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Approfondimenti

I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sui PIR Alternativi “fai da te”

10 Gennaio 2022

Marco Sandoli, Di Tanno Associati

Di cosa si parla in questo articolo

Grazie ai chiarimenti contenuti nella circolare dell’Agenzia delle Entrate 19/E del 29 dicembre 2021 (la “Circolare”)[1] e alle novità introdotte dalla legge di bilancio 2022 diviene ancora più attrattivo il regime dei c.d. PIR Alternativi “fai da te”[2] come strumento a supporto dell’economia reale italiana.

Come noto, i PIR sono stati introdotti dalla legge di bilancio 2017, prevedendo, nel rispetto di una serie di requisiti, un regime di non imponibilità ai fini delle imposte sui redditi per i proventi di natura finanziaria (dividendi e capital gain), nonché un regime di non imponibilità ai fini dell’imposta di successione. Ciò al fine di canalizzare il risparmio delle famiglie verso le imprese radicate nel territorio italiano, per le quali è spesso difficile il ricorso al finanziamento bancario e dunque maggiore il bisogno di approvvigionamento finanziario.

Tale regime è stato sempre più rafforzato, per effetto prima del c.d. Decreto Rilancio (d.l. n. 34 del 19 maggio 2020), che ha introdotto, accanto al regime dei PIR c.d. ordinari, quello dei PIR c.d. Alternativi, poi con il c.d. Decreto Agosto (d.l. n. 104 del 14 agosto 2020), il quale ha aumentato l’ammontare annuo massimo dell’investimento in un PIR Alternativo a euro 300.000 e quello complessivo dello stesso PIR a euro 1,5 milioni (a fronte di valori ben più bassi per i c.d. PIR ordinari, per i quali tali ammontari sono pari rispettivamente a euro 40.000 e 200.000[3]). Da ultimo, la legge di bilancio 2022 (legge 30 dicembre 2021 n. 234) ha soppresso il divieto di detenere più di un PIR Alternativo, mantenendo comunque invariato l’ammontare annuo massimo investibile (euro 300.000) e quello complessivo (euro 1,5 milioni), oltre a estendere la possibilità di trasformare in crediti d’imposta le minusvalenze realizzate sugli investimenti fatti nel 2022 tramite PIR Alternativi.

A seguito dei predetti interventi normativi, una persona fisica residente può costituire (mediante una società fiduciaria che offra questo tipo di servizio) uno o più PIR Alternativi, destinando ad essi un massimo di euro 300.000 all’anno fino ad arrivare ad euro 1,5 milioni.

Come noto, per applicare il regime di esenzione dei PIR, è necessario rispettare una serie di vincoli di composizione del portafoglio, limiti di concentrazione, e detenzione temporale. In particolare, è necessario che per almeno 2/3 dell’anno solare (ovvero della frazione di anno solare intercorrente tra la data di apertura del PIR e la fine dell’anno) il portafoglio sia investito in misura non inferiore al 70 per cento in “asset qualificati” (c.d. quota obbligatoria), mentre il restante 30 per cento può essere investito in “asset non qualificati” (c.d. quota libera) o liquidità.

Nell’ambito dei PIR Alternativi si considerano “asset qualificati” conteggiati nella quota obbligatoria del 70 per cento: (i) gli strumenti finanziari (quotati e non) emessi da imprese residenti in Italia, Stati UE o SEE, purché abbiano stabile organizzazione in Italia, diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap di Borsa italiana o indici equivalenti di mercati regolamentati, (ii) i prestiti erogati alle predette imprese o crediti delle stesse, e (iii) le quote di OICR PIR compliant[4].

Sul punto, la Circolare conferma la natura di “asset qualificato” nell’ambito dei PIR Alternativi per le quote di società a responsabilità limitata, indipendentemente dal fatto che siano offerte al pubblico. Dunque, nella quota obbligatoria del 70 per cento si conteggiano le quote di tutte le s.r.l., dunque anche quelle per le quali la raccolta non è avvenuta tramite piattaforma di equity crowdfunding. Ciò, considerato che la maggiora parte delle imprese italiane sono costituite in forma di società a responsabilità limitata, rappresenta un importante incentivo all’investimento in “economia reale”.

