risulta evidente la necessaria distinzione tra il servizio di “consulenza” in materia di contratti di credito e le informazioni personalizzate fornite attraverso il PIES, nonché la circostanza che finanziatori ed intermediari del credito non hanno un obbligo di prestare il servizio di “consulenza” in materia di contratti di credito immobiliare ai consumatori [25].

Come anticipato in precedenza, il consumatore ha altresì diritto, prima della conclusione del contratto di credito, ad un periodo di riflessione di almeno 7 giorni per confrontare le diverse offerte di credito presenti sul mercato, valutarne le implicazioni e prendere una decisione informata. Durante il predetto periodo di riflessione, l’offerta è vincolante per il finanziatore ed il consumatore può accettare l’offerta in qualunque momento.

Appare utile evidenziare che il periodo di riflessione è qualificato quale “diritto” del potenziale cliente e che il legislatore italiano non risulta essersi avvalso della facoltà, pur prevista dalla Direttiva 2014/17/UE, di prevedere un periodo di riflessione obbligatorio [26]. Del resto, pare opportuno ribadirlo, durante il periodo di riflessione di almeno sette giorni il consumatore può accettare l’offerta del finanziatore “in qualunque momento” [27], dovendosi ritenere quindi comprimibile per scelta del consumatore (ma non anche per iniziativa del finanziatore) il predetto periodo di riflessione.

L’offerta vincolante per il finanziatoredeve essere formulata su supporto cartaceo o su altro supporto durevole, nonché deve includere la bozza del contratto di credito ed essere accompagnata dalla consegna del P.I.E.S. se: a) il modulo non è stato fornito in precedenza al consumatore; o b) le caratteristiche dell’offerta sono diverse dalle informazioni contenute nel modulo precedentemente fornito.

La disciplina dell’offerta vincolante, per il vero minimale contenuta nella direttiva 2014/17/UE e nell’art. 120 novies del TUB, deve essere opportunamente coordinata con la disciplina generale e civilistica.

In tema, come noto, l’art. 1329 del codice civile prevede che “se il proponente è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza effetto.” (…).

Secondo le conclusioni sostanzialmente condivise in giurisprudenza e dottrina, la proposta irrevocabile determinata una rinuncia al potere di revocarela proposta da parte dell’offerente: ne consegue che l’eventuale revoca della proposta sarà da ritenersi inefficace e non potrà impedire la conclusione del contratto. La stessa proposta irrevocabile rappresenta una deroga ed una eccezione alla regola generale che prevede la revocabilità della proposta (art. 1328 c.c.) ed ha lo scopo di accordare al destinatario (c.d. oblato) uno spatium deliberandiin cui decidere se concludere o meno il contratto, potendo in tale periodo confidare sulla irrevocabilità della proposta.

La proposta irrevocabile, disciplinata nell’art. 1329 c.c., risulta del resto conosciuta e disciplinata anche in Germania (145 BGB), in Inghilterra, nei Principi Unidroit (art. 2.1.4), nei Principles of European Contract Law (art. 2:202, comma 3) e nella Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni mobili (art. 16, comma 2).

La proposta irrevocabile “deve” indicare in modo espresso il termine di irrevocabilità, essere completa ed indicare – anche attraverso la tecnica del rinvio – tutti gli elementi essenziali del contratto a cui si riferisce, essere formulata per iscritto ove finalizzata alla conclusione di un contratto per il quale è richiesta la forma scritta, nonché attribuire all’oblato (nel caso di specie il potenziale cliente) un diritto potestativodi decidere se e quando concludere il contratto entro il termine previsto.

La proposta irrevocabile “può” indicare, oltre al termine di irrevocabilità, anche un ulteriore termine di efficaciadell’offerta (in relazione a tale secondo termine la proposta è revocabile), prevedere che il termine di irrevocabilitàdecorra dal compimento di una determinata attività da parte del destinatario che può essere compiuta in un tempo dato, nonché essere sottoposta a condizione risolutiva.

Fermi gli elementi “necessari” sopra indicati dell’offerta vincolante, i finanziatori possono quindi articolare la stessa offerta in modo alquanto ampio e discrezionale inserendo specifiche previsioni volte a dare certezza al rapporto con il cliente.

Non è da escludere, peraltro, che la formulazione concreta dell’offerta vincolante possa assumere non solo una valenza di tutela della clientela, ma anche assurgere ad elemento distintivo nell’ambito del gioco competitivo tra i finanziatori. L’offerta vincolante, quindi, risulta certamente finalizzata allo sviluppo di un mercato creditizio trasparente ed efficiente.

Risulta in primo luogo possibile indicare – in aggiunta al termine di irrevocabilità di almeno 7 sette giorni e che coincide con il periodo di riflessione accordato al cliente – un ulteriore termine di efficacia della proposta che potrebbe essere anche più ampio rispetto al termine di irrevocabilità e, quindi, consentire al cliente consumatore di accettare la proposta anche successivamente alla scadenza del periodo di riflessione. Tale termine di efficacia della proposta, peraltro, potrebbe anche coincidere con il termine di irrevocabilità, essendo utile precisare in tal caso che il termine fissato è da ritenersi indicato sia ai fini della irrevocabilità dell’offerta, sia ai fini dell’efficacia dell’offerta. In assenza di una indicazione del termine di efficacia dell’offerta, peraltro, l’offerta (pur perso il connotato della irrevocabilità) risulterebbe aperta all’accettazione dell’oblato ex art. 1326, comma 2, c.c. e, quindi, potrebbe rendere necessaria una espressa revoca da parte del finanziatore.

L’introduzione del termine di efficacia dell’offerta, quindi, può rispondere ad interessi ad esigenza di tutela di entrambe le parti.

Sempre in termini di modulabilità dell’offerta vincolante, fermo il principio della necessaria completezza delle condizioni contrattuali ed economiche della stessa proposta, il finanziatore potrebbe decidere di rinviare alla bozza del contratto di credito ed al PIES allegati all’offerta ai fini della individuazione delle condizioni economiche e contrattuali applicabili, ciò anche nei casi in cui la riconsegna del PIES potrebbe non essere obbligatoria.

Ammissibile risulta altresì l’introduzione da parte del finanziatore di una o più condizioni risolutive legate ad eventi connessi alla situazione economico patrimoniale del potenziale cliente (si pensi alla perdita di impiego), ovvero legate ad eventi connessi allo stato giuridico e di fatto dell’immobile (si pensi ad ipotesi di distruzione integrale o parziale dell’immobile, iscrizioni pregiudizievoli intervenute dopo l’offerta vincolante, ecc). In tal caso il verificarsi dell’evento dedotto in condizione determina l’estinzione della proposta formulata dal finanziatore [28].

Al fine di consentire al consumatore di valutare se il contratto di credito ed i servizi accessori proposti sono adatti alle sue esigenze ed alla sua situazione finanziaria, il finanziatore o l’intermediario del credito dovrà fornire al consumatore chiarimenti adeguati sui contratti di credito e su eventuali servizi accessori proposti [29].

In coerenza con quanto già previsto in sede di contratti di credito ai consumatori, anche in tema di contratti di credito immobiliare ai consumatori i finanziatori devono adottare idonee procedure interne ai fini di assicurare che il consumatore, prima della conclusione del contratto e per l’intera durata del periodo di riflessione, possa ottenere spiegazioni attraverso una interazione individuale con personale del finanziatore in possesso di una adeguata e aggiornata conoscenza dei prodotti offerti e dei diritti dei consumatori. L’obbligo di assicurare al consumatore la dovuta assistenza ed i chiarimenti adeguati non configura, anche in tal caso, la prestazione di un servizio di consulenza in materia di credito [30].

4. Obblighi di informazione degli intermediari del credito ed ulteriori modifiche al decreto legislativo 141/2010

Ai fini del credito immobiliare ai consumatori risulta inserita una nuova definizione di “intermediari del credito”, in cui sono inclusi gli agenti in attività finanziaria, i mediatori creditizi nonché “qualsiasi altro soggetto, diverso dal finanziatore, che nell’esercizio della propria attività commerciale o professionale svolge, a fronte di un compenso in denaro o di altro vantaggio economico oggetto di pattuizione e nel rispetto delle riserve di attività previste dalla legislazione vigente, almeno una delle seguenti attività: 1) presentazione o proposta di contratti di credito ovvero altre attività preparatorie in vista della conclusione di tali contratti; 2) conclusione di contratti di credito per conto del finanziatore” [31].

