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Brevi note in materia di prodotti “dual use” per i destinatari degli obblighi AML/CFT

6 Luglio 2023

Giampaolo Estrafallaces, Consigliere senior della Banca d’Italia

Di cosa si parla in questo articolo
AML

[*]SOMMARIO: Il tema del contrasto al traffico illecito di beni a duplice uso, che va inquadrato nel più ampio contesto della lotta al finanziamento dei programmi di sviluppo delle armi di distruzione di massa (CFP), richiede approfondite competenze tecnico-normative. I soggetti chiamati ad applicare la normativa CFP hanno ancora una limitata sensibilità in materia anche a causa di valutazioni nazionali assenti o superficiali. In Italia, il numero estremamente limitato di STRS riguardanti la CFP rispetto all’elevato numero di imprese manifatturiere operanti in settori quali la chimica, la meccanica di precisione e la ricerca tecnologica, che potrebbero essere coinvolte nella movimentazione di prodotti a duplice uso, fa ritenere che il fenomeno possa essere sottovalutato. L’impegno degli operatori potrebbe beneficiare dell’attenzione che l’Unità di informazione per l’Italia ha riservato, nell’ultima versione degli indicatori di anomalia, anche ai beni dual use.

ABSTRACT: The issue of combating the illegal trafficking of dual-use goods, which should be seen in the broader context of counter proliferation financing (CFP), requires in-depth technical and regulatory skills. Natural or legal persons who are obliged to apply the CFP legislation still have limited sensitivity on the matter due to superficial national evaluations. In Italy, the extremely limited number of STRS concerning CFP compared to the high number of manufacturing companies operating in sectors such as chemical industries, precision mechanics and technological research, which could be involved in the handling of dual-use items, suggests that the topic can be underestimated. The commitment of the operators could benefit the attention that the Italy’s Financial Intelligence Unit has reserved, in the latest version of the anomaly indicators, also to dual use goods.


1. Premessa

Fra le novità (poche) introdotte con il Provvedimento del 12 maggio 2023 del Direttore dell’Unità di informazione finanziaria per l’Italia (d’ora innanzi UIF), recante gli Indicatori di anomalia, figurano alcuni specifici riferimenti al tema dei beni dual use o beni a duplice uso.

L’argomento, trattato nella parte conclusiva del Provvedimento (indicatore 34, sub-indici 34.3 e 34.4) si colloca nell’ambito del più ampio contesto delle attività di prevenzione e contrasto del finanziamento dei programmi di proliferazione delle armi di distruzione di massa[1].

La complessità di questa tematica e la conseguente necessità – tanto per il cliente quanto per i soggetti obbligati – di disporre di approfondite competenze tecniche e normative, rende plausibile, nel caso di operazioni o prestazioni professionali connesse in qualsiasi modo ai beni dual use, un incremento significativo del livello di rischio tanto nell’accezione di rischio derivante dalla violazione di previsioni di legge e regolamentari, quanto in termini di possibili coinvolgimenti in episodi di finanziamento dei programmi di sviluppo delle armi di distruzione di massa.

Quanto alle ragioni che hanno motivato i diversi interventi normativi succedutisi in argomento, va rammentato che il timore, seguito agli attentati consumati l’11 settembre del 2001, riguardo alla possibilità che gruppi o singoli perpetrassero ulteriori azioni terroristiche con finalità distruttive o semplicemente dimostrative su larga scala attraverso l’utilizzo di materiali chimici, biologici, radiologici o nucleari, spinse l’Unione Europea a dotarsi di una strategia di prevenzione e contrasto nei confronti di possibili eventi della specie.

Nel corso del Consiglio Europeo tenuto a Salonicco il 19 e 20 giugno 2003 fu adottata una “Dichiarazione”[2]che individuava fra i pilastri della futura strategia il rafforzamento nell’ambito dell’Unione europea delle politiche e delle prassi utilizzate per il controllo delle esportazioni, nonché la promozione della sicurezza di materiali, attrezzature e conoscenze specialistiche rispetto al rischio di accessi non autorizzati ai medesimi o al rischio di diversione, cioè di un loro utilizzo con modalità tali da rappresentare una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale.

La strategia dell’Unione fu declinata nella nota 15708 del 10 dicembre 2003[3] che evidenziava come la crescente diffusione della proliferazione delle armi di distruzione di massa avrebbe inevitabilmente elevato le probabilità di un loro effettivo utilizzo da parte degli Stati e il rischio che tali armi potessero essere acquisite da parte di gruppi terroristici per la conduzione di azioni volte a causare morti e distruzioni su vasta scala.

Pertanto, il documento dell’Unione rimarcava la necessità di “promuovere nei regimi controlli rafforzati delle esportazioni per quanto riguarda i trasferimenti intangibili di tecnologia a duplice uso, nonché misure efficaci in materia di intermediazione e trasbordo”.

Nella medesima direzione si mosse anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite con la Risoluzione 1540 del 28 aprile 2004 con la quale veniva manifestata la preoccupazione che attori non statali potessero acquisire, sviluppare, trafficare o utilizzare armi nucleari, chimiche e biologiche e i relativi vettori stabilendo, pertanto, che tutti gli Stati membri avrebbero dovuto introdurre nelle loro normative nazionali disposizioni dirette a vietare a qualsiasi attore non statale la fabbricazione, l’acquisizione, il possesso, lo sviluppo, il trasporto, il trasferimento o l’utilizzo di tale tipo di armi, nonché le eventuali attività di assistenza e finanziamento a queste connesse.

La Risoluzione 1540, pur senza utilizzare l’espressione “dual use”, colpiva nel segno sottolineando che la prevenzione della proliferazione di armi nucleari, chimiche e biologiche non avrebbe dovuto ostacolare la cooperazione internazionale in materia di materiali, attrezzature e tecnologia per scopi pacifici ma, nel contempo, non si potevano consentire scambi di materiali e beni per la realizzazione delle armi menzionate dissimulando falsi pacifici utilizzi[4].

La Risoluzione, infine, nel prevedere la necessità che gli Stati membri introducessero efficaci controlli interni per prevenire la proliferazione di armi nucleari, chimiche o biologiche e dei loro vettori, sottolineava che tali controlli avrebbero dovuto riguardare anche i relativi materiali[5].

2. Il concetto di “prodotto dual use” e le basi normative unionali

Nell’ambito dell’Unione europea l’attuale quadro normativo in materia di beni dual use poggia su un regolamento e due raccomandazioni.

Si tratta, in particolare, del Regolamento 2021/821 del Parlamento e del Consiglio e delle Raccomandazioni della Commissione 2019/1318 e 2021/1700.

I tre atti sono stati preceduti da due regolamenti ora abrogati: il Regolamento 3381/1994 e il Regolamento 428/2009, entrambi finalizzati all’introduzione di un regime comunitario per il controllo delle esportazioni di beni a duplice uso.

Nel primo dei citati regolamenti i beni a duplice uso erano definiti come “beni che possono avere un utilizzo sia civile che militare”.

Il Regolamento 428/2009 ne ha ampliato la portata includendovi anche i software[6].

2.1 Il Regolamento (UE) 2021/821 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2021

Il Regolamento 821 (direttamente applicabile in tutta l’Unione) – avendo abrogato il precedente Regolamento (CE) 428 del 5 maggio 2009 – costituisce l’ossatura essenziale della normativa in materia[7].

Rispetto alle definizioni precedenti, il Regolamento 821 formula una nozione più ampia di prodotto dual use stabilendo all’articolo 2 che per prodotti a duplice uso si devono intendere “…i prodotti, inclusi il software e le tecnologie, che possono avere un utilizzo sia civile sia militare e comprendono i prodotti che possono essere impiegati per la progettazione, lo sviluppo, la produzione o l’uso di armi nucleari, chimiche o biologiche o dei loro vettori, compresi tutti i prodotti che possono avere sia un utilizzo non esplosivo sia un qualsiasi impiego nella fabbricazione di armi nucleari o di altri ordigni esplosivi nucleari”.

Questa nozione, necessariamente generica, viene successivamente dettagliata mediante l’utilizzo di elenchi.

In particolare, l’articolo 3 del Regolamento 821 stabilisce che è subordinata ad autorizzazione l’esportazione di prodotti a duplice uso compresi negli elenchi di cui all’allegato I[8]. Tale allegato suddivide i prodotti in 10 categorie:

  • 0 – Materiali nucleari, impianti e apparecchiature
  • 1 – Materiali speciali e relative apparecchiature
  • 2 – Trattamento e lavorazione dei materiali
  • 3 – Materiali elettronici
  • 4 – Calcolatori
  • 5 – Telecomunicazioni e sicurezza dell’informazione
  • 6 – Sensori e laser
  • 7 – Materiale avionico e di navigazione
  • 8 – Materiale navale
  • 9 – Materiale aerospaziale e propulsione

Tuttavia, l’allegato I non esaurisce la categoria dei beni dual use, ma indica quelli per i quali è sicuramente previsto l’obbligo autorizzativo, tant’è che il citato articolo 3, al comma 2, sottopone a procedura autorizzativa anche i beni dual use non compresi nell’allegato qualora si realizzino alcune condizioni previste dal Regolamento.

A titolo di esempio, l’esportazione di prodotti a duplice uso non compresi negli elenchi di cui all’allegato I è, comunque, subordinata ad autorizzazione nel caso in cui l’esportatore sia stato informato dall’autorità competente che detti prodotti sono o possono essere destinati, in tutto o in parte “ad un uso collegato allo sviluppo, alla produzione, alla movimentazione, al funzionamento, alla manutenzione, alla conservazione, all’individuazione, all’identificazione o alla disseminazione di armi chimiche, biologiche o nucleari o di altri congegni esplosivi nucleari oppure allo sviluppo, alla produzione, alla manutenzione o alla conservazione di missili che possano essere utilizzati come vettori di tali armi”[9].

