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Giurisprudenza

Esercizio del diritto di voto e responsabilità da direzione e coordinamento

23 Agosto 2021

Andrea Galleano, Dottorando in Studi Giuridici Comparati ed Europei, Università di Trento

Cassazione Civile, Sez. III, 1 giugno 2021, n. 15276 – Pres. Vivaldi, Rel. Olivieri

Con sentenza del Tribunale di Lecce, il Ministero della Economia e delle Finanze (MEF), in qualità di socio di maggioranza di una società, veniva condannato al risarcimento del danno subito da altri due soci della medesima, per avere colposamente leso, attraverso una serie di condotte, l’incolpevole affidamento degli investitori «diffondendo assicurazioni, rivelatesi poi infondate, in ordine al certo risanamento aziendale di una impresa che era da ritenere ormai irreversibilmente decotta, nonché per avere indotto gli stessi soci-risparmiatori a conservare le azioni in loro possesso e ad acquistare nuovi titoli della società, garantendo la continuità industriale, nonostante difettasse alcun fattibile progetto di salvataggio della azienda», assicurazioni in seguito sconfessate dalla decisione di Borsa italiana di sospendere e, successivamente, di non riammettere definitivamente i titoli della società alla quotazione.

La Corte d’appello di Lecce riteneva invece insussistente la prova delle condotte illecite del MEF, escludendone, in particolare, sia la responsabilità extracontrattuale ex art. 2043, cod. civ., sia la responsabilità per danni derivanti da attività di “direzione e coordinamento”, svolta in qualità di socio di maggioranza. La Corte rilevava infatti che, ai sensi dell’art. 19, comma 6 D.L. n. 78 del 2009, convertito in L. n. 102 del 2009, ritenuta norma di interpretazione autentica, l’operatività dell’art. 2497, comma 1, cod. civ. risulta limitata alle sole ipotesi in cui l’attività di “direzione e coordinamento” sia svolta da “soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria”.

La Corte di Cassazione, a prescindere dalla esclusione delle Amministrazioni statali dalla disciplina di cui all’art. 2497, comma 1, cod. civ. ai sensi della citata norma interpretativa – della quale i ricorrenti sostenevano la illegittimità costituzionale, ove applicata retroattivamente, in quanto contraria ai principi costituzionali in materia di tutela del risparmio di cui all’art. 47 Cost., nonché ai principi generali in materia di risarcimento del danno –, ritiene necessario esaminare la riconducibilità all’esercizio di attività di “direzione e coordinamento” della società  delle condotte materiali contestate al MEF quale azionista di maggioranza ed in particolare della, asseritamente illecita, “approvazione dei bilanci di esercizio nonostante l’assenza di continuità aziendale”.

Al riguardo, la Corte esclude che l’esercizio del diritto di voto da parte del socio di maggioranza possa integrare, automaticamente ed ex se, esercizio dell’attività di “direzione e coordinamento”. La Suprema Corte evidenzia che dovrebbe altrimenti ravvisarsi «una totale sovrapposizione della fattispecie prevista dall’art. 2497 c.c., per abusivo esercizio dell’”attività di direzione e coordinamento”, all’illecito per “abuso” nell’esercizio di diritto di voto, commesso dal socio di maggioranza», così riducendo la norma in esame ad una mera codificazione della fattispecie, già nota alla giurisprudenza, del c.d. “abuso del diritto di voto”. Tale conclusione, ad avviso del Collegio, non trova infatti alcun riscontro tanto nella formulazione lessicale della norma, quanto nella sua ratio.

Osserva la S.C. che la disciplina di cui all’art. 2497, cod. civ dà luogo ad «una peculiare fattispecie di responsabilità civile che – pur presupponendo di regola una situazione giuridica di “controllo” societario – trae origine da una attività dell’”ente di direzione” distinta rispetto a quella che viene “ordinariamente” svolta attraverso l’esercizio dei comuni diritti che derivano ai “soci” (anche di maggioranza) dalla mera partecipazione al capitale sociale, e che, a differenza di questi, richiede l’attuazione di condotte continuative e sistematiche, eventualmente tradotte anche in atti negoziali, dirette alla adozione ed imposizione di soluzioni organizzative ed imprenditoriali a livello strategico di “gruppo di imprese”».

Inoltre, quand’anche volesse qualificarsi, diversamente argomentando, l’approvazione in assemblea del bilancio di gestione da parte del socio di maggioranza come un atto ex se riconducibile ad attività di “direzione e coordinamento”, nel caso in esame non risultano in ogni caso sufficientemente indicate le ragioni per cui tale condotta «sarebbe venuta, in concreto, ad integrare una violazione del dovere di diligenza, difettando in particolare la indicazione di quegli elementi circostanziali in base ai quali emergerebbe la violazione dei principi di corretta gestione imprenditoriale e societaria».


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