La definizione di intermediari del credito proposta nel nuovo art. 120-quiquies del TUB, valevole solo ai fini del credito immobiliare ai consumatori, risulta quasi (ma non perfettamente) corrispondente alla definizione di intermediari del credito prevista dall’attuale art. 121, comma 1, lett. h) del TUB [32].

Dall’esame del resoconto della pubblica consultazione che ha preceduto l’adozione della nuova Sezione VI bis del Provvedimento di Banca d’Italia in materia di trasparenza si evince che, ad avviso della Banca d’Italia, rientrano nella definizione di “intermedi del credito” ai sensi dell’art. 120-quiquies del TUB, ossia solo ai fini della disciplina del credito immobiliare ai consumatori, i consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede ex art. 31 del TUF e ciò a prescindere dall’iscrizione all’OAM, nonché le banche e gli intermediari finanziari allorquando collocano contratti di credito immobiliare per conto di altri finanziatori.

Le norme previste dalla Direttiva 2014/17/UE concernenti gli intermediari del credito hanno natura di minima armonizzazione che consentono, quindi, ai legislatori dei singoli Stati membri l’adozione di disposizioni di maggior rigore per tutelare i consumatori [33].

E’ opportuno ricordare, inoltre, che la Direttiva 2014/17/UE introduce il c.d. passaporto europeo per gli intermediari del credito che, pertanto, qualora abilitati ad operare in uno Stato membro europeo, potrebbero operare negli ulteriori Stati membri europei in regime di libertà di stabilimento o libera prestazione di servizi, previo esperimento di apposita procedura di notificazione tra Autorità competenti [34].

Limitatamente ai contratti di credito immobiliare ai consumatori, al fine di assicurare la massima trasparenza e per evitare abusi derivanti da possibili conflitti di interesse [35], gli intermediari del credito devono fornire ai consumatori, prima della prestazione dei servizi di intermediazione del credito, un set complesso di informazioni circa l’attività dagli stessi prestata, i rapporti con i finanziatori, l’eventuale prestazione del servizio di consulenza, la gamma (ampia o ristretta) di prodotti offerti, le commissioni percepite dai finanziatori e, su richiesta del consumatore, le informazioni comparabili sull’ammontare delle commissioni percepite da ciascun finanziatore [36].

L’eventuale compenso che il consumatore versa all’intermediario del credito in relazione ai servizi che questi presta dovrà essere comunicato dall’intermediario del credito al soggetto che eroga il finanziamento ai fini del calcolo del TAEG e dovrà essere inserito nel P.I.E.S..

Risulta utile evidenziare che gli intermediari del credito hanno, in relazione all’attività dagli stessi svolta avente ad oggetto contratti di credito immobiliare ai consumatori, obblighi di trasparenza pre-contrattuale “propri” da assolvere al momento del primo contatto e prima dell’esercizio di una delle attività di intermediazione [37], obblighi che si aggiungono ed affiancano agli obblighi di trasparenza pre-contrattuale previsti in capo ai finanziatori.

Si evidenzia inoltre che l’art. 2 del Decreto Mutui prevede una integrazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 141/2010 in base alla quale il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, dovrà individuare con regolamento “le attività di segnalazione relative ai contratti di credito” immobiliare ai consumatori “che se prestate a titolo accessorio, non costituiscono esercizio di agenzia in attività finanziaria né di mediazione creditizia”.

Con specifico riferimento all’attività di intermediazione del credito occorre ricordare la Circolare MEF del 21 dicembre 2012 in cui espressamente si afferma che “risulta del tutto pacifico che l’esercizio dell’attività di “segnalazione” è subordinato all’iscrizione nell’elenco tenuto dall’OAM”.

In tale quadro normativo si innesta oggi la Direttiva 2014/17/UE e l’art. 2 del Decreto Mutui sopra richiamato. In particolare, in tema di segnalazione, nella Direttiva 2014/17/UE occorre considerare il considerando n. 74 [38] e l’art. 29, paragrafo 8 [39].

Ai sensi dell’art. 2 del Decreto Mutui, il Ministero dell’Economia e delle Finanze è quindi chiamato ad individuare con regolamento le attività di segnalazione “relative ai contratti di credito” immobiliare ai consumatori che, “se prestate a titolo accessorio, non costituiscono esercizio di agenzia in attività finanziaria né di mediazione creditizia”.

La delega attribuita al MEF di declinare con regolamento le attività di segnalazione in materia di contratti di credito immobiliare ai consumatori risulta di particolare rilevanza. La disciplina dell’attività di segnalazione avente ad oggetto i contratti di credito immobiliare ai consumatori risulta di per sé in linea di discontinuità con il richiamato orientamento espresso dal MEF volto ad attrarre nell’ambito della riserva di attività svolta dai mediatori creditizi anche l’attività di segnalazione (cfr. Circolare MEF del 21 dicembre 2012).

5. Verifica del merito di credito

Prima della conclusione del contratto di credito, il finanziatore deve svolgere una valutazione approfondita del merito di credito del consumatore per verificare la sua effettiva capacità, attuale e prospettiva [40], di adempimento agli obblighi scaturenti dal contratto di credito. La valutazione del merito creditizio è effettuata sulla base delle informazioni relative alla situazione economica e finanziaria del consumatore, informazioni che devono essere sufficienti, proporzionate e opportunamente verificate. Tali informazioni possono essere fornite dal consumatore anche per il tramite dell’intermediario del credito ed il finanziatore può chiedere chiarimenti al consumatore [41].

Con specifico riferimento alla valutazione del merito di credito l’EBA ha elaborato e adottato le Guidelines on creditworthiness assesment del 19 agosto 2015 [42] a cui il nostro ordinamento si è conformato attraverso la modifica delle Circolari della Banca d’Italia n. 285 e 288 applicabili rispettivamente alle banche ed agli intermediari finanziari.

Ai fini della valutazione del merito di credito del cliente, i finanziatori devo tener conto, tra l’altro, della capacità reddituale del consumatore [43], dei fattori che riducono o potrebbero ridurre la capacità dei consumatori di adempiere agli obblighi derivanti dal contratto di credito [44], considerando anche potenziali futuri scenari negativi [45], nonché degli ulteriori impegni di pagamento già assunti dal consumatore [46].

I finanziatori devono dotarsi di procedure idonee a svolgere la valutazione del merito creditizio del cliente, aggiornare le stesse procedure periodicamente, nonché devono conservare la documentazione concernente il credito immobiliare per un periodo almeno pari alla durata del rapporto contrattuale [47].

Nel caso in cui le informazioni fornite dal consumatore siano incomplete e l’intermediario non abbia chiesto integrazioni o chiarimenti, ovvero nel caso in cui la valutazione del merito del credito sia stata svolta non correttamente, non sarà possibile per il finanziatore risolvere il contratto di credito, né apportare al contratto modifiche peggiorative per il consumatore ai sensi dell’art. 118 TUB, salvo che il consumatore abbia intenzionalmente omesso di fornire tali informazioni o abbia fornito informazioni false.

Allorquando la domanda di credito è respinta il finanziatore è tenuto a informare il consumatore di tale rifiuto “senza indugio” e, se del caso, del fatto che tale rifiuto è basato sul trattamento automatico di dati. Se il rifiuto della domanda di credito è basata sulle informazioni presenti in una banca dati il finanziatore informa il consumatore del risultato di tale consultazione e degli estremi della banca dati, ciò al fine di consentire al consumatore di esercitare il suo diritto di accesso ai suoi dati censiti nella banca dati al fine di richiedere eventuali rettifiche o cancellazioni.

I finanziatori saranno altresì chiamati ad elaborare e documentare la propria politica di offerta di contratti di credito, che dovrà includere l’elencazione dei tipi di diritti e dei beni su cui può insistere l’ipoteca.

6. Valutazione dei beni immobili

La valutazione dei beni immobili da parte del finanziatore, valutazione che assolve a finalità di tutela tanto dei finanziatori quanto dei creditori, deve avvenire secondo standard affidabili e ciò anche quando sia condotta da soggetti terzi [48]. La predetta valutazione dovrà essere imparziale, obiettiva e documentata, nonché dovrà essere effettuata da persone con specifici requisiti di professionalità e indipendenza rispetto al processo di commercializzazione dei contratti di credito [49].

