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Giurisprudenza

Anatocismo e usura su conto corrente: ultimi orientamenti del Tribunale di Torino

22 Luglio 2015

Tribunale di Torino, 21 luglio 2015, n. 5148

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza in oggetto, il Tribunale di Torino sancisce l’inammissibilità della domanda di ripetizione avanzata da una società correntista in relazione ad asseriti illegittimi addebiti in conto corrente essendo il medesimo ancora acceso al momento dell’insaturazione del giudizio: in costanza di rapporto, infatti, la domanda di ripetizione può essere limitata alle sole rimesse solutorie, “qualificabili quoad effectum pagamenti”, che è onere della parte attrice specificamente allegare – circostanza che non si è verificata nel caso di specie.

Ritiene invece il Tribunale che sia sempre ammissibile la domanda di rideterminazione del saldo “in quanto trattasi di accertamento costitutivo, rispondente ad un attuale e concreto interesse ad agire”: tuttavia, nel caso sub judice, la correntista non ha affatto formulato una domanda di accertamento “diretta a verificare se la rideterminazione del saldo avrebbe consentito una maggiore disponibilità della provvista, in quanto parte attrice non ha provato tale circostanza né ha dedotto un interesse concreto ed attuale ad averlo”, essendosi limitata a richiedere “l’accertamento delle dedotte ragioni di nullità, la ripetizione di quanto indebitamente percepito e il “risarcimento del danno””.

In ogni caso, tutte le doglianze della correntista sono prive di fondamento. Il Tribunale, infatti, ritiene del tutto valida la delibera Cicr del 9.02.2000 e, dunque, l’applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi nel periodo successivo alla sua entrata in vigore (che è il periodo oggetto di domanda dell’attore nella fattispecie), ove bilateralmente pattuita, laddove non sia dimostrato nel caso concreto il peggioramento a carico del correntista.

Circa spese e interessi ultralegali, il Giudice eccepisce la genericità delle doglianze attoree smentite peraltro dalla documentazione prodotta dalla Banca convenuta, e specificamente sottoscritta dall’attrice, che riporta tutte le condizioni economiche applicate al rapporto. Inoltre, avendo parte attrice sempre regolarmente ricevuto gli estratti conto, le contestazioni risultano tardive, non essendo intervenute nei termini del 119 TUB. Parimenti, la commissione di massimo scoperto risulta pattuita e mai tempestivamente contestata, oltreché legittima da un punto di vista causale, costituendo “una componente complessiva del costo del finanziamento, sub specie dell’intensità di utilizzo della provvista disponibile”. Rispetto alle doglianze sulle valute, il Tribunale osserva come la questione sia stata oggetto di un’apposita disciplina, il D.lgs. 11/2010, e come comunque nel caso di specie sia stata oggetto di disciplina pattizia. Pertanto, anche in questo caso, se vi fosse stata una scorrettezza nel conteggio dei giorni valuta, anche ciò avrebbe dovuto essere oggetto di tempestiva contestazione nei termini dei sessanta giorni.

In ordine all’usurarietà dei tassi applicati dalla Banca, il Giudice ritiene infondata la tesi della correntista, in quanto basata sulla necessaria inclusione della commissione di massimo scoperto nel T.E.G. contrariamente alle direttive di Banca d’Italia pro tempore vigenti (sino al 2009) e, concretamente, osservate dalla Banca, oltreché sull’impatto della capitalizzazione trimestrale degli interessi, quando, al contrario “la capitalizzazione degli interessi passivi non possa essere considerata ai fini del computo del tasso soglia e ciò perché mediante tale capitalizzazione (…) il debito da interesse passivo viene conglobato nel capitale, così mutando di regime giuridico, da obbligazione accessoria d’interessi a obbligazione principale per sorte capitale”.

Ancora, il Tribunale ha rigettato la domanda di nullità del contratto bancario per difetto di sottoscrizione, evidenziando come l’eccezione della correntista sia “superata per effetto della produzione in giudizio delle copie dei contratti sottoscritti dalla società correntista (…)” precisando come “la nullità formale in questione è nullità di protezione in favore del correntista; ed è altresì evidente che il bene giuridico che l’ordinamento intende proteggere è l’integrità del consenso e la consapevolezza informativa della parte debole. In tale prospettiva è evidente che rilievo tranciante può avere solo la mancata sottoscrizione da parte del correntista, non certo quella della Banca”.

Ne consegue il rigetto integrale delle domande della correntista da parte del Tribunale di Torino.

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