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Giurisprudenza

Escluso il ne bis in idem tra bancarotta e occultamento di scritture contabili

11 Novembre 2022

Roberto Compostella, Assegnista di ricerca in diritto penale presso Università di Bologna

Cassazione penale, Sez. V, 10 gennaio 2022, n. 7557 – Pres. Bruno, Rel. Borrelli

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione, facendo applicazione della nota pronuncia della Corte Costituzionale n. 200 del 2016 in tema di ne bis in idem ex art. 649 c.p.p., ha escluso (in concreto) che tra la contestazione di occultamento di scritture contabili ex art. 10 d.lgs. n. 74/2000 e quella di bancarotta fraudolenta documentale vi fosse idem factum, tale da legittimare una pronuncia di improcedibilità dell’azione penale.

Nello specifico, pur dando atto che, proprio secondo l’insegnamento offerto dalla Consulta, non sia più possibile escludere automaticamente la medesimezza del fatto solo in ragione del concorso formale tra il reato già giudicato e quello per cui era iniziato il nuovo procedimento, la Suprema Corte ha altresì evidenziato che: “per verificare se vi sia bis in idem, il raffronto deve essere tra la prima contestazione, per come si è sviluppata nel processo, e il fatto posto a base della nuova iniziativa del pubblico ministero, secondo una prospettiva concreta e non legata alla struttura delle fattispecie ma pur sempre inquadrando gli accadimenti storici secondo la griglia normativa condotta – nesso causale – evento”.

La soluzione (negativa) cui perviene la pronuncia in commento ha fatto leva prevalentemente su di un raffronto dell’oggetto materiale nelle diverse ipotesi di reato previste in ambito tributario e fallimentare; mentre, nella prima, le scritture “contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione” menzionate dall’art. 10 d.lgs. n. 74/2000 farebbero riferimento a quelle necessarie alla ricostruzione del volume d’affari prodromico a determinare il (reale) debito fiscale, nella bancarotta documentale, al contrario, i “libri o le altre scritture contabili” sarebbero tutti quelli – indipendentemente dall’obbligo fiscale di conservazione – necessari alla “ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari” (cfr. sentenza in commento, nonché, sul medesimo tema, Cass. pen., Sez. V, n. 32367 del 2016 che ha escluso l’idem factum in un caso analogo, poiché: “Un conto è non esibire la documentazione prescritta a fini tributari per evadere le imposte, altro è non consegnare al curatore fallimentare le scritture contabili e non presentare le dichiarazioni fiscali in maniera tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e degli affari di una società fallita”).

Tale pronuncia, invero, si inserisce all’interno di un filone giurisprudenziale piuttosto consolidato, secondo il quale non sarebbe precluso l’esercizio dell’azione nei confronti di un soggetto per la violazione dell’art. 216 c. 1 n. 2) dopo che lo stesso soggetto fosse già stato giudicato per la violazione dell’art. 10 del d.lgs. n. 74/2000, proprio in ragione dell’alterità delle due ipotesi delittuose: “quella penai-tributaria [necessitando] l’impossibilità di ricostruire l’ammontare dei redditi, o il volume degli affari, intesa come impossibilità di accertare il risultato economico di quelle sole operazioni connesse alla documentazione occultata o distrutta; diversamente, l’azione fraudolenta sottesa dalla L. Fall., art. 216, n. 2 si concreta in un evento da cui discende la lesione degli interessi creditori, rapportato all’intero corredo documentale, risultando irrilevante l’obbligo normativo della relativa tenuta, ben potendosi apprezzare la lesione anche dalla sottrazione di scritture meramente facoltative” (Cass. pen. Sez. V, 29 novembre 2016, n. 32367).

Occorre in ultimo tuttavia dare conto che la sentenza in commento, pur negando nel caso di specie l’idem factum così respingendo il ricorso, si sforza nell’evidenziare che, se è vero che non è possibile ritenere automaticamente identico il fatto di reato (nel caso di contestazione ex art. 10 d.lgs. 74/2000 e 216 c.1 n. 2) L.F.), è vero allo stesso tempo che non è neppure possibile escluderlo automaticamente, ben potendo il Giudice, nel caso concreto, riconoscere l’identità del fatto contestato ed applicare l’art. 649 c.p.p. (per maggiori approfondimenti F. Camplani, Sul rapporto tra l’occultamento o distruzione di documenti contabili e la bancarotta fraudolenta documentale: concorso apparente di norme o concorso formale di reati? In Dir. Prat. Trib., 2019, fasc. 4, pt. 2, pp. 1865 – 1875, nonché G. Minicucci, Sul (preteso) concorso di reati tra bancarotta documentale ed art. 10 D.lgs. 74/2000. Specialità, beni giuridici eterogeni, clausole di riserva, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2017, fasc. 3-4, pp. 649-673, V. Cardone, F. Pontieri, Il rapporto fra i reati di occultamento o distruzione di documenti contabili e di bancarotta fraudolenta documentale, in Riv. dir. trib., 2012, fasc. 10, pt. 3, pp. 319-326).

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