La Banca d’Italia, avvalendosi della delega attribuitale, ha declinata la normativa secondaria in tema di valutazione dei beni immobili attraverso specifiche previsioni confluite nelle Circolari della Banca d’Italia n. 285 e 288 applicabili rispettivamente alle banche ed agli intermediari finanziari.

Le norme secondarie si muovono lungo quattro direttrici che attengono a ruoli e compiti dell’alta dirigenza, requisiti di professionalità e di indipendenza dei periti, affidamento della valutazione degli immobili a periti esterni, criteri concernenti le attività di valutazione degli immobili.

In primo luogo si prevedono e disciplinano specifici compiti e responsabilità dei vertici aziendali chiamati ad approvare e rivedere, con cadenza almeno annuale, le politiche e i processi di valutazione degli immobili posti a garanzia delle esposizioni, verificandone l’adeguatezza, la funzionalità e la coerenza con il RAF e con il processo di gestione dei rischi. Nell’ambito di tali politiche e processi le banche e gli intermediari finanziari devono individuare gli standard per la valutazione degli immobili a cui intendono aderire, potendo scegliere di adottare standard internazionali, standard nazionali, ovvero di elaborare e definire standard interni per la valutazione dei beni immobili, purché tali standard interni siano coerenti con gli standard internazionali e nazionali.

Nell’ambito delle stesse politiche e processi le banche e gli intermediari finanziari devono altresì individuare la frequenza con cui viene verificato il valore degli immobili, nonché gli indicatori per monitorare nel continuo le variazioni delle condizioni del mercato immobiliare che possono incidere in maniera significativa sul valore degli immobili.

Ai fini della “corretta” valutazione del bene immobile residenziale è necessario che i periti che effettuano la valutazione rispondano ad elevati requisiti di professionalità e indipendenza rispetto al processo di commercializzazione del credito o ad aspetti nevralgici del processo di erogazione del credito. La valutazione dei requisiti di professionalità ed indipendente deve essere compiuta dal finanziatore, secondo i criteri indicati, a titolo esemplificativo, dalla Banca d’Italia nella richiamata normativa secondaria.

La medesima normativa secondaria, inoltre, disciplina le regole e le cautele che banche ed intermediari finanziari devono adottare allorquando procedono attraverso l’affidamento della valutazione degli immobili a periti esterni, ciò anche al fine di mitigare i connessi rischi e di preservare la capacità di controllo e la responsabilità dell’attività di valutazione degli immobili in capo al finanziatore.

Centrale risulta infine la disciplina, sempre contenuta nella normativa secondaria adottata dalla Banca d’Italia, in merito ai criteri concernenti le attività di valutazione degli immobili. In tale ambito si prevede che l’immobile debba essere stimato a un valore non superiore al valore di mercato secondo la definizione di tale valore contenuta nell’art. 4, n. 76 del Regolamento n. 575/2013 (CRR). La valutazione dell’immobile deve essere documentata attraverso una apposita relazione. Tale relazione deve essere conservata per tutta la durata del rapporto con il cliente e per i dieci anni successivi all’estinzione dello stesso rapporto.

Mette conto precisare che la disciplina della valutazione dei beni immobili analizzata nel presente paragrafo non trova applicazione nel caso in cui, in relazione al c.d. patto marciano, sia necessario eseguire una valutazione dell’immobile ai sensi dell’art. 120-quinquiesdecies, comma 4, lett. d), del TUB. In tal caso, infatti, la valutazione dell’immobile oggetto di garanzia – che dovrà essere stimato da un perito indipendente scelto dalle parti o, in caso di mancato accordo tra le parti, nominato dal Presidente del Tribunale territorialmente competente, con una perizia successiva all’inadempimento del consumatore – dovrà avvenire ai sensi dell’emananda disciplina di competenza del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della Giustizia, sentita la Banca d’Italia.

7. Servizi di consulenza

Il servizio di consulenza in materia di contratti di credito immobiliare ai consumatori è riservato ai finanziatori ed agli intermediari del credito. Il servizio di consulenza si configura allorquando sussistono “raccomandazioni personalizzate fornite al consumatore (…) in merito ad una o più operazioni relative a contratti di credito” [50].

I finanziatori e gli intermediari del credito potranno decidere se prestare o meno il servizio di consulenza.

Non configurano servizio di consulenza l’offerta di contratti di credito, le forme di pubblicità di contratti di credito, l’adempimento degli obblighi pre-contrattuali in capo ai finanziatori ed agli intermediari del credito, la verifica del merito creditizio, né la valutazione dei beni immobili.

Il servizio di consulenza potrà essere qualificato quale “indipendente” solo se prestato dai consulenti previsti dall’art. 128-sexies, comma 2 bis del TUB iscritti nella sezione speciale dell’elenco dei mediatori creditizi [51].

Il servizio di consulenza deve in ogni caso basarsi su un’analisi equa e sufficientemente estesa riferita ai prodotti offerti, qualora i servizi di consulenza siano forniti dai finanziatori o dagli intermediari del credito con vincolo di mandato, ovvero dei prodotti disponibili sul mercato, qualora i servizi di consulenza siano forniti dai mediatori creditizi o dai consulenti previsti dall’art. 128-sexies, comma 2 bis del TUB [52].

Nell’esercizio dell’attività di consulenza i finanziatori e gli intermediari del credito devono:

a) agire nel migliore interesse del consumatore;

b) acquisire informazioni aggiornate sulla situazione personale e finanziaria, sugli obiettivi e sulle preferenze del consumatore;

c) fornire al consumatore una raccomandazione personalizzata in merito a una o più operazioni relative a contratti di credito, “adeguata” rispetto ai suoi bisogni e alla sua situazione personale e finanziaria, tenendo anche conto dei possibili rischi per la situazione finanziaria del consumatore per tutta la durata del contratto di credito raccomandato [53]. La raccomandazione deve essere fornita in forma cartaceo o su altro supporto durevole;

d) prendere in considerazione un numero sufficientemente ampio di contratti di credito nell’ambito della gamma di prodotti da essi stessi offerti o, nel caso deimediatori creditizi, un numero sufficientemente ampio di contratti di credito disponibili sul mercato.

Prima della prestazione del servizio di consulenza, il finanziatore o l’intermediario del credito forniscono al consumatore le informazioni inerenti:

a) la gamma dei prodotti presi in considerazione ai fini della raccomandazione;

b) se del caso, il compenso dovuto dal consumatore per i servizi di consulenza o il metodo di calcolo per determinarlo;

c) ove consentito, il compenso percepito dai finanziatori in relazione al servizio di consulenza.

L’art. 120-terdecies del TUB che disciplina i servizi di consulenza relativi ai contratti di credito immobiliare ai consumatori, norma peraltro entrata in vigore in data 1° luglio 2016 e che non prevede norme attuative, non risulta immune da critiche.

La disciplina di un servizio ad elevato valore aggiunto, quale il servizio di consulenza, avrebbe richiesto ben altra formulazione e declinazione della norma, in termini di compiuta individuazione dei diritti ed obblighi delle parti e ciò al fine di tutelare tanto i “consulenti” quanto i clienti.

E’ sufficiente un rapido confronto tra la disciplina della consulenza in materia di contratti di credito immobiliare ai consumatori disciplinata (solo) nel TUB e la consulenza in materia di investimenti disciplinata nel TUF e nel Regolamento Consob Intermediari per avvedersi dello scarto evidente tra le due discipline con riferimento alla declinazione delle informazioni da acquisire dai clienti, nonché ai criteri per ritenere adeguata o inadeguata la raccomandazione personalizzata fornita al cliente.

Si è persa, probabilmente, un’occasione, tanto più ove si consideri che la normativa comunitaria non poneva vincoli al legislatore nazionale di articolare la disciplina della consulenza in materia di contratti di credito immobiliare ai consumatori [54].

I limiti di compiuta declinazione dei diritti ed obblighi delle parti nella normativa di riferimento potrebbero minare lo sviluppo in Italia del mercato dei servizi consulenza in materia di contratti di credito immobiliare ai consumatori [55], vanificando uno dei tratti qualificanti e innovativi della Direttiva 2014/17/UE.