In questi casi l’esportatore dovrà informare l’autorità competente che deciderà se sottoporre anche tale esportazione a procedimento autorizzativo chiedendo, a tal fine, ulteriori informazioni e documenti.

Inoltre, ai fini della nozione di bene (o prodotto) dual use rileva non solo la possibilità di un impiego militare del prodotto ma anche, con specifico riferimento ai prodotti di sorveglianza informatica, il rischio che siano utilizzati per la repressione interna o per commettere gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.

Infatti, ai sensi dell’articolo 5 del Regolamento 2021/821 “L’esportazione di prodotti di sorveglianza informatica non compresi negli elenchi di cui all’allegato I è subordinata ad autorizzazione nel caso in cui l’esportatore sia stato informato dall’autorità competente che detti prodotti sono o possono essere destinati, in tutto o in parte…” al perseguimento di finalità repressive.

Infine, va tenuta presente la regola generale sancita dall’articolo 9 del Regolamento 821 che attribuisce a ciascuno Stato membro il potere di vietare l’esportazione di prodotti a duplice uso non compresi negli elenchi di cui all’allegato I (o imporre per gli stessi un obbligo di autorizzazione) per motivi di pubblica sicurezza, inclusa la prevenzione di atti di terrorismo, o di rispetto dei diritti umani.

2.2 La Raccomandazione (UE) 2019/1318 della Commissione del 30 luglio 2019 sui programmi interni di conformità relativi ai controlli del commercio dei prodotti a duplice uso

La Raccomandazione 1318 del 30 luglio 2019, che a differenza del regolamento non ha valore vincolante ma quello di mera raccolta di best practices[10], fornisce una serie di orientamenti per favorire il rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari, nazionali e dell’Unione, in materia di controlli sul commercio dei prodotti a duplice uso e per supportare scelte aziendali che concorrano ad attenuare i rischi legati a tali prodotti.

Dopo aver rimarcato il ruolo indefettibile delle imprese ai fini dell’efficacia dei controlli, la Raccomandazione prevede che le stesse imprese esportatrici di prodotti dual use fuori dal territorio doganale dell’Unione si dotino e diano attuazione a politiche e procedure interne meglio note come programmi interni di conformità (PIC) la cui finalità è la gestione efficace degli adempimenti normativi dettati in materia[11].

Il programma interno di conformità o Internal Compliance Programme dovrà tenere conto delle specifiche caratteristiche dell’impresa che lo adotta:  a tal fine la Raccomandazione prevede che i fattori che dovrebbero influenzarne il contenuto siano rappresentati dalle dimensioni, dalla struttura e dall’ambito delle attività commerciali dell’impresa, dalla natura strategica dei suoi prodotti, dai possibili usi o utilizzatori finali, dalle componenti geografiche connesse ai propri clienti e dalla complessità delle procedure interne di esportazione.

In ogni caso, il programma interno di conformità non dovrebbe prescindere dall’approfondimento di sette elementi indicati dalla Raccomandazione come “essenziali ai fini dell’efficacia” del programma stesso.

Essi sono: 1. l’impegno dell’alta dirigenza a garantire la conformità; 2. la struttura organizzativa, responsabilità e risorse al fine di prevenire carenze nell’azione di supervisione e la indefinitezza dei ruoli; 3. la formazione e sensibilizzazione[12]; 4. i processi e le procedure di verifica delle transazioni; 5. la valutazione delle prestazioni, audit, segnalazioni e azioni correttive; 6. la tenuta dei registri e della documentazione; 7. la sicurezza fisica e delle informazioni.

Infine, la Raccomandazione descrive una serie di circostanze da considerare come red flag che dovrebbero indurre l’impresa a condividere i propri sospetti con l’autorità competente[13].

Si riportano di seguito alcuni degli indicatori fra quelli dedicati alle imprese che intendono esportare prodotti dual use: si tratta di quelli di più facile comprensione anche ai fini dell’applicazione delle norme di contrasto al finanziamento dei programmi di proliferazione delle armi di distruzione di massa da parte dei soggetti obbligati ai sensi dell’articolo 3 del d.lgs 231/2007:

  • l’utilizzatore finale dichiarato è una società commerciale o un distributore oppure ha sede in una zona di libero scambio (circostanza indicativa di mancanza di consapevolezza in ordine alla destinazione finale del prodotto);
  • l’utilizzatore finale ha legami con il settore militare o della difesa oppure con un istituto di ricerca governativo e l’uso finale dichiarato è civile;
  • i dati di contatto presenti nelle richieste di informazioni (per esempio numeri di telefono e indirizzi fisici e di posta elettronica) si riferiscono a paesi diversi da quelli dell’impresa indicata o lo diventano nel corso del tempo;
  • termini di pagamento insolitamente favorevoli, quale il pagamento di un prezzo irragionevolmente elevato, il pagamento anticipato dell’importo totale o la volontà di effettuare un immediato pagamento in contanti;
  • il pagamento è effettuato da soggetti diversi dal cliente o dagli intermediari dichiarati e segue un percorso diverso da quello dei prodotti.

La Raccomandazione sottolinea, tra l’altro, l’utilità degli orientamenti anche per le autorità degli Stati membri ai fini della loro attività di valutazione dei rischi e nell’esercizio della loro responsabilità decisionale in merito al rilascio delle autorizzazioni all’esportazione.

2.3 La Raccomandazione (UE) 2021/1700 della Commissione del 15 settembre 2021 sui programmi interni di conformità relativi ai controlli della ricerca riguardante prodotti a duplice uso ai sensi del Regolamento (UE) 2021/821

All’assetto normativo dell’Unione in materia di beni a uso duplice concorre la Raccomandazione 1700 del 15 settembre 2021 contenente orientamenti specificamente elaborati “…al fine di aiutare gli organismi di ricerca e i relativi ricercatori, responsabili della ricerca e personale addetto alla conformità a individuare, gestire e attenuare i rischi associati al controllo delle esportazioni dei prodotti a duplice uso, e a facilitare il rispetto delle pertinenti disposizioni legislative dell’UE e nazionali”[14].

La Raccomandazione precisa che per organismi di ricerca si intendono le entità che “svolgono attività di ricerca nel settore accademico o della ricerca, indipendentemente dal loro status giuridico (costituite secondo il diritto pubblico o privato) o dalla fonte di finanziamento, la cui finalità principale consiste nello svolgere in modo indipendente attività di ricerca di base, di ricerca industriale o di sviluppo sperimentale o nel diffonderne i risultati mediante l’insegnamento, la pubblicazione o il trasferimento di conoscenze. Tale termine include università, collegi universitari, accademie delle scienze, centri di ricerca applicata e laboratori”.

Il contenuto della Raccomandazione 1700 si fonda sulla considerazione che il settore europeo della ricerca e dell’innovazione si è dimostrato attrattivo per investimenti sia pubblici che privati, anche dall’estero e, pertanto, sussiste il rischio concreto che tra le molte richieste di collaborazione rivolte a questo comparto si possano celare offerte finalizzate all’accesso ai risultati di ricerche su prodotti a duplice uso per scopi diversi da quelli all’apparenza pacifici che sono stati dichiarati.

Ciò potrebbe indurre i ricercatori e gli organismi di ricerca a violare inconsapevolmente le norme in materia di esportazione di tecnologia correlata alla proliferazione delle armi di distruzione di massa.

E dunque, la Raccomandazione 1700 rammenta che gli organismi di ricerca sono vincolati al rispetto delle stesse disposizioni dettate per l’industria manifatturiera e, quindi, prima di esportare beni o trasferire informazioni hanno il dovere di verificare se le loro azioni richiedano l’approvazione preventiva da parte delle autorità competenti, precisando, inoltre, che lo scopo di tali controlli non è quello di sottoporre a censura i risultati della ricerca scientifica, ma di prevenire abusi in materia di sicurezza che potrebbero verificarsi con il trasferimento all’estero di beni o conoscenze sensibili[15].

Come è avvenuto per la Raccomandazione 2019/1318, anche in questo caso vengono proposti dei red flag ricorrendo i quali sarebbe opportuno che il soggetto cui è stata commissionata la ricerca effettui approfondimenti per verificare la sussistenza dell’obbligo di ottenere l’autorizzazione, condividendo eventuali dubbi e preoccupazioni con l’autorità competente.

Si riportano di seguito alcuni dei predetti alert eventualmente utili anche ai soggetti obbligati ex articolo 3 d.lgs 231/2007 ai fini della individuazione di flussi finanziari, operazioni o prestazioni sospette:

  • la ricerca riguarda processi innovativi o alternativi per lo sviluppo, la produzione o l’utilizzazione di prodotti a duplice uso compresi negli elenchi;
  • il partner/l’utilizzatore finale ha legami con il settore militare o della difesa oppure con un istituto di ricerca governativo di un paese soggetto a embargo sugli armamenti mentre l’uso finale dichiarato è civile;
  • il partner/l’utilizzatore finale ha legami con un organismo impegnato nella ricerca militare, nelle ADM (armi di distruzione di massa) o nella sicurezza informatica;
  • i dati di contatto presenti nelle richieste di informazioni (per esempio numeri di telefono e indirizzi fisici e di posta elettronica) si riferiscono a paesi diversi da quelli di appartenenza dichiarata dal partner o lo diventano nel corso del tempo;
  • la denominazione ufficiale del partner è in una lingua o presenta un riferimento insoliti per il paese di stabilimento o di residenza;
  • il finanziamento è offerto da un ente atipico per i normali partner di ricerca;
  • il finanziatore comunica solo tramite un indirizzo e-mail non attribuibile a un organismo di ricerca, a un ente pubblico o a un’impresa;
  • i termini di pagamento sono insolitamente favorevoli, quali il pagamento di un prezzo irragionevolmente elevato o il pagamento anticipato dell’importo totale;
  • il pagamento è effettuato da soggetti diversi dal cliente o dagli intermediari dichiarati e segue un percorso diverso da quello dei prodotti.

