Banca d’Italia ha recentemente pubblicato uno studio sul proprio sistema interno di valutazione del merito creditizio (detto In-house Credit Assessment System o ICAS) delle imprese non finanziarie aventi sede in Italia.
Tale sistema, dal 2013, è utilizzato per stimare la probabilità di default a un anno di circa 370.000 imprese.
Lo studio mostra come dal 2013 al 2022 il merito creditizio delle imprese non finanziarie italiane sia progressivamente migliorato, con un lieve peggioramento nel 2023, rimasto stabile nel 2024, essenzialmente dovuto all’allentamento delle prospettive economiche interne, all’instabilità globale, agli effetti dell’inflazione e alle variazioni dei tassi d’interesse.
L’indagine si focalizza poi sul periodo 2022-2024 ed evidenzia come la probabilità di default vari a seconda del settore in cui opera l’impresa, delle sue dimensioni e dell’area geografica.
In particolare, il settore manifatturiero e quello energetico sono quelli che hanno dimostrato una minore probabilità di default.
Quanto alle dimensioni, le imprese meno rischiose sono quelle di grande e media grandezza.
Con riferimento alla distribuzione geografica, invece, le imprese con una minore probabilità di default risultano ubicate nel nord Italia.
Lo studio prosegue guardando alle operazioni di rifinanziamento nell’Eurosistema: in tale contesto, l’utilizzo dell’ICAS ha facilitato l’accesso delle banche italiane alla liquidità della Banca centrale europea, soprattutto durante la crisi pandemica, grazie alla possibilità di utilizzare prestiti verso imprese come collaterale.
I crediti bancari, infatti, sono divenuti la principale classe di garanzie (costituendo circa il 30% delle garanzie offerte dalle banche).
Infine, l’indagine si conclude guardando alle prospettive di revisione dell’ICAS, focalizzandosi sull’integrazione dei rischi legati al cambiamento climatico, attraverso metodologie capaci di combinare valutazioni quantitative e qualitative per stimare l’impatto del rischio fisico e di quello di transizione.