8. Finanziamenti denominati in valuta

Il Decreto Mutui introduce nel nostro ordinamento una specifica disciplina in tema di credito immobiliare ai consumatori denominati in valuta estera [56].

Ai sensi dell’art. 120-quinquies, comma 1, lett. n) del TUB per “valuta estera” si intende “una valuta diversa da quella in cui, al momento della conclusione del contratto, il consumatore percepisce il proprio reddito o detiene le attività con le quali dovrà rimborsare il finanziamento ovvero una valuta diversa da quella avente corso legale nello Stato membro dell’Unione europea in cui il consumatore ha la residenza al momento della conclusione del contratto”.

Pare doveroso evidenziare che il perimetro applicativo della disciplina dei finanziamenti in valuta estera potrà risultare di non semplice individuazione nell’attività concreta di erogazione del credito da parte di banche ed intermediari finanziari.

Occorre peraltro chiarire che i finanziamenti in valuta non sono necessariamente finanziamenti in valuta diversa dall’euro.

Rientrano infatti nella (sotto) categoria dei finanziamenti in valuta anche i finanziamenti in euro, qualora, al momento della conclusione del contratto di credito, il “consumatore percepisce il proprio reddito o detiene le attività con le quali dovrà rimborsare il finanziamento” in valuta diversa dall’euro.

Rientrano altresì nella (sotto) categoria dei finanziamenti in valuta anche i finanziamenti in euro, qualora, al momento della conclusione del contratto di credito, il consumatore sia residente in uno stato che non adotti l’euro.

Ai sensi dell’art. 120 quaterdecies del TUB, se il credito è denominato in una valuta estera, il consumatore ha il diritto di convertire in qualsiasi momento la valuta in cui è denominato il contratto in una delle valute nazionali del consumatore. A tali fini si intendono valute nazionali del consumatore:

a) la valuta in cui è denominata la parte principale del suo reddito o in cui egli detiene le attività con le quali dovrà rimborsare il finanziamento, come indicato al momento della più recente valutazione del merito creditizio condotta in relazione al contratto di credito;

ovvero

b) la valuta avente corso legale nello Stato membro dell’Unione europea in cui il consumatore aveva la residenza al momento della conclusione del contratto o ha la residenza al momento della richiesta di conversione.

Il predetto diritto di conversione può essere esercitato quando la variazione del tasso di cambio tra valuta estera e valuta nazionale è pari o superiore al 20% rispetto al momento della conclusione del contratto.

Salvo che non sia diversamente previsto dal contratto, il tasso di cambio al quale avviene la conversione è pari al tasso rilevato dalla Banca Centrale Europea nel giorno in cui è stata inviata la domanda di conversione.

Se il valore dell’importo totale del credito o delle rate residue varia di oltre il 20 per cento rispetto a quello che risulterebbe applicando il tasso di cambio tra la valuta in cui è denominato il finanziamento e l’euro al momento in cui è stato concluso il contratto di credito, il finanziatore ne informa il consumatore nell’ambito delle comunicazioni previste ai sensi dell’articolo 119 del TUB [57]. Nella medesima comunicazione il finanziatore dovrà altresì informare il consumatore del diritto di convertire il finanziamento in una valuta alternativa e delle condizioni per farlo.

Per l’esercizio del diritto di conversione, il finanziatore può prevedere nel contratto che il consumatore debba corrispondere un compenso onnicomprensivo che tenga conto della natura e dell’entità degli oneri finanziari (correlati alla copertura del rischio di cambio) che il finanziatore può essere tenuto a sostenere in relazione alla conversione del finanziamento in una valuta diversa rispetto a quella originaria. Il finanziatore deve dotarsi di sistemi e procedure interne che consentano di ricostruire le modalità di determinazione dei singoli oneri finanziari considerati.

9. Inadempimento del cliente – patto marciano

La nuova disciplina in tema di contratti di credito immobiliare ai consumatori prevede, in caso di inadempimento del cliente, un modello bifasico che potremmo definire “stop e go”.

In caso di inadempimento del cliente, il legislatore in prima battuta “frena” e prescrive che l’intermediario debba adottare procedure per gestire in modo proattivo i rapporti con i consumatori in difficoltà nei pagamenti [58]. In merito pare opportuno richiamare l’attenzione sul fatto che l’EBA ha adottato specifici orientamenti in tema di “arrears and foreclosure” [59], orientamenti peraltro recepiti nel Provvedimento di Banca d’Italia in materia di trasparenza [60], la cui semplice lettura mostra il favor dell’autorità di vigilanza di settore, in linea con il legislatore comunitario, verso forme di conservazione del rapporto, anche su nuove basi, tra il finanziatore ed il debitore in difficoltà.

Qualora, peraltro, la gestione proattiva dei casi di inadempimento (fase “stop”) non abbia consentito di superare lo stato di difficoltà del consumatore nei pagamenti, il legislatore, prima europeo e poi nazionale, ha inteso introdurre strumenti volti ad accelerare l’escussione delle garanzie immobiliari (fase “go”).

Rappresenta un fatto notorio che, negli ultimi anni, si è assistito ad un aumento dei consumatori che hanno incontrato difficoltà nel rimborso dei crediti immobiliari e che, al tempo stesso, le procedure esecutive immobiliari hanno confermato la loro sostanziale inefficienza e incapacità di soddisfare gli interessi dei creditori e degli stessi debitori esecutati.

E’ al pari noto che l’Italia, differentemente da quanto previsto in Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, di fatto non disciplinava forme di escussione stragiudiziale delle garanzie immobiliari.

Muoviamo quindi da un sistema imperniato intorno al dogma del divieto di patto commissorio ed all’accentramento dinanzi all’autorità giudiziaria dell’escussione delle garanzie immobiliari, sistema che ha mostrato, peraltro, la sua sostanziale inefficienza.

In tale contesto occorre peraltro annotare che la giurisprudenza ha da tempo riconosciuto la legittimità del c.d. patto marciano e che il legislatore italiano, di recente, ha aperto una breccia in ambito di escussione privatistica della garanzia immobiliare attraverso l’art. 48 bis del TUB per i crediti erogati alle imprese e garantiti da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato.

L’art. 28, paragrafo 3, della Direttiva 2014/17/UE prevede che “gli Stati membri non impediscono alle parti di un contratto di credito di convenire espressamente che la restituzione o il trasferimento della garanzia reale o dei proventi della vendita della garanzia reale è sufficiente a rimborsare il credito”.

Il comma 3 dell’art. 120-quinquiesdecies del TUB prevede la facoltà per le banche e gli intermediari finanziari di convenire con il cliente, al momento della conclusione del contratto, una clausola espressa che preveda che, in caso di inadempimento del consumatore, la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo bene comporta l’estinzione per intero del debito residuo del cliente derivante dal contratto di credito, ciò anche se il valore dell’immobile restituito o il ricavato della sua vendita siano di importo inferiore al debito residuo. Si prevede quindi ex lege un caso di esdebitazione del consumatore [61].

Qualora il valore dell’immobile, quale stimato dal perito, ovvero l’ammontare dei proventi della vendita fosse superiore al debito residuo, il consumatore ha diritto all’eccedenza. Il finanziatore si adopera per conseguire dalla vendita il miglior prezzo di realizzo.

Occorre considerare che qualora il finanziatore intenda proporre l’inserimento di una clausola conforme a quanto previsto dall’art. 120-quinquiesdecies, comma 3, del TUB:

  • il finanziatore non può condizionare la conclusione del contratto di credito alla sottoscrizione di siffatta clausola;
  • per inadempimento del consumatore si intende il mancato pagamento di un ammontare equivalente a 18 rate mensili;
  • tale clausola non può essere pattuita in sede di surrogazione ai sensi dell’art. 120-quater del TUB;
  • ove sia prevista tale clausola è necessario che il consumatore sia assistito a titolo gratuito da un consulente per valutarne la convenienza;
  • il valore dell’immobile verrà stimato, in caso di mancato accordo tra le parti, da un perito nominato dal Presidente del Tribunale territorialmente competente con le modalità dell’art. 696 c.p.c., con una perizia successiva all’inadempimento.

