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Giurisprudenza

Derivati della Regione Piemonte: per il Consiglio di Stato la giurisdizione spetta al giudice ordinario inglese

8 Maggio 2014

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 26 marzo 2014, n. 13

Di cosa si parla in questo articolo

Con sentenza n. 13 del 26 marzo 2014, pubblicata in data 5 maggio 2014, il Consiglio di Stato, in Adunanza Plenaria, confermando la sentenza del TAR del Piemonte, ha ribadito la giurisdizione del giudice inglese in ordine alla controversia sui contratti derivati conclusi dalla Regione Piemonte e con Dexia Crediop.

Riassumendo brevemente i fatti di causa per una miglior comprensione della vicenda, si ricorda che la Regione Piemonte aveva proceduto all’emissione di due prestiti obbligazionari, alle quali era stata affiancata la stipula di contratti derivati come previsti dalla normativa vigente (art. 41, comma 2, L. 28 dicembre 2001 n. 448).

Successivamente la Regione aveva maturato la convinzione dell’illegittimità dei contratti derivati posti in essere, per violazione sotto diversi profili della normativa vigente, per l’inidoneità a realizzare un contenimento del costo dell’indebitamento e quindi a coprire il rischio, per l’esistenza di costi impliciti e la violazione da parte delle banche degli obblighi di corretta e completa informazione, con pregiudizio dell’interesse pubblico ad evitare ulteriori esborsi fortemente lesivi dell’equilibrio finanziario regionale, prevalente sul sacrificio imposto alle banche.

Su dette basi, la Regione procedeva quindi, in via di autotutela, all’annullamento d’ufficio degli stessi contratti derivati.

Uno degli istituti bancari incaricato del collocamento del prestito, con cui erano stati stipulati i contratti derivati, impugnava allora gli atti di autotutela davanti al TAR del Piemonte, deducendo una serie di illegittimità ed inoltre la nullità degli atti adottati per carenza assoluta di potere e la loro inidoneità a determinare la caducazione degli effetti contrattuali.

Con sentenza di primo grado, il TAR del Piemonte ha affermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ritenendo che l’Amministrazione non disponesse del potere di procedere all’annullamento in autotutela, in quanto il petitum sostanziale emergente dagli atti portava a concludere nel senso della natura privatistica del rapporto controverso.

Data la natura prettamente civilistica del rapporto, concernente contratti di diritto privato, sulla validità degli atti impugnati e sulla loro idoneità ad incidere sulla sorte dei contratti stipulati – ha affermato la sentenza – “deve necessariamente pronunciarsi il giudice civile (nel caso di specie, il giudice inglese, per espressa pattuizione delle parti)”.

La Regione Piemonte ha appellato la decisione del TAR avanti la Sezione V del Consiglio di Stato, la quale, valutata la possibilità di contrasti giurisprudenziali e la rilevanza anche economica della questione di giurisdizione, ne ha rimesso l’esame all’Adunanza Plenaria ai sensi dell’art. 99, comma 1, c.p.a..

Con la sentenza in oggetto, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, per le ragioni di seguito esposte, ha riconosciuto l’infondatezza dell’appello della Regione Piemonte e confermato la sentenza appellata.

Secondo il Consiglio di Stato, nella vicenda in esame non è ravvisabile una determinazione autoritativa con riferimento alla stipula dei contratti derivati a corredo dell’emissione obbligazionaria. Le decisioni assunte al riguardo, pur genericamente ipotizzate nella deliberazione riguardante l’operazione finanziaria principale, non hanno assunto carattere di concretezza ed effettiva determinatezza fino a quando, nel corso delle negoziazioni privatistiche aventi ad oggetto la definizione dell’emissione obbligazionaria, non si è ritenuto che il rimborso del prestito sarebbe avvenuto alla scadenza in unica soluzione, rendendosi necessario costituire un fondo di ammortamento ovvero ricorso agli swaps, in osservanza di quanto prescritto dall’art. 41 della legge n. 448 del 2001 e del D.M. n. 389 del 2003. Nelle trattative tra le parti contraenti si è anche raggiunto in condiviso convincimento che i contratti derivati rappresentassero lo strumento più adeguato ad assicurare il contenimento del costo dell’indebitamento e la copertura dalle varie forme di rischio connesse ad operazioni finanziarie del genere in questione.

Consegue da tali circostanze che lo scopo dell’annullamento dei contratti in questione, a carico dei quali la Regione aveva ravvisato, secondo gli esiti di apposita consulenza, molteplici cause di illegittimità, doveva essere perseguito tenendo conto della natura privatistica degli atti di cui assume l’invalidità e della conseguente posizione paritaria rivestita dall’ente pubblico che si sia vincolato contrattualmente al soggetto privato (art. 1, comma 1-bis l. n. 241 del 1990).

La Regione, invece, ha ritenuto di poter perseguire lo stesso scopo annullando –in parte qua- la deliberazione, puntando sull’effetto caducante (o viziante) che può prodursi a carico del contratto per effetto dell’annullamento dell’atto presupposto.

Ma affinché tale scelta risultasse praticabile occorreva che l’atto presupposto assumesse il carattere dell’atto realmente prodromico rispetto alla successiva contrattazione, ossia si configurasse come determinazione autoritativa procedimentalizzata e riferita ai contenuti essenziali dell’operazione da porre in essere.

L’atto di annullamento impugnato reca, bensì, l’imputazione dei vizi dei contratti alla deliberazione del 2006, ma si tratta di un mero artificio che non impedisce di riconoscere che la materia del contendere nella presente controversia è costituita, non dal sindacato sulla legittimità di un atto di imperio, ma dal giudizio sulla fondatezza dei vizi addebitati ai contratti, che, secondo il fondamentale principio affermato dalla Corte costituzionale con la sent. n. 204 del 2004, esula dalla giurisdizione amministrativa.

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