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Approfondimenti

CSRD e proposta di direttiva CSDD

30 Gennaio 2023

Lorenzo Banfi, Partner, Pirola Pennuto Zei & Associati

Gaia Giussani, ESG Partner, PWC

Silvia Lunghi, ESG Senior Manager, PWC

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza le novità della recente Direttiva (UE) 2022/2464 c.d. Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e della proposta di Direttiva c.d. Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD).


L’articolo che segue descrive il contenuto di un intervento curato dal Dr. Lorenzo Banfi (Partner dello Studio Pirola Pennuto Zei & Associati) e dalle Dr.sse Gaia Giussani (ESG Partner PWC) e Silvia Lunghi (ESG Senior Manager PWC) in occasione del convegno tenutosi in data 14 ottobre 2022 avente ad oggetto la seguente tematica: “Governance societaria tra ESG, Compliance e reputazione d’impresa”.

L’evento è stato organizzato dall’AEDBF (European Society for Banking and Financial Law) – sezione italiana – ed il Centro Studi Ambrosoli con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Milano.

La relazione esposta è stata successivamente integrata a ragione della recente approvazione da parte del Parlamento Europeo e del Consiglio del testo di direttiva riguardante la “Corporate Sustainability Reporting Directive”.


Introduzione

Negli ultimi anni l’Unione europea ha intrapreso un programma di riforme volto a rendere l’Europa il ‘continente’ leader della transizione sostenibile. Tra gli interventi più significativi rientrano la recente Direttiva (UE) 2022/2464 (comunemente definita “Corporate Sustainability Reporting Directive” – CSRD) [1], che andrà a modificare la Direttiva 2014/95/UE (d’ora in poi, “Non-Financial Reporting Directive”), e la proposta di c.d. Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD), volta ad introdurre per le imprese nuovi obblighi di due diligence in materia ambientale e di tutela dei diritti umani [2].

La Direttiva e la proposta assieme ai Regolamenti (UE) 2019/2088 e 2020/852 (comunemente denominati Sustainable Financial Disclosure Regulation in materia di informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari e Regolamento Tassonomia) costituiranno, dunque, un tassello fondamentale per l’attuazione dell’Action Plan europeo in materia di economia e finanza sostenibile [3].

Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD)

La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) è volta a migliorare l’informativa di sostenibilità, al fine di sfruttare al meglio il potenziale offerto dal Mercato Unico europeo per contribuire alla transizione verso un sistema economico e finanziario pienamente sostenibile e inclusivo, conformemente al Green Deal europeo [4] e agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite [5].

Le finalità principali della Direttiva CSRD sono quelle di rendere le rendicontazioni di sostenibilità [6] (a) complete di tutte le informazioni oggetto di interesse degli stakeholder, (b) comparabili, tramite metodologie standard di rendicontazione a livello europeo, e (c) affidabili, nonché (d) più coerenti con il più ampio quadro giuridico in materia di finanza sostenibile, compresi il Sustainable Financial Disclosure Regulation in materia di informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari e il regolamento sulla tassonomia, e (f) strumentali agli obiettivi del Green Deal europeo.

A tal fine, la nuova disciplina CSRD vedrà come destinataria una platea molto più ampia di soggetti, tanto che l’UE stima che dalle circa 11.700 società che attualmente sono tenute a redigere la dichiarazione  non finanziaria, si passerà a circa 49.000 [7]. Infatti, l’attuale Non-Financial Reporting Directive, così come recepita in Italia con il d.lgs. 30 dicembre 2016, n. 254 (d’ora in poi, “d.lgs. 254 del 2016”), prevede l’obbligo di redazione della dichiarazione non finanziaria per i soli enti di interesse pubblico [8] che:

  • nel corso dell’esercizio, abbiano avuto in media, un numero di dipendenti superiore a 500; e che:
  • alla data di chiusura del bilancio, abbiano superato almeno uno dei due seguenti limiti dimensionali:
    1. totale dello stato patrimoniale Euro 20.000.000;
    2. totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni Euro 40.000.000.