Il Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Ministero di giustizia, sentita la Banca d’Italia, è chiamato ad emanare le disposizioni di attuazione, relativamente alla corretta applicazione della clausola sopra menzionata.

In attesa dell’adozione di tale disciplina secondaria, si possono solo proporre alcune prime riflessioni, o forse sarebbe meglio parlare di auspici. Potrebbe essere utile declinare, nei limiti consentiti, da parte del legislatore secondario la procedura di vendita privata. Nell’art. 120 quinquiesidecies del TUB non è infatti presente una disciplina della vendita “privata” dell’immobile. Si indica unicamente che “in ogni caso, il finanziatore si adopera per conseguire dalla vendita il miglior prezzo di realizzo”. Sebbene sembri doversi concludere che la responsabilità della vendita “privata” risulti in capo al finanziatore, in realtà i soggetti da tutelare nell’ambito della stessa procedura di vendita “privata” dell’immobile (oltre al creditore procedente) sono in realtà tre, ossia debitore, terzo acquirente dell’immobile e ulteriori creditori

La normativa secondaria, in particolare, dovrebbe opportunamente disciplinare la procedura di vendita “privata” dell’immobile indicando le modalità e le tempistiche di realizzo e, se del caso, l’intervento “celere” del giudice per risolvere possibili contrasti tra finanziatore e debitore. In merito, si potrebbe attingere, con la dovuta ponderazione data delle specificità dell’ordinamento nazionale, anche alle esperienze dei paesi esteri in cui risulta prevista e disciplinata la c.d. “non judicial foreclosure ed il “repossession”.

L’emananda disciplina, sempre nei limiti concessi ad un normatore secondario, ed anche le specifiche previsioni contrattuali, nei limiti concessi all’autonomia privata, dovrebbero chiarire cosa si intende per “restituzione del bene”, se sia possibile una vendita senza preventivo trasferimento al finanziatore, se sia possibile prevedere nel credito immobiliare ai consumatori un trasferimento condizionato sospensivamente all’inadempimento sul modello di quanto previsto per le imprese dall’art. 48 bis del TUB, quali sono i rapporti tra la procedura di vendita “privata” attivata dal finanziatore ed eventuali ulteriori azioni (esecutive, revocatorie, ecc.) attivate da creditori terzi, se sia è possibile prevedere un mandato a vendere irrevocabile (power of sale), se per attivare la vendita è necessario notificare al debitore un “avviso di vendita” (notice of sale), se a seguito dell’avviso di vendita il debitore avrà il diritto di procedere lui direttamente alla vendita per un tempo determinato, quali sono gli obblighi (di diligenza e forse di rendiconto) della banca in sede di “vendita” dell’immobile, se è necessaria l’eventuale remissione del debito eccedente (art. 1236 c.c.), quale sia la modalità di liberazione della Banca in relazione all’eventuale importo eccedente ricavato dalla vendita, se risulta possibile avvalersi di procedure competitive, delega al notaio ovvero delle c.d. aste telematiche notarili.

In attesa della definizione della normativa secondaria, sembra peraltro doversi sin da ora condividere la conclusione secondo cui, in caso di inadempimento da parte del cliente relativo ad un contratto di credito fondiario che contenga il predetto patto marciano, il finanziatore potrà decidere se risolvere il contratto di mutuo ex art. 40, comma 2, del TUB ed azionare (ove necessaria) la procedura di espropriazione giudiziale, ovvero decidere di azionare il patto marciano, sempre che ne sussistano le condizioni (mancato pagamento di un ammontare equivalente a 18 rate mensili) e procedere attraverso il procedimento privato di escussione della garanzia immobiliare [62].

Da ultimo, tornando alla vendita giudiziaria dell’immobile, qualora non sia inserita nel contratto di credito una clausola conforme a quanto previsto dall’art. 120-quinquiesdecies, comma 3, del TUB, il finanziatore potrà far ricorso all’espropriazione immobiliare e, qualora a seguito dell’escussione della garanzia residui un debito a carico del consumatore, il relativo obbligo di pagamento sarà attivabile dopo sei mesi dalla conclusione della procedura esecutiva.

9. Pratiche di commercializzazione abbinata

L’articolo 120-octiesdecies del TUB prevede il divieto delle c.d. pratiche di commercializzazione abbinata, che consistono nell’offerta o commercializzazione di contratti di credito in un pacchetto che comprende altri prodotti o servizi finanziari distinti, qualora il contratto di credito non sia disponibile per il consumatore separatamente [63]. Il fulcro intorno al quale ruota la definizione di pratiche di commercializzazione abbinata è rappresentata dalla “inscindibilità” del contratto di credito rispetto agli ulteriori prodotti o servizi che compongono il c.d. “pacchetto”.

E’ fatto salvo, peraltro, quanto previsto dall’art. 23, comma 4, del TUF e quanto previsto dall’art. 28 del decreto legge 1/2012 come modificato dalla legge 27/2012 e dall’art. 21, comma 3 bis del Codice del Consumo.

Allo stato, il legislatore italiano non sembrerebbe essersi avvalso delle possibilità di introdurre ulteriori deroghe al divieto di c.d. pratiche di commercializzazione abbinata quali previste dall’art. 12 della Direttiva 2014/17/UE.

Ammesse dovrebbero peraltro risultare le c.d. pratiche di commercializzazione aggregata per tali intendendosi “l’offerta o la commercializzazione di un contratto di credito in un pacchetto che comprende altri prodotti o servizi finanziari distinti, in cui il contratto di credito viene messo a disposizione del consumatore anche separatamente, ma non necessariamente alle stesse condizioni praticate quando esso è offerto in maniera aggregata con i servizi accessori” [64]. Le pratiche di commercializzazione abbinata, quindi, si caratterizzano per la possibile “scindibilità” del contratto di credito rispetto agli ulteriori prodotti o servizi che compongono il c.d. “pacchetto”.

 


[1] Il decreto legislativo 21 aprile 2016, n. 72, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 117, risulta essere entrato in vigore in data 4 giugno 2016.

[2] Sia consentito rinviare a Civale, La trasparenza bancaria – rapporto banca cliente e forme di tutela, Giuffrè, 2013, pagg. 7 e s.s.

[3] In termini sistematici occorre notare come la normativa di trasparenza bancaria sia oggi strutturata in quattro (sotto) regimi rappresentati da:

  1. le norme applicabili alle operazioni e servizi bancari e finanziari (Titolo VI, Capitolo I del TUB);
  2. le norme applicabili solo ai contratti di credito immobiliare ai consumatori (Titolo VI, Capitolo I bis del TUB);
  3. le norme applicabili solo ai contratti di credito di consumatori (Titolo VI, Capitolo II del TUB);
  4. le norme applicabili solo ai servizi di pagamento in moneta scritturale (Titolo VI, Capitolo IIbis del TUB).

La chiave di volta del regime articolato di trasparenza bancaria è rappresentata dall’art. 115, comma 3, del TUB in base al quale, differentemente rispetto al passato, la disciplina relativa a ciascuno dei quattro (sotto) regimi sopra individuati è di per sé autonoma ed autosufficiente.

In particolare, le norme applicabili alle operazioni e servizi bancari e finanziari (Titolo VI, Capitolo I del TUB) si applicano ai contratti di credito immobiliare ai consumatori (disciplinati nel Titolo VI, Capitolo I bis del TUB) ai contratti di credito ai consumatori (disciplinati nel Titolo VI, Capitolo II del TUB) ed ai servizi di pagamento in moneta scritturale (disciplinati nel Titolo VI, Capitolo II bis del TUB) solo ove “espressamente richiamate”

[4] Ai sensi dell’art. 120-quinquies del TUB, comma 1, lett. b) per “consumatore” si intende “una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”. Utile appare richiamare quanto previsto dal considerando n. 12 della Direttiva 2014/17/UE secondo cui “La definizione di consumatore dovrebbe includere le persone fisiche che agiscono al di fuori della loro attività commerciale o professionale. Tuttavia, nel caso di contratti con duplice scopo, qualora il contratto sia concluso per fini che parzialmente rientrano nell’ambito delle attività commerciali o professionali della persona e parzialmente ne restino al di fuori e lo scopo commerciale o professionale sia talmente limitato da non risultare predominante nel contesto generale del contratto, la persona in questione dovrebbe altresì essere considerata un consumatore”.