3. Le attività sottoposte ad autorizzazione

In linea di principio sono sottoposte ad autorizzazione preventiva, se hanno per oggetto prodotti dual use listati, le attività di:

  1. esportazione; per esportazione si intende l’invio di prodotti dual use fuori dal territorio doganale dell’Unione[16];
  2. intermediazione; per intermediazione si intende l’attività di “negoziazione o di organizzazione di operazioni dirette all’acquisto, alla vendita o alla fornitura di prodotti a duplice uso da un paese terzo a qualunque altro paese terzo; o della vendita o acquisto di prodotti a duplice uso ubicati in paesi terzi per il loro trasferimento verso un altro paese terzo”[17]. Non rientra nella definizione di intermediario ai fini dell’applicazione della normativa in materia di prodotti dual use il soggetto che si occupa della sola fornitura di servizi ausiliari, intendendosi per tali il trasporto, i servizi finanziari, l’assicurazione o la riassicurazione, o la pubblicità o la promozione;
  3. fornitura di assistenza tecnica; in questo ambito per assistenza tecnica si intende qualsiasi supporto tecnico di riparazione, perfezionamento, fabbricazione, assemblaggio, prova, manutenzione o altro servizio tecnico; questo tipo di assistenza può assumere la forma, tra l’altro, di istruzione, pareri, formazione, trasmissione dell’apprendimento del funzionamento o delle competenze o servizi di consulenza, anche mediante mezzi elettronici nonché per telefono o qualsiasi altra forma orale di assistenza. Pertanto, rientra nella nozione di fornitore di assistenza tecnica qualsiasi soggetto residente o stabilito in uno Stato membro che fornisca assistenza tecnica
    • nel territorio di un paese terzo o
    • a un residente di un paese terzo temporaneamente presente nel territorio doganale dell’Unione.

* * *

Inoltre, il Regolamento sottopone a iter autorizzativo, ma solo al ricorrere di determinate condizioni, anche il trasferimento e il transito di prodotti a duplice uso.

Il primo si realizza nel caso di movimentazione di un prodotto dual use da un paese dell’Ue ad un altro paese membro ed è tendenzialmente libero, salva l’ipotesi in cui abbia ad oggetto prodotti specificamente indicati nell’allegato IV del Regolamento.

Oltre a questa ipotesi, l’articolo 11 del Regolamento 821 prevede una serie di casi ricorrendo i quali è stabilito che lo Stato membro dal quale ha inizio il trasferimento abbia il potere di sottoporre anche la movimentazione intracomunitaria ad autorizzazione: un caso espressamente previsto si realizza quando all’autorità dello Stato membro consti che la destinazione finale del prodotto in questione si trova al di fuori del territorio doganale dell’Unione[18].

Per “transito” si intende, invece, il trasporto di prodotti a duplice uso non unionali che entrano nel territorio doganale dell’Unione e lo attraversano con una destinazione esterna.

Il transito di prodotti a duplice uso compresi negli elenchi di cui all’allegato I è tendenzialmente libero ma può essere vietato dall’autorità competente dello Stato membro nel caso in cui il transito abbia ad oggetto beni che siano o possano essere destinati, in tutto o in parte

  • ad un uso collegato allo sviluppo, alla produzione, alla movimentazione, al funzionamento, alla manutenzione, alla conservazione, all’individuazione, all’identificazione o alla disseminazione di armi chimiche, biologiche o nucleari o
  • a scopi militari se il paese acquirente o il paese di destinazione è soggetto a un embargo sugli armamenti o
  • ad essere utilizzati come parti o componenti di prodotti militari.

4. La normativa nazionale

La normativa nazionale in materia di beni dual use si può si può distinguere in due tipologie a seconda dell’obiettivo primario perseguito:

  • norme funzionali all’applicazione della disciplina comunitaria propria del settore dual use;
  • norme di prevenzione e contrasto in tema di AML/CFT relative a rapporti continuativi, operazioni occasionali o prestazioni professionali aventi ad oggetto beni o tecnologie dual use.

4.1  Norme funzionali all’applicazione della disciplina comunitaria propria del settore dual use

Sebbene il Regolamento 2021/821 sia direttamente applicabile in tutto il territorio dell’UE è previsto[19] che ciascuno Stato membro adotti disposizioni volte a sostenere l’applicazione efficace dei relativi controlli.

Inoltre, ogni Stato membro, in conformità con la strategia dell’Unione sulle armi di distruzione di massa, deve prevedere sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni del Regolamento.

Già durante il periodo di vigenza del Regolamento 2009/428 è stata attribuita al Governo la delega per adeguare la normativa nazionale alle disposizioni dell’Unione europea e agli accordi internazionali in materia di prodotti e di tecnologie a duplice uso, di sanzioni in materia di embarghi commerciali, di commercio di strumenti di tortura, nonché per ogni tipologia di operazione di esportazione di “materiali proliferanti”[20].

Pertanto, con il d.lgs 15 dicembre 2017 n. 221[21] sono state dettate le norme nazionali da applicare non solo alle esportazioni di beni dual use ma anche alle attività di commercio di beni che, ai sensi della regolamentazione unionale, potrebbero essere utilizzati per l’applicazione della pena di morte, la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumane o degradanti[22].

Il d.lgs 221 del 2017 –  oltre a sottolineare il potere di controllo dello Stato nel caso di operazioni sottoposte ad autorizzazione o a divieto dalla normativa unionale in materia di prodotti dual use e in tema di contrasto alla tortura – individua l’ ”Autorità nazionale competente” nel Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale[23]che, ai sensi dell’articolo 4 del d.lgs 221, ha il potere di rilasciare le autorizzazioni previste per i prodotti a duplice uso listati dall’UE e eventualmente per quelli non listati, nonché per il commercio di beni sottoposti a regolamentazione “anti-tortura”.

Nell’ambito del Ministero è stata istituita, a tal fine, l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (UAMA)[24].

Il d.lgs 221/2017 prevede che il procedimento volto all’ottenimento dell’autorizzazione in tema di prodotti dual use debba concludersi sempre mediante un provvedimento espresso adottato nel termine massimo di centottanta giorni dal ricevimento dell’istanza.

Oltre all’autorizzazione, il d.lgs 221 del 2017 prevede che l’UAMA possa rilasciare all’impresa

che ne faccia domanda una specifica dichiarazione, denominata “Licenza Zero”, attestante l’eventuale non soggezione ad autorizzazione di una determinata merce.

Inoltre, il d.lgs 221 definisce il complesso sanzionatorio, prevedendo all’articolo 18 due fattispecie di reato. Infatti, nell’ipotesi di attività, aventi ad oggetto beni dual use (listati o meno), il cui svolgimento è sottoposto a regime autorizzativo:

  1. qualora tali attività siano poste in essere senza la relativa autorizzazione o quest’ultima sia stata ottenuta fornendo dichiarazioni o documentazione false, è prevista la reclusione fino a sei anni e la multa da 25.000 a 250.000 euro;
  2. nel caso le attività siano svolte dopo aver ottenuto l’autorizzazione, ma violando gli obblighi prescritti dall’autorizzazione stessa, è prevista la reclusione fino a quattro anni e l’ammenda da 15.000 a 150.000 euro.

La norma prevede, inoltre, la confisca obbligatoria delle cose che sono servite o destinate a commettere i reati menzionati[25].

Si tenga presente, tra l’altro, l’attualità delle disposizioni sanzionatorie disposte con il d.lgs 221 del 2017 stante il divieto sancito dal Regolamento 833 del 31 luglio 2014 “concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina”.

Quest’ultimo, all’articolo 2, stabilisce il divieto assoluto[26] di vendere, fornire, trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, beni e tecnologie a duplice uso, anche non originari dell’Unione, a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Russia o per un uso in Russia.

Inoltre, il successivo articolo 3 del Regolamento 833 del 2014 fa riferimento ad un elenco di prodotti non dual use descritti nell’allegato II ai quali si applica, comunque, il divieto assoluto di vendita a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Russia o per un uso in Russia.

Anche in questi casi il d.lgs 221 del 2017 presidia il divieto con una specifica disposizione sanzionatoria: l’articolo 19 punisce, infatti, con la reclusione fino a sei anni, chiunque effettua, in violazione dei divieti contenuti nei regolamenti (UE) concernenti misure restrittive, operazioni aventi ad oggetto prodotti listati. Anche in questo caso è prevista la confisca obbligatoria dei beni pertinenti ai reati.

Tuttavia, il mancato inserimento delle fattispecie di cui agli articoli 18 e 19 d.lgs 221/2017 nel catalogo dei reati presupposto previsti dal d.lgs 231/2001 in materia di responsabilità amministrativa degli enti potrebbe depotenziare l’effetto di deterrenza dell’apparato sanzionatorio.

4.2 Norme di prevenzione e contrasto in tema di AML/CFT relative a rapporti continuativi, operazioni o prestazioni professionali aventi ad oggetto beni o tecnologie dual use

Con riferimento alle attività aventi ad oggetto beni a duplice uso, le principali fonti normative da prendere in considerazione  ai fini dell’azione di contrasto dei paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale sono il d.lgs 22 giugno 2007 n. 109 relativo alle “Misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale…” e il d.lgs 21 novembre 2007 n. 231 concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.

