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Giurisprudenza

Azione revocatoria fallimentare relativa alle rimesse in conto corrente bancario affluite su un conto scoperto

7 Gennaio 2019

Carolina Gentile, Dottoranda presso la Scuola di Dottorato “Impresa, Lavoro e Istituzioni” (curriculum di diritto commerciale), Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano

Cassazione Civile, Sez. I, 9 agosto 2017, n. 19751– Pres. Ambrosio, Rel. Di Virgilio

Di cosa si parla in questo articolo

 

Della riforma della legge fallimentare attuata dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza e degli effetti per banche e imprese parleremo nel Convegno del 13 e 14 febbraio. Per maggiori informazioni vedasi la pagina dell’evento indicata tra i contenuti correlati.

In tema di azione revocatoria fallimentare delle rimesse in conto corrente bancario affluite su un conto scoperto, per potersene escludere la dichiarazione di inefficacia, in quanto dipendenti da operazioni bilanciate, è necessario il venir meno della funzione solutoria delle stesse, in virtù di accordi intercorsi tra il solvens e l’accipiens, che le abbiano destinate a costituire la provvista di coeve o prossime operazioni di pagamenti o prelievi mirati in favore di terzi o del cliente stesso, in modo tale da poter negare che la banca abbia beneficiato dell’operazione sia prima, all’atto della rimessa, sia dopo, all’atto del suo impiego; la prova dell’esistenza dei predetti accordi, che giovino a caratterizzare la rimessa, piuttosto che come operazione di rientro, come una specifica provvista per una operazione speculare a debito, in relazione ad un ordine ricevuto ed accettato o ad una incontestata manifestazione di volontà, ove non derivi da un atto scritto, può anche essere desunta da facta concludentia, purché la specularità tra le operazioni ne evidenzi con certezza lo stretto collegamento negoziale (Cass. 1834/2011).

L’estratto autentico del libro fidi della banca è idoneo a provare la delibera della banca medesima diretta alla concessione dell’affidamento, non anche la conclusione tra le parti di tale contratto, la cui concreta sussistenza peraltro non potrebbe trarsi dalla condotta tenuta di fatto dalla banca nel tollerare le scoperture del conto corrente in questione (c.d. fido di fatto) (Cass. 13445/2011).

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