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Approfondimenti

Insolvenza: la proposta di armonizzazione Insolvency III

23 Febbraio 2023

Filippo Andrea Chiaves, Senior Counsel, Hogan Lovells

Pierantonio Musso, Counsel, Hogan Lovells

Federico Pappalettera, Associate, Hogan Lovells

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza la nuova proposta della Commissione Europea per armonizzare le discipline nazionali in materia di procedure pre-fallimentari e d’insolvenza (c.d. Insolvency III).


1. Antefatti e genesi della Proposta

Il tema della diversità delle normative nazionali degli stati membri dell’Unione Europea in materia di insolvenza è stato più volte segnalato da investitori, accademici, banche centrali e politici europei come uno dei più rilevanti ostacoli giuridici ad una piena integrazione del mercato comune. In questo senso, si segnala che anche il Fondo Monetario Internazionale ha indicato proprio la disciplina dell’insolvenza tra i tre principali ostacoli ad un aumento del volume degli investimenti cross-border tra stati membri dell’Unione Europea[1].

Alla luce di quanto sopra, negli scorsi anni, le istituzioni europee si sono a più riprese attivate per porre un argine alle negative conseguenze derivanti da tale disallineamento delle discipline nazionali. In prima battuta, con il Regolamento (UE) 2015/848 si è mirato a garantire un coordinamento tra le discipline nazionali applicabili a casi di insolvenza transfrontaliera, facendo tra l’altro chiarezza sulle modalità di identificazione della giurisdizione competente per le procedure d’insolvenza nonché sulla legge applicabile. Tale disciplina era quindi finalizzata a offrire un quadro generale di coordinamento tra autorità nazionali, al fine di rafforzarne la cooperazione reciproca e garantire una gestione più omogenea delle procedure con profili transnazionali. In un secondo momento, nel quadro del piano d’azione annunciato nel 2015 dalla Commissione UE e pensato per pervenire ad una più solida integrazione dei mercati del capitale all’interno dell’Unione Europea (c.d. “Capital Markets Union”), è stata adottata la Direttiva (UE) 2019/1023 (c.d. “Direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza”), che si poneva l’obiettivo di uniformare specifici profili inerenti le procedure di ristrutturazione preventiva e l’esdebitazione.

L’ultimo approdo di questo lungo percorso è oggi costituito dalla più recente tra le proposte sinora formulate dalla Commissione Europea in materia, pubblicata il 7 dicembre 2022[2] (la “Proposta”), al momento ancora in attesa di essere discussa dal Parlamento e dal Consiglio dell’Unione Europea, benché questi ultimi abbiano già in precedenza espresso il loro generale favore a un intervento di armonizzazione[3].

Ciò che distingue tale ultima Proposta dalle normative europee varate in passato è il fatto che per la prima volta saranno oggetto di armonizzazione alcuni istituti di diritto sostanziale e non più soltanto i profili procedurali legati al coordinamento delle procedure da parte delle autorità competenti. I principali istituti oggetto dell’attività di armonizzazione prevista dalla Proposta sono

(i)    le azioni revocatorie[4],

(ii)   l’obbligo per gli amministratori di presentare tempestivamente istanza di insolvenza ove ne ricorrano i presupposti[5],

(iii)   le procedure c.d. “pre-pack[6], nonché

(iv) la valorizzazione del ruolo del comitato dei creditori nel garantire un’equa distribuzione del ricavato tra i creditori[7].

A questi aspetti si assommano poi

(v)   la previsione di un regime di liquidazione semplificata per imprese al di sotto di determinate soglie dimensionali[8], così come anche

(vi) la previsione di obblighi informativi a carico degli Stati Membri che dovranno periodicamente pubblicare documenti volti a colmare le asimmetrie informative che altrimenti potrebbero complicare le scelte degli investitori[9].

L’impatto sul contesto legislativo italiano delle modifiche proposte viene esaminato nel dettaglio nel prosieguo (cfr. infra par. 4).