La Circolare conferma altresì che i finanziamenti soci non possono essere inclusi nel PIR, nemmeno per la quota libera, dal momento che producono redditi che concorrono a formare l’imponibile Irpef[5]. Diversamente, possono essere inclusi nella c.d. quota obbligatoria i finanziamenti erogati alle imprese innanzi indicate tramite piattaforme di peer to peer lending per i quali sia applicata la ritenuta alla fonte a titolo d’imposta del 26 per cento[6].

Alla luce della Circolare, quindi, sono ricompresi nella categoria degli “asset qualificati” (da conteggiare nella c.d. quota obbligatoria), ad esempio: le azioni di s.p.a., le quote di tutte le s.r.l. (sottoscritte o meno tramite piattaforme di equity crowdfunding), i c.d. mini-bond quotati e non[7], le società quotate[8] sull’AIM, molte delle società[9] quotate sul segmento STAR di Borsa Italiana, gli investimenti effettuati tramite piattaforme di peer to peer lending (a condizione che la piattaforma applichi la ritenuta alla fonte a titolo d’imposta), le iniziative di sviluppo immobiliare realizzate tramite l’investimento nel capitale di società residenti in Italia (sottoscritto o meno tramite piattaforme di crowdfunding), le Asset Backed Securities (ABS) emesse da veicoli di cartolarizzazione di crediti di imprese residenti in Italia, Stati UE o SEE, purché abbiano stabile organizzazione in Italia.

Per converso, si considerano “asset non qualificati” (da conteggiare nella c.d. quota libera): (i) gli strumenti emessi da società extra-UE inclusi nella c.d. white list[10] (ad esempio, emittenti UK e USA), (ii) le società UE senza stabile organizzazione in Italia, (iii) i titoli di Stato italiani e stranieri e la liquidità, (vi) le quote di OICR non PIR compliant purché soggette a tassazione a titolo definitivo (ad esempio, ETF armonizzati).

In nessun caso, possono essere inserite nel PIR “fai da te”: (i) le partecipazioni qualificate (i.e., diritti di voto superiori al 2 o 20 per cento a seconda che la società sia quotata o meno, conteggiando anche i voti spettanti ai familiari), (ii) le attività finanziarie i cui redditi concorrono a formare l’imponibile Irpef[11], e (iii) gli strumenti emessi o stipulati con imprese residenti in Stati non inclusi nella c.d. white list.

Il limite di concentrazione sul singolo asset (qualificato e non qualificato) non può superare il 20 per cento[12]. Secondo la Circolare, per quanto riguarda la liquidità, il limite di concentrazione deve essere calcolato considerando i depositi (compresi i certificati di deposito) separatamente dai conti correnti, comunque nel limite complessivo del 30 per cento.

Inoltre, per poter beneficiare del regime di esenzione è necessario che l’investimento sia detenuto per almeno 5 anni (c.d. holding period). Qualora tale vincolo temporale non sia rispettato, si applica la tassazione ordinaria su tutti i redditi derivanti dallo strumento (c.d. recapture), salvo avvenga il reinvestimento entro 90 giorni. In caso di incasso di un dividendo o interesse prima che sia maturato l’holding period, detto reddito dovrebbe potersi distribuire subito al titolare del PIR (uscendo dal rapporto PIR) senza che ciò determini alcuna imposizione, rinviando il consolidamento del regime di esenzione ovvero la ripresa a tassazione al momento in cui matura il c.d. holding period ovvero lo strumento che ha generato il reddito venga ceduto prima di tale maturazione.

Vista la necessità di rispettare i predetti vincoli di composizione e concentrazione per almeno due terzi dell’anno solare, per chi intende costituire un PIR “fai da te” assume decisivo rilievo la facoltà riconosciuta dalla legge di apportare nel PIR gli strumenti già detenuti[13]. In tal caso, l’apporto è considerato un evento fiscalmente realizzativo e l’eventuale reddito (pari alla differenza tra il valore normale – i.e. valore di mercato – ed il costo fiscalmente riconosciuto) è soggetto a tassazione da parte dell’intermediario finanziario che gestisce il PIR tramite applicazione dell’imposta sostitutiva del 26 per cento ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 461/1997. Nel silenzio della Circolare, si ritiene che per gli strumenti non quotati (ad esempio, quote di s.r.l.) l’intermediario finanziario responsabile della fiscalità del PIR (di regola, una società fiduciaria), in mancanza di una perizia, possa fare affidamento su apposita autocertificazione rilasciata dal titolare del piano con riferimento sia al costo fiscale che al valore normale dello strumento[14].

