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Giurisprudenza

Bancarotta impropria: l’art. 223, comma 2, n. 2, della legge fallimentare contempla due diverse fattispecie di reato

5 Settembre 2017

Marianna Geraci, Trainee Lawyer presso Studio Legale Silvestri di Roma e Dottoranda di Ricerca in Diritto Penale presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria

Cassazione Penale, Sez. V, 14 febbraio 2017, n. 6904 – Pres. Bielli, Rel. Perrino

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 6904 del 2017 si occupa del reato di bancarotta impropria previsto dall’art. 223 L.F. sottolineando – in continuità coi precedenti orientamenti giurisprudenziali sul tema – come al comma II, numero 2, di tale norma il Legislatore abbia previsto due distinte ed autonome ipotesi di reato.

Rigettando il ricorso che nel caso di specie riguardava numerosi soggetti imputati per avere sostanzialmente cagionato – in ragione delle diverse posizioni assunte e dei diversi ruoli rivestiti – il dissesto di ben 24 società riconducibili al medesimo gruppo, la Suprema Corte definisce infatti come pacifica l’individuazione, nel contesto della summenzionata disposizione normativa, di due differenti fattispecie criminose rispettivamente rappresentate, al comma II, n. 2, dalla causazione dolosa del fallimento e dal fallimento conseguente ad operazioni dolose; le due ipotesi – precisano i giudici – non si distinguono tuttavia sotto il profilo oggettivo ma sotto quello soggettivo, richiedendo la prima il dolo specifico e la seconda, trattandosi di una condotta volontaria ma non intenzionalmente diretta a determinare il dissesto fallimentare anche se il soggetto ha della stessa accettato il rischio, il dolo generico.

Gli Ermellini si soffermano poi sul fallimento determinato da operazioni dolose, evidenziando in particolare gli approdi ai quali la giurisprudenza di legittimità è giunta con riguardo all’elemento soggettivo e alla condotta di tale fattispecie: si ribadisce che essa rappresenta un’eccezionale ipotesi di reato a sfondo preterintenzionale, per la cui dimostrazione è sufficiente la consapevolezza e la volontà da parte del soggetto attivo, da un lato, dell’azione “arrecante pregiudizio patrimoniale nei suoi elementi naturalistici e nel suo contrasto con i propri doveri a fronte degli interessi della società” e, dall’altro,”dell’astratta prevedibilità dell’evento di dissesto quale azione antidoverosa”; per dolosità delle operazioni, invece, si deve fare riferimento non solo alla commissione di abusi gestori o di infedeltà di doveri che la legge impone all’organo amministrativo ma anche soltanto a tutti quegli atti “intrinsecamente pericolosi per la salute economico-finanziaria della società”. 

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