Come chiarito nella relazione allegata alla Proposta, la base giuridica richiamata dalla Commissione Europea come fondamento della legittimità del proprio intervento varia rispetto agli atti precedentemente adottati in materia: non più l’art. 81 TFUE[10], bensì l’art. 114 TFUE[11], che consente l’adozione di misure di ravvicinamento delle disposizioni nazionali che hanno per oggetto l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno. La Proposta è, infatti, destinata a influire sul contenuto sostanziale delle discipline nazionali di settore, indipendentemente dal fatto che la medesima si applichi poi ad una procedura con profili transnazionali o meno[12].

In ogni caso, si tratterà di un’armonizzazione finalizzata a istituire un insieme di requisiti normativi di base cui gli Stati Membri si dovranno conformare, senza pregiudicare la libertà di questi ultimi di adottare o mantenere in vigore disposizioni più tutelanti per i creditori, come espressamente previsto dell’art. 5 della Proposta.

2. I principi ispiratori della Proposta in materia di insolvenza

Più in dettaglio, la Proposta mira, come espressamente dichiarato nel suo primo Considerando, a “eliminare gli ostacoli all’esercizio delle libertà fondamentali, quali la libera circolazione dei capitali e la libertà di stabilimento, che derivano dalle differenze tra le legislazioni e procedure nazionali in materia di insolvenza[13], nell’ottica di sanare le divergenze registrate nella gestione delle procedure d’insolvenza tra i diversi Stati Membri (e che tutt’ora sono caratterizzate da tempi medi delle procedure che variano tra pochi mesi e diversi anni e con spese giudiziarie che variano enormemente a seconda del paese europeo in cui si apre la procedura d’insolvenza). Nell’attuare quest’opera di armonizzazione, la Commissione Europea intende inoltre garantire:

  • che i creditori possano trarre il massimo valore dalla liquidazione della società insolvente;
  • che le procedure di insolvenza a loro disposizione siano efficienti; e
  • che il valore recuperato sia distribuito in modo più equo e prevedibile.

Per altro verso, la Proposta mira a rendere le procedure d’insolvenza accessibili anche alle c.d. “microimprese” (in merito si veda nel dettaglio  infra, par. 4), spesso penalizzate in quanto sprovviste dei mezzi necessari per far fronte alle spese legali da sostenere[14]. L’introduzione di una procedura semplificata rivolta a questa tipologia di imprese mira appunto a garantire che al ricorrere delle condizioni previste a questo fine, un’impresa possa beneficiare di un provvedimento di esdebitazione indipendentemente dalle proprie dimensioni o da significative disponibilità di cassa. In secondo luogo, negli intenti della Commissione, la possibilità di gestire in maniera più coerente il processo di ripartizione delle attività residue delle microimprese in liquidazione dovrebbe essere in grado di ridurre la percezione del rischio di investimenti in questo tipo di impresa, grazie ad un generale miglioramento atteso per i correlati tassi di recupero[15]. In definitiva, nei piani della Commissione, le riformate regole dovrebbero essere idonee a garantire che gli investitori siano in grado di offrire condizioni di credito più vantaggiose, in virtù della parziale neutralizzazione dell’incertezza che aleggia sull’esito di eventuali procedure concorsuali cui il loro debitore dovesse essere sottoposto[16].

Per quanto riguarda la tutela dei creditori, questi ultimi potrebbero quindi beneficiare di aspettative di migliore recupero anche in caso di insolvenza del debitore. Nel quadro giuridico delineato dalla Proposta, la nuova struttura del comitato dei creditori consentirà loro di coordinare le loro decisioni in maniera più efficace, e i nuovi strumenti informativi in merito alle specifiche modalità di svolgimento delle procedure negli Stati Membri permetteranno di valorizzare quest’aspettativa anche nella preliminare fase in cui un investitore deve scegliere su quale imprenditore di quale Stato Membro riporre la propria fiducia[17].

