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Giurisprudenza

Fallimento del cedente nel contratto di factoring e revocatoria fallimentare: l’art. 7 l. 52/1991 vs. art. 67, primo comma, n.2, l.f.

20 Novembre 2015

Beatrice Casaccia

Cassazione Civile, Sez. I, 08 luglio 2015, n. 14260

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14620 del 2015, si è pronunciata su un caso di revocatoria fallimentare, con particolare riguardo alla disciplina che debba trovare applicazione ove l’azione sia esperita al fine di veder dichiarato inefficace un contratto di factoring a fronte del fallimento della parte cedente.

La questione che si è posta concerne l’applicabilità della disciplina speciale di cui all’art. 7 della L. 52/1991 o della disciplina generale in tema di revocatoria fallimentare, contenuta all’art. 67 l.f.I giudici di legittimità si sono espressi confermando il principio secondo il quale in tema di azione revocatoria fallimentare, là dove la medesima abbia ad oggetto un contratto di cessione di crediti –quale è il contratto di factoring–il riferimento normativo è costituito dalle disposizioni di cui all’art. 7 L. 52/1991.

È, dunque, onere del curatore provare – diversamente dai presupposti richiesti ai fini applicativi dell’art. 67 l.f. – da un lato che il pagamento del cessionario al cedente sia stato eseguito prima della scadenza del credito ceduto e, dall’altro, che al momento del pagamento il cessionario conosceva lo stato di insolvenza del cedente, così subordinando la dichiarazione di inefficacia alla prova della scentia decoctionis.

La presenza nel nostro ordinamento dell’art. 7 L. 52/1991 non escluderebbe, però, l’applicabilità della disciplina generale di cui all’art. 67 l.f., primo comma, n. 2.Tuttavia il Collegio giudicante, a tal proposito, osserva che per poter procedere a dichiarare come “anormale mezzo di pagamento” un contratto di factoring –quale presupposto integrante la fattispecie di cui al citato comma –è necessario valutare, caso per caso, quale sia stato l’intento negoziale realmente perseguito dalle parti contraenti.

In tale prospettiva, potranno essere classificate quali modalità anormali di pagamento le sole cessioni del credito avvenute con funzione solutoria (cioè ad estinzione di un debito pregresso) e non anche, quelle operate con scopo di garanzia (finalizzate ad assicurare l’adempimento dell’obbligazione da parte del cedente).

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