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Editoriali

Golden powers e infrastrutture finanziarie dopo il Decreto Liquidità

9 Aprile 2020

Andrea Sacco Ginevri

Professore ordinario di diritto dell’economia

Di cosa si parla in questo articolo

Gli articoli 15 e 16 del decreto-legge n. 23 dell’8 aprile 2020 contribuiscono all’“inarrestabile ascesa” dei golden powers italiani (G.Napolitano, 2019), per un verso estendendoli al settore creditizio e a quello assicurativo e, per altro verso, prevedendo che in tali ambiti i poteri speciali siano applicabili anche ad acquisizioni del controllo da parte di investitori esteri europei ovvero all’assunzione di partecipazioni pari o superiori al 10 per cento del capitale da parte di acquirenti extra-UE.

La norma mira a tutelare le istituzioni finanziarie nazionali da acquisizioni predatorie, potenzialmente favorite dai valori di mercato correnti (che scontano gli effetti dell’emergenza sanitaria in corso) e dalla proprietà azionaria molto spesso diffusa nei settori di cui trattasi. Siamo dinanzi a una previsione normativa che prende le mosse dagli orientamenti della Commissione europea del 26 marzo u.s. e da quanto sta accadendo in altri ordinamenti (di recente: Spagna, Francia, Australia, Germania e Stati Uniti).

Trattandosi di misure lato sensu “anti-scalata”, esse si accompagnano, come è accaduto anche in passato (ad es. nel 2014 e nel 2017), a un contestuale rafforzamento delle regole di trasparenza sui mercati finanziari; non a caso il d.l. 23/2020 ha potenziato anche le prerogative della Consob in materia di comunicazione delle partecipazioni rilevanti e della dichiarazione di intenzioni (ex art. 120 Tuf).

Con le disposizioni qui in commento, il legislatore ha sciolto una questione interpretativa sorta, in Italia, con la l. 172/2017 (cfr. Alvaro, Lamandini, Police, Tarola, 2019), chiarendo che nell’ambito delle “infrastrutture finanziarie” protette dai golden powers rientrano “transitoriamente” (fino al 31 dicembre 2020) anche le società operanti nei settori creditizio e assicurativo, come alcuni avevano paventato, seppur in forma dubitativa (Annunziata, 2019), alla luce del 37° considerando del Regolamento UE n. 452/2019 nonché, volendo, dell’art. 2-bis del d.l. 21/2012 (introdotto col d.l. 105 del 2019).

La soluzione oggi offerta dal legislatore si innesta nel solco tracciato dalle recenti prescrizioni provenienti dalle autorità di vigilanza in merito alla necessità che i dividendi d’esercizio siano “portati a nuovo” da banche e imprese di assicurazione per finanziarie il sostentamento delle imprese nazionali a fronte della crisi sistemica prodotta dal covid-19 (cfr. BCE, Banca d’Italia, EBA, EIOPA e IVASS), a testimonianza del ruolo strategico di tali istituzioni nella presente congiuntura economica.

La circostanza che il d.l. 23/2020 abbia esteso i golden powers nei settori finanziari alle acquisizioni (i) di partecipazioni di controllo anche da parte di investitori esteri appartenenti alla UE e (ii) di quote pari o superiori al 10% del capitale o dei diritti di voto (e poi al superamento delle soglie del 15, 20, 25 e 50%) da parte di acquirenti extra-UE e dal valore complessivo almeno pari a un milione di euro (oltre che, in generale, alle delibere societarie di modifica della titolarità, del controllo, della disponibilità o della destinazione degli attivi strategici detenuti dalle imprese operanti in tali settori) – per la durata dell’emergenza in atto (e dunque fino al 31 dicembre 2020) e al fine di contenerne gli effetti negativi– mira a preservare la stabilità finanziaria del Paese (Bassan, 2020).

Nella prospettiva del diritto europeo, ciò dovrebbe rappresentare un “motivo imperativo di interesse generale” idoneo a limitare – secondo princìpi di necessità e proporzionalità – sia la libertà di stabilimento dei potenziali acquirenti UE (che rileva in ipotesi di assunzione di un’influenza stabile) sia la libertà di circolazione dei capitali degli investitori extra-UE (quest’ultima invocabile, anche da soggetti extra-UE, in ipotesi di acquisizione di partecipazioni finanziarie, non di controllo) (Lamandini, 2016), considerato che le società in questione sono “fonte essenziale di finanziamento per le imprese attive nei diversi mercati” (cfr. CGUE, sentenza Kotnik del 19 luglio 2016, C‑526/14, punto 50). Anche in occasione della crisi della Grecia, la Commissione europea ha avuto modo di osservare che, in circostanze emergenziali, “la stabilità del sistema finanziario e bancario costituisce una questione di interesse pubblico preminente e di politica pubblica che sembra giustificare l’applicazione temporanea di restrizioni ai flussi di capitali” (v. la dichiarazione di J.Hill a nome della Commissione europea, 2015).