3. Le prime reazioni italiane

Benché ad oggi i commenti espressi nel panorama nostrano sul contenuto della Proposta siano limitati, soprattutto con riferimento al recepimento da parte del Legislatore italiano, è stato sinora evidenziato che qualora la Proposta dovesse essere adottata nella sua attuale formulazione, si registrerebbe un sostanziale allineamento con i principi ispiratori della normativa attualmente in vigore nel nostro Paese, sebbene con alcuni necessari adattamenti, specie in ragione del fatto che la Proposta sembra essere ispirata, per taluni versi, a istituti tipici del diritto tedesco[18].

In prima battuta, come si osserverà più diffusamente in seguito (cfr. infra par. 4.(a)), una delle più evidenti differenze rispetto all’attuale disciplina del nostro Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, “CCII”) è quella della nozione di atto assoggettabile a revocatoria che, secondo la Proposta, dovrebbe estendersi in sostanza ad ogni condotta avente effetti legali, ivi ricompresi anche, ad esempio, i comportamenti omissivi del debitore[19].

Aspetto critico della Proposta, secondo alcuni[20], potrebbe essere rappresentato dalla scelta di operare tramite uno strumento di armonizzazione minima, che lascia gli Stati Membri liberi di adottare regole più rigorose a livello nazionale: oltre a vanificare in parte gli intenti armonizzatori della Commissione, concedere un simile margine di libertà agli Stati Membri potrebbe alimentare il rischio di fenomeni di “forum shopping in ambito concorsuale e liquidatorio in senso lato. Peraltro, sulla stessa linea, si è rilevato che la mancata armonizzazione del regime di privilegi e garanzie che sottendono l’istituto dell’azione revocatoria è circostanza già di per sé idonea a determinare sensibili squilibri tra le varie legislazioni nazionali.

Altra preoccupazione si è poi incentrata sull’ampliamento del periodo sospetto che, specie in riferimento alle revocatorie di atti a titolo gratuito o con corrispettivo manifestamente inadeguato, rischierebbe di determinare un generale inasprimento delle norme attualmente in vigore, col rischio di pregiudicare rapporti giuridici consolidati anche oltre il limite della ragionevolezza[21]. Da ultimo, desta preoccupazioni anche la mancata inclusione nella proposta europea di norme volte ad armonizzare la disciplina procedurale delle azioni di responsabilità verso gli amministratori, alla luce del primario rilievo che questo strumento assume a livello pratico[22].

4. Potenziale incidenza della Proposta sulla normativa italiana vigente in materia di insolvenza

(a) Le azioni revocatorie secondo la Proposta e nell’attuale disciplina italiana

Le norme proposte dalla Commissione Europea in materia di azioni revocatorie presentano talune rilevanti differenze rispetto all’attuale normativa italiana. Si rammenta, in questo senso, che la corrente disciplina prevista dal CCII in merito agli atti pregiudizievoli nei confronti dei creditori[23] non si discosta sostanzialmente rispetto a quanto precedentemente previsto dalla Legge Fallimentare.[24].

In linea generale, la Commissione Europea, a differenza di quanto previsto dal CCII[25], ha adottato un concetto “ampio” di atto revocabile, che comprende qualsiasi condotta avente effetti giuridici[26], ivi comprese le omissioni del debitore che abbiano l’effetto di arrecare un pregiudizio alla massa dei creditori. In questo concetto, inoltre, vengono ricompresi dalla Proposta non solo gli atti del debitore, ma anche quelli posti in essere da controparti contrattuali del medesimo o soggetti terzi. In tal senso, in sede di attuazione potrebbe risultare necessario ampliare la nozione di atto revocabile attualmente prevista dal CCII.

Con riferimento agli atti preferenziali che favoriscono uno o più creditori a discapito della massa[27], la Proposta non appare discostarsi sensibilmente dall’attuale normativa italiana in vigore. L’art. 166, co. 2, CCII prevede infatti che sono revocabili, se il curatore prova che il creditore conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, gli atti compiuti dal debitore dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori. In questo senso, il Legislatore italiano potrebbe abbreviare l’attuale periodo sospetto di sei mesi o mantenerlo invariato, avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 5 della Proposta. In questo senso, inoltre, il Legislatore dovrebbe recepire la presunzione di conoscenza[28] prevista con riferimento a creditori che risultino strettamente correlati al debitore.