La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) si applicherà, invece, a tutte le imprese:

  • i cui titoli sono ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato nell’UE indipendentemente dalla loro dimensione, ad esclusione delle micro-imprese [9];
  • di grandi dimensioni, comprese le banche e le imprese di assicurazione, le quali soddisfino almeno due dei seguenti criteri:
    1. fatturato netto superiore a Euro 40.000.000;
    2. totale di bilancio superiore a Euro 20.000.000;
    3. numero di dipendenti superiore a 250.

Prescindendo da una disamina esaustiva della CSRD, può essere opportuno evidenziare che, rispetto alla proposta di direttiva della Commissione Europea [10], il testo approvato prevede delle esclusioni degli obblighi. La disciplina, infatti, non si estenderà ai fondi di investimenti alternativi (c.d. FIA) e agli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (c.d. OICVM) [11].

Sono altresì escluse dalla redazione della rendicontazione di sostenibilità:

  • le imprese figlie di società UE allorquando le stesse siano incluse nella relazione sulla gestione consolidata delle imprese madri e se tale relazione sia redatta in conformità alla Direttiva in oggetto;
  • le imprese figlie di società estere, allorquando le imprese madri redigano la rendicontazione consolidata di sostenibilità in conformità ai (i) principi di rendicontazione indicati dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) o (ii) principi di rendicontazione di sostenibilità equivalenti così come individuati da un atto della Commissione.

Per quanto riguarda i contenuti che dovranno essere indicati all’interno dell’informativa di sostenibilità, la nuova Direttiva CSRD richiede alle imprese di rendicontare:

  • il modello di business e la propria strategia, e come questi siano volte alla transizione sostenibile;
  • i principali rischi per l’impresa connessi alle questioni di sostenibilità, comprese le modalità con cui intendono affrontare tali rischi e le principali opportunità;
  • gli indicatori pertinenti con riferimento alle questioni di sostenibilità;
  • le politiche e le pratiche aziendali in relazione ai temi di sostenibilità;
  • i target e obiettivi di sostenibilità, compresi il loro stato di avanzamento;
  • gli impatti positivi e negativi su tutta la catena del valore;
  • una descrizione del ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo in relazione alle questioni di sostenibilità, nonché le loro competenze e capacità in relazione allo svolgimento di tale ruolo;
  • i sistemi di incentivi connessi alle questioni di sostenibilità che sono destinati agli organi di amministrazione, direzione e controllo;
  • le procedure di due diligence

Un’ulteriore novità riguarda la predisposizione di standard di rendicontazione comuni in tutta l’Unione, così da rendere comparabili le informazioni delle rendicontazioni di sostenibilità. Attualmente, infatti, le società soggette alla Non-Financial Reporting Directive e al d.lgs. 254 del 2016 hanno la possibilità di scegliere liberamente quale standard adottare. Le imprese, tra l’altro, attualmente non solo hanno la possibilità di decidere autonomamente che standard utilizzare tra quelli già esistenti, ma hanno anche la possibilità di utilizzare una metodologia autonoma di rendicontazione [12]. Questa ampia discrezionalità comporta un’evidente difficoltà per la comparabilità e affidabilità delle informazioni, rendendo più complessa per gli investitori la possibilità di tenere conto adeguatamente «dei rischi, delle opportunità e degli impatti connessi ai fattori di sostenibilità nelle proprie decisioni di investimento» [13]. Inoltre, l’assenza di standard comuni conduce a fenomeni di perdita di fiducia del mercato. Pertanto, al fine di ridimensionare questi problemi la Commissione Europea ha attributo all’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) [14] il compito di sviluppare gli EU Sustainability Reporting Standards [15].

Ulteriore elemento chiave della normativa è la c.d. doppia rilevanza, ossia l’obbligo per le imprese di fornire informazioni attinenti (i) sia al modo in cui le questioni di sostenibilità influenzano le proprie performance, il proprio sviluppo e la propria posizione commerciale (prospettiva c.d. outside-in) sia (ii) all’impatto che la propria attività d’impresa ha sulle persone e sull’ambiente (prospettiva c.d. inside-out).

