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La Cassazione sull’opzione per l’applicazione separata dell’IVA

15 Novembre 2024

Angelica Chiara Tazzioli, Dottoranda di ricerca in diritto tributario – Università degli Studi di Milano-Bicocca

Cassazione Civile, Sez. V, 6 settembre 2024, n. 24022 – Pres. Bruschetta, Rel. Hmeljak

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IVA

Con la sentenza n. 24022/2024, la Cassazione si è pronunciata sui criteri e sui limiti di accesso al regime opzionale contemplato dall’art. 36, c. 3 del D.P.R. 633/1972, ove si consente ai soggetti che esercitano “più imprese o più attività nell’ambito della stessa impresa” di optare per l’applicazione separata dell’IVA “relativamente ad alcune delle attività esercitate”.

In particolare, il Collegio, in parziale accoglimento del ricorso proposto dalla società contribuente, ha statuito che detto meccanismo è ammesso “laddove le diverse attività economiche, esercitate tutte in modo sistematico e non occasionale, siano sostanzialmente diverse ed effettivamente scindibili, sulla base di criteri oggettivi, così da essere suscettibili di formare oggetto di autonome attività di impresa, aventi ciascuna una propria struttura organizzativa”.

Nel caso esaminato, la disposizione veniva invocata dalla contribuente che, in sede di calcolo della detraibilità dell’IVA, aveva ritenuto validamente sussistenti le condizioni per l’applicazione separata dell’imposta, in ragione dell’articolazione funzionalmente autonoma delle attività economiche da essa svolte.

Più precisamente, la società era dedita, per un verso, alla gestione di una struttura adibita a centro commerciale (operazione imponibile ai fini Iva); dall’altro, all’erogazione di sub mutui a favore dei propri soci (esente da IVA).

Su questi rilievi, l’Ufficio aveva proceduto al recupero a tassazione di parte delle detrazioni Iva effettuate dalla contribuente, sul presupposto che questa svolgesse, di fatto, non già autonome prestazioni di servizi bensì un’attività di impresa unica e non divisibile.

I costi sostenuti venivano dunque riqualificati come promiscui perché funzionali all’espletamento di una attività ora considerata nella sua unità, derivandone che la detrazione doveva essere calcolata in via forfetaria ai sensi dell’art. 19, c. 5, D.P.R. n. 633/1972.

In tale contingenza, la Suprema Corte ha chiarito i requisiti necessari ai fini dell’accesso all’opzione ex 36, comma 3, cit.

Anzitutto, l’attività per la quale si invoca il diritto di detrazione deve essere gestita con il metodo della contabilità separata, fermo restando che detta prerogativa non potrà essere richiamata in relazione a beni ammortizzabili promiscui, poiché assegnati indistintamente alle differenti attività espletate.

In ultima analisi, le predette attività devono essere distinguibili sotto un profilo sostanziale (senza peraltro essere sufficiente, in punto di giudizio, l’attribuzione di un diverso codice ATECO), devono essere esercitate con sistematicità ed essere scindibili sulla base di criteri puramente oggettivi. 

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