In merito agli atti a titolo gratuito o caratterizzati da corrispettivo inadeguato alla prestazione, la Proposta si discosta sensibilmente da quanto previsto dall’art. 166, co. 1, CCII che, come detto, fa salvo il caso in cui il creditore provi in giudizio che non era a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore. In questo senso, inoltre, secondo quanto previsto alla lett. a) di tale norma, il criterio per verificare l’inadeguatezza del corrispettivo è quello secondo cui le obbligazioni assunte dal debitore devono superare di un quarto quanto a quest’ultimo dato o promesso. Il Legislatore italiano dovrà quindi valutare, in sede di recepimento della direttiva, se mantenere l’attuale fattispecie di cui all’art. 166, co. 1, lett. a), CCII (con periodo sospetto pari a un anno) o, in alternativa, accorparla alla disciplina dei pagamenti preferenziali a fronte di prestazione corrispettiva non congruente, con periodo sospetto più breve.

Con riferimento, infine, agli atti compiuti intenzionalmente a danno della massa, la Proposta prevede una disciplina per certi versi paragonabile all’azione revocatoria ordinaria[29] di cui agli artt. 2901 cod. civ. e 165 CCII[30]: tuttavia, in quest’ultimo caso è necessario che l’atto di cui si richiede la revoca sia anteriore al sorgere del credito e che il creditore, oltre che consapevole del danno, concorra con il debitore alla dolosa preordinazione dell’operazione in danno degli altri creditori.

(b) I c.d. “pre-packplans secondo la Proposta e analoghi istituti nella normativa italiana vigente

Preliminarmente, si noti che l’attuale CCII prevede, nel contesto di alcuni strumenti di ristrutturazione, possibilità accelerate di vendita dell’azienda che, di fatto, sono in parte affini al concetto di “pre-pack plan di origine anglosassone.

In questo senso:

  1. l’art. 22, co. 1, lett. d), CCII, in materia di composizione negoziata, ha previsto che il Tribunale, su richiesta e dopo aver verificato il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente,, possa autorizzare il debitore a cedere a terzi l’azienda, o uno o più rami della medesima, priva di debiti, in deroga all’art. 2560, co. 2, cod.civ.;
  2. l’art. 25-septies CCII, in materia di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio all’esito di una composizione negoziata, ha disposto che, se previsto dal piano di liquidazione, il liquidatore giudiziale, dopo aver verificato l’assenza di soluzioni più favorevoli, possa cedere l’azienda, o uno o più rami della medesima, a un offerente individuato nel contesto del piano stesso, con applicazione delle norme in materia di effetti traslativi della vendita forzata[31]. In questo caso la vendita può essere anche effettuata prima dell’omologa, previa autorizzazione del tribunale e verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato[32];
  3. gli artt. 90 e ss. CCII, in materia di proposte concorrenti nel concordato preventivo, consentono di dar corso alla vendita dell’azienda del debitore in presenza di un’offerta e secondo una procedura che rispetti il principio di competitività[33];
  4. l’art. 84, co. 2, CCII, in materia di concordato preventivo con continuità aziendale, include l’ipotesi della “continuità aziendale indiretta”, ai sensi della quale l’attività aziendale viene proseguita mediante cessione dell’azienda – o di uno o più rami della medesima – a un soggetto terzo secondo una procedura che rispetti il principio di competitività[34].

(c) Gli obblighi in capo agli amministratori secondo la Proposta e nella disciplina italiana corrente

Ai sensi dell’art. 36 della Proposta, gli Stati Membri dovranno provvedere affinché, in caso di insolvenza di una persona giuridica, gli amministratori siano tenuti a richiedere l’apertura di una procedura di insolvenza entro tre mesi dalla conoscenza dell’insolvenza.

