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Giurisprudenza

Indici di subordinazione tra avvocato e studio associato

6 Novembre 2024

Cassazione Civile, Sez. Lavoro, 04 novembre 2024, n. 28274 – Pres. Manna, Rel. Ponterio

Di cosa si parla in questo articolo

La Sezione Lavoro, Corte di Cassazione, con sentenza n. 28274 del 04 novembre 2024 si è pronunciata sulla sussistenza degli indici subordinazione nel rapporto lavorativo intercorso fra un avvocato ed uno studio associato ove collaborava.

Si ricorda che gli indici di subordinazione possono definirsi come quei requisiti di natura giurisprudenziale, che, qualora vengano riscontrati contemporaneamente nel singolo rapporto di lavoro considerato (non è sufficiente il rispetto di un solo requisito), consentono di poterlo definire come un rapporto di lavoro subordinato; tra gli indici, si ricordano, in via meramente esemplificativa:

  • lo svolgimento dell’attività lavorativa presso i locali aziendali
  • la presenza costante sul lavoro, ad orario fisso e caratterizzata da un vero e proprio obbligo di presenza 
  • ferie concordate
  • l’utilizzo, per lo svolgimento dell’attività lavorativa, di strumenti di proprietà del datore di lavoro
  • etero ordinazione costante da parte del datore di lavoro, che prescrive ordini e disposizioni al lavoratore
  • la mancanza, in capo al lavoratore, di una propria attività e struttura imprenditoriale minima.

Nel caso di specie l’avvocato, sulla base di precisi indici di subordinazione del rapporto, aveva quindi richiesto al Giudice del lavoro il riconoscimento della natura subordinata del rapporto intercorso con lo Studio legale, ai sensi dell’art. 2094 C.c. o, comunque, l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato ai sensi degli artt. 61 e 69 D. Lgs. 276/2003 o dell’art. 2 D. Lgs. 81/2015, nonché la declaratoria di nullità del licenziamento, con ordine di reintegra e condanna al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale per violazione dell’art. 2087 C.c.

Nella sentenza in oggetto, preliminarmente, la Cassazione evidenzia, richiamando copiosa giurisprudenza sul punto, come sugli iscritti all’albo professionale degli avvocati gravi l’incompatibilità di erogare la prestazione in forma subordinata: infatti, qualora un avvocato acceda a un impiego subordinato egli viene sospeso dall’attività professionale per tutto il tempo corrispondente alla sua condizione di lavoratore subordinato.

Quanto agli indici di subordinazione evidenziati dall’avvocato ricorrente, la Corte, rilevandone l’insussistenza, ha affermato che la Corte di merito si era attenuta alle linee direttrici indicate dalla S.C. ed aveva approfonditamente indagato non solo sul potere di conformazione esercitato dai soci di riferimento sul contenuto prettamente professionale dell’attività svolta dalla ricorrente, escludendone l’esistenza, ma anche sull’inserimento organico del legale nello Studio, ovvero sul modo in cui l’attività della stessa era inserita e regolata all’interno dello Studio legale, ed eventualmente sottoposta a controlli, prescrizioni, limiti o direttive tali da surclassa re le strette necessità di coordinamento.

In particolare, la Corte aveva accertato, secondo la Cassazione che, nel corso di oltre tredici anni di durata del rapporto, l’avvocato aveva svolto la propria attività professionale in modo libero, autonomo e indipendente, pur in presenza di regole necessarie al coordinamento della sua attività con quella dello Studio.

In particolare:

  • l’avvocato non era vincolato dalle determinazioni dei soci e poteva dissentire dalle stesse: la ricorrente, nel confronto con i colleghi dello Studio, assumeva iniziative personali ed esprimeva proprie considerazioni sulle questioni trattate; inoltre, era interpellata personalmente, e a volte anche esclusivamente, sia da i clienti e sia da i procuratori delle controparti ed i pareri trasmessi ai colleghi era no sottoscritti unicamente dalla stessa
  • il vincolo dell’esclusiva non implica sovraordinazione dei soci sul componente non socio, ma risponde a una giustificata esigenza di evitare eventuali conflitti d’interesse tra la clientela dello studio associato di appartenenza e gli eventuali altri clienti che il professionista possa acquisire a un portafoglio personale di assistiti; infatti:
    • tutti gli incarichi di difesa e assistenza legale erano acquisiti dallo Studio e da questo distribuiti a i singoli professionisti: tutti i professionisti avevano un obbligo di esclusiva, nel senso che non potevano gestire una propria cliente la collaterale a quella dello Studio, ma potevano tuttavia proporre nuovi clienti ed anzi lo sviluppo della clientela era incoraggiato e incentivato, con riflessi positivi anche in termini economici poiché il professionista partecipa a i ricavi provenienti dalle relative pratiche
    • l’utilizzo da parte dei professionisti delle risorse dello Studio creava un sistema organizzato all’interno del quale il singolo avvocato decideva di prestare la propria attività professionale, accettando limitazioni in cambio di altrettante agevolazioni e prerogative
    • le regole sul funzionamento del rapporto con i clienti e il connesso obbligo di esclusiva erano decise unilateralmente dagli organi dello Studio associato ma rispondono alle esigenze di coordinamento dell’attività dei professionisti che vi operano, nessuno de i quali è svincolato dalla loro osservanza
  • non emerge un forte potere conformativo dello studio associato dal fatto che i singoli avvocati dello studio fossero tenuti a concordare o a confrontarsi in ordine alle scelte da adottare nel patrocinare le cause loro assegnate,  in quanto:
    • è frutto della natura associativa della prestazione, poiché nell’incarico professionale dato da un cliente emerge lo studio associato, che non può che esprimere una linea difensiva concordata o almeno condivisa
    • il ricorrente non era tenuto ad adottare linee difensive eterodirette, cioè imposte dai soci, godendo di quell’autonomia tecnica propria delle professioni ordinamentali
  • quanto alle ferie, è da escludersi che vi sia segno di subordinazione nella previsione di assenze concordate tra i componenti dello studio: la disposizione del regolamento dello studio in punto di ferie non prevedeva alcuna autorizzazione del piano ferie, predisposto in base a Ile indicazioni fornite dai singoli professionisti, per consentire a tutti di sapere chi fosse presente in studio e chi no in una certa data
  • la previsione di una voce retributiva fissa a vantaggio di tutti gli avvocati partecipanti allo studio non è sintomo di subordinazione, bensì di partecipazione ai risultati delle attività professionali rese in nome dello studio associato.
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