Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza resa nella causa C-164/24, l’istituto della cancellazione della partita IVA di un soggetto passivo per “inadempimento sistematico” degli obblighi IVA è contrario al diritto dell’Unione, qualora possa essere disposta dall’Amministrazione finanziaria senza previa valutazione concreta della condotta complessiva del contribuente e della gravità delle violazioni.
In tale ipotesi, infatti, viene meno il rispetto del principio di proporzionalità, che deve guidare l’adozione delle misure nazionali attuative della Direttiva 2006/112/CE in materia di imposta sul valore aggiunto.
La Corte di Giustizia ha chiarito che, sebbene gli artt. 213 e 273 della Direttiva IVA consentano agli Stati membri un certo margine nella gestione degli obblighi formali dei soggetti passivi, l’esercizio di tale potere deve essere conforme ai principi generali dell’ordinamento unionale, in particolare proporzionalità, buona amministrazione e certezza del diritto.
È all’interno di tale cornice che si inserisce la controversia principale, relativa alla legittimità della normativa bulgara che consente la cancellazione automatica del numero di identificazione IVA in presenza di reiterati inadempimenti, anche per importi esigui, senza che vi sia un esame “individualizzato” del rischio di evasione fiscale o delle circostanze soggettive del contribuente.
Nel caso in esame, una società di diritto bulgaro attiva nel settore edilizio era stata oggetto di cancellazione dal registro IVA per la mancata tempestiva corresponsione dell’imposta dovuta in cinque distinti periodi d’imposta.
L’amministrazione tributaria nazionale aveva ritenuto integrata un’ipotesi di inadempimento sistematico ai sensi della legge IVA bulgara, a prescindere dalla successiva regolarizzazione di parte dei pagamenti, dall’entità complessiva del debito e dalla pendenza di un contenzioso civile sottostante proprio legato al mancato pagamento dell’IVA da parte della società cliente della contribuente.
La società aveva quindi impugnato la decisione di cancellazione dinanzi al giudice, il quale ha adito la Corte con rinvio pregiudiziale.
La Corte, in risposta al quesito, ha affermato che la cancellazione automatica dal registro IVA, pur astrattamente prevista dall’ordinamento interno come sanzione legittima, è compatibile con il diritto unionale solo se proporzionata e fondata su un’analisi concreta della gravità delle infrazioni e della condotta complessiva del soggetto passivo.
In particolare, il giudice dell’Unione ha evidenziato come la perdita del numero di identificazione IVA, a seguito della cancellazione, possa pregiudicare non solo la posizione del contribuente, ma anche i diritti di detrazione delle sue controparti contrattuali, con effetti di dissuasione generalizzata e rischi di distorsione del mercato.
Per tali ragioni, ha concluso che l’automatismo sanzionatorio previsto dalla normativa bulgara eccede quanto necessario per garantire la riscossione dell’imposta e il contrasto all’evasione.