Nei documenti preparatori pubblicati unitamente alla Proposta, la Commissione Europea ha specificato che la nozione di amministratore deve, in questo caso, essere interpretata in senso ampio, in linea con il suggerimento della Legislative Guide on Insolvency Law dell’UNCITRAL[35], secondo cui “As a general guide, however, a person might be regarded as a director when they are charged with making or do in fact make or ought to make key decisions with respect to the management of a company[36].

La formulazione di cui agli artt. 36 e 37 della Proposta non chiarisce, apparentemente, se a “presentare […] una richiesta di apertura di una procedura di insolvenza[37] equivalga la richiesta, da parte degli amministratori e per conto della persona giuridica da essi rappresentata, di accedere a una procedura di composizione della crisi d’impresa alternativa alla liquidazione giudiziale quali, ad esempio, la composizione negoziata[38] o l’accordo di ristrutturazione dei debiti[39] previsti dal CCII.

L’interpretazione letterale della norma parrebbe suggerire una risposta negativa e, conseguentemente, incompatibile con l’attuale disciplina concorsuale italiana, ove svariate procedure di ristrutturazione della crisi d’impresa sono accessibili altresì da parte del debitore insolvente[40].

Tale lettura sarebbe inoltre in contrasto con i principi espressi dalla Direttiva (UE) 2019/1023[41], che tendono a favorire il più possibile il ricorso del debitore a procedure di ristrutturazione preventiva della crisi d’impresa, in luogo dell’insolvenza. Su questo punto, si auspica quindi un intervento chiarificatore da parte del legislatore europeo in sede di discussione e approvazione del testo della Proposta.

Con specifico riferimento al diritto italiano, è necessario inoltre ricordare che le attuali norme in vigore prevedono:

  1. all’art. 2086, co. 2, cod. civ. l’obbligo per l’imprenditore di organizzare l’impresa anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale della medesima, nonché di attivarsi tempestivamente – qualora necessario – per l’adozione di uno degli strumenti di composizione della crisi previsti dall’ordinamento;
  2. all’art. 3 CCII, numerosi obblighi per l’imprenditore in relazione alla predisposizione di adeguate misure e assetti organizzativi funzionali alla rilevazione tempestiva della crisi d’impresa;
  3. all’art. 27-novies CCII, in materia di segnalazione anticipata della crisi, una serie di obblighi in capo ai creditori pubblici qualificati[42], i quali sono tenuti a segnalare al debitore e agli organi di controllo del medesimo (se presenti) situazioni di potenziale crisi derivante dall’indebitamento dell’imprenditore nei propri confronti. Si noti, in questo senso, come allo stato i termini (di ritardo del debitore nel pagamento e di segnalazione per il creditore pubblico qualificato) previsti dalla norma in parola sono, tuttavia, pari o – di fatto – superiori ai tre mesi previsti dalla Proposta quale termine ultimo in cui gli amministratori si devono attivare per far fronte all’insolvenza[43].

(d) La liquidazione semplificata delle micro-imprese secondo la Proposta e nella normativa italiana vigente

Il CCII prevede, per le imprese commerciali minori[44], per quelle agricole, per i professionisti e, in generale, per tutti i soggetti non imprenditori non specificamente esclusi dalla disciplina sul sovraindebitamento, la possibilità di ricorrere alla procedura di liquidazione controllata, ai sensi degli artt. 268 ss.

I requisiti soggettivi di tale procedura sono parzialmente diversi rispetto a quelli previsti dalla Proposta, che fa riferimento ai criteri previsti dalla definizione di “micro-impresa” di cui all’Allegato A alla Raccomandazione della Commissione (CE) 2003/361[45], secondo la quale la micro-impresa è “un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro”.

La sovrapposizione, seppur parziale, delle due summenzionate definizioni, farebbe auspicare un recepimento organico, da parte del Legislatore italiano, delle disposizioni sulla liquidazione semplificata delle micro-imprese contenute nella Proposta, nel contesto della procedura di liquidazione controllata.