[5] Si veda l’art. 120-quinquies del TUB, comma 1, lett. c).

[6] Dibattito ha suscitato tra gli operatori italiani l’inciso “conservazione del diritto di proprietà”. Tale riferimento, probabilmente, è da riferire all’ordinamento inglese che conosce, accanto all’istituto del “freehold”, assimilabile al diritto di proprietà assoluta, l’istituto del c.d. “leasehold” in cui il titolare ha diritto al possesso esclusivo di un immobile per un periodo limitato di tempo. Con riferimento all’ordinamento italiano, l’inciso “conservazione del diritto di proprietà” potrà riferirsi ad ipotesi di consolidazione dell’usufrutto da parte del proprietario.

[7] Il considerando n. 15 della Direttiva 2014/17/UE espressamente prevede che la stessa direttiva trova applicazione “ai crediti garantiti da beni immobili, indipendentemente dalla finalità del credito, ai contratti di rifinanziamento o altri contratti di credito che aiutano chi abbia la proprietà integrale o parziale di un bene immobile o di un terreno a mantenerla e ai crediti utilizzati per acquistare un bene immobile (…)”.

[8] Il considerando n. 13 della Direttiva 2014/17/UE espressamente prevede che “Sebbene disciplini contratti di credito che si riferiscono unicamente o principalmente a beni immobili residenziali la presente direttiva non osta a che gli Stati membri estendano le misure adottate in conformità della stessa per proteggere i consumatori con riguardo a contratti di credito relativi ad altre forme di beni immobili, o disciplinino altrimenti tali contratti di credito”.

[9] Cfr. art. 120-sexies, comma 1, lett. h) del TUB.

[10] Cfr. art. 122, comma 1 bis, del TUB – considerando n. 18 della Direttiva 2014/17/UE.

[11] Risultano esclusi dall’ambito di applicazione della nuova disciplina del credito immobiliare ai consumatori:

  • i contratti c.d. equity release, ossia i contratti in cui il finanziatore: i) concede una tantum o periodicamente una somma di denaro o eroga credito sotto altre forme in cambio di una somma derivante dalla vendita futura di un bene immobile residenziale o di un diritto reale su un bene immobile residenziale; e ii) non chiede il rimborso del credito fino al verificarsi di uno o più eventi specifici afferenti la vita del consumatore, salvo in caso di violazione, da parte del consumatore dei propri obblighi contrattuali che consenta al finanziatore di domandare la risoluzione del contratto di credito;
  • i contratti di credito concessi da un datore di lavoro ai dipendenti senza interessi o a un TAEG inferiore a quelli prevalente sul mercato;
  • i contratti in cui il credito è concesso senza interessi o ulteriori oneri, esclusi il recupero dei costi connessi all’ipoteca;
  • i contratti in cui il credito è erogato nella forma dell’apertura di credito qualora il credito sia da rimborsare entro un mese;
  • i contratti di credito risultati da un accordo raggiunto davanti a un giudice o altra autorità prevista dalla legge;
  • le dilazioni di pagamento, senza spese, di un debito esistente se non comportano l’iscrizione di ipoteca;
  • i contratti non garantiti e finalizzati alla ristrutturazione di un bene immobile residenziale;
  • i c.d. prestiti ponte in cui la durata non è determinata o in cui il credito deve essere rimborsato entro dodici mesi ed è destinato ad essere utilizzato come finanziamento temporaneo in vista di altre soluzioni per finanziare l’acquisto della proprietà di un bene immobile.

[12] Cfr. art. 120 octies del TUB – Provvedimento di Banca d’Italia in materia di trasparenza, Sezione VI bis, paragrafo 5.1..

[13] Il regime della gratuità dell’informativa relativa ai contratti di credito immobiliare ai consumatori è prevista dall’art. 8 della Direttiva 2014/17/UE.

[14] Si veda l’art. 13 della Direttiva 2014/17/UE.

[15] Il considerando n. 38 della Direttiva 2014/17/UE espressamente prevede che “la pubblicità tende a concentrarsi in particolare su uno o più prodotti, mentre invece i consumatori dovrebbero poter decidere sulla base della conoscenza di tutta la gamma dei prodotti di credito offerti. A tal proposito le informazioni generali svolgono un ruolo importante in quanto mettono il consumatore a conoscenza dell’ampia gamma di prodotti e servizi offerti e delle principali caratteristiche degli stessi. I consumatori dovrebbero pertanto avere la possibilità di accedere in qualsiasi momento alle informazioni generali sui prodotti di credito disponibili (…)”.

[16] L’art. 13 della Direttiva 2014/17/UE declina nel dettaglio le informazioni generali che devono essere rese disponibili per i consumatori.

[17] Nella redazione del foglio contenete informazioni generali sul credito immobiliare a consumatori quale contenuto nell’allegato 3 del Provvedimento di Banca d’Italia in materia di trasparenza, la Banca d’Italia ha mostrato di aver attentamente considerato ed in alcuni casi accolto le indicazioni e le proposte di modifiche formulate nell’ambito della pubblica consultazione. In tale ambito si rileva che l’attuale modello standard di cui al predetto allegato 3 del Provvedimento di Banca d’Italia in materia di trasparenza risulta in grado di essere utilizzato sia in relazione ai contratti di mutuo, sia in relazione ai contratti di leasing abitativo. Lo stesso modello, peraltro, deve essere in parte adattato dai finanziatori che offrono credito immobiliare ai consumatori nella forma tecnica dell’apertura di credito in conto corrente.

[18] Dovrà inoltre essere contenuto un espresso avvertimento che in mancanza delle informazioni necessarie ai fini della valutazione del merito creditizio il finanziamento non potrà essere accordato

[19] Cfr. Allegato II della Direttiva 2014/17/UE.

[20] Cfr. Provvedimento di Banca d’Italia in materia di trasparenza, Sezione VI bis, paragrafo 5.2.2.

[21] Provvedimento di Banca d’Italia in materia di trasparenza, Sezione VI bis, paragrafo 5.2.2.

[22] L’espressione “tempestivamente” risulta indicata nell’art. 120-novies del TUB e nel Provvedimento di Banca d’Italia in materia di trasparenza (cfr. Sezione VI- bis, paragrafo 5.2.2). Il legislatore comunitario (o almeno la versione italiana della direttiva) ha invece ritenuto di utilizzare l’espressione “senza indebito ritardo” (cfr. considerando n. 44 – art. 14, paragrafo 1, lett. a) della Direttiva 2014/17/UE.

[23] In tema appare utile ribadire che nell’ambito del foglio contenente le informazioni generali sul credito immobiliare offerto ai consumatori (cfr. allegato 3 del Provvedimento di Banca d’Italia in materia di trasparenza) il finanziatore deve indicare le informazioni ed i documenti che il cliente deve fornire ai fini della valutazione del merito di credito e il termine (indicato in giorni) entro cui dette informazioni e documenti devono essere forniti dal consumatore a seguito della richiesta da parte del finanziatore.

[24] Cfr. art. 14, paragrafo 4, della Direttiva 2014/17/UE

[25] Il considerando n. 63 della Direttiva 2014/17/UE espressamente prevede che “fornire consulenza sotto forma di raccomandazioni personalizzate costituisce attività separata che può, ma non deve necessariamente, essere combinata con altri aspetti della concessione o intermediazione del credito”.

[26] Il considerando n. 23 e l’art. 14, paragrafo 6 della Direttiva 2014/17/UE lasciavano agli Stati membri la facoltà di:

a) prevedere un diritto di riflessione, un diritto di recesso o una combinazione dei due. Il legislatore italiano ha opportunamente ritenuto di prevedere un diritto di riflessione di durata minima di 7 giorni;

b) prevedere un periodo di riflessione obbligatorio di massimo 10 giorni ed al tempo stesso che, in specifici casi, i consumatori che desiderano procedere durante il periodo di riflessione possano farlo. Il legislatore italiano non risulta essersi avvalso di tale facoltà.

[27] Cfr. art. 120 novies, comma 3, del TUB.