La definizione di prodotto a duplice uso contenuta nell’articolo 2 del Regolamento 821 del 2021, evocando il potenziale utilizzo di tale tipo di prodotto nelle attività di progettazione, sviluppo, produzione o uso di armi nucleari, chimiche o biologiche (o dei loro vettori) richiama implicitamente il concetto stesso di proliferazione delle armi di distruzione di massa del cui contrasto, dal punto di vista finanziario, si occupa anche il predetto d.lgs 109 del 2007.

Quest’ultimo definisce il “finanziamento alla proliferazione” come “la fornitura o la raccolta di fondi e risorse economiche, in qualunque modo realizzata e strumentale, direttamente o indirettamente, a sostenere o favorire tutte quelle attività legate all’ideazione o alla realizzazione di programmi volti a sviluppare strumenti bellici di natura nucleare o chimica o batteriologica”[27], assegnando su tale materia alla UIF le stesse competenze previste in tema di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio[28].

Fra queste rientra il compito di ricevere, analizzare e disseminare le segnalazioni di operazioni sospette e quello di mettere a disposizione dei soggetti obbligati indicatori di anomalia idonei ad agevolare l’individuazione delle operazioni da segnalare in quanto sospette.

In relazione a quest’ultimo aspetto, come ricordato in premessa, il 12 maggio 2023 il Direttore della UIF ha sottoscritto il Provvedimento (applicabile dal 1° gennaio 2024) recante “Indicatori di anomalia dell’Unità di informazione finanziaria per l’Italia (UIF)”[29] nell’ambito del quale (cfr. sub indici 34.3 e 34.4), per la prima volta nella storia di questo strumento, si utilizza l’espressione “dual use”[30].

In generale, secondo le indicazioni desumibili dalla lettura dell’indicatore numero 34[31], il giudizio di anomalia con riferimento a un’operazione – e quindi l’obbligo, di condurre approfondimenti che potrebbero contribuire a far emergere una serie di indizi in merito alla probabile[32] sussistenza di operazioni dirette a finanziare i programmi di proliferazione – dovrebbe fondarsi su due fattori, uno di tipo soggettivo, cioè il “profilo dei soggetti” (cliente, titolare effettivo, esecutore) e l’altro di tipo oggettivo rappresentato dalle “caratteristiche” dell’operatività.

A ben vedere la formula utilizzata nell’indicatore 34 non è dissimile dal dettato dell’articolo 35 del d.lgs 231/2007, laddove è stabilito che il sospetto scaturisce dall’esame di elementi oggettivi propri dell’operazione (ad esempio, il mezzo di pagamento utilizzato, l’importo, la modalità di svolgimento, la valuta impiegata, la dislocazione territoriale delle controparti) e di elementi soggettivi (capacità economica e attività svolta).

Ma rispetto alla portata necessariamente generale dell’articolo 35 d.lgs 231/2007, l’indicatore ne moltiplica l’efficacia mediante il riferimento al “fattore geografico” rappresentato dal richiamo a “collegamenti geografici con paesi considerati a rischio in quanto coinvolti in programmi di proliferazione non autorizzati” (sebbene apparentemente attenuato dall’espressione “anche sulla base di”).

In concreto, i soggetti obbligati dovrebbero essere costantemente in grado di raccogliere in una lista i paesi notoriamente o normativamente classificati come affetti da rischio significativo con specifico riferimento ai programmi di proliferazione non autorizzati e creare, conseguentemente, un sistema di matching fra questa lista e gli elementi soggettivi del cliente, del titolare effettivo o dell’esecutore[33] (ad esempio, luogo di nascita, residenza o domicilio, rapporti di coniugio, parentela o affinità) e con quelli oggettivi (titolarità di imprese o di partecipazioni rilevanti in società con sede nei paesi a rischio, effettuazione o ricezione di bonifici da/verso quei paesi, proprietà di immobili ivi collocati, titolarità di rapporti di conto incardinati nei paesi menzionati) sempre con riferimento al cliente, al titolare effettivo o all’esecutore.

In relazione allo svolgimento di attività non autorizzate nella programmazione dello sviluppo di armi di distruzione di massa il GAFI ha stigmatizzato il comportamento di una specifica giurisdizione, la Repubblica Popolare Democratica della Corea[34].

L’Unione europea, invece, ha adottato misure restrittive non solo nei confronti della già citata Repubblica Popolare Democratica della Corea ma anche della Repubblica Islamica dell’Iran (Restrictive measures in relation to the non-proliferation of weapons of mass destruction – WMD)[35].

Ma, in una prospettiva di maggiore avversione al rischio, a queste due giurisdizioni dovrebbero affiancarsene altre caratterizzate da riconosciute carenze nel presidio del rischio di finanziamento alla proliferazione: a tal fine sarebbe opportuno ricorrere a fonti robuste come i giudizi periodicamente pubblicati dal GAFI a valle dell’attività di assessment o i provvedimenti recanti misure restrittive adottate dall’UE.

Per quanto riguarda i primi, il GAFI pubblica periodicamente i suoi giudizi nel proprio sito internet, nella sezione Consolidated assessment ratings: in questo ambito si dovrebbe attribuire importanza al rating assegnato all’immediate outcome 11 e alla recommendation 7.

Il giudizio attribuito al primo dei parametri citati (outcome 11), misura l’efficacia delle attività del paese oggetto di assessment nell’azione diretta ad impedire – coerentemente alle risoluzioni adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – che soggetti coinvolti nella proliferazione delle armi di distruzione di massa possano raccogliere, trasferire e utilizzare fondi[36].

Il rating attribuito al secondo parametro (recommendation 7) sintetizza il grado di compliance dell’ordinamento del paese preso in esame rispetto alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in merito alla prevenzione e repressione della proliferazione delle armi di distruzione di massa e al suo finanziamento.

Tutto ciò premesso, ai beni dual use fanno riferimento i sub-indici 34.3[37] e 34.4[38] chiamati a svolgere la funzione di esemplificazioni cioè di esempi di possibili applicazioni concrete di quanto descritto nell’indicatore.

In entrambi i casi i beni dual use sono indicati come “beni suscettibili di utilizzo per la produzione di armi di distruzione di massa”[39] oggetto di una transazione definita come “apparentemente commerciale”.

Nel primo caso (sub-indice 34.3) l’attenzione del soggetto obbligato viene indirizzata verso l’eventuale carenza documentale che caratterizza la transazione o il rapporto continuativo o sull’incongruenza fra i dati documentati e quelli concretamente rilevati in ordine ai soggetti coinvolti (ad esempio, provenienza dei pagamenti da soggetti non risultanti dalla predetta documentazione), ai prezzi (ad esempio, incoerenza del prezzo rispetto a quello di mercato), etc., riecheggiando alcuni degli indicatori formulati nelle Raccomandazioni 2019/1318 e 2021/1700.

Nel secondo caso (sub-indice 34.4) riacquista rilievo il “fattore geografico”.

Il sub-indice 34.4 considera ai fini della qualificazione dell’operatività avente ad oggetto prodotti dual use come “anomala” la circostanza che la essa sia caratterizzata da “triangolazioni finanziarie” espressione verosimilmente utilizzata per indicare quelle transazioni in cui i beni sono oggetto di due trasferimenti giuridici in quanto il prodotto dual use viene consegnato dal fornitore non all’effettivo destinatario finale ma ad un secondo cessionario che a sua volta lo trasferisce fisicamente al vero destinatario o, fattispecie ancor più anomala, il fornitore che riceve il prezzo dalla controparte contrattuale, su richiesta di quest’ultima, consegna direttamente il prodotto dual use a un terzo (destinatario finale).

L’anomalia di questa struttura transazionale viene rafforzata laddove non solo abbia ad oggetto prodotti dual use ma abbia anche luogo con l’intervento/partecipazione (alternativamente o congiuntamente) di:

  1. persone fisiche o non persone fisiche insediate in aree contigue a quelle di paesi considerati a rischio in quanto coinvolti in programmi di proliferazione non autorizzati;
  2. entità con assetti proprietari, manageriali e di controllo artificiosamente complessi ovvero opachi, specie se aventi sede in paesi o aree geografiche a rischio elevato o non cooperativi o a fiscalità privilegiata.

Nella seconda parte del sub-indice 34.4 (precedente lettera b) si mescolano, dunque, due aspetti: il primo è rappresentato dalla struttura morfologica del soggetto acquirente che è caratterizzato da un assetto definito “artificiosamente complesso ovvero opaco”[40].

Il secondo è un elemento rafforzativo[41] del primo, cioè la “sede” del soggetto coinvolto, che renderebbe ancor più fondato il giudizio di anomalia e, quindi, ancor più urgente l’esigenza di condurre l’approfondimento.

Infatti, secondo il sub-indice 34.4 la localizzazione della sede dovrebbe assumere particolare rilievo se posta in

  • paesi[42] o aree geografiche a rischio elevato;
  • paesi non cooperativi[43];
  • paesi a fiscalità privilegiata[44].

Se è condivisibile il rilievo attribuito ai primi due punti in quanto è empiricamente intuibile che l’operatività illecita avente ad oggetto prodotti dual use possa giovarsi di giurisdizioni poco strutturate o poco sensibili sotto l’aspetto del contrasto al finanziamento dei programmi di proliferazione o di giurisdizioni reticenti a cooperare attraverso lo scambio di informazioni, meno attinente e, forse, fuorviante, è il riferimento ai “paesi a fiscalità privilegiata” in quanto l’intento criminale prevalente in questi specifici casi non è quello di pervenire ad un arricchimento attraverso un illegittimo risparmio fiscale ma l’acquisizione di materiali il cui commercio è vietato (almeno per certe finalità) e, dunque, un interesse a non rendere noti i canali di approvvigionamento.