Le due procedure così identificate presentano, tuttavia, sensibili differenze. In questo senso:

  1. il requisito soggettivo della liquidazione controllata è il “sovraindebitamento” che, a sua volta, comprende sia la crisi che l’insolvenza dei soggetti a cui si applica la relativa normativa[46], mentre la Proposta restringe il campo di applicazione della liquidazione semplificata ai soli soggetti “insolventi”[47]. In questo senso, tuttavia, la Proposta non sembra introdurre specifici limiti per i legislatori nazionali in merito all’ampliamento di tale requisito soggettivo;
  2. la Proposta prevede la nomina di un amministratore solo qualora, a seguito di una valutazione specifica, l’autorità incaricata della gestione della procedura valuti, in via eccezionale, ciò opportuno[48]. Al contrario, la liquidazione controllata prevede sempre la nomina di un liquidatore[49];
  3. la liquidazione controllata prevede un meccanismo di accertamento delle passività modellato sulla base di quello previsto dalla liquidazione giudiziale[50], mentre la Proposta opta per un sistema molto più snello, finalizzato a comprimere il più possibile la durata della procedura[51];
  4. ai sensi dell’art. 56 della Proposta, al termine della liquidazione semplificata possono accedere all’esdebitazione, oltre all’imprenditore stesso, anche i fondatori, i proprietari e i soci che siano illimitatamente responsabili per le obbligazioni della microimpresa. Con riferimento al CCII, tale possibilità di estensione degli effetti esdebitativi è prevista invece a beneficio dei soli soci[52].

(e) Il comitato dei creditori secondo la Proposta e nell’attuale disciplina del CCII

Il ruolo del comitato dei creditori non è stato sostanzialmente intaccato dall’introduzione del CCII, rispetto alla previgente legislazione di cui alla Legge Fallimentare[53].

Con riferimento alla Proposta, la maggior innovazione prevista in materia dalla Commissione Europea è quella contenuta all’art. 58, co. 3, ai sensi del quale il legislatore nazionale di ogni Stato Membro, in sede di recepimento, potrà escludere la possibilità di costituire il comitato dei creditori qualora i costi complessivi da sostenersi in relazione al medesimo non siano giustificati o sostenibili in considerazione dell’attivo della procedura, del numero dei creditori della medesima o del fatto che il debitore è una micro-impresa.

5. Prime reazioni europee e primi confronti con il panorama inglese e americano

La Proposta in commento è assai recente e al momento è oggetto di limitati commenti a livello italiano ed europeo:  tuttavia si possono svolgere alcuni preliminari raffronti con gli ordinamenti dei principali Stati Membri UE, nonché con l’esperienza nel Regno Unito e negli USA.

In primo luogo, la disciplina delle azioni revocatorie contenuta nella Proposta appare in parte ispirata ai §§ 130, 131 e 133 della Insolvenzordnung del diritto tedesco, con particolare riferimento ai concetti di corrispettivo congruo e non congruo, nonché a quello di atto intenzionalmente diretto a cagionare un danno alla massa dei creditori[54].

Il comitato dei creditori è di derivazione anglosassone[55] ed è presente in  numerosi ordinamenti.

Il concetto di “pre-pack plan” risente, invece, evidentemente dell’influenza anglosassone e, in particolare, statunitense. Negli USA, infatti, i piani “pre-pack” a cui segue una vendita competitiva dell’azienda sono assai diffusi nel contesto delle procedure regolate dal Chapter 11, USBC riguardanti società di grandi dimensioni[56]. Tale strumento è poi stato adottato anche in altri ordinamenti di impronta anglosassone, quali ad esempio Inghilterra e Galles e Scozia[57] e Canada[58], oltre che in Spagna[59] e in Francia dove esiste uno strumento analogo dal 2014[60].

