Con l’ordinanza interlocutoria n. 11910/2025 la Suprema Corte di Cassazione, rilevata la sopravvenienza della nota sentenza Italgomme S.r.l. e altri c. Italia della CEDU, ha sospeso la decisione riguardante la legittimità dell’attività accertativa condotta mediante l’acquisizione di documentazione presso la sede di una società, in assenza della preventiva autorizzazione giudiziaria ma fondata sull’ordine del Comandante della Guardia di Finanza.
Ha quindi assegnato alle Parti il termine di 60 giorni per il deposito in cancelleria di osservazioni in relazione alla rilevanza nel caso su iudice della citata sentenza.
Nel caso di ispecie la ricorrente affermava la nullità dell’avviso di accertamento impugnato, in quanto proceduto da accesso, perquisizione e sequestro di documentazione asseritamente eseguiti in carenza assoluta di attribuzione in violazione degli artt. 7-ter e 7-quinquies della L. n. 212/2000.
Nelle more del giudizio di legittimità, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è infatti pronunciata sulla violazione dell’art. 8 della CEDU da parte della normativa nazionale in materia di accessi, ispezioni e verifiche delle autorità italiane presso i locali della società o comunque adibiti all’esercizio dell’attività professionale.
Segnatamente, la Cassazione ha evidenziato che la Corte EDU, nella sentenza Italgomme, ha ritenuto le misure previste dall’art. 35 della L. n. 4/1929 (per quanto riguarda la Guardia di Finanza) e dagli artt. 51 – 52 del D.P.R. n. 633/1972 e 32 – 33 del D.P.R. n. 600/1973 (per quanto riguarda l’Agenzia delle Entrate) “non […] sufficienti a delimitare la portata del potere discrezionale conferito alle autorità nazionali” rilevando che “il quadro giuridico interno non fornisce garanzie adeguate ed efficaci contro la Guardia di Finanza e l’Autorità fiscale, che esercitano un potere discrezionale illimitato, non essendo regolamentato il loro potere di valutare, in relazione all’accesso ed all’ispezione, l’adeguatezza, il numero, la durata e la portata di tali operazioni e delle informazioni richieste ai contribuenti” oltre al fatto che “la mancanza di un’autorizzazione giudiziaria preventiva non è bilanciata da altre garanzie effettive ed adeguate contro gli abusi e l’arbitrarietà, ovvero da un controllo giurisdizionale ex post della loro legittimità, necessità e proporzionalità”.
In ragione della sopraggiunta pronuncia la Suprema Corte ha dunque ritenuto opportuno sospendere la decisione assegnando il suddetto termine alle Parti in causa.