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Attualità

Bonus investimenti in start up e PMI innovative: il decreto attuativo delude le aspettative

18 Febbraio 2021

Marco Sandoli, Di Tanno Associati

Di cosa si parla in questo articolo
PMI

Con la pubblicazione in G.U. (n. 38 del 15.2.2021) del d.m. 28 dicembre 2020 (“Decreto”), adottato dal Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministero dell’Economia, giunge finalmente a compimento il processo di attuazione delle agevolazioni fiscali in regime de minimis per gli investimenti in start-up e PMI innovative, introdotte dai commi 7 e 8 del d.l. 19 maggio 2020 n. 34 (c.d. decreto Rilancio).

Il c.d. decreto Rilancio, lo ricordiamo, ha potenziato le agevolazioni già previste per gli investimenti in start-up e PMI innovative dal d.l. n. 179/2012, riconoscendo alle persone fisiche, in alternativa all’agevolazione ordinaria pari al 30 per cento[1], una detrazione d’imposta pari al 50 per cento dell’investimento nel rispetto dei limiti de minimis previsti dal regolamento UE n. 1407/2013.

L’investimento massimo agevolabile al 50 per cento in start up innovative non può eccedere in ogni periodo d’imposta euro 100.000 (per un ammontare massimo di detrazione pari a euro 50.000), mentre quello in PMI innovative non può eccedere euro 300.000 (per un ammontare massimo di detrazione di euro 150.000). L’investimento deve essere mantenuto per almeno tre anni, pena l’obbligo di restituzione della detrazione con i relativi interessi.

La norma primaria e il Decreto prevedono per gli investimenti in PMI innovative l’applicazione in via prioritaria della detrazione del 50 per cento fino a concorrenza del limite di euro 300.000, e per la parte eccedente l’applicazione della detrazione del 30 per cento. Sebbene tale previsione sia letteralmente riferita solo agli investimenti in PMI innovative, ciò dovrebbe valere anche per quelli in start-up innovative[2]. Esemplificando, nel caso di un investimento in una PMI innovativa pari a euro 400.000, per euro 300.000 si potrà beneficiare della detrazione del 50 per cento (ossia euro 150.000, comunque spettante nel limite del profond de minimis), mentre per la restante parte (euro 100.000) si potrà beneficiare della detrazione del 30 per cento (euro 30.000) nel rispetto dei limiti di tale agevolazione.

Il Decreto, coerentemente con quanto previsto per l’agevolazione ordinaria, ha chiarito che assumono rilievo, oltre ai conferimenti in denaro iscritti nella voce capitale sociale e riserva sovrapprezzo e quelli derivanti dalla conversione di obbligazioni convertibili, anche la sottoscrizione di un aumento di capitale tramite compensazione di crediti finanziari, oltre a confermare anche per le nuove agevolazioni la possibilità di riportare in avanti nei tre periodi d’imposta successivi l’eventuale detrazione non utilizzata.

L’investimento agevolabile può esser realizzato direttamente, ovvero indirettamente per il tramite di organismi collettivi del risparmio che investono prevalentemente in start up o PMI innovative. Contrariamente a quanto auspicavano gli operatori dell’ecosistema start-up, il Decreto non ha ammesso le nuove agevolazioni nel caso di investimenti realizzati indirettamente tramite società di capitali che investono prevalentemente in start-up o PMI innovative[3]. Sul punto, va ricordato che la mancata previsione nella norma primaria di tale possibilità non sarebbe stata di per sé ostativa all’estensione dell’ambito applicativo tramite il decreto attuativo, in quanto per la detrazione del 30 per cento la medesima estensione era avvenuta in sede di decreto attuativo[4].

Sulla base del quadro normativo che si è delineato restano quindi esclusi dall’agevolazione sia i business angel che realizzano i loro investimenti tramite veicoli dedicati (come nel caso delle più note associazioni di categoria) sia coloro che investono tramite portali di equity crowdfunding che raccolgono gli investitori in veicoli dedicati, nonché i sottoscrittori di alcuni importanti acceleratori anche quotati. Tale esclusione appare difficilmente comprensibile se si pensa che una parte rilevante degli investimenti in economia reale viene realizzata secondo tali modalità operative.