[28] Un interessante riferimento in tale ambito è rappresentato da FCA – Mortgages and Home Finance: Conduct of Business Sourcebook – MCOB 6.A3 (MCD mortgages: binding offer, content of the offer document and reflection period) in cui con riferimento alle regole della c.d. bindig offer risulta precisato che le stesse “does not prevent a binding offer from being subject to lawful conditions, including conditions which make the binding offer subject to one or more of the matters listed below:

(a) there being no material change to the facts and circumstances relating to the binding offer which occurs after the date on which the binding offer is made;

(b) the fact that the consumer has not knowingly provided incomplete or inaccurate information for the purpose of the assessment of affordability, and has not knowingly falsified or withheld the information provided for the purpose of that assessment.

(2) The material changes referred to in (1)(a) include a material change:

(a) affecting the condition, value or title to the property;

(b) in the borrower’s circumstances (such as loss of employment or further secured borrowing taken out after the borrower’s application for an MCD regulated morgage contract) which is likely to have a material impact upon the borrower’s ability to afford the loan.

(3) However, the lender cannot use conditions in binding offers as a means of avoiding the requirement to undertake a proper affordability assessment under MCOB 11 before the binding offer is made”.

[29] Cfr. art. 16 della Direttiva 2014/17/UE.

[30] Cfr. considerando n. 48 della Direttiva 2014/17/UE.

[31] Cfr. art. 120 quinquies, comma 1, lett. g) del TUB.

[32] La differenza tra le due definizioni è data dal fatto che:

– nel nuovo art. 120-quiquies del TUB si prevede che l’attività di intermediario del credito deve essere svolta nel “rispetto delle riserva di attività previste dalla legislazione vigente”;

– nell’art. 121, comma 1, lett. h) del TUB si prevede che l’attività di intermediario del credito deve essere svolta nel “rispetto delle riserva di attività previste nel Titolo VI bis” del TUB, ossia della disciplina dedicata agli agenti in attività finanziaria ed ai mediatori crediti.

La succitata differenza nelle definizioni, per quanto possa essere il risultato di una mera scelta redazionale del legislatore, ovvero della necessità di considerare la possibile attività transfrontaliera degli intermediari del credito, potrebbe peraltro porre rilevanti questioni circa il novero dei soggetti abilitati all’attività di intermediazione di contratti di credito immobiliare ai consumatori, ciò in ragione del più ampio spettro di possibile lettura da riservare alla definizione di cui al nuovo art. 120-quiquies del TUB.

[33] Cfr. art. 2 della Direttiva 2014/17/UE. Il considerando n. 14 della Direttiva 2014/17/UE prevede inoltre che “gli Stati membri dovrebbero poter stabilire ai sensi della legislazione nazionale sottocategorie di intermediari del credito non identificati nella presente direttiva, laddove necessarie a livello nazionale per diversificare requisiti in termini di conoscenze e competenze che devono essere soddisfatti dai vari intermediari del credito”.

[34] Cfr. considerando n. 72 della Direttiva 2014/17/UE – artt. 29 e s.s. della Direttiva 2014/17/UE. In tema si richiamano inoltre le Guidelines on passport notifications for credit intermediaries under the Mortgage Credit Directive adottate dalle EBA nel 2015 e disponibili sul sito internet dell’EBA.

[35] Cfr. considerando n. 47 della Direttiva 2014/17/UE

[36] Ai sensi dell’art. 120-decies del TUB l’intermediario del credito deve fornire al consumatore le seguenti informazioni:

la denominazione e la sede dell’intermediario del credito;

  1. il registro in cui è iscritto, il numero di registrazione e i mezzi esperibili per verificare la registrazione;
  2. se l’intermediario del credito è soggetto a vincolo di mandato o opera in via esclusiva con uno o più finanziatori; in questo caso l’intermediario dovrà indicare la denominazione del finanziatore o dei finanziatori per i quali opera. L’intermediario del credito può dichiarare di essere indipendente se è un consulente indipendente ai sensi dell’art. 120-terdecies, comma 2, del TUB;
  3. se presta servizi di consulenza;
  4. se previsto, il compenso che il consumatore deve versare all’intermediario del credito per i suoi servizi o, ove non sia determinato, il metodo per il calcolo di tale compenso;
  5. le procedure attraverso le quali i consumatori o le altre parti interessate possono presentare reclami nei confronti dell’intermediario del credito e le modalità di accesso a un meccanismo extragiudiziale di reclamo e di ricorso, ove esistente;
  6. l’esistenza e, se noto, l’importo di eventuali commissioni o altre somme che il finanziatore o terzi dovranno versare all’intermediario del credito per i servizi dallo stesso prestati in relazione al contratto di credito. Se l’importo non è noto al momento della comunicazione, l’intermediario del credito informa il consumatore che l’importo effettivo sarà comunicato in una fase successiva nel modulo P.I.E.S.;
  7. se l’intermediario del credito richiede il pagamento di un compenso da parte del consumatore e riceve anche una commissione da parte del finanziatore o da un terzo, la spiegazione circa l’eventuale detrazione della commissione, in tutto o in parte, dal compenso corrisposto dal consumatore stesso;
  8. se l’intermediario del credito riceve commissioni da uno o più finanziatori, il diritto del consumatore di chiedere e ottenere informazioni comparabili sull’ammontare delle commissioni percepite da ciascun finanziatore.

[37] Cfr. art. 120 decies del TUB – Provvedimento di Banca d’Italia in materia di trasparenza, Sezione VI bis, paragrafo 5.2.5..

[38] Il considerando n. 74 della Direttiva 2014/17/UE prevede che “gli Stati membri dovrebbero poter disporre che chi svolge attività di intermediazione del credito a titolo accessorio nell’ambito di un’attività professionale, ad esempio avvocati o notai, non sia soggetto alla procedura di abilitazione ai sensi della presente direttiva, purché tale attività professionale sia disciplinata e le norme pertinenti non ostino allo svolgimento, a titolo accessorio, di attività di intermediazione del credito. Tuttavia la deroga alla procedura di abilitazione di cui alla presente direttiva dovrebbe comportare che le persone in questione non possono beneficiare del regime di passaporto previsto dalla direttiva stessa. Le persone che presentano o rinviano semplicemente un consumatore a un creditore o a un intermediario del credito a titolo accessorio nell’esercizio della loro attività professionale, ad esempio segnalando l’esistenza di un particolare creditore o intermediario del credito al consumatore o un tipo di prodotto offerto da detto creditore o intermediario del credito senza ulteriore pubblicità né intervento nella presentazione, nell’offerta, nei preparativi o nella conclusione del contratto di credito, non dovrebbero essere considerate intermediari del credito ai sensi della presente direttiva. Né dovrebbero essere considerati intermediari del credito ai sensi della presente direttiva i mutuatari che, senza svolgere alcuna altra attività di intermediazione del credito, trasferiscono semplicemente un contratto di credito a un consumatore mediante una procedura di surrogazione”.

[39] L’art. 29, paragrafo 8, della Direttiva 2014/17/UE prevede che “gli Stati membri possono decidere di non applicare il presente articolo per quanto riguarda le persone che svolgono le attività di intermediazione del credito di cui all’articolo 4, punto 5, se svolgono tali attività a titolo accessorio nell’ambito di un’attività professionale e se quest’ultima è disciplinata da disposizioni legislative o regolamentari o da un codice di deontologia professionale che non escludono lo svolgimento di tali attività”.

[40] L’art. 120-undecies del TUB si esprime in termini di “prospettive di adempimento”.

[41] Cfr. considerando n. 55, 56, 57 e 58 della Direttiva 2014/17/UE – art. 18 e 20 della Direttiva 2014/17/UE.

[42] Cfr Guidelines on creditworthiness assesment del 19 agosto 2015 (EBA/GL2015711), disponibili sul sito dell’EBA.

[43] L’orientamento n. 1 delle Guidelines on creditworthiness assesment del 19 agosto 2015 (EBA/GL2015711) prevede che “al fine di verificare le probabilità che un consumatore adempia ai propri obblighi stabiliti dal contratto di credito di cui all’articolo 18 della direttiva 2014/17/UE, il creditore dovrebbe svolgere indagini ragionevoli e adottare misure ragionevoli per verificare la capacità di reddito attuale e pregressa del consumatore ed eventuali andamenti irregolari nel corso del tempo.

