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Crisi energetica e inflazione: il rapporto analizzato da Banca d’Italia

9 Febbraio 2023
Di cosa si parla in questo articolo

Banca d’Italia ha pubblicato un approfondimento in merito alla trasmissione dei prezzi dell’energia all’inflazione nell’area dell’euro, ossia al rapporto tra crisi energetica e inflazione.

In particolare, evidenzia Banca d’Italia, a partire dalla metà del 2021, i prezzi dell’energia sono aumentati esponenzialmente sui mercati globali, raggiungendo valori storicamente elevati.

Mentre l’aumento iniziale era dovuto principalmente alla ripresa dell’attività in tutto il mondo dopo lo shock da Covid-19, le conseguenze economiche dell’invasione russa dell’Ucraina e il corrispondente impatto sull’offerta di materie prime energetiche hanno ulteriormente alimentato la dinamica di questi prezzi a partire dal febbraio 2022, soprattutto in Europa.

Questa tendenza al rialzo ha caratterizzato tutte le principali componenti energetiche, anche se in misura diversa: mentre l’aumento del prezzo del petrolio è stato ancora consistente ma non eccezionale rispetto a ai dati storici, l’entità di quello dei prezzi dell’elettricità e del gas è stata senza dubbio senza precedenti.

Infatti, il prezzo di queste due commodity è aumentato di quasi il 300% in meno di dodici mesi.

La natura globale dell’aumento dei prezzi dell’energia ha portato a una sequenza di shock energetici che hanno colpito duramente anche i prezzi al consumo nell’area dell’euro.

Impatti della crisi energetica sull’inflazione – Componenti indirette

L’inflazione complessiva ha quasi raggiunto la doppia cifra nel settembre 2022 (al record storico del 9,9%), trainata in larga misura dalla dinamica della componente energetica (cresciuta di oltre il 40% su base annua, che contribuisce direttamente per circa 4 punti percentuali alla variazione dell’indice totale.

Il presente documento analizza in che misura la crisi energetica abbia esercitato, oltre al contributo diretto, ricadute indirette (più ampie del solito) sull’inflazione complessiva attraverso le componenti non energetiche.

In effetti, le pressioni sui prezzi originate dai mercati all’ingrosso dell’energia possono essere trasmesse lungo le catene di produzione e, quindi, possono influenzare i prezzi di articoli non energetici come alimenti, beni e servizi.

Per quantificare questo passaggio di prezzi, gli autori dell’approfondimento si sono basati su un modello standard di regressione automatica vettoriale (VAR) che permette di analizzare gli effetti di uno shock energetico sui prezzi non energetici e di quantificare il suo contributo alla dinamica dei prezzi osservata negli ultimi mesi.

Impatti nell’area Euro

Per quanto riguarda l’impatto della crisi energetica sulla dinamica dell’inflazione nell’area dell’euro, è stato riscontrato che la stima del pass-through storico dei prezzi dell’energia all’inflazione core e alimentare (ossia l’elasticità dei prezzi di queste voci a uno shock dei prezzi dell’energia) è statisticamente significativa ma nel complesso piuttosto ridotta.

Tuttavia, l’elevato shock dei prezzi dell’energia verificatosi a partire dalla metà del 2021 ha generato, a differenza del passato, un notevole contributo positivo su queste componenti.

Al netto dell’impatto degli shock energetici stimati, l’inflazione core e alimentare sarebbe stata rispettivamente di 0,7 e 2,8 punti percentuali inferiore ai dati ufficiali nella media dei primi 9 mesi del 2022 (rispettivamente del 3,6 e del 7,5 per cento).

Sul punto, evidenzia Banca d’Italia, la crisi energetica contribuisce all’inflazione complessiva, attraverso i canali diretti e indiretti, per circa il 60% nella media dei primi 9 mesi del 2022.

La gestione della politica monetaria

La risposta ottimale della banca centrale in termini di rialzo dei tassi dipende da due fattori principali:

  • il grado di ancoraggio delle aspettative di inflazione a lungo termine;
  • il grado di indicizzazione dei salari.

Di conseguenza, conclude l’approfondimento, un ritmo appropriato di normalizzazione della politica monetaria vedrebbe più auspicabili aggiustamenti graduali dei tassi d’interesse rispetto a forti aumenti dei tassi d’interesse, fortemente concentrati nel tempo.

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