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Costituzione di una IPU nell’UE: il quadro normativo applicabile

9 Novembre 2022
Di cosa si parla in questo articolo

L’EBA ha pubblicato un parere volto a chiarire il quadro normativo applicabile alla costituzione e all’operatività di imprese madri dell’UE intermedie (IPU) da parte di gruppi di paesi terzi (TCG) operanti nell’Unione europea.

Il presente parere, rivolto alle autorità competenti e di risoluzione, mira a garantire un’applicazione armonizzata ed effettiva in tutta l’Unione del requisito introdotto dall’articolo 21 ter, a seguito della modifica della direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD V).

In particolare, il Parere fornisce indicazioni per quei casi in cui il TCG intende costituire due IPU e non una sola perché soggetto alla segregazione delle attività imposta dalla normativa obbligatoria di paesi terzi, o perché avere un’unica IPU renderebbe la risoluzione meno efficace.

Il Parere chiarisce il processo, nonché gli obblighi informativi ei criteri di valutazione, sia in ottica di vigilanza di risoluzione, per l’approvazione della struttura delle due IPU da parte dell’autorità competente.

Inoltre, il parere sottolinea l’importanza di dispositivi adeguati ed efficaci per garantire la sicurezza e la solidità dell’IPU e delle sue controllate nell’Unione e richiama l’attenzione sulla governance interna, l’esternalizzazione, la gestione del rischio, la liquidità e gli accordi di finanziamento.

Cosa si intende per impresa madre intermedia (IPU) nell’UE?

Due enti (banche o imprese di investimento) che prestano la loro atività nell’UE appartengono allo stesso gruppo di un paese terzo sono obbligati a costituire un’unica società capogruppo nell’Unione europea (o, in alcuni casi, due società capogruppo), nel caso in cui le attività di tale gruppo nell’Unione europea superino una data soglia.

La società capogruppo costituita è definita “impresa madre intermedia nell’UE” (intermediate parent undertaking, IPU).

La costituzione di un’unica società capogruppo nell’Unione europea permette di sottoporre a vigilanza consolidata le attività svolte nell’Unione da un gruppo di un paese terzo, anziché prevedere la vigilanza su più soggetti a livello individuale.

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