Con la sentenza del 10 luglio 2013, la I Sezione Civile della Corte di Appello di Genova, riformando il decreto di omologazione di un concordato preventivo emesso dal Tribunale di La Spezia, ha statuito la legittimità della proposta di accordo che preveda la falcidia del debito IVA.
In particolare, la citata sentenza ha ritenuto il principio dell’intangibilità dell’Iva, previsto dall’art. 182-ter della legge fallimentare, operativo, solo ed esclusivamente, nell’ambito del concordato fiscale, allorché il debitore abbia deciso di avvalersene.
L’istituto in esame
L’istituto della transazione fiscale (art. 182-ter l. fall.) rappresenta una particolare procedura “transattiva” tra il Fisco ed il contribuente, esperibile in sede di concordato preventivo (art. 160 l. fall.) o di accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis l. fall.).
Esso costituisce una deroga al principio generale di indisponibilità e irrinunciabilità del credito tributario da parte dell’Amministrazione finanziaria.
L’art. 182-ter della legge fallimentare recita: << Con il piano di cui all’articolo 160 il debitore può proporre il pagamento, anche parziale, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea. >>
Dalla lettura di tale disposizione emerge chiaramente l’intangibilità dell’Iva in occasione della sottoscrizione, da parte del contribuente e dell’Amministrazione Finanziaria, di una transazione fiscale.
La problematica
Il divieto di falcidia del credito IVA è previsto esclusivamente dall’art. 183-ter l.f., e non è stato inserito nell’ambito della disciplina generale del concordato preventivo.
Il d. l. n. 185/2008, con un chiarimento che, secondo alcuni, avrebbe carattere interpretativo piuttosto che innovativo, ha statuito che << con riguardo all’IVA la proposta di transazione può prevedere esclusivamente la dilazione di pagamento. >>
In proposito, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 40/E del 2008 invitava gli uffici ad escludere l’Iva dalle transazioni fiscali, almeno fino al consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale in materia. La citata prassi precisava, altresì, che il debito Iva per imposta avrebbe dovuto essere ricompreso nella certificazione da rilasciare al debitore.
Si tratta a questo punto, di accertare se la falcidia dei crediti possa riguardare, al di fuori della transazione fiscale, anche l’Iva.
Rispondere negativamente a tale domanda significa riconoscere, alla disposizione che vieta il pagamento parziale dell’Iva, di cui al comma 1 dell’art. 182 -ter, carattere di norma sostanziale, e dunque di generica applicazione, anziché processuale.
Ritenere, infatti, l’operatività del divieto di falcidia dell’iva anche nel caso in cui il contribuente non abbia voluto ricorrere alla transazione fiscale è, secondo la Corte di Appello di Genova, una interpretazione estensiva di quanto previsto dall’art. 182-ter della legge fallimentare.
La dottrina maggioritaria, al pari della prevalente giurisprudenza di merito ( Tribunale di La Spezia del 2 luglio 2009, Tribunale di Milano del 12 ottobre 2009, Corte di Appello di Genova del 19 dicembre 2009), avevano optato per la soluzione che ammette la possibilità di un trattamento remissorio del debito iva al di fuori della transazione fiscale. Favorevole all’opposta soluzione interpretativa era stata, invece qualche sparuta pronuncia giurisprudenziale (Trib. Roma, 16 dicembre 2009), alla luce dell’asserita natura imperativa della disposizione di cui al comma 1 dell’art. 182-ter, la quale imporrebbe un comando precettivo, e, come tale, non derogabile.
L’intervento della Corte di Cassazione
Sulla querelle è intervenuta di recente la Corte di Cassazione, che con le sentenze n 22931 e 22932 del 4 novembre 2011, ha ritenuto impossibile falcidiare il debito Iva nell’ambito di un concordato senza transazione fiscale.
Secondo i Giudici di Legittimità, non è credibile ritenere che il legislatore abbia voluto lasciare, alla valutazione discrezionale del debitore. la scelta di assoggettarsi, o meno, all’onere del pagamento integrale dell’Iva, imposta armonizzata a livello comunitario, sulla cui gestione gli Stati membri non sono esenti da vincoli.
Inoltre, sempre secondo la Suprema Corte il citato art. 182-ter della legge fallimentare, il quale impone il divieto di falcidia di detto tributo, avrebbe valore di norma sostanziale, e non meramente processuale. Pertanto, tale norma disciplinerebbe il trattamento da riservare a tale imposta nell’ambito di qualsiasi procedura concorsuale.
E comunque, a giudizio della Corte, l’obbligo di pagamento integrale del debito Iva << non comporta l’’inderogabile accoglimento della pretesa fiscale in quanto nell’ambito del concordato senza transazione fiscale resta ferma la facoltà del contribuente di opporsi alla stessa, così che è solo l’imposta definitivamente accertata che è soggetta al vincolo richiamato>>.
La peculiarità della vicenda esaminata. La posizione della Corte di Appello di Genova.
Nel caso in esame, la Prima Sezione della Corte di Appello di Genova, contestando il citato orientamento di legittimità, ha ritenuto che l’intangibilità dell’iva operi solo ed esclusivamente nel caso di adesione all’istituto della transazione fiscale previsto dall’art. 182-ter della legge fallimentare.
Secondo i giudici genovesi, infatti, il limite imposto dal legislatore sarebbe riferibile << solo alla “proposta” di transazione fiscale. >>, ed il fondamento di tale posizione, sarebbe, pertanto, da individuare nella lettera della legge.
Infine, in merito ai citati vincoli comunitari relativi all’imposta in questione, la Corte di Appello sostiene che essi non impediscano che l’Iva subisca falcidie quando ciò sia giustificato da interessi meritevoli di tutela.