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Giurisprudenza

Il diritto di voto dei fideiussori nel concordato preventivo

22 Aprile 2014

Dott. Andrea Porcaro

Tribunale di Bergamo, 20 febbraio 2014

Di cosa si parla in questo articolo

Massima

Il credito del fideiussore è credito diverso per titolo, e naturalmente, per soggetto cui fa capo, rispetto a quello del debitore principale, non vi è dubbio che il debito dei fideiussori, per effetto dell’accessorietà che caratterizza il rapporto di garanzia personale, sorge contestualmente al negozio di fideiussione; analogamente il credito dei fideiussori nei confronti del debitore garantito, sorge sin dal momento in cui vi è accreditamento da parte del terzo di somme a favore di quello.

Se l’interesse alla valutazione della convenienza del concordato per ciascun soggetto che si qualifichi creditore è l’elemento che giustifica il diritto di voto, non può legittimamente escludersi il relativo esercizio da parte del fideiussore.

Abstract

Con il provvedimento in commento, il G.D. della sezione fallimentare del Tribunale di Bergamo, dott.ssa Laura Giraldi, ha ammesso al voto per l’approvazione del concordato preventivo, i fideiussori della società debitrice.

Il G.D., chiamato a decidere su tale questione, ha ritenuto, infatti, che i fideiussori siano legittimati, oltre che a partecipare alla adunanza dei creditori, anche all’esercizio del diritto di voto in considerazione dell’interesse di cui essi sono portatori rispetto alla possibile approvazione del piano concordatario.

L’Autore, prendendo lo spunto dal provvedimento indicato, si sofferma sul diritto di voto dei fideiussori, in considerazione dello specifico interesse degli stessi rispetto alla definizione del concordato.

Premessa

La partecipazione dei fideiussori alla procedura di concordato preventivo del debitore garantito è espressamente prevista dall’art. 174 L.F., che disciplina il diritto di intervento, in sede di adunanza dei creditori dei “coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso”.

La partecipazione dei fideiussori all’adunanza dei creditori costituisce, dunque, esplicito riconoscimento dell’interesse specifico e qualificato che gli stessi vantano nella procedura di concordato del debitore garantito.

Tale disposizione, tuttavia, nulla dispone in merito alla legittimazione degli stessi ad esprimere il voto.

Secondo un orientamento oramai consolidato, di giurisprudenza e dottrina, i fideiussori hanno uno specifico interesse anche ad esprimere il voto in quanto titolari di un interesse specifico, dal momento che il concordato produce l’effetto di esdebitare il debitore, senza, però, liberare i garanti1.

I crediti dei garanti e dei coobbligati devono, dunque, essere ammessi al voto tenuto conto che, l’esito della procedura di concordato determina una sicura incidenza sul patrimonio degli stessi, i quali, in caso di fallimento, si troverebbero esposti a pagare al creditore garantito una percentuale del debito certamente maggiore rispetto alla prospettata procedura.

Alla medesima conclusione, cioè alla certezza che al fideiussore debba essere consentito di votare, anche se ancora non sia stato escusso dal creditore garantito, è pervenuta la giurisprudenza di legittimità2 che, in sostanza, afferma il principio seguente: “La valorizzazione .. del dato letterale del 2° comma dell’ art. 55 L.F., secondo cui i debiti pecuniari si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento e, per il richiamo all’ art. 169, alla data di presentazione del ricorso nel concordato preventivo, non è per nulla ininfluente nei riflessi del coobbligato solidale del proponente il concordato, la cui posizione si trova in una situazione di accessorietà, tipica della garanzia fideiussoria, rispetto alla situazione del debitore principale sottoposto a procedura concordataria.”

In dottrina, prosegue la Corte, “si è sostenuto che la ratio della norma sarebbe quella di evitare danni ai titolari di crediti condizionali, i quali potrebbero veder verificarsi l’evento dal quale dipende l’ esecutività del loro diritto di credito, essendo già chiusa la procedura. Del resto, la garanzia patrimoniale del debitore ha costituito anche per essi legittimo affidamento; d’ altra parte il rinvio all’ art. 55 L.F. implica che i titolari dei crediti condizionali sono ammessi a votare in quanto assoggettati alla procedura.”

Questioni giuridiche e osservazioni

Tale orientamento non può che essere condiviso.

La legittimazione al voto, infatti, deve essere attribuita (salvo le ipotesi di esclusione previste dall’art. 177 L.F.) a tutti i creditori “concorsuali”, ovvero quelli destinatari degli effetti della procedura, che si vedono sottratta la possibilità di agire in via esecutiva per la tutela delle rispettive ragioni.