Relativamente alla determinazione del limite del de minimis, il Decreto, deludendo le aspettative, non fornisce nessuna indicazione utile. A tale riguardo, deve evidenziarsi che, differentemente dall’agevolazione ordinaria, la detrazione del 50 per cento è concessa nei limiti del plafond disponibile in capo all’impresa in relazione agli aiuti di Stato concessi a titolo di de minimis, il cui ammontare massimo è pari a euro 200.000 nell’arco di tre esercizi. Poiché ciò che rappresentata un aiuto per l’impresa è il fatto di aver consentito al suo investitore di beneficiare della detrazione pari al 50 per cento dell’ammontare investito, sembra ragionevole ritenere che il plafond de minimis debba considerarsi eroso in capo all’impresa non in misura pari all’ammontare in essa investito bensì in misura pari alla detrazione spettante all’investitore (ossia il 50 per cento dell’aumento di capitale per il quale si fruisce dell’agevolazione). Seguendo tale linea interpretativa, assumendo che l’impresa non abbia fruito nell’ultimo triennio di alcun aiuto in regime de minimis, l’ammontare massimo di aumento di capitale agevolabile dovrebbe essere pari a euro 400.000. L’ammontare di aumento di capitale che può beneficiare della detrazione al 50 per cento dovrebbe poi essere ripartito tra i diversi investitori (ragionevolmente) secondo un criterio proporzionale, applicandosi infine l’agevolazione del 30 per cento sulla quota eccedente l’ammontare agevolabile al 50 per cento.

Per quanto riguarda invece le modalità operative di accesso all’agevolazione, il Decreto prevede l’obbligo per l’impresa di presentare, prima che venga effettuato l’investimento, un’apposita istanza[5], tramite la piattaforma on-line che verrà messa a disposizione sul sito internet del MISE. In tal modo, il MISE verificherà, tramite il registro nazionale degli aiuti di Stato[6], l’effettiva disponibilità del plafond de minimis rispetto all’ammontare per il quale si intende beneficiare dell’agevolazione e notificherà sia all’impresa che agli investitori gli esiti di tale controllo. Solo dopo aver ricevuto tale notifica, l’impresa potrà finalizzare l’istanza per consentire all’investitore di accedere al regime agevolativo. L’esito negativo dell’accertamento impedisce di finalizzare l’istanza e dunque la fruizione dell’agevolazione da parte dell’investitore. Nel caso invece in cui in esito alla verifica emerga che l’impresa ha già parzialmente utilizzato il massimale di euro 200.000 per aiuti de minimis, l’impresa è tenuta a presentare una nuova istanza, indicando gli importi rideterminati ai fini del rispetto del massimale. Da ultimo, l’impresa deve rilasciare all’investitore entro trenta giorni dal conferimento una dichiarazione attestante l’importo dell’investimento, il codice COR rilasciato dal registro nazionale degli aiuti di Stato e l’importo della detrazione utilizzabile.

Oltre alla indubbia complessità della procedura di accesso all’agevolazione come configurata dal Decreto, risulta evidente come la natura preventiva dell’istanza sia difficilmente compatibile con le raccolte di capitale realizzate tramite piattaforme di equity crowdfunding. Infatti, in tale genere di operazioni l’investitore esegue il versamento in piena autonomia senza un preliminare contatto con l’impresa emittente che possa consentire una preventiva presentazione dell’istanza. Un’interpretazione letterale della norma[7] potrebbe condurre a ritenere che un versamento monetario eseguito prima della presentazione da parte dell’impresa dell’istanza riferita al singolo investitore possa impedire a quest’ultimo l’accesso all’agevolazione. Al fine di non precludere l’accesso all’agevolazione in parola nelle raccolte di capitali tramite piattaforme di equity crowdfunding, l’Agenzia dovrebbe valorizzare il fatto che dette raccolte si perfezionano solo alla fine del periodo di durata della campagna se viene raggiunto l’ammontare minimo stabilito e se la raccolta viene “validata” dall’investimento di un soggetto “qualificato” (in misura pari al 5 o 3 per cento della raccolta, a seconda dei casi). Qualora tale linea interpretativa venisse condivisa dall’Agenzia delle Entrate, una volta eseguito il versamento il portale potrebbe comunicare alla società i dati dell’investitore, consentendo la preventiva verifica del plafond e la successiva finalizzazione dell’istanza, risultando successivo il momento in cui l’operazione si perfeziona e dunque l’investimento può considerarsi giuridicamente effettuato. Coerentemente, i trenta giorni per il rilascio della certificazione all’investitore potrebbero decorrere dal perfezionamento della campagna ovvero dal momento di deposito del verbale notarile attestante l’avvenuta esecuzione dell’aumento di capitale sociale[8].

