La risposta ad interpello n. 30 del 12 febbraio 2025 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce i criteri di determinazione della base imponibile e il trattamento fiscale applicabile, ai fini dell’imposta di successione, al credito spettante al de cuius, usufruttuario della partecipazione sociale, qualora il suo decesso intervenga dopo la delibera assembleare, ma prima dell’effettiva distribuzione della riserva straordinaria, a quel punto erogata direttamente nei confronti degli eredi nudi proprietari.
Nel caso di specie, agli istanti era stata donata la nuda proprietà di una partecipazione minoritaria al capitale sociale di una società per azioni, con riserva in capo al donante del diritto di usufrutto vitalizio sulla partecipazione medesima.
A fronte della deliberazione, da parte della Società, della parziale distribuzione delle proprie riserve straordinarie, maturava in capo al de cuius il diritto alla percezione di una somma lorda proporzionale alla quota di cui era usufruttuario, e sulla quale doveva essere scontata un’imposta sostitutiva pari al 26%.
Senonché, il de cuius decedeva successivamente alla delibera di distribuzione, ma comunque prima dell’esecuzione della stessa, lasciando le quote di cui era usufruttuario e il credito relativo alla distribuzione in eredità ai figli, odierni Istanti; di conseguenza, l’erogazione delle riserve avveniva direttamente nei confronti di questi ultimi.
Gli Istanti si rivolgevano a tal punto all’Amministrazione finanziaria, domandando:
- se, ai fini dell’imposta di successione, dovessero inserire nell’apposita dichiarazione l’intero credito vantato dal de cuius, in qualità di usufruttuario, nei confronti della Società, ovvero se l’indicazione dovesse essere parziale, essendo il credito in parte già di loro competenza, in quanto nudi proprietari;
- se, ai fini della corretta determinazione della base imponibile, il credito predetto dovesse essere indicato al lordo o al netto dell’imposta sostitutiva del 26% applicata dalla Società all’atto dell’erogazione.
In primo luogo, l’Agenzia ha rammentato come la disciplina dell’attribuzione delle riserve di utili rappresenti una tematica di natura essenzialmente civilistica, e come tale esulante dall’istituto dell’interpello, se non per ciò che riguardi i profili fiscali di tale istituto.
A tal proposito, ricorda infatti come il criterio di determinazione della percentuale di partecipazione ceduta nel caso di cessione di diritti reali di godimento, ed in particolare dell’usufrutto e della nuda proprietà, debba essere ricavato dagli artt. 46 e 48 del d.P.R. 131/1986, applicando il coefficiente previsto nell’Allegato al decreto medesimo.
Tuttavia, tale criterio non è applicabile alla determinazione dei redditi di capitale, imputabili per intero all’usufruttuario, secondo quanto previsto dall’art. 44, comma 1, lett. e) del d.P.R. 917/1986, che espressamente qualifica come tali gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società.
Per tale ragione, ed in risposta al primo quesito, l’Agenzia conclude quindi nel senso della necessità di indicare, in sede di dichiarazione di successione, l’importo complessivo del credito vantato dal de cuius.
Con riferimento al secondo punto, invece, l’Agenzia sottolinea come, secondo quanto confermato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 11/03/1993, n. 2959), il socio risulti «solo titolare di una situazione soggettiva prodromica all’acquisto, nella propria sfera patrimoniale, del diritto alla distribuzione degli utili», e dunque di un’aspettativa di mero fatto fino al momento in cui «venga deliberata l’effettiva distribuzione da cui discende l’insorgere del vero e proprio diritto di credito».
Pertanto, dal momento che il predetto credito rientra tra i beni che compongono l’attivo ereditario del de cuius, esso dovrà essere ivi indicato per l’importo effettivamente percepito dagli eredi, e dunque al netto della ritenuta del 26% operata a titolo di imposta sostitutiva dalla società erogante.