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Giurisprudenza

Sull’interpretazione e sul regime transitorio del nuovo art. 69-bis L. Fall.

16 Gennaio 2018

Sara Scapin

Cassazione Civile, Sez. I, 14 dicembre 2016, n. 25728 – Pres. Nappi, Rel. Terrusi

Di cosa si parla in questo articolo

Con l’interessante pronuncia in esame la Corte di Cassazione si esprime sull’interpretazione da attribuirsi al nuovo art. 69-bis L. Fall., e sul regime transitorio applicabile. La Corte, in particolare, coglie l’occasione per affrontare due questioni: la prima avente ad oggetto l’applicabilità o meno della suddetta disposizione alle ipoteche giudiziali iscritte prima del D.L. n. 83/2012; la seconda inerente l’ammissibilità della proposizione della revocatoria in via di eccezione a fronte di una domanda di insinuazione allo stato passivo.

La vicenda, infatti, trae origine dal provvedimento con cui il Tribunale di Udine rigettava l'opposizione proposta dal ricorrente avverso lo stato passivo del fallimento della società, relativamente ad un credito invocato con prelazione ipotecaria. Tale credito era, invece, stato ammesso in chirografo, atteso il mancato consolidamento dell'ipoteca giudiziale nei termini computati ai sensi dell'art. 69-bis, secondo comma, legge fall., essendo il fallimento conseguito a una domanda di concordato avanzata dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 83 del 2012 e attesa l'applicabilità del principio di consecuzione delle procedure.

La questione affrontata dalla Suprema Corte concerne l’asserita illegittima applicazione dell'art. 69-bis L. Fall. al caso di specie, venendo infatti in considerazione un'ipoteca giudiziale iscritta prima del D.L. n. 83/2012. Secondo il ricorrente, infatti, la norma non può avere effetto retroattivo in rapporto a ipoteche iscritte anteriormente, né potrebbe a tal scopo invocarsi il principio di consecuzione delle procedure al cospetto di una domanda di concordato in bianco. Il ricorrente, nello specifico, a sostegno della propria tesi, evidenzia come non risulterebbe ammissibile la sottoposizione alla disciplina sopravvenuta atti ormai consolidati nelle formalità e negli effetti, tanto più laddove non siano stati perseguiti interessi pubblici ma privati, ovverosia del debitore o della procedura.

La Suprema Corte, nel ritenere inaccoglibile la predetta prospettazione, sottolinea come l'art. 67 L. Fall, comma 1, sancisca, tra l'altro la possibilità di revocare, salvo che l'altra parte provi la mancata conoscenza dello stato d'insolvenza del debitore, "i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti". A sua volta l'art. 69-bis, comma 2, L. Fall. prevede che, nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segua la dichiarazione di fallimento, "i termini di cui agli articoli 64, 65, 67, primo e secondo comma, e 69 decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese". Appare quindi evidente come, con tale specificazione, la norma abbia recepito il principio di consecuzione tra le procedure, principio che, tra l’altro, per giurisprudenza costante assegnava rilevanza alla data di presentazione della domanda di concordato (ove la procedura fosse stata ammessa) per essere la sentenza di fallimento l'atto terminale di un procedimento comunque sorretto dall’insolvenza dell'imprenditore successivamente accertata.

È, poi, anche l'art. 33, comma 1, lett. a-bis), numero 2), D. L.n. 83/2012, ad applicarsi, in forza del terzo comma del medesimo art. 33, "ai procedimenti di concordato preventivo ( ) introdotti dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione"; legge (n. 134/2012) entrata in vigore il 12-8-2012. Ne deriva, pertanto, che gli effetti del novellato art. 69-bis L. Fall. attengono anche agli atti pregiudizievoli compiuti anteriormente all'entrata in vigore del D. L. n. 83/2012.

A nulla poi rileva chela norma abbia avuto come base di riferimento l’istituto del concordato in bianco, posto che non vi è nessun elemento che supporti la pretesa di un regime temporale diverso da quello appositamente stabilito dal legislatore. E ciò anche dal punto di vista logico, posto che il legislatore, considerata la possibilità di presentare una domanda di concordato con riserva ai sensi dell’art. 161, comma 6., L. Fall., ha preferito eliminare il rischio di un utilizzo strumentale di tale facoltà per sterilizzare il periodo sospetto, elaborando un ambito applicativo a ritroso in rapporto alle domande di concordato pubblicate dopo l'entrata in vigore della medesima norma, per evitare che la presentazione di una domanda di concordato in bianco diventasse facile strumento di vanificazione delle revocatorie.

Alla luce di ciò va, quindi, letta anche la regola secondo la quale, invece, per gli atti e i pagamenti anteriormente effettuati, e per le garanzie anteriormente iscritte, i termini delle revocatorie decorrono, ove sopravvenga il fallimento, dalla data di pubblicazione della medesima domanda di concordato nel registro delle imprese.

La seconda questione posta dal ricorrente, e ritenuta anch’essa infondata da parte della Cassazione, attiene, invece, al profilo dell'ammissibilità della proposizione della revocatoria in via di eccezione a fronte della domanda di insinuazione allo stato passivo. A mente dell'art. 95, primo comma, L. Fall., il curatore, esaminando le domande di cui all'art. 93, e predisponendo gli elenchi separati dei creditori e dei titolari di diritti su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito, può eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonché l'inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se la relativa azione risulta prescritta. Ad ogni modo, la Corte evidenzia come tale eccezione non sia condizionata dalla circostanza che la corrispondente azione revocatoria sia stata inserita nel programma di liquidazione. 

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