Deve inoltre rilevarsi che la preventività dell’istanza, oltre ad essere difficilmente compatibile con le raccolte tramite piattaforme di equity crowdfunding, non sembra aggiungere alcunché in termini di efficacia dei controlli sulla spettanza del beneficio. Infatti, anche ove l’istanza fosse presentata a valle dell’investimento (ad esempio, entro i trenta giorni successivi), sarebbe comunque possibile per il MISE verificare la disponibilità del plafond prima che l’investitore possa realmente fruire della detrazione, avvenendo ciò nella dichiarazione dei redditi presentata nell’anno successivo.

Da ultimo, e si tratta dell’unica nota positiva che offre il Decreto, viene confermato che le nuove agevolazioni risultano applicabili anche agli investimenti realizzati nel 2020 dal momento di entrata in vigore del c.d. decreto Rilancio (ossia 19 maggio 2020) nonché[9] a quelli realizzati nel 2021 fino al momento di operatività della piattaforma del MISE. Per tali investimenti l’istanza deve essere presentata nel periodo compreso tra il 1° marzo e il 30 aprile.

In conclusione, tenuto conto del fatto che nella maggior parte dei casi il plafond de minimis realmente disponibile all’impresa risulterà di fatto limitato (assumendo a tal fine rilevanza molti degli aiuti cui possono accedere le start up innovative e le PMI innovative), e delle notevoli complessità operative che l’impresa deve affrontare per consentire la fruizione dell’agevolazione, appare ben difficile che l’agevolazione possa realmente veicolare ingenti quantità di risparmio nell’economia reale, come invece si prefiggeva il legislatore.

 


[1] L’agevolazione ordinaria per gli investimenti in start up innovative e PMI innovative realizzati da persone fisiche è rappresentata da una detrazione d’imposta pari al 30 per cento dell’ammontare investito per un ammontare massimo annuo pari a euro 1.000.000. L’investimento deve essere mantenuto per almeno tre anni. La cessione, anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale periodo determina la decadenza dal beneficio e l’obbligo di restituire l’agevolazione con gli interessi.

[2] Il fatto che il Decreto preveda (art. 1, comma 5) che la nuova agevolazione per le start-up sia alternativa a quella ordinaria e non cumulabile con questa, non dovrebbe condurre a ritenere che la quota di investimento eccedente euro 100.000 non possa beneficiare della detrazione del 30 per cento. Il Decreto si limita, infatti, a riprodurre i commi 7 e 8 del c.d. decreto Rilancio, i quali fin da subito sono apparsi mal coordinati tra loro.

[3] Possibilità riconosciuta invece per la detrazione del 30 per cento. Già in sede di conversione in legge del c.d. decreto Rilancio era stata presentata senza successo alla Camera (Commissione Bilancio) una proposta di modifica (n. 3823) volta a prevedere la possibilità di investimento indiretto tramite società di capitali che investono prevalentemente in start up o PMI innovative.

[4] Cfr. art. 2, comma 2, del d.m. 7.5.2019.

[5] Nell’istanza (Allegato A al Decreto) devono essere dichiarati, ai sensi degli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445/2000, per ciascun potenziale investitore tutti i dati anagrafici (nome, cognome, data e luogo di nascita, codice fiscale, indirizzo di residenza), l’ammontare che ciascuno intende investire e la relativa detrazione. Viene anche richiesta la PEC dell’investitore, probabilmente per notificare l’esito del controllo, che deve essere notificato sia all’impresa che all’investitore.

[6] Tale registro, disponibile sul sito www.rna.gov.it, è liberamente accessibile.

[7] L’art. 5, comma 1, del Decreto dispone: “Prima della effettuazione dell’investimento da parte del soggetto investitore, l’impresa beneficiaria presenta apposita istanza […]”.

[8] Il rilascio della certificazione entro trenta giorni dal conferimento, come previsto dal Decreto, risulterebbe incompatibile con la consueta durata di una raccolta di capitale tramite piattaforma di equity crowdfunding che va ben oltre trenta giorni.

[9] Secondo quanto riportato sul sito internet del MISE.

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