D’altro canto, differisce sensibilmente dall’approccio anglosassone la procedura di liquidazione semplificata delle micro-imprese. In questo senso si noti, ad esempio, come nell’ordinamento statunitense sia stato recentemente introdotto il Subchapter V, Chapter 11, USBC, che ha, tra l’altro, modellato una procedura di liquidazione o ristrutturazione semplificata delle small businesses[61] sulla base della preesistente procedura di ristrutturazione prevista dal Chapter 11, USBC[62]. In Francia per le micro-imprese è sempre prevista la nomina di un amministratore, evitabile secondo la Proposta qualora implichi costi eccessivi che invece Oltralpe sono coperti dallo Stato[63].

***

In conclusione, resta da verificare quanto l’iter di discussione e di approvazione della Proposta, ad oggi ancora ai suoi albori, inciderà sul contenuto della medesima e come – e in quali tempistiche – i legislatori nazionali degli Stati Membri UE procederanno al recepimento della medesima.

In questo senso, in attesa della posizione in prima lettura del Parlamento europeo, è auspicabile che il Consiglio UE discuta e adotti un Orientamento Generale in merito alla Proposta, al fine contribuire ad accelerare la procedura di legiferazione e facilitare un accordo tra le istituzioni coinvolte nel complesso iter legislativo dell’Unione Europea[64].

 

[1] K. Alegre-Benndorf, Completing the Capital Markets Union: The Commission’s Proposal for a Directive Harmonising Certain Aspects of Insolvency Law, in www.europeanlawblog.eu.

[2] Relazione alla Proposta, pp. 1 ss.

[3] Ibid.

[4] Titolo II, artt. 4-12 della Proposta.

[5] Titolo V, artt. 36-37 della Proposta.

[6] Titolo IV, artt. 19-35 della Proposta.

[7] Titolo VII, artt. 58-67 della Proposta.

[8] Titolo VI, artt. 38-57 della Proposta.

[9] Titolo VIII, art. 68 della Proposta.

[10] L’art. 81, co. 1, TFUE attribuisce infatti all’Unione Europea il potere di adottare “misure intese a ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri” al fine di sviluppare “una cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali, fondata sul principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali”.

[11] Più in dettaglio, l’art. 114, co. 1, TFUE attribuisce all’Unione Europea un più generale potere di adottare “misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno”.

[12] Relazione alla Proposta, pp. 6 ss.

[13] Cfr. Considerando (1) della Proposta.

[14] Relazione alla Proposta, p. 11.

[15] Cfr. Questions and Answers on the Commission’s proposals on corporate insolvency and listing, 7 dicembre 2022, Bruxelles, reperibile al seguente link: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/qanda_22_7349.

[16] K. Silvestri, La proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto dell’insolvenza, 17 gennaio 2023, in www.dirittodellacrisi.it.

[17] Ibidem.

[18] Cfr. L. Panzani, Osservazioni ragionate sulla proposta di una nuova Direttiva di armonizzazione delle leggi sull’insolvenza, 10 gennaio 2023, in www.dirittodellacrisi.it.

[19] Cfr. art. 2, lett. f) della Proposta.

[20] Cfr. L. Panzani, Osservazioni ragionate sulla proposta di una nuova Direttiva di armonizzazione delle leggi sull’insolvenza, 10 gennaio 2023, in www.dirittodellacrisi.it.

[21] Ibid.

[22] K. Silvestri, La proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto dell’insolvenza, 17 gennaio 2023, in www.dirittodellacrisi.it.

[23] Cfr. artt. 163 e ss. CCII.

[24] Cfr. artt. 64 e ss. L. Fall., come riformati dal D.L. n. 35 del 2005 e dal D.lgs. n. 5 del 2006.

[25] Cfr. art. 166 CCII.

[26] Cfr. Considerando (6) della Proposta.

[27] Con ciò intendendo i pagamenti effettuati dal debitore, entro un determinato periodo prima dell’insolvenza, che abbiano l’effetto di favorire uno o più creditori a discapito della generalità dei medesimi.

[28] Cfr. art. 6, co. 2, lett. b) e ult. cpv. della Proposta.

[29] Cfr. art. 2901 c.c.