Per quanto riguarda l’assurance, la Non-Financial Reporting Directive prevede unicamente l’obbligo per i revisori legali e per le imprese di revisione di accertare l’avvenuta presentazione della dichiarazione non finanziaria e lascia agli Stati la libertà di valutare se imporre un ulteriore obbligo di controllo di conformità. La nuova Direttiva CSRD imporrà a tutti i paesi membri quest’ultimo obbligo seguendo un approccio di limited assurance, con la possibilità di passare in futuro ad una reasonable assurance. Sul punto è da rilevare che il legislatore italiano recependo nel 2016 la Non-Financial Reporting Directive attualmente in vigore ha optato per l’inserimento di questo controllo aggiuntivo, anticipando di fatto questo ulteriore adempimento.

Inoltre, la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) prevede che gli Stati membri, accanto alle disposizioni in materia di responsabilità civile, introducano nuove sanzioni nei confronti dei revisori legali e delle società di revisione qualora le revisioni legali dei conti o le attestazioni di conformità della rendicontazione di sostenibilità non siano effettuate conformemente alla Direttiva.

Infine, la rendicontazione non finanziaria dovrà obbligatoriamente essere collocata all’interno della relazione sulla gestione, e redatta utilizzando il linguaggio XHTML e il linguaggio di marcatura XBRL.

In relazione allo status della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) è necessario precisare che quest’ultima, essendo stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 16 dicembre 2022, dovrà essere recepita dagli Stati membri nel termine di 18 mesi dall’entrata in vigore (entrata in vigore che avverrà il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione). Allo stato attuale, dunque, si prevede che le disposizioni della Direttiva saranno applicabili dall’esercizio fiscale 2024 ai soggetti che sono già tenuti alla redazione della rendicontazione non finanziaria secondo la normativa vigente, dal 2025 alle grandi imprese che ad oggi non sono tenute alla dichiarazione prevista dalla Non-Financial Reporting Directive e dal 2026 alle piccole medie imprese i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di uno Stato membro, agli enti piccoli e non complessi ed alle imprese di assicurazione captive, così come individuati dall’art. 5, par. 2, della Direttiva (UE) 2022/2464.

Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD)

La proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità (CSDD) costituisce un grande passo verso la promozione di buone pratiche da parte delle imprese attive nel mercato europeo per contribuire allo sviluppo sostenibile e alla transizione economica e sociale. Infatti, l’entrata in vigore di questa Direttiva nell’Unione ha l’obiettivo di promuovere il rispetto dei diritti umani e la tutela dell’ambiente da parte delle imprese nelle attività che svolgono, nelle attività svolte dalle proprie controllate e lungo tutta la catena di fornitura cui partecipano.

Una disciplina unitaria in materia di due diligence promuoverebbe il rispetto dei diritti umani e la tutela dell’ambiente, creando condizioni paritarie per le società all’interno dell’Unione ed eviterebbe la frammentazione derivante dall’azione autonoma degli Stati membri.

La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD) coinvolge una platea ampia di società, divisibile in due macro-categorie: le imprese europee e le imprese extra-UE. Per quanto riguarda le imprese europee, saranno soggette alla Direttiva:

  1. le grandi imprese, indipendentemente dal settore di operatività, che soddisfano entrambe le seguenti condizioni:
    • avere avuto, in media, più di 500 dipendenti;
    • avere avuto un fatturato netto, a livello mondiale, superiore a Euro 150.000.000 nell’ultimo esercizio per il quale è stato redatto il bilancio d’esercizio;
  1. le medie imprese in settori ad elevato impatto (pe. settore tessile, agricoltura, estrazione di risorse minerali) che, senza raggiungere i limiti di cui alla lettera a) che precede, soddisfano le seguenti condizioni:
    • aver avuto, in media, più di 250 dipendenti;
    • avere avuto un fatturato netto superiore a Euro 40.000.000 nell’ultimo esercizio per il quale è stato redatto il bilancio d’esercizio;
    • il 50% di tale fatturato sia stato generato in uno o più settori ad elevato impatto così come identificati dall’art. 2, par. 1, lett. (b) della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD).