* * *

A margine, qualche breve riferimento – in quanto argomento sostanzialmente contiguo a quelli finora trattati – alle ipotesi previste dalla legge 9 dicembre 2021, n. 220.

Quest’ultima, in vigore dal 23 dicembre 2021, all’articolo 1 ha vietato agli “intermediari abilitati”[45] di finanziare società, aventi sede in Italia o all’estero, che, direttamente o tramite società controllate o collegate, svolgono attività con riferimento a mine anti-persona, munizioni e submunizioni cluster o di parti di esse[46].

L’articolo 3, c.2, della legge ha attribuito alla UIF, in relazione al possibile realizzarsi di transazioni illecite, il compito di effettuare i controlli sui flussi finanziari da e verso le imprese e le società che dovessero svolgere attività connesse a tale tipo di ordigni.

Conseguentemente, la UIF, con un comunicato del 3 febbraio 2022, ha reso noto ai soggetti sottoposti agli obblighi AML/CFT di aver modificato, nella procedura informatica utilizzata ai fini segnaletici, l’intestazione della categoria segnaletica “proliferazione armi di distruzione di massa” mutandone la denominazione in “Proliferazione armi di distruzione di massa, mine anti-persona, munizioni e submunizioni a grappolo” che dovrà essere utilizzata per la segnalazione delle operazioni sospette riconducibili alle fattispecie di cui all’articolo 1, comma 1, della legge n. 220 del 2021.

Inoltre, la legge n. 220 del 2021 ha attribuito agli organismi di vigilanza (fra i quali la Banca d’Italia) il compito di emanare apposite istruzioni per l’esercizio di controlli rafforzati sull’operato degli intermediari abilitati onde contrastare eventuali operazioni vietate.

Pertanto, il 28 aprile 2023 gli organismi di vigilanza hanno posto in consultazione la bozza del provvedimento recante le predette istruzioni, le quali prescrivono che gli intermediari si dotino di “presidi procedurali, opportunamente formalizzati nella regolamentazione interna volti ad assicurare il rispetto del divieto di finanziamento”.

Secondo i dettami della bozza i presidi devono includere almeno due misure di prevenzione.

In primo luogo, la regolamentazione interna deve prevedere l’obbligo di consultare “elenchi pubblicamente disponibili di società che producono mine anti-persona e munizioni e submunizioni a grappolo” prima di “effettuare”[47] il finanziamento.

A tal fine, l’articolo 3 della legge in esame aveva previsto che entro il 31 dicembre 2022 gli organismi di vigilanza, ivi inclusa la Banca d’Italia, avrebbero dovuto provvedere alla pubblicazione di questa lista nera e a individuare l’ufficio responsabile dei successivi aggiornamenti che avrebbero dovuto avvenire con cadenza annuale.

Tuttavia, l’articolo 33 del Decreto legge n. 73 del 22 giugno 2022[48] ha abrogato la norma che prevedeva la redazione della lista nera da parte degli organismi di vigilanza e, pertanto, gli intermediari non sono nelle condizioni di individuare tra i loro clienti le aziende produttrici di mine anti persona, munizioni e sub munizioni a grappolo e dovranno servirsi di elenchi forniti da data provider privati, soluzione consigliata dal documento posto in consultazione.

La seconda delle due misure minimali previste dalla bozza è rappresentata dall’adozione di procedure di valutazione del rischio di coinvolgimento del destinatario del finanziamento nelle attività vietate “alla luce, ad esempio, dell’attività svolta, della sede legale, del luogo di operatività del destinatario”.

Sul punto, il documento predisposto dagli organismi di vigilanza prevede che gli intermediari abilitati si servano degli elementi informativi ritenuti più opportuni, citando, a titolo esemplificativo, le dichiarazioni non finanziarie[49]pubblicate ai sensi dell’articolo 2 del d.lgs 30 dicembre 2016, n. 254 che ha recepito nel nostro ordinamento la Direttiva UE 2014/95 del 22 ottobre 2014 (Non Financial Reporting Directive)[50].

La legge 220 del 2021 ha previsto un apparato sanzionatorio con un elevato grado di deterrenza considerata la previsione di sanzioni direttamente a carico degli intermediari che non osservino il divieto previsto dall’articolo 1: infatti, è stabilito che l’intermediario – nel caso in cui la violazione sia stata posta in essere nel suo interesse o a suo vantaggio – sia soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria da 150.000 a 1.500.000 di euro[51].

Inoltre, ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo dell’ intermediario che abbia violato il divieto di finanziamento, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 a 250.000 euro[52].

5. Considerazioni in materia di adeguata verifica e controlli

Secondo le informazioni fornite dalla UIF le segnalazioni relative al finanziamento di programmi di sviluppo delle armi di distruzione di massa pervenute nel 2022 sono state appena 16 (erano 8 nel 2021). Non sono stati pubblicati dati specifici circa la riconducibilità delle segnalazioni a problematiche attinenti ai beni dual use.

Il numero assai ridotto, quasi trascurabile, se confrontato con quello complessivo delle segnalazioni di operazioni sospette pervenute nel 2022 (oltre 155.000) può dipendere da diversi motivi.

È possibile, ad esempio che il fenomeno del finanziamento alla proliferazione e del traffico illecito di beni dual use sia inesistente o irrilevante: se così fosse anche 16 segnalazioni sarebbero eccessive.

Ma è altrettanto possibile che il fenomeno stato sottostimato, circostanza che potrebbe dipendere da diversi fattori, ad esempio la scarsa consapevolezza del rischio da parte dei soggetti obbligati attratti, nell’adempimento degli obblighi segnaletici, da argomenti “semplici” (ad esempio, evasione fiscale e contante) o di maggior risonanza mediatica (criptovalute).

A questo potrebbe aggiungersi un’insufficiente attività di sensibilizzazione da parte delle autorità di vigilanza di settore e della UIF.

Difficile allo stato formulare ipotesi attendibili circa la rilevanza o irrilevanza del fenomeno a livello nazionale, considerato che l’ultimo esercizio di risk assessment non contiene riferimenti né a eventuali traffici di beni dual use né alla più ampia tematica della proliferazione delle armi di distruzione di massa.

Peraltro, solo di recente il GAFI, dopo una consultazione apertasi a agosto 2020, ha implementato la Raccomandazione 1 prevedendo, accanto alla regola secondo cui “i paesi dovrebbero identificare, valutare e comprendere i rischi di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo per il paese”, anche l’indicazione che “i paesi dovrebbero identificare, valutare e comprendere i rischi di finanziamento della proliferazione”[53].

In ogni caso, solo dal prossimo esercizio di assessment nazionale potremo apprendere quale sia, a giudizio dei componenti del Comitato di sicurezza finanziaria, il livello di esposizione a questo tipo di rischio da parte del sistema economico e finanziario del nostro Paese.

Nel frattempo potrebbero essere intrapresi alcuni interventi su distinte direttrici.

La prima di queste dovrebbe svilupparsi all’interno dell’apparato organizzativo dei soggetti sottoposti agli obblighi AML/CFT e comprendere l’implementazione della procedura di adeguata verifica.

Da un lato, infatti, si pone la questione delle attività di monitoraggio da svolgere nei confronti di quelle imprese che si occupano di esportare beni dual use o che, comunque, sono sottoposte ad autorizzazione da parte dell’UAMA e che in sede di adeguata verifica si dichiarino come tali.

Dall’altro si tratta di definire una procedura di adeguata verifica che consenta di far emergere quelle imprese clienti che, consapevolmente o inconsapevolmente, tacciano il loro coinvolgimento in attività attinenti ai beni dual use.

In entrambi i casi il punto focale è rappresentato dalla completezza del questionario per la raccolta dei primi dati ex art. 17 d.lgs 231/2007.

Sarebbe opportuno che la raccolta di informazioni sull’attività svolta dal cliente e dal titolare effettivo avvenisse attraverso domande mirate, dirette a verificare se tale attività possa esporre il soggetto obbligato al rischio di agevolare – attraverso l’erogazione di finanziamenti o la fornitura di servizi e prestazioni – l’eventuale violazione delle norme in materia di beni dual use ed essere coinvolto, anche inconsapevolmente, in vicende criminose.

Per l’individuazione di tali attività un punto di partenza potrebbe essere rappresentato dall’indicazione sul questionario utilizzato per l’adeguata verifica delle categorie di beni dual use cui fa riferimento l’allegato I del Regolamento 821/2021.

Per quanto attiene alla documentazione da acquisire una volta individuata l’impresa esportatrice di beni dual use, sarebbe opportuno che il fascicolo comprenda copia dell’autorizzazione rilasciata dall’UAMA per valutarne gli ambiti, il programma interno di conformità (PIC) per verificare il complessivo sistema interno dei controlli, il catalogo dei prodotti, l’elenco dei clienti (comprensivo ove possibile di informazioni sui loro titolari effettivi) e, infine, l’end of user statement o EUS che è una dichiarazione dell’utilizzatore finale contenente alcune informazioni necessarie ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione da parte dell’esportatore[54].

L’intensità (frequenza) e l’estensione (ulteriore acquisizione di documenti commerciali, fiscali, contrattuali) delle attività di monitoraggio saranno modulate tenendo presenti queste informazioni, ivi incluse quelle sull’utilizzatore finale.

L’efficacia del monitoraggio dipende anche dalle competenze e dall’attendibilità dell’interlocutore aziendale designato dall’impresa cliente che dovrà disporre di conoscenze tecniche e normative appropriate attinenti alle attività commerciali e al programma interno di conformità[55].

