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Giurisprudenza

Cessione dei beni in esecuzione di un piano di concordato con continuità aziendale

4 Febbraio 2021

Giulia Pancioli, Dottoranda in Diritto Commerciale presso l’Università di Ferrara

Cassazione Civile, Sez. I, 22 ottobre 2020, n. 23139 – Pres. Genovese, Rel. Pazzi

Di cosa si parla in questo articolo

Nel caso di specie la Suprema Corte affronta il tema della disciplina applicabile alla cessione dei beni aziendali in esecuzione di un piano di concordato con continuità aziendale, con particolare attenzione alla procedura competitiva di vendita di cui gli artt. 105 ss. e l’art. 108 l.fall., che regola gli effetti sulle iscrizioni pregiudizievoli di pegno o ipoteca.

A tal riguardo, sebbene nella pronuncia in commento sia riconosciuto che manchi tra le norme che disciplinano il concordato con continuità aziendale un riferimento alle modalità di liquidazione dei beni non funzionali all’esercizio dell’impresa, si ritiene che sarebbe del tutto errato un richiamo diretto alla disciplina del concordato cessio bonorum per gli atti di liquidazione che avvengano nel contesto di un piano con continuità.

Per determinare se anche alla fattispecie in questione possa applicarsi la disciplina dell’art. 182, comma 5 l.fall. questa giurisprudenza utilizza il criterio della funzionalità dell’atto di trasferimento del bene aziendale, ritenendo “opportuno poi precisare che un conto è la liquidazione che avvenga in esecuzione di un concordato che prevede la cessione dei beni dell’imprenditore per soddisfare il ceto creditorio, un altro è la vendita dei beni che siano il frutto della continuazione dell’attività di impresa”.

In riferimento a ciò, la liquidazione di alcuni beni dell’imprenditore, che avvenga in esecuzione e in funzione di un concordato che prevede la cessione dei beni dell’impresa per il soddisfacimento del ceto creditorio, assolvendo una funzione corrispondente a quella della liquidazione fallimentare, è sottoposta a dei requisiti procedimentali più stringenti e il rispetto delle regole di pubblicità, competitività e stima, contenute negli artt. 105-108-ter l.fall. e richiamati espressamente dal comma quinto dell’art. 182 l.fall.

Invece, per quanto concerne i casi in cui la liquidazione dei beni non sia funzionale all’esecuzione del piano e al soddisfacimento dei creditori, ma sia – utilizzando le parole di questa Suprema Corte – il “frutto della continuazione dell’attività di impresa”, l’applicazione delle norme che disciplinano la vendita coattiva e, di conseguenza, la cancellazione di ogni iscrizione pregiudizievole, prevista dall’art. 108, comma 2 l.fall., contrasterebbe con la stessa funzione che il legislatore attribuisce al concordato con continuità aziendale.

La diversa funzione di quest’ultima tipologia concordataria porta la Suprema Corte ad escludere la violazione del principio della par condicio creditorum qualora, in sede di liquidazione, venga accordato un diverso trattamento ai creditori con diritto di prelazione, dal momento che questo non discenderebbe dalla tipologia di concordato prescelta, ma dalle diverse modalità tramite cui viene attuata la vendita del bene su cui viene iscritta ipoteca e realizzato il soddisfacimento delle pretese dei creditori.

Proprio con riferimento a questi ultimi, in un concordato liquidatorio l’intero patrimonio del debitore viene messo a disposizione del loro soddisfacimento, così che, all’esito della procedura competitiva di vendita, coloro che siano rimasti insoddisfatti nei propri diritti di prelazione potranno solamente degradare a chirografari.

Quanto appena detto non si verifica in un concordato con continuità aziendale – e quindi nel caso di specie – in cui la vendita dell’immobile ipotecato in esecuzione del piano è fondamentale per l’esercizio dell’attività imprenditoriale e, per questo, non ascrivibile tra gli atti di liquidazione dei beni non funzionali all’esercizio della stessa.

 

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