Tali soggetti sono coloro che l’art. 168 L.F. individua come i creditori le cui situazioni giuridiche trovino titolo e causa anteriori alla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese.

Il successivo art. 184 L.f., statuisce che il concordato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso, “tuttavia essi conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso”.

Gli effetti del concordato preventivo, dunque, in termini di divieto di azioni esecutive e di assoggettamento alla falcidia concordataria, gravano sui creditori “per titolo o causa anteriore”, ai quali viene attribuito, di conseguenza, il potere di decidere, attraverso il voto, la destinazione del patrimonio del debitore.

Il diritto di voto attiene alla fonte del credito, alla sua esistenza e non necessariamente alla sua esigibilità, posto che l’obbligatorietà del concordato è delineata indipendentemente dalla sussistenza di termini e condizioni.

Appare ragionevole ritenere che anche i fideiussori, pur in mancanza dell’escussione, debbano essere qualificati come creditori “concorsuali”. Il credito di regresso del fideiussore nei confronti del debitore principale trova la propria fonte nel contratto di fideiussore (anteriore alla procedura) e non certo nella escussione, che ne condiziona solo l’esigibilità.

L’art. 55 L.F., richiamato dall’art. 169 L.F., poi, prevede espressamente che i debiti pecuniari si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento e quindi, alla data della domanda di concordato.

Per effetto della domanda concordataria, dunque, scade l’obbligazione del debitore nei confronti del creditore garantito e, conseguentemente, viene a scadenza anche il credito del fideiussore il quale è obbligato al pagamento e per di più per l’intero, non potendo egli opporre al creditore concordatario la quota di eventuale falcidia concordataria3.

Da ciò discende l’interesse e la legittimazione ad esprimere il voto, oltre che a partecipare all’adunanza ex art. 174 L.F.

Il fideiussore è esposto al rischio che assume prestando la garanzia personale.

Essendosi assunto l’obbligo di pagare, è tenuto a corrispondere al creditore tutto quanto non paga il debitore principale, anche nel caso in cui il creditore possa pretendere dal debitore principale, sottoposto a concordato preventivo, soltanto una percentuale del credito.

Appare evidente che anche il fideiussore subisce pienamente gli effetti dell’ammissione alla procedura di concordato preventivo, non potendo certo egli agire esecutivamente nei confronti del debitore principale e rimanendo comunque soggetto alla falcidia concordataria per quanto riguarda l’eventuale credito di regresso o di rivalsa.

Ne deriva che, i fideiussori, partecipando direttamente ed immediatamente delle sorti del debitore e dell’esito della procedura, devono partecipare alla formazione della volontà collettiva.

Né il rischio di una moltiplicazione di voti, in relazione allo stesso credito (quello del creditore garantito e quello dei fideiussori) può condurre ad una conclusione diversa, trattandosi di crediti posti in capo a soggetti diversi e fondati su diversi titoli negoziali, ciascuno dei quali legittima al voto.

Sul punto, potrebbe rilevarsi che il sistema concordatario non pone un parallelismo perfetto tra legittimazione al voto e diritto al pagamento.

L’art. 177 L.F. individua, infatti una serie di soggetti privi della legittimazione al voto, pur se legittimati al ricevere il pagamento. Ora, se questa coincidenza può venire meno in un senso, non sembrano porsi ragioni ostative a riconoscere la possibilità che possa essere superata nel senso inverso, riconoscendo il dritto di voto a soggetti che, allo stato, non sarebbero legittimati a ricevere il pagamento concordatario.

Proprio il richiamo alle esclusioni dal voto previste dall’art. 177 L.F. consente di individuare il fondamento del diritto di voto nell’interesse di cui è titolare il soggetto: i creditori chirografari hanno interesse alla definizione della procedura concordataria e sono legittimati al voto; i creditori privilegiati integralmente pagati non hanno interesse alla definizione della procedura concordataria, essendo per essi indifferente l’alternativa tra definizione concordataria o fallimentare, e sono privi della legittimazione al voto.

Se la ratio dell’attribuzione del voto è, dunque, la presenza di un interesse del soggetto rispetto alla definizione concordatario è sicuramente coerente riconoscere tale legittimazione anche al fideiussore, il quale, pur non avendo ancora pagato, subisce pienamente tutti gli effetti dell’ammissione al concordato preventivo del debitore garantito.

 

1

cfr. Corte di Appello di Napoli, sentenza n. 105/2011


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2

Cassaz. N.9736/1990 e Cassaz. N. 6355/1998


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3

Si veda Tribunale di Ariano Irpino , 19 aprile 2013


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