Inoltre, soprattutto ai fini dell’efficacia dei controlli di secondo livello, sarebbe opportuno includere nei programmi di formazione sessioni specifiche in materia di disciplina dei beni dual use nell’ambito di eventi collettivi ai quali sarebbe auspicabile partecipassero esponenti dell’UAMA.

Infine, le attività del soggetto obbligato dirette a gestire e mitigare il rischio di non compliance o di coinvolgimento in vicende relative a traffici illeciti di beni dual use, oltre ad essere sollecitate dalle verifiche dei soggetti preposti al controllo interno, possono essere fruttuosamente stimolate anche dai controlli delle autorità di vigilanza di settore e della UIF.

In particolare, sarebbe utile condurre specifiche campagne ispettive o procedere all’acquisizione di informazioni in via cartolare, effettuando approfondimenti la cui estensione dipenderà dalle risposte fornite dai soggetti obbligati a domande come quelle che, a titolo meramente esemplificativo, di seguito si riportano:

  • fra i clienti del soggetto obbligato vi sono imprese che operano nei comparti indicati nel Regolamento 2021/821?
  • in quale modo il soggetto obbligato verifica che l’impresa cliente non si occupi/si occupi di beni dual use?
  • quali sono le eventuali attività di CDD svolte per mitigare il rischio (rafforzamento)?
  • la policy aziendale contiene riferimenti alla tematica della proliferazione e, in particolare, a quella dei prodotti dual use?
  • la normativa interna contiene riferimenti alla tematica della proliferazione e, in particolare, a quella dei prodotti dual use ed è costantemente aggiornata sull’argomento?
  • la valutazione annuale del responsabile AML/CFT contiene riferimenti alla tematica della proliferazione e, in particolare, a quella dei prodotti dual use?
  • l’attività di formazione del personale ha riguardato anche le tematiche relative alla proliferazione e ai prodotti dual use?
  • sono sistematicamente condotte delle verifiche soggettive per accertare il rispetto di misure restrittive adottate nei confronti di soggetti listati?

Bibliografia

  1. Criscuolo, “Brevi note sull’ampliamento dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette”, in Rivista elettronica di Diritto, Economia e Management”, giugno 2011
  2. Clemente, “Anomalie operative, sospetti e spunti investigativi: il contributo dell’UIF”, 21 giugno 2013
  3. Estrafallaces, “Segnalazioni di operazioni sospette e strumenti per la loro individuazione: uno Schema” anche per i trust”, in Trusts e Attività fiduciarie, IPSOA, marzo 2014
  4. FATF (2021), Guidance on Proliferation Financing Risk Assessment and Mitigation, FATF, Paris, France
  5. Controlli all’esportazione sui beni dual use nel regolamento (UE) 2021/821 del 20 maggio 2021 e misure successive, F. Vismara, in Il Diritto dell’Unione Europea, Fascicolo 1 – 2022, Giappichelli editore
  6. Sanzioni internazionali, export control e programmi di conformità, A. De Capoa, D. Gorji Varnosfaderani, IPSOA Guide Operative, settembre 2022
  7. Elementi e materiali di diritto doganale, L. Moriconi, Milano University Press, marzo 2023

 

[*] Le opinioni espresse non impegnano l’Istituto di appartenenza.

[1] FATF (2021), Guidance on Proliferation Financing Risk Assessment and Mitigation, FATF, Paris, France, Section one: assessment of proliferation financing risks, Key Concepts relevant to Assessing and Understanding Proliferation Financing Risks, par. 20, pag.8.

[2] Consiglio europeo di Salonicco 19 e 20 giugno 2003, conclusioni della Presidenza, Nota di trasmissione della Presidenza alle delegazioni, Bruxelles, 1° ottobre 2003, 11638/03.

[3] Consiglio europeo, Lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa − Strategia dell’UE contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, Bruxelles, 10 dicembre 2003, 15707/03.

[4] “…prevention of proliferation of nuclear, chemical and biological weapons should not hamper international cooperation in materials, equipment and technology for peaceful purposes while goals of peaceful utilization should not be used as a cover for proliferation”, Resolution 1540 (2004) Adopted by the Security Council at its 4956th meeting, on 28 April 2004.

[5] “…all States shall take and enforce effective measures to establish domestic controls to prevent the proliferation of nuclear, chemical, or biological weapons and their means of delivery, including by establishing appropriate controls over related materials”, Resolution 1540, cit.

[6] L’articolo 2 del Regolamento 428 del 5 maggio 2009 conteneva la seguente definizione di prodotto ad uso duplice: “sono i prodotti, inclusi il software e le tecnologie, che possono avere un utilizzo sia civile sia mili tare; essi comprendono tutti i beni che possono avere sia un utilizzo non esplosivo sia un qualche impiego nella fabbrica zione di armi nucleari o di altri congegni esplosivi nucleari”.

[7] In tal senso, L. Moriconi, Elementi e materiali di diritto doganale, Export control e sanzioni doganali, 6.2 Dual use: aspetti normativi e doganali, Milano University Press, marzo 2023.

[8]Quanto all’implementazione degli elenchi, l’articolo 17 del Regolamento 2021/821 attribuisce alla Commissione il potere di adottare atti delegati al fine di modificare gli elenchi di prodotti a duplice uso. Tale evenienza si è verificata, allo stato, tre volte: con il Regolamento delegato 2022/1 del 20 ottobre 2021, con il Regolamento delegato 2023/66 del 21 ottobre 2022 e con il Regolamento delegato 2023/996 del 23 febbraio 2023.

[9] Cfr. articolo 4, Regolamento (UE) 2021/821 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2021 che istituisce un regime dell’Unione di controllo delle esportazioni, dell’intermediazione, dell’assistenza tecnica, del transito e del trasferimento di prodotti a duplice uso.

[10] Nella Raccomandazione si fa riferimento, tra l’altro, a best practices elaborate in materia di beni a duplice uso anche in altri ambiti, come quelle predisposte nel 2011 dai Paesi dell’intesa di Wassenaar.

Il Wassenaar Arrangement è un organismo con sede a Vienna, creato nel 1996 ed al quale aderiscono 42 Paesi. La sua attività di carattere tecnico-diplomatico ha il proprio fondamento in un accordo multilaterale diretto a migliorare le politiche di controllo degli stati membri in materia di export di armi convenzionali, materiali, beni e tecnologie dual use al fine di contribuire alla stabilità e alla sicurezza regionale.

Più dettagliate informazioni possono essere acquisite dal sito web del Wassenaar Arrangement all’indirizzo https://www.wassenaar.org/

Vedi anche A. De Capoa, D. Gorji Varnosfaderani Sanzioni internazionali, export control e programmi di conformità, Normativa dual use e importanza del programma interno di conformità, 2.7 Dal Protocollo di condotta dell’Unione Europea sull’export control all’obbligo di adozione dell’Internal Compliance Program, IPSOA Guide Operative, settembre 2022.

[11] “Attraverso il programma interno di conformità, gli operatori possono, pertanto, approntare uno strumento di verifica della filiera delle proprie operazioni in modo sistematico e accurato (due diligence), per valutare i rischi connessi all’esportazione dei prodotti, in considerazione degli utilizzatori finali (end user) e degli usi finali (end use) previsti”, L. Moriconi, cit.

[12] Secondo la Raccomandazione l’impresa ha il dovere di garantire che il personale destinato al controllo del commercio dei prodotti a duplice uso sia a conoscenza di tutte le pertinenti norme in materia di controllo delle esportazioni, nonché dei contenuti del programma interno di conformità adottato. Tra gli esempi di attività formative rientrano i seminari esterni, la partecipazione a sessioni informative offerte dalle autorità competenti, corsi di formazione interni ecc.

[13] Per il concetto di “Autorità competente” si veda in questo articolo il successivo paragrafo 4.

[14] Raccomandazione (UE) 2021/1700 della Commissione del 15 settembre 2021 sui programmi interni di conformità relativi ai controlli della ricerca riguardante prodotti a duplice uso ai sensi del regolamento (UE) 2021/821 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un regime dell’Unione di controllo delle esportazioni, dell’intermediazione, dell’assistenza tecnica, del transito e del trasferimento di prodotti a duplice uso, Allegato, Introduzione.

[15] Raccomandazione (UE) 2021/1700, cit., Sezione 2, paragrafo 2.2.

[16] Il Regolamento 2021/821 definisce “esportatore”:

  1. qualsiasi persona fisica o giuridica o qualsiasi consorzio che sia titolare del contratto concluso con il destinatario nel paese terzo e abbia la facoltà di decidere l’invio di prodotti al di fuori del territorio doganale dell’Unione al momento dell’accettazione della dichiarazione di esportazione …; qualora … il titolare del contratto non agisca per proprio conto, l’esportatore è la persona che ha la facoltà di decidere l’invio dei prodotti al di fuori del territorio doganale dell’Unione;
  2. qualsiasi persona fisica o giuridica o qualsiasi consorzio che decida di trasmettere software o tecnologie mediante mezzi elettronici,compresi fax, telefono, posta elettronica o qualunque altro mezzo elettronico verso una destinazione al di fuori del territorio doganale dell’Unione o di mettere tali software e tecnologie a disposizione, in forma elettronica, di persone fisiche o giuridiche o consorzi al di fuori del territorio doganale dell’Unione.

[17] Regolamento 2021/821, cit., articolo 2, nn. 7 e 8.

