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Divieto di Greenwashing: dalla Commissione UE la proposta di Direttiva

4 Aprile 2022
Di cosa si parla in questo articolo

Le tematiche relative al greenwashing nei suoi diversi aspetti verranno analizzate nel corso del webinar del 29 aprile dal titolo “Il Greenwashing, tra comunicazione di impresa e informativa finanziaria”.

La Commissione europea ha pubblicato una serie di proposte di modifica alla Direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori e alla Direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali.

Le proposte di modifica rafforzeranno la tutela dei consumatori da dichiarazioni ambientali scorrette o false vietando il “greenwashing” e le pratiche ingannevoli sulla durabilità di un prodotto.

Anzitutto le proposte ampliano l’elenco delle caratteristiche del prodotto in merito alle quali il professionista non può ingannare il consumatore per includere l’impatto ambientale o sociale, la durabilità e la riparabilità.

Le modifiche aggiungono inoltre nuove pratiche considerate ingannevoli in base a una valutazione delle circostanze del caso, come la formulazione di una dichiarazione ambientale relativa alle prestazioni ambientali future senza includere impegni e obiettivi chiari, oggettivi e verificabili e senza un sistema di monitoraggio indipendente.

Infine, le modifiche alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali aggiungono nuove pratiche all’attuale elenco di pratiche commerciali sleali vietate, la cosiddetta “lista nera”.

Le nuove pratiche comprenderanno, tra l’altro:

  • omettere di informare i consumatori dell’esistenza di una caratteristica introdotta nel bene per limitarne la durabilità, come ad esempio un software che interrompe o degrada la funzionalità del bene dopo un determinato periodo di tempo;
  • formulare dichiarazioni ambientali generiche o vaghe laddove l’eccellenza delle prestazioni ambientali del prodotto o del professionista non sia dimostrabile. Esempi di dichiarazioni ambientali generiche sono “rispettoso dell’ambiente”, “eco” o “verde”, che suggeriscono o danno erroneamente l’impressione di un’eccellenza delle prestazioni ambientali;
  • formulare una dichiarazione ambientale concernente il prodotto nel suo complesso quando in realtà riguarda soltanto un determinato aspetto;
  • esibire un marchio di sostenibilità avente carattere volontario che non è basato su un sistema di verifica da parte di terzi o stabilito dalle autorità pubbliche;
  • omettere di informare che il bene dispone di una funzionalità limitata quando si utilizzano materiali di consumo, pezzi di ricambio o accessori non forniti dal produttore originale.

Le modifiche mirano a offrire certezza del diritto per i professionisti, ma anche ad agevolare l’applicazione delle norme nei casi relativi al greenwashing e all’obsolescenza programmata dei prodotti.

Peraltro, la garanzia che le dichiarazioni ambientali siano eque e corrette permetterà ai consumatori di scegliere prodotti che siano effettivamente migliori per l’ambiente rispetto ai propri concorrenti.

Sarà così incoraggiata la concorrenza spingendo verso prodotti più ecosostenibili, con conseguente riduzione dell’impatto negativo sull’ambiente.

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