La Circolare conferma[15] inoltre la possibilità di cumulare il regime di esenzione assicurato dal PIR Alternativo con gli incentivi riconosciuti a chi investe in start up e PMI innovative (a seconda dei casi, detrazione del 30[16] o 50[17] per cento). La possibilità di cumulare i due regimi agevolativi risulta altresì favorita dal fatto che l’apporto nel PIR Alternativo di una start up o PMI innovativa per la quale il risparmiatore abbia beneficiato della detrazione del 30 o 50 per cento non configura una causa di decadenza (dunque, non determina l’obbligo di restituzione della detrazione) anche se interviene prima del decorso di tre anni, ancorché ai fini della tassazione in ingresso nel PIR detto apporto abbia natura realizzativa[18].

Dove la Circolare appare particolarmente innovativa rispetto alla bozza in pubblica consultazione è nella paragrafo relativo agli investimenti qualificati realizzati indirettamente tramite veicoli societari (paragrafo 2), che estende l’approccio look-through già previsto nella Circolare 3/E del 2018 con riferimento agli investimenti “indiretti” effettuati tramite OIRC Non PIR compliant da parte dei c.d. fondi di fondi.

In tal senso, la Circolare consente di valorizzare nell’ambito degli investimenti qualificati detenuti nel PIR anche quelli realizzati indirettamente tramite un veicolo societario[19], italiano o estero (se estero deve essere istituito in Stati UE o SEE che consentano un adeguato scambio di informazioni e non è necessario che abbia una stabile organizzazione in Italia), che investa esclusivamente in attività ammissibili ai fini PIR (come “investimenti qualificati” o “investimenti non qualificati”). Dunque, non è possibile includere nel PIR gli investimenti qualificati (ad esempio, quote di s.r.l.) effettuati indirettamente tramite una SPV se tale veicolo ha erogato anche un finanziamento soci.

Ancora, la Circolare precisa che la verifica del rispetto dei vincoli di composizione (i.e. 70 per cento di quota obbligatoria e 30 per cento di quota libera) e del limite di concentrazione (20 per cento) deve essere effettuata non in capo al veicolo bensì in capo al titolare del PIR che detiene il veicolo, tenendo conto dell’effetto demoltiplicativo in base alla quota di partecipazione al veicolo societario. Secondo la Circolare, quindi, se si detiene il 5 per cento di un veicolo il cui attivo è costituito per l’80 per cento da investimenti qualificati e il 20 per cento da investimenti non qualificati (ad esempio, strumenti emessi da società estere white list ma senza stabile organizzazione in Italia), ai fini del calcolo della quota obbligatoria (70 per cento) che deve essere investita in asset qualificati l’investimento nel veicolo rileverà per un ammontare pari al 4 per cento (ossia il 5 per cento dell’80 per cento). Resta comunque fermo il divieto di inclusione nel PIR di partecipazioni qualificate.

Anche nel caso di investimenti detenuti tramite veicolo la verifica del rispetto dei limiti di composizione e di concentrazione per almeno i due terzi dell’anno deve avvenire su base giornaliera. Ciò, unito al fatto che il rispetto dell’holding period quinquennale deve invece essere verificato in relazione alla partecipazione detenuta nel veicolo, fa sì che il monitoraggio su base giornaliera da parte dell’intermediario finanziario incaricato della gestione del PIR dovrebbe avvenire a monte e a valle del veicolo. In altre parole, ipotizzando che l’incarico di gestione del PIR sia affidato ad una società fiduciaria e che si intenda includere nel PIR anche gli investimenti qualificati realizzati indirettamente tramite un veicolo societario, si dovrebbe avere, oltre al mandato (con o senza intestazione) per la gestione del PIR, il quale avrebbe ad oggetto la partecipazione nel veicolo, anche un mandato (con o senza intestazione) conferito dal veicolo alla medesima fiduciaria per la gestione degli investimenti qualificati del veicolo e finalizzato al monitoraggio dei limiti di composizione e di concentrazione su base look-through in capo al titolare del piano PIR[20].

Relativamente all’ammontare da considerare per il calcolo del plafond (i.e. euro 300.000 all’anno fino a complessivi euro 1.500.000), secondo la Circolare rilevano solo gli importi investiti a titolo di equity nel veicolo, ossia le somme versate a titolo di capitale e sovrapprezzo, e non quelle immesse a titolo di finanziamento soci (non potendo tali finanziamenti essere inclusi nel PIR per le ragioni già indicate).