[18] Inoltre, in tema di trasferimento la normativa italiana (d.lgs 221/2017, v. infra) prevede che se il trasferimento intracomunitario non solo ricada nelle ipotesi in cui è previsto l’assoggettamento a iter autorizzativo ma abbia ad oggetto materiali o informazioni classificati, il rilascio dell’autorizzazione è subordinato al parere vincolante del Dipartimento informazioni per la sicurezza.

Sempre la normativa italiana stabilisce che se il trasferimento intracomunitario si sostanzi in una “cessione” di materiali o informazioni classificatiinclusi in prodotti a duplice uso, l’esportatore dovrà sempre presentare domanda di autorizzazione al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza per il tramite dell’Autorità competente, la quale comunica l’esito e le prescrizioni imposte a tutela dei materiali o delle informazioni classificati ai richiedenti.

Per “classificati” si intendono le informazioni e i materiali la cui divulgazione non autorizzata potrebbe arrecare pregiudizio agli interessi dell’Unione europea ovvero a uno o più Stati membri. Sull’argomento cfr. l’Accordo tra gli Stati membri dell’Unione europea sulla protezione delle informazioni classificate scambiate nell’interesse dell’Unione europea, disponibile sul sito dell’Unione all’indirizzo https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2011:202:0013:0023:IT:PDF

[19] Regolamento 2021/821, cit., Considerando 37 e articolo 25.

[20] Legge 12 agosto 2016, n. 170, Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2015, articolo 7.

[21] Attuazione della delega al Governo di cui all’articolo 7 della legge 12 agosto 2016, n. 170, per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della normativa europea ai fini del riordino e della semplificazione delle procedure di autorizzazione all’esportazione di prodotti e di tecnologie a duplice uso e dell’applicazione delle sanzioni in materia di embarghi commerciali, nonché per ogni tipologia di operazione di esportazione di materiali proliferanti.

[22] All’epoca era in vigore il Regolamento (CE) 1236 del 27 giugno 2005, sostituito nel 2019 dal Regolamento (UE) 2019/125 del 16 gennaio 2019 relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti.

[23] Fino al 1° gennaio 2020 le competenze in materia di beni dual use e, in generale, di export control erano attribuite al Ministero dello Sviluppo Economico (cfr. DL 104/2019).

[24] Allo stato, l’Autorità Nazionale UAMA, in staff al Segretario generale del Ministero (insieme all’Unità di coordinamento e all’Unità di crisi del MAECI) comprende cinque divisioni (divisione per i materiali a duplice uso, divisione analisi, coordinamento e controllo interministeriale, divisione esportazioni e transiti, divisione importazioni, divisione trattative contrattuali), un ufficio segreteria, tre sezioni (sezione affari tecnici e giuridici e certificazioni, sezione controlli e sanzioni, sezione controlli documentali) e un centro informatico.

Per l’inoltro delle istanze autorizzative necessarie all’esportazione di prodotti dual use, di beni che ricadono nell’ambito della regolamentazione anti-tortura e di beni oggetto, comunque, di misure restrittive adottate dall’UE verso Paesi terzi (ad esempio, Federazione Russa e Repubblica islamica dell’Iran) è obbligatorio da parte dei soggetti interessati l’utilizzo della piattaforma denominata E-licensing”, resa operativa dall’UAMA dal 1° luglio 2022.

[25] Tra l’altro l’articolo 18 prevede che, nell’ipotesi in cui non sia possibile disporre la confisca delle cose pertinenti al reato, si proceda alla confisca per equivalente. Va considerato che il d.lgs. 221 del 2017 è stato recentemente modificato con il Decreto Legge 13 giugno 2023, n. 69, Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano. In particolare quest’ultimo, all’articolo 23, oltre a disporre che i riferimenti presenti nel d.lgs 221/2017 al Regolamento 2009/428 (abrogato) fossero sostituiti con il richiamo alle norme del Regolamento 2021/821, ha rafforzato l’apparato sanzionatorio stabilendo, tra l’altro, che le pene detentive previste dall’articolo 18, prima alternative al pagamento della sanzione pecuniaria, possano invece concorrere con quest’ultima.

Infine, fra le novità introdotte con il D.L. 69 del 2023 va rammentato che la previsione della confisca obbligatoria dei beni coinvolti nella commissione delle fattispecie criminose previste dal d.lgs. n. 221/2017, è stata rifusa nel nuovo articolo 21-bis.

Rispetto alla normativa previgente il nuovo articolo 21-bis stabilisce che, quando non è possibile procedere alla confisca dei beni, del denaro o delle altre utilità derivanti dalla commissione dei suddetti reati, il giudice possa ordinare la confisca di altre somme di denaro, di beni e di altre utilità per un valore equivalente “…delle quali il condannato ha la disponibilità, anche per interposta persona”.

[26] Il testo originario, che prevedeva il divieto solo qualora i prodotti dual use erano destinati ad un uso militare o ad un utilizzatore finale militare, è stato inasprito con il Regolamento (UE) 2022/328 del 25 febbraio 2022 adottato dopo le violazioni all’integrità territoriale dell’Ucraina da parte della Federazione Russa. Sul punto, Controlli all’esportazione sui beni dual use nel regolamento (UE) 2021/821 del 20 maggio 2021 e misure successive, F. Vismara, in Il Diritto dell’Unione Europea, VI. Prodotti dual use nei recenti regolamenti relativi alla crisi Russia – Ucraina,Fascicolo 1 – 2022, Giappichelli editore.

[27] Decreto Legislativo 22 giugno 2007 n. 109, Misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE, articolo 1, c 1, lett. e.

[28] Decreto Legislativo 22 giugno 2007 n. 109, cit., articolo 10, c.1.

[29] Pubblicato in GU, Serie Generale n.121 del 25-05-2023.

[30] Infatti, il Provvedimento della Banca d’Italia del 27 maggio 2009, in merito ai controlli rafforzati contro il finanziamento ai programmi di proliferazione, pur adottato successivamente al Regolamento UE 428/2009, non solo non conteneva alcun riferimento alla regolamentazione unionale ma neanche ai prodotti dual use, limitandosi a fare genericamente riferimento a “beni suscettibili di utilizzo per la produzione di armi di distruzione di massa”, senza indicare la loro possibile valenza sia civile che militare né richiamare la necessità di autorizzazioni.

[31] “Operatività che, per il profilo dei soggetti o le sue caratteristiche, appare riconducibile a fenomeni di finanziamento di programmi di proliferazione di armi di distruzione di massa, anche sulla base di collegamenti geografici con paesi considerati a rischio in quanto coinvolti in programmi di proliferazione non autorizzati”, Provvedimento della UIF recante gli indicatori di anomalia, 12 maggio 2023.

[32] Sul sospetto come probabilità si veda L. Criscuolo, “Brevi note sull’ampliamento dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette”, in Rivista elettronica di Diritto, Economia e Management”, giugno 2011: “Il sapere e il sospettare rappresentano differenti gradi di giudizio in ordine alla (effettiva) fondatezza di un fatto. Nella materia in esame, la graduazione di tale giudizio è informata al criterio della maggiore o minore probabilità della sussistenza di un’operazione di riciclaggio”; C. Clemente, “Anomalie operative, sospetti e spunti investigativi: il contributo dell’UIF”, 21 giugno 2013 Palacongressi – Rimini: La decisione di segnalare presuppone un giudizio di certezza (cui, in realtà, raramente si può pervenire) o, più spesso, di probabilità circa il fatto che siano state realizzate operazioni illecite”; G. Estrafallaces, “Segnalazioni di operazioni sospette e strumenti per la loro individuazione: uno Schema” anche per i trust”, in Trusts e Attività fiduciarie, marzo 2014: “La situazione di incertezza che caratterizza il sospetto, dalla quale dovrebbe scaturire l’obbligo segnaletico è, dunque, il frutto, secondo il dettato del l’articolo 41 di un processo deduttivo in cui l’incertezza in ordine alla eventuale riconducibilità (o meno) dell’operazione a una fattispecie di riciclaggio è attenuata dalla presenza di “elementi” (appunto di sospetto) desunti dalle citate macro aree, tali da consentire una valutazione di “probabilità” in ordine alla sussistenza dell’attività di riciclaggio”.

[33] A questi tre soggetti sarebbe da aggiungere anche la “controparte” cui fa riferimento il d.lgs 231/2007 all’articolo 17, c.3, n. 4, ai fini della graduazione delle misure di adeguata verifica.

[34] “…il GAFI nutre serie preoccupazioni per la minaccia rappresentata dalle attività illecite condotte dalla Repubblica Popolare Democratica di Corea (RPDC) legate alla proliferazione delle armi di distruzione di massa (WMD: weapons of mass destruction) e al relativo finanziamento. Il GAFI ribadisce il suo appello del 25 febbraio 2011 ai suoi membri ed esorta tutti gli Stati a consigliare alle proprie istituzioni finanziarie di prestare particolare attenzione ai rapporti commerciali e alle transazioni con la RPDC, comprese le sue società, le sue istituzioni finanziarie e coloro che agiscono per loro conto. Oltre a un controllo rafforzato, il GAFI invita e sollecita tutti gli Stati ad applicare contromisure efficaci e sanzioni finanziarie mirate in conformità con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite applicabili, per proteggere i loro settori finanziari dal riciclaggio, dal finanziamento del terrorismo e rischi di finanziamento della proliferazione delle armi di distruzione di massa provenienti dalla RPDC” (trad. dell’a.), High-Risk Jurisdictions subject to a Call for Action – 24 February 2023.

[35] Si può accedere a queste informazioni dal web all’indirizzo https://www.sanctionsmap.eu/#/main

[36] Methodology for Assessing Compliance with the FATF Recommendations and the Effectiveness of AML/CFT Systems, updated October 2021, FATF, Paris, France, Effectiveness assessment, Immediate outcome 11, p.126.