In aggiunta, la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD) troverà applicazione anche nelle società non europee che:

  1. abbiano un fatturato netto generato in UE superiore a Euro 150.000.000 nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio; ovvero
  2. soddisfino contemporaneamente le seguenti condizioni:
    • abbiano generato un fatturato netto in UE superiore ad Euro 40.000.000 , ma non superiore a Euro 150.000.000 [16], nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio;
    • almeno il 50% del fatturato sia generato in UE in uno o più settori ad elevato impatto così come identificati dall’art. 2, par. 1, lett. (b) della proposta di Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD).

In relazione agli obblighi di diligenza da parte delle imprese rispetto agli impatti negativi, effettivi o potenziali, su diritti umani e ambiente, la proposta di Direttiva CSDD prevede che le società dovranno:

  • integrare gli obblighi di diligenza nelle proprie politiche di gestione;
  • identificare gli impatti negativi effettivi e potenziali;
  • prevenire o mitigare i possibili impatti negativi;
  • eliminare o minimizzare gli attuali impatti negativi;
  • stabilire e mantenere una procedura di reclamo;
  • monitorare l’effettività delle politiche e delle misure di diligenza adottate;
  • pubblicare informazioni relative agli obblighi di diligenza.

In più, la proposta di Direttiva CSDD impone alle grandi imprese UE ed extra-UE, come sopra definite, di redigere ed adottare un piano che garantisca un modello di business e una strategia aziendale compatibili con gli obiettivi di (i) transizione ad un’economia sostenibile e (ii) limitazione del riscaldamento globale a 1,5 ºC conformemente all’Accordo di Parigi [17]. Inoltre, al fine di attuare correttamente tale piano di riduzione delle emissioni si dovranno prevedere degli incentivi finanziari per gli amministratori. .

In aggiunta, la proposta Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD) prevede che la mancata osservanza del dovere di diligenza sulle catene di approvvigionamento può comportare per le imprese sanzioni e multe e può esporle a responsabilità qualora non riescano a prevenire, mitigare e/o porre fine al rapporto con i fornitori [18].

Al fine di rendere effettivi gli obblighi di due diligence la Commissione ha previsto che siano i singoli paesi membri ad individuare le sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali che verranno adottate in attuazione della Direttiva. Gli Stati, inoltre, dovranno identificare l’autorità che sarà chiamata ad assicurare l’effettiva attuazione delle norme in esame.

La proposta prevede altresì un regime di responsabilità civile per la società destinatarie della disciplina. Le imprese saranno tenute, infatti, a rispondere dei danni cagionati se:

  • non ottemperano agli obblighi imposti dalla Direttiva in ordine alla (i) prevenzione degli impatti negativi e (ii) all’arresto degli impatti negativi effettivi, e
  • a seguito di tale inadempienza si verifichi un impatto negativo che avrebbe dovuto essere individuato, prevenuto, attutito, arrestato o minimizzato.

In generale, l’introduzione degli obblighi di due diligence comporterà l’integrazione delle informazioni che le società saranno tenute a dichiarare nell’informativa di sostenibilità.

In relazione allo status di avanzamento della proposta CSDD è necessario sottolineare che, attualmente, non è intervenuto alcun accordo tra le istituzioni; ne consegue l’impossibilità di prevedere il momento in cui effettivamente avrà esecuzione nei paesi membri.

Conclusioni

La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e la Corportate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD) introdurranno nuovi obblighi e nuove sfide per le società che sono chiamate ad avere un ruolo sempre più attivo nella transizione verso un sistema economico sostenibile. È importante che le imprese e tutti i soggetti coinvolti siano consapevoli della rilevanza degli impatti delle misure poste dalla Direttiva e dalla Proposta e, in attesa delle norme di attuazione, pongano le basi per essere pronti a rispondere ai requisiti richiesti.