Particolarmente importante appare il chiarimento sui proventi conseguiti dal veicolo (ad esempio, dividendi e capital gain realizzati sugli investimenti detenuti dal veicolo). Questi, ove non distribuiti al titolare del PIR, anche se reinvestiti, non si considerano nuovi investimenti del PIR[21] e dunque non devono essere conteggiati per il calcolo del plafond annuale e totale, assicurando in questo modo un interessante effetto leva.

Per quanto riguarda la modalità di applicazione del regime di esenzione nel caso di investimenti realizzati tramite veicolo, il regime di esenzione si applica con riferimento al solo reddito derivante dalla partecipazione al veicolo percepito dal titolare del PIR in forma di dividendo o capital gain, mentre i redditi percepiti dal veicolo scontano l’ordinaria tassazione. Esemplificando, nel caso di inclusione nel PIR di un investimento in una s.p.a. realizzato indirettamente tramite una s.r.l. italiana, l’eventuale capital gain realizzato dalla s.r.l. sconterà una tassazione pari all’1,2 per cento (ove trovi applicazione la c.d. participation exemption, di regola dopo il decorso di 12 mesi), mentre la successiva distribuzione dell’utile sotto forma di dividendo beneficerà dell’esenzione nel PIR, a seconda dei casi in via definitiva (in caso la partecipazione nel veicolo abbia già maturato l’holding period quinquiennale) o temporanea (nel caso l’holding period non sia già maturato).

L’inclusione nel PIR degli investimenti realizzati indirettamente tramite veicolo societario da un lato comporta un aggravio di imposizione, di regola di modesta entità (tipicamente 1,2 per cento), rispetto agli investimenti diretti, dall’altro consente di mantenere nel PIR l’intero reddito conseguito dal veicolo, amplificando l’effetto del regime di esenzione del PIR.

Così delineata la disciplina PIR degli investimenti indirettamente realizzati tramite veicoli societari, ci si potrebbe chiedere se tale meccanismo applicativo (caratterizzato da un aggravio di imposizione, pari almeno all’1,2 per cento, e da una maggior complessità del monitoraggio) debba sempre trovare applicazione quando l’investimento è realizzato indirettamente tramite un veicolo societario. E’ il caso ad esempio di una partecipazione di minoranza in un veicolo societario italiano (s.r.l. o s.p.a.) che investa a sua volta in una partecipazione di minoranza in un’altra società di capitali residente in Italia (s.r.l. o s.p.a.). Si tratta della tipica struttura dei club deal, utilizzata anche dalle associazioni di business angel e da alcune piattaforme di equity crowdfunding.

In analogia a quanto previsto per gli investimenti indiretti realizzati tramite OICR[22], l’inclusione nel PIR degli investimenti realizzati indirettamente tramite un veicolo societario dovrebbe considerarsi una mera facoltà e non un obbligo[23]. Di regola, quindi, nella struttura innanzi descritta dovrebbe essere consentito includere nel PIR l’investimento diretto nel veicolo in luogo di quello indiretto, che, come detto, comporterebbe, oltre ad un lieve aggravio di imposizione, anche una maggior complessità gestionale. Ciò dovrebbe valere nei limiti in cui anche l’investimento realizzato dal veicolo abbia natura qualificata ai fini della normativa PIR. Diversamente, se l’unico asset detenuto dal veicolo societario italiano fosse una partecipazione in una società estera non UE o UE ma priva di stabile organizzazione in Italia (dunque, un asset non qualificato), l’inclusione nel PIR della partecipazione nel veicolo italiano come investimento qualificato potrebbe essere contestata dall’Agenzia delle Entrate, ad esempio tramite l’istituto dell’abuso del diritto o l’interposizione fittizia[24], in quanto finalizzata a conteggiare ai fini del vincolo di composizione (70 per cento in investimenti qualificati) un investimento che se detenuto direttamente non lo sarebbe. In una siffatta situazione, prudentemente il titolare del PIR dovrebbe richiedere all’intermediario che gestisce il PIR di conteggiare l’investimento nel veicolo italiano come un investimento non qualificato, come tale rientrante nella quota libera del 30 per cento in luogo di quella obbligatoria del 70 per cento.