Peraltro, la soglia quantitativa del 10 per cento è da considerarsi in linea con il trend a livello globale, considerato che analoga percentuale rileva ai fini dell’applicazione dello screening statale sugli investimenti esteri negli Stati Uniti, in Germania e, da ultimo (a seguito della normativa anti-coronavirus) in Spagna. Preme osservare che la soglia del 10% è indice sempre più diffuso di un’influenza potenzialmente rilevante sulle società partecipate, come dimostrato da numerose disposizioni – nazionali e non – in materia regolamentare e finanziaria (ad es. la norma “anti-scorrerie”, l’internal dealing del socio, l’autorizzazione all’acquisizione di partecipazioni qualificate in ambito bancario, assicurativo e finanziario, ecc.).

A maggior presidio degli interessi tutelati, il Governo si vede ora assegnato un potere di intervento d’ufficio riguardante anche le operazioni non previamente notificate, sulla scorta dell’esperienza americana in materia (Modulo, 2019).

Ciò premesso, qualche considerazione preliminare si rende opportuna.

In primo luogo, va evidenziato che i golden powers mirano a tutelare interessi pubblici non perfettamente coincidenti con quelli protetti, in ambito settoriale, dalla regolamentazione bancaria e assicurativa, tanto che i poteri governativi consentono allo Stato di prescrivere l’adozione di condizioni e comportamenti ad ampio spettro. I due plessi disciplinari in parola possono comunque convivere (Garofoli, 1998), come ad esempio avviene ogni qual volta che un’operazione di concentrazione sia al contempo oggetto di scrutinio da parte dell’autorità di vigilanza in ambito finanziario e dell’autorità antitrust (Alvaro, 2019). Tutto ciò con l’opportuna precisazione che i golden powers si applicano nella misura in cui la tutela degli interessi essenziali dello Stato non sia adeguatamente garantita dalla sussistenza di una specifica regolamentazione di settore (concetto, quest’ultimo, già esplicitato nel D.P.R. n. 85/2014 e ribadito nell’art. 15 del d.l. 23/2020).

Vista la complessità organizzativa che connota gli assetti degli operatori bancari e assicurativi, ci si attende l’implementazione di procedure interne – ad applicazione temporanea – volte a mappare gli attivi strategici detenuti e poi a delineare e allocare le competenze decisionali, le responsabilità, i flussi endosocietari e gli oneri di istruttoria e notifica al Governo, con modalità efficaci e coerenti con le restanti disposizioni applicabili.

Inoltre, preme sottolineare che la norma da ultimo emanata sembra riesumare, nell’ottica della protezione degli interessi pubblici essenziali, l’accostamento fra settori strategici “tradizionali” (energia, trasporto, comunicazioni, ecc.) e settori bancario e assicurativo, come accadeva in passato con gli artt. 3 e 4 della l. 474/1994 sulle privatizzazioni, che consentivano a tutti gli operatori in parola di aprire il proprio azionariato al pubblico preservando l’indirizzo dello Stato (Marchetti, 1994).

Andando ancora più indietro nel tempo, riecheggiano le parole di chi ravvisava – in ben altri tempi – l’opportunità di tutelare “imprese spesso colossali, le cui sorti interessano tutta l’economia nazionale” con “uno Stato, non più agnostico, ma regolatore nell’interesse di fini superiori delle forze in conflitto” (Ascarelli, 1934).

Nel contesto della emergenza epidemiologica in corso, la “mano minacciosa del Leviathano” (G.Rossi, 1994) è stavolta chiamata a proteggere le imprese strategiche nazionali dal rischio che le debolezze strutturali riconducibili alla congiuntura in atto possano mettere in pericolo l’intero sistema (Capriglione, 2020), con la precisazione che un elevato livello di prevenzione sarà opportuno – e compatibile con le libertà europee – fintantoché le misure di cui trattasi continueranno ad essere necessarie e proporzionate agli obiettivi perseguiti.

L’auspicio più generale è quello di assistere a un’azione governativa che si risolva in iniziative volte non solo al superamento, in via transitoria, delle avversità del momento, ma anche all’assunzione di modifiche strutturali propedeutiche all’avvio di adeguate forme di ripresa per l’economia nazionale, che possano beneficiare di una congrua dialettica a livello europeo e internazionale.

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