Nel caso di consumatori che percepiscono redditi derivanti da un’attività autonoma o di carattere stagionale o saltuario, il creditore dovrebbe svolgere indagini ragionevoli e adottare misure ragionevoli per verificare le informazioni relative alla capacità del consumatore di adempiere gli obblighi stabiliti dal contratto di credito. Tale verifica include la capacità del consumatore di produrre reddito e l’acquisizione dell’attestazione da parte di soggetti terzi della sussistenza di tale reddito”.

[44] L’orientamento n. 4 delle Guidelines on creditworthiness assesment del 19 agosto 2015 (EBA/GL2015711) prevede che “nel valutare la capacità del consumatore di adempiere gli obblighi stabiliti dal contratto di credito, il creditore dovrebbe tenere in considerazione fattori rilevanti che potrebbero influenzare la capacità di adempimento del consumatore, senza introdurre oneri indebiti e indurre rischi di sovra‐indebitamento. I fattori in questione possono includere oneri ulteriori per il servizio del debito, i relativi tassi di interesse e la quota capitale del debito, pregressi mancati pagamenti, tasse e assicurazioni direttamente collegate al credito, ove note.

Il creditore dovrebbe adottare solide procedure per valutare la capacità del consumatore di adempiere gli obblighi stabiliti dal contratto di credito e mantenere aggiornata la documentazione relativa a dette procedure. Il creditore dovrebbe rivedere tali procedure a intervalli regolari.

Se la durata del prestito si estende oltre l’attesa età pensionabile del consumatore, il creditore dovrebbe tenere in debito conto l’adeguatezza del reddito presumibile del consumatore e la sua capacità di continuare ad adempiere gli obblighi stabiliti dal contratto di credito dopo il pensionamento”.

[45] L’orientamento n. 6 delle Guidelines on creditworthiness assesment del 19 agosto 2015 (EBA/GL2015711) prevede che “nel valutare la capacità del consumatore di adempiere gli obblighi stabiliti dal contratto di credito, il creditore dovrebbe tenere in considerazione, a titolo prudenziale, potenziali futuri scenari negativi, tra i quali, per esempio, una riduzione del reddito dopo il pensionamento, un aumento dei tassi di interesse di riferimento nel caso di mutui ipotecari a tasso variabile, l’eventualità di ammortamento negativo ovvero di maxi‐rate finali o pagamenti differiti di capitale o interessi”.

[46] L’orientamento n. 5 delle Guidelines on creditworthiness assesment del 19 agosto 2015 (EBA/GL2015711) prevede che “nel valutare la capacità del consumatore di adempiere gli obblighi stabiliti dal contratto di credito, il creditore dovrebbe tenere ragionevolmente in considerazione gli impegni finanziari già assunti dal consumatore, quali le obbligazioni in essere, e le altre spese non discrezionali dello stesso, incluse la verifica e la valutazione delle spese di sostentamento

[47] L’orientamento n. 2 delle Guidelines on creditworthiness assesment del 19 agosto 2015 (EBA/GL2015711) prevede che “il creditore dovrebbe conservare, almeno per la durata del contratto di credito, la documentazione completa relativa alle informazioni che attestano l’approvazione del mutuo ipotecario.

Il creditore dovrebbe garantire l’immediata disponibilità per le autorità competenti della documentazione contenente adeguate spiegazioni delle procedure adottate per la verifica del reddito. La documentazione dovrebbe contenere almeno le informazioni relative ai redditi pregressi raccolte per ciascun richiedente”.

[48] Cfr. considerando n. 26 della Direttiva 2014/17/UE – art. 19 della Direttiva 2014/17/UE.

[49] Cfr. art. 120-duodecies del TUB

[50] Cfr. art. 120-quinquies, comma 1, lett. i) del TUB. In tema di consulenza al credito, Lupoi, La Direttiva 17/2014, il mercato dei crediti immobiliari e la consulenza al credito, in Banca, Borsa e Titoli di Credito, 2016, II, 234 e s.s..

[51] La norma dà applicazione alle disposizioni comunitarie che prevedono la nuova figura del “consulente indipendente”. Attraverso l’introduzione di un comma 2 bis all’art. 128-sexies, del TUB viene riconosciuta questa nuova figura professionale a cui è però riservata in via esclusiva la prestazione di servizi di consulenza indipendente. Tale figura potrà essere remunerata solo dal cliente.

[52] Il considerando n. 64 della Direttiva 2014/17/UE espressamente prevede che coloro “che forniscono servizi di consulenza dovrebbero potersi specializzare in determinati prodotti di «nicchia» — ad esempio i prestiti ponte — purché considerino una gamma di prodotti all’interno di quella particolare «nicchia» e la loro specializzazione in questi prodotti di «nicchia» sia resa nota al consumatore. In ogni caso, i creditori e gli intermediari del credito dovrebbero rivelare al consumatore se stanno fornendo un parere soltanto riguardo alla propria gamma di prodotti o a una gamma più ampia di prodotti reperibili sul mercato affinché il consumatore stesso comprenda i fondamenti della raccomandazione”.

[53] Cfr. considerando n. 65 della Direttiva 2014/17/UE.

[54] Il considerando n. 65 della Direttiva 2014/17/UE espressamente prevede che “gli Stati membri dovrebbero poter chiarire come deve essere valutata l’adeguatezza di un determinato prodotto per un consumatore nel quadro dell’offerta di servizi di consulenza”.

[55] In termini di raffronto, può essere utile richiamare la disciplina in materia di consulenza in materia di contratti di credito immobiliare ai consumatori applicabile in Inghilterra: cfr. FCA – Mortgages and Home Finance: Conduct of Business Sourcebook– MCOB 4 Advising and selling standards.

[56] In tema, si veda Maffeis, Direttiva 2014/17/UE: rischi di cambio e di tasso e valore della componente aleatoria nei crediti immobiliari ai consumatori, in Banca, Borsa e Titoli di Credito, 2016, I, 190 e s.s.; Ferretti – Santoro, Prime osservazioni sul decreto legislativo di recepimento della direttiva mutui, www.dirittobancario.it. 2016.

[57] In deroga al paragrafo 3.1 della sezione IV del Provvedimento di Banca d’Italia in materia di trasparenza, l’offerta può contemplare la sola forma elettronica per la predetta comunicazione.

[58] Il considerando n. 27 della Direttiva 2014/17/UE espressamente prevede che “Considerate le conseguenze significative di un pignoramento per creditori, consumatori e, potenzialmente, per la stabilità finanziaria, è opportuno che i creditori siano incoraggiati ad affrontare in maniera proattiva il rischio di credito emergente in una fase precoce e che si disponga delle misure necessarie affinché i creditori esercitino un ragionevole grado di tolleranza e compiano ragionevoli sforzi per risolvere la situazione con altri strumenti, prima di dare avvio a procedure di pignoramento. Ove possibile è opportuno trovare soluzioni che tengano conto delle circostanze concrete e dei bisogni ragionevoli del consumatore in termini di spese di sostentamento. Qualora dopo la procedura di pignoramento permangano debiti residui, gli Stati membri dovrebbero garantire condizioni minime di sussistenza e porre in essere misure che facilitino il rimborso evitando, al contempo, il sovraindebitamento a lungo termine. Almeno nei casi in cui il prezzo ottenuto per il bene immobile influisce sull’importo dovuto dal consumatore gli Stati membri dovrebbero incoraggiare i creditori ad adoperarsi ragionevolmente per ottenere il miglior prezzo possibile per il bene immobile pignorato alle condizioni di mercato”.

[59] Cfr. Orientamenti EBA su “arrears and foreclosure” (EBA/GL/2015/12), disponibili sul sito internet dell’EBA.

[60] Cfr. Provvedimento di Banca d’Italia in materia di trasparenza, Sezione VI bis, paragrafo 8.

[61] Diversamente, l’art. 48 bis del TUB non sembrerebbe prevede l’esdebitazione dell’impresa, potendo il creditore richiedere il pagamento del debito residuo.

[62] Ferretti – Santoro, Prime osservazioni sul decreto legislativo di recepimento della direttiva mutui, www.dirittobancario.it

[63] Cfr. considerando n. 24 e n. 25 della Direttiva 2014/17/UE.

[64] Cfr. art. 4, par. 1, n. 27 della Direttiva 2014/17/UE – art. 12, paragrafo 1 della Direttiva 2014/17/UE.

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