Da ultimo, la Circolare fornisce alcuni chiarimenti in merito al credito d’imposta introdotto dalla legge di bilancio 2021 per i PIR Alternativi costituiti dal 1° gennaio 2021. Il credito è pari alle eventuali minusvalenze derivanti dagli investimenti in asset qualificati effettuati entro il 31 dicembre 2021 e detenuti per almeno 5 anni e non può eccedere il 20 per cento dell’intera somma investita negli strumenti qualificati detenuti nel piano fino al momento di realizzazione della minusvalenza, assumendo così rilevanza anche le somme investite in strumenti qualificati dopo il 2021. L’eventuale eccedenza della minusvalenza rispetto al predetto limite del 20 per cento è utilizzabile in compensazione con eventuali plusvalenze tassabili[25] nel PIR secondo le ordinarie modalità di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 461/1997. Detto credito è utilizzabile in dieci quote annuali di pari importo anche mediante compensazione nel modello F24 anche con imposte diverse dall’Irpef e con i contributi sociali.

Come anticipato, la legge di bilancio 2022 estende il medesimo credito d’imposta agli investimenti qualificati effettuati nel 2022, riducendo però l’ammontare massimo spettante al 10 per cento delle somme investite negli strumenti qualificati e allungando il periodo di recupero a 15 anni.

Posto che la Circolare non fornisce alcun chiarimento in merito alle novità introdotte dalla legge di bilancio 2022, le due discipline dovrebbero convivere e applicarsi distintamente a seconda dell’anno di realizzazione dell’investimento che ha generato la minusvalenza.

In conclusione, grazie ai chiarimenti contenuti nella Circolare e alle novità introdotte dalla legge di bilancio 2022, il PIR Alternativo “fai da te” si conferma lo strumento ideale per coloro che intendono investire nell’economia reale italiana[26], in primis business angels e HNWI che cercano una efficiente diversificazione di portafoglio. Infatti, l’investimento in una start up o PMI innovativa da un lato genera – se detenuto per almeno tre anni – un credito d’imposta variabile tra il 30 ed il 50 per cento, dall’altro se l’exit avviene dopo cinque anni il guadagno risulta completamente esente ovvero la perdita (se l’investimento è stato realizzato nel 2021 o 2022) garantisce all’investitore addirittura un credito d’imposta pari all’ammontare investito da utilizzare in 10 anni o 15 anni, migliorando sensibilmente il rapporto rischio-rendimento del portafoglio.

 

[1] La Circolare è stata pubblicata dopo aver raccolto le osservazioni degli operatori nell’ambito della consultazione iniziata il 19 gennaio 2021 e terminata il 16 febbraio 2021.

[2] Con tale espressione si intende un “contenitore fiscale” affidato ad un intermediario finanziario autorizzato, tramite il quale il risparmiatore può decidere in autonomia quali investimenti realizzare nel rispetto dei vincoli normativamente previsti in tema di composizione e concentrazione del portafoglio, beneficiando di un rilevante regime di esenzione. Come si dirà meglio infra, in un PIR “fai da te” possono essere inclusi anche prodotti di risparmio gestito (OICR) conformi o meno alla normativa PIR.

[3] Per effetto delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2022. Prima, tali valori erano pari rispettivamente a euro 30.000 e 150.000.

[4] Ossia gli OICR che rispettano i vincoli di investimento, ivi compreso il divieto di investimento in Paesi non collaborativi, e il limite di concentrazione, previsti dalla normativa PIR.

[5] Possono essere inclusi nel PIR “fai da te” solo gli strumenti i cui redditi non concorrono a formare l’imponibile Irpef, in quanto soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva.

[6] Si tratta della ritenuta alla fonte di cui al comma 5 dell’art. 26 del d.P.R. n. 600/1973. Secondo quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate (risoluzione n. 56/2020 e risposta interpello n. 687/2021), la ritenuta alla fonte può essere applicata solo dalle piattaforme che risultano iscritte all’albo degli intermediari finanziari di cui all’art. 106 del TUB o che siano istituti di pagamento di cui all’art. 114 del TUB autorizzati da Banca d’Italia.

[7] Se emessi da imprese residenti in Italia, Stati UE o SEE, purché abbiano stabile organizzazione in Italia.

[8] Idem nota n. 7.

[9] Idem nota n. 7.

[10] D.m. 4 settembre 1996, come successivamente modificato e integrato.