[37] Operatività di natura apparentemente commerciale riferita a beni suscettibili di utilizzo per la produzione di armi di distruzione di massa (c.d. dual use) caratterizzata da elementi quali: carenze o incongruenze significative nella documentazione acquisita (ad es. fatture, documenti di trasporto, lettere di credito) relativamente a soggetti coinvolti, prezzi indicati, natura dei beni sottostanti, destinazione finale dichiarata, indirizzi, modalità e condizioni della spedizione e dei pagamenti; incoerenza del prezzo rispetto a quello di mercato; provenienza dei pagamenti da soggetti non risultanti dalla predetta documentazione.

[38] Operatività di natura apparentemente commerciale riferita a beni suscettibili di utilizzo per la produzione di armi di distruzione di massa (c.d. dual use) caratterizzata da triangolazioni finanziarie attraverso soggetti insediati in aree anche contigue a quelle dei paesi considerati a rischio in quanto coinvolti in programmi di proliferazione non autorizzati o attraverso entità giuridiche con assetti proprietari, manageriali e di controllo artificiosamente complessi ovvero opachi, specie se aventi sede in paesi o aree geografiche a rischio elevato o non cooperativi o a fiscalità privilegiata.

[39] Considerato il carattere innovativo e nel contempo complesso della tematica una descrizione più dettagliata del concetto di prodotto dual use (eventualmente mediante il rinvio al Regolamento 2021/821), avrebbe potuto contribuire a rendere più comprensibili i sub-indici distinguendo queste problematiche da quelle che riguardano il commercio dei materiali d’armamento.

[40] Per una migliore comprensione delle espressioni utilizzate in questo caso dall’estensore del sub-indice si può fare riferimento al contenuto del Provvedimento della Banca d’Italia del 30 luglio 2019 recante disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela laddove, all’allegato 2, viene individuato fra i fattori di rischio elevato relativi al cliente, esecutore e titolare effettivo un “assetto proprietario anomalo o eccessivamente complesso data la natura dell’attività svolta. Occorre considerare la forma giuridica adottata dal cliente, specie ove presenti particolari elementi di complessità od opacità che impediscono o ostacolano l’individuazione del titolare effettivo o del reale oggetto sociale o di eventuali collegamenti azionari o finanziari con soggetti aventi sede in aree geografiche a rischio elevato”.

[41] La funzione di rafforzamento si desume dall’espressione “…specie se…”.

[42] Sebbene non si utilizzi l’espressione “paesi terzi ad alto rischio” come nel d.lgs 231/2007 (cfr. articolo 1, co.2, lett. bb), con questa locuzione si fa riferimento anche (ma non solo) ai paesi individuati (ai sensi degli articoli 9 e 64 della Direttiva UE 2015/849) dalla Commissione con il Regolamento delegato 2016/1675 e successive integrazioni. Da ultimo la lista è stata modificata con Regolamento delegato del 17 maggio 2023 e comprende Afghanistan, Barbados, Burkina Faso, Isole Cayman, Repubblica democratica del Congo, Gibilterra, Haiti, Giamaica, Giordania, Mali, Mozambico, Myanmar, Nigeria, Panama, Filippine, Senegal, Sud Sudan, Siria, Sud Africa, Tanzania, Trinidad e Tobago, Uganda, Emirati arabi uniti, Vanuatu, Yemen, Iran e Corea del Nord.

[43] La più recente lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali approvata dal Consiglio ECOFIN nella sessione del 14 febbraio 2023 comprende: Samoa americane, Anguilla, Bahamas, Isole Vergini britanniche, Costa Rica, Figi, Guam, Isole Marshall, Palau, Panama, Russia, Samoa, Trinidad e Tobago, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini degli Stati Uniti, Vanuatu. La lista viene redatta secondo i criteri approvati dal Consiglio dell’UE l’8 novembre 2016, reperibili all’indirizzo https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-14166-2016-INIT/it/pdf.

[44] La lista di questi paesi è contenuta nell’articolo 1 del decreto del Ministro delle finanze del 4 maggio 1999 che individua le giurisdizioni rilevanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 2, comma 2-bis del TUIR. La lista comprende attualmente le seguenti giurisdizioni: Andorra; Anguilla; Antigua e Barbuda; Aruba; Bahamas; Bahrein; Barbados; Belize; Bermuda; Bonaire; Brunei; Costa Rica; Curaçao, Dominica; Emirati Arabi Uniti; Ecuador; Filippine; Gibilterra; Gibuti; Grenada; Guernsey (compreso Alderney e Sark); Hong Kong; Isola di Man; Isole Cayman; Isole Cook; Isole Marshall; Isole Vergini Britanniche; Jersey; Libano; Liberia; Liechtenstein; Macao; Maldive; Malesia; Mauritius; Monserrat; Nauru; Niue; Oman; Panama; Polinesia Francese; Principato di Monaco; Saint Kitts e Nevis; Saint Lucia; Saint Vincent e Grenadine; Samoa; Seychelles; Singapore; Sint Eustatius e Saba; Sint Maarten – parte Olandese; Taiwan; Tonga; Turks e Caicos; Tuvalu; Uruguay; Vanuatu.

[45] Per intermediari abilitati si intendono “le società di intermediazione mobiliare (SIM) italiane, le banche italiane, i gestori italiani, gli istituti di moneta elettronica italiani, gli istituti di pagamento italiani, i soggetti iscritti nell’elenco di cui all’articolo 111 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, gli intermediari finanziari iscritti nell’albo di cui all’articolo 106 del medesimo testo unico, ivi compresi i confidi, la società Poste italiane S.p.A. per l’attività di bancoposta, la società Cassa depositi e prestiti S.p.A., le succursali insediate in. Italia di SIM, gestori, banche, istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento aventi sede legale in un altro Paese dell’Unione europea o in un Paese terzo, le imprese di assicurazione, le imprese di riassicurazione e le sedi secondarie insediate in Italia delle imprese di assicurazione e delle imprese di riassicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Paese dell’Unione europea o in un Paese terzo, gli agenti di cambio, le fondazioni di origine bancaria e i fondi pensione”, Legge 9 dicembre 2021, n. 220, Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine anti-persona, di munizioni e submunizioni a grappolo, articolo 2, c. 1, lett. a.

[46]In particolare, le attività oggetto di divieto sono: la costruzione, la produzione, lo sviluppo, l’assemblaggio, la riparazione, la conservazione, l’impiego, l’utilizzo, l’immagazzinaggio, lo stoccaggio, la detenzione, la promozione, la vendita, la distribuzione, l’importazione, l’esportazione, il trasferimento e il trasporto.

[47] Dovrebbe anche essere chiarito se per effettuazione del finanziamento si intenda la procedura di delibera o la fase di erogazione.

[48] Misure urgenti in materia di semplificazioni fiscali e di rilascio del nulla osta al lavoro, Tesoreria dello Stato e ulteriori disposizioni finanziarie e sociali

[49] La “dichiarazione non finanziaria” è il documento che evidenzia le implicazioni di natura etica del business ed esprime la volontà dei vertici aziendali e dei soci di gestire in modo efficace, inclusivo e circolare le attività dell’ente che possono avere un impatto sociale ed etico.

[50] La Direttiva UE 2014/95 ha modificato la precedente Direttiva UE 2013/34 riguardo la rendicontazione societaria in tema di sostenibilità, estendendo l’obbligo di reporting sulle tematiche sociali e ambientali a una platea più ampia di aziende quotate ed enti di interesse pubblico.

Il d.lgs 254 del 2016 ha recepito le novità introdotte, stabilendo che al bilancio di esercizio sia allegata una “Relazione non finanziaria” con la quale vengono spiegate le politiche aziendali sull’uso delle risorse energetiche e idriche, sulle emissioni di gas serra e inquinanti, sugli impatti dell’attività su ambiente, salute e sulla sicurezza, sugli aspetti sociali e su quelli connessi alla gestione del personale, in materia rispetto di diritti umani e di lotta contro la corruzione.

Sul punto è recentemente intervenuta anche la Direttiva UE 2022/2464 del 14 dicembre 2022 che mira ad estendere ulteriormente la platea di soggetti economici su cui ricade l’obbligo di informativa ESG (Environmental, Social, Governance).

[51]  L’irrogazione della sanzione è subordinata al ricorrere delle condizioni previste dall’articolo 5 d.lgs 8 giugno 2001 n. 231 in materia di responsabilità degli enti. Pertanto, la responsabilità dell’ente sussiste se il reato sia stato commesso:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

[52] Le sanzioni di competenza della Banca d’Italia sono irrogate secondo la procedura sanzionatoria di cui all’articolo 145 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

[53] “Countries should identify, assess, and understand the money laundering and terrorist financing risks for the country……Countries should also identify, assess, and understand the proliferation financing risks for the country”, Recommendation 1, Assessing risks and applying a risk-based approach, International Standards on Combating Money Laundering and the Financing of Terrorism & Proliferation, FATF, Paris, France.

[54] Il contenuto della end of user statement (EUS) è disciplinato dalla circolare UAMA 19651 del 22 settembre 2020, che prevede fra l’altro che debba essere esattamente indicato, da parte dell’utilizzatore finale, l’utilizzo specifico e l’esatto luogo di destinazione e impiego.

[55] Su tale figura, nota come “Responsabile del controllo delle esportazioni” si veda A. De Capoa, D. Gorji Varnosfaderani cit., Come costituire all’interno dell’azienda un programma di conformità, 4.2 I soggetti attuatori, i poteri, i doveri e le responsabilità, IPSOA Guide Operative, settembre 2022.

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