[30] Cfr. L. Panzani, Osservazioni ragionate sulla proposta di una nuova Direttiva di armonizzazione delle leggi sull’insolvenza, 10 gennaio 2023, in www.dirittodellacrisi.it.

[31] Cfr. artt. 2919 – 2929 c.c.

[32] Cfr. art. 25-septies, co. 3, CCII.

[33] Cfr. art. 114 CCII.

[34] Cfr. art. 114 CCII.

[35] Cfr. Relazione alla Proposta, par. 5.

[36] United Nations Commission on International Trade Law, Legislative Guide on Insolvency Law. Part four: Directors’ obligations in the period approaching insolvency (including in enterprise groups) – Second edition, in www.uncitral.un.org, 2020, p. 19.

[37] Cfr. art. 36 della Proposta.

[38] Cfr. artt. 12 e ss. CCII.

[39] Cfr. artt. 57 e ss. CCII.

[40] Cfr. G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, Giappichelli, Torino, 2022, pp. 68 e 98.

[41] Cfr. Considerando (2) e Considerando (16) della Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la Direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza), in www.eur-lex.europa.eu, 2019.

[42] INPS, INAIL, AdE e AdE Riscossione.

[43] Cfr. art. 25-novies, co. 1 e 2, CCII.

[44] Cfr. art. 1, co. 2, lett. d), CCII.

[45] Raccomandazione della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese, in www.eur-lex.europa.eu, 2006.

[46] Cfr. artt. 1, co. 2, lett. c) e 268, co. 1, CCII.

[47] Cfr. artt. 38, co. 1 e 41, co. 1 della Proposta.

[48] Lasciando, inoltre, liberi i legislatori nazionali di optare per uno “spossessamento attenuato” del debitore o per l’affidamento della liquidazione a uno o più creditori, in luogo della nomina di un amministratore. Cfr. art. 43 della Proposta.

[49] Cfr. art. 270, co. 2, lett. b), CCII.

[50] Cfr. G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, Giappichelli, Torino, 2022, p. 427.

[51] Cfr. Considerando (42) e art. 46 della Proposta.

[52] Cfr. art. 278 CCII.

[53] D. Burroni, A. Porcari, in A. Sanzo (a cura di), Il Codice della Crisi dopo il d.lgs. 17 giugno 2022, n. 83, Zanichelli Editore, Bologna, 2022, pp. 432 – 433.

[54] Cfr. L. Panzani, Osservazioni ragionate sulla proposta di una nuova Direttiva di armonizzazione delle leggi sull’insolvenza, 10 gennaio 2023, in www.dirittodellacrisi.it. e §§ 130, 131 e 133 InsO.

[55] Cfr. Insolvency III: La proposition de directive ne représente pas une révolution pour le droit français, Communauté, Interview, 18 gennaio 2023, 4

[56] D. G. Baird, The Elements of Bankruptcy: (Concepts and Insights 7th Revised edition), Foundation Press, Villanova, 2022, pp. 245 ss.

[57] Si vedano, in questo senso, le modifiche apportate allo Insolvency Act 1986 dal Enterprise Act 2002.

[58] Cfr. Companies’ Creditors Arrangement Act (R.S.C., 1985, c. C-36).

[59] Cfr. art. 224-bis, Ley Concursal.

[60] Cfr. Insolvency III: La proposition de directive ne représente pas une révolution pour le droit français, cit., ibidem.

[61] Per ciò intendendosi i debitori commerciali con debiti garantiti e non garantiti inferiori a USD 2.725.625,00.

[62] Cfr. Small Business Reorganization Act of 2019.

[63] Cfr. Insolvency III: La proposition de directive ne représente pas une révolution pour le droit français, cit., ibidem.

[64] Si veda, in questo senso, con riferimento alla Direttiva (UE) 2019/1023, Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on preventive restructuring frameworks, second chance and measures to increase the efficiency of restructuring, insolvency and discharge procedures and amending Directive 2012/30/EU – General approach, Council of the European Union, 1 October 2018, in www.data.consilium.europa.eu.

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