[11] Ad esempio, quote di OICR extra UE o EU ma non armonizzati e i cui gestori non sono vigilati.

[12] Come chiarito dalla circolare 3/E del 2018, gli OICR PIR compliant si considerano di per sé investimenti qualificati ai fini del rispetto dei vincoli di composizione e di concentrazione.

[13] In alterativa all’apporto di titoli già posseduti, la fase di creazione del portafoglio PIR nel rispetto dei vincoli normativi può risultare più agevole investendo in un OICR aperto e PIR compliant (così da rispettare fin da subito il vincolo di composizione e concentrazione) e disinvestendo progressivamente man mano che sono individuati i singoli asset (ad esempio, quote di s.r.l.).

[14] L’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 461/1997, prevede, ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva sui capital gain, nel caso l’intermediario non disponga delle informazioni rilevanti (ad esempio, il costo fiscale) che “il contribuente comunica al soggetto incaricato dell’applicazione dell’imposta i dati e le informazioni richieste, consegnando, anche in copia, la relativa documentazione, o, in mancanza, una dichiarazione sostitutiva in cui attesti i predetti dati ed informazioni. […] Nel caso di inesatta comunicazione, il recupero dell’imposta sostitutiva non applicata o applicata in misura inferiore è effettuato esclusivamente a carico del contribuente con applicazione della sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della maggiore imposta sostitutiva dovuta”.

[15] Coerentemente con quanto previsto nella circolare 3/E del 2020.

[16] Art. 29 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179.

[17] Art. 38, commi 7 e 8, del c.d. Decreto Rilancio (d.l. n. 34 del 19 maggio 2020).

[18] Cfr. risposta interpello Agenzia delle Entrate n. 113/2021.

[19] Una “holding pura” ai sensi dell’art. 162-bis del TUIR o una special purpose vehicle.

[20] In assenza di chiarimenti sul punto, appare dubbia la possibilità per l’intermediario che gestisce il PIR di fare affidamento ai fini del monitoraggio giornaliero degli investimenti effettuati per il tramite del veicolo sulle informazioni fornite dall’organo amministrativo del veicolo, sebbene per l’applicazione dell’approccio look-through agli OICR sia stato previsto che “i dati necessari per la predetta verifica dovranno essere forniti dal gestore dell’OICR non PIR compliant oggetto di investimento”.

[21] In analogia a quanto previsto per gli investimenti realizzati tramite OICR e imprese di assicurazione.

[22] La Circolare, infatti, richiama quanto previsto in materia di OICR, precisando che la norma che attribuisce rilevanza agli investimenti qualificati indirettamente effettuati “è volta a dare rilevanza all’approccio look-through, già utilizzato nella circolare n. 3/E del 2018 con riferimento agli investimenti “indiretti” effettuati tramite OICR Non PIR compliant da parte dei cd “fondi di fondi”“.

[23] Secondo la circolare 3/E del 2018 “nel caso di investimento in OICR PIR compliant, l’approccio da utilizzare per ragione di semplificazione, sia generalmente quello “opaco”. Tuttavia, al fine di valorizzare pienamente gli investimenti effettivamente compiuti dall’OICR in attività che possono concorrere al raggiungimento dei requisiti di composizione del patrimonio richiesti dalla misura in esame, si ritiene che si possa ricorrere, anche per gli OICR PIR compliant all’approccio look through” (sottolineatura aggiunta). L’approccio look through viene quindi individuato come una facoltà e non come un obbligo.

[24] In relazione al differente caso di applicazione dell’IVIE (imposta sul valore degli immobili situati all’estero), l’Agenzia delle Entrate (circolare n. 28/E del 2012) ha affermato: “l’imposta trova applicazione nel caso in cui gli immobili siano detenuti direttamente dai soggetti sopra elencati […] nonché nei casi in cui detti beni siano formalmente intestati ad entità giuridiche (ad esempio, società, fondazioni, o trust) che agiscono quali persone interposte mentre l’effettiva disponibilità degli immobili è da attribuire a persone fisiche residenti”.

[25] In quanto relative a strumenti ceduti prima del decorso dell’holding period quinquennale, per i quali non si sia provveduto al reinvestimento entro 90 giorni.

[26] Non deve comunque trascurarsi la possibilità di includere in un PIR Alternativo “fai da te” fino al 30 per cento di strumenti finanziari emessi da emittenti stranieri white list.

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