Il maggior impatto del futuro quadro normativo riguarderà soprattutto le società di grandi dimensioni, la loro governance e il loro commitment. In particolare, le nuove disposizioni imporranno un percorso atto ad abbandonare un regime che prevede, principalmente, obblighi di informativa, ed a sostituirlo con un sistema che imporrà, anche attraverso un regime sanzionatorio molto incisivo, scelte ed azioni specificamente atte a fornire un contributo effettivo alla transazione verso un nuovo scenario di sostenibilità sociale e ambientale.

 

[1] La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) è stata approvata in data 10 novembre 2022 dal Parlamento europeo e in data 28 novembre 2022 dal Consiglio.

[2] Commissione Europea, Proposta della Commissione di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la Direttiva (UE) 2019/1937, 2022, in www.ec.europa.eu.

[3] Commissione Europea, Piano di azione per finanziare la crescita sostenibile, 2018, in www.ec.europa.eu.

[4] Commissione Europea, Il Green Deal europeo, 2019, in www.ec.europa.eu.

[5] Nel settembre 2015 la comunità degli Stati ha approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile con la quale gli Stati si impegnano, su base volontaria e ciascuno con le proprie possibilità, ad agire per il raggiungimento di 17 obiettivi (raggruppabili in cinque macrocategorie: persone, pianeta, prosperità, pace e partnership).

[6] L’espressione ‘rendicontazione di sostenibilità’ contenuta nella Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) ha sostituito la dicitura ‘rendicontazione non finanziaria’ di cui alla Non-Financial Reporting Directive.

[7] Sul punto veda anche Anchino, Ciavarella Et Al., Gestione del risparmio e sostenibilità: l’approccio dei gestori in Italia, in Quaderni Consob, 2022, 41.

[8] La definizione di enti di interesse pubblico, così come delineata dall’art. 2 dalla Direttiva 2006/43/CE, comprende le imprese i cui valori mobiliari sono quotati nei mercati regolamentati dell’UE, gli enti creditizi (quotati o meno), le imprese di assicurazione (quotate o meno) e ogni altra impresa designata dagli Stati membri. Sul punto si confronti anche l’art. 16 del d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39, il quale ha recepito la Direttiva 2006/43/CE.

[9] Ai sensi dell’art. 3, par. 1, della Direttiva 2013/34/UE, comunemente conosciuta come ‘Direttiva contabile’, Gli Stati membri definiscono microimprese le imprese che alla data di chiusura del bilancio non superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti: a) totale dello stato patrimoniale: 350 000 EUR; b) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 700 000 EUR; c) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio».

[10] Commissione Europea, Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2013/34/UE, la direttiva 2004/109/CE, la direttiva 2006/43/CE e il regolamento (UE) n. 537/2014 per quanto riguarda la comunicazione societaria sulla sostenibilità, 2021, in www.ec.europa.eu.

[11] Sul punto cfr. art. 1, punto 1), della Direttiva (UE) 2022/2464.

[12] Nel caso in cui le imprese decidano di utilizzare una metodologia autonoma di rendicontazione, ad esempio combinando più standard esistenti, hanno l’onere di indicare in modo chiaro e puntuale quali sono i criteri adottati e perché non hanno deciso di utilizzare uno standard pre-esistente.

[13] Linciano, Cafiero Et Al, La finanza per lo sviluppo sostenibile. Tendenze, questioni in corso e prospettive alla luce dell’evoluzione del quadro regolamentare dell’Unione Europea, in Quaderni Consob, 2021, 14.

[14] L’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) è un’associazione internazionale non profit istituita nel 2001 ai sensi del diritto belga che opera al servizio del pubblico interesse fornendo consulenza alla Commissione europea riguardo all’omologazione dei principi internazionali di rendicontazione finanziaria.

[15] Si consideri che «tali principi terranno conto degli indicatori che le imprese sono tenute a divulgare per indicare in che misura le loro attività sono ecosostenibili in base alla tassonomia» Commissione Europea (nt. 10), 6.

[16] Sul punto si veda l’art. 2, par. 2 della proposta di Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD) Commissione Europea (nt. 2).

[17] ONU, Accordo di Parigi, 2015, in www.unfccc.int.

[18] Cfr. art. 1, par. 1 della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD).

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