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Giurisprudenza

L’amministratore delegato con funzioni di gestione non è ammesso al passivo fallimentare con privilegio

28 Marzo 2017

Sara Scapin

Cassazione Civile, Sez. I, 21 febbraio 2017, n. 4406

Con la pronuncia in esame la Cassazione torna nuovamente a ribadire il principio per cui l’amministratore delegato con funzioni di gestione non può essere considerato come lavoratore subordinato e, quindi, non è ammesso al passivo fallimentare con privilegio generale di cui all’art. 2751-bis, n. 2. L’amministratore, infatti, secondo la Corte, non fornisce una prestazione d’opera intellettuale, né il contratto che lo lega alla società è assimilabile al contratto d’opera.

Tale sentenza va letta alla luce di quanto recentemente affermato dalle Sezioni Unite, per le quali il rapporto di lavoro intercorrente tra amministratori e società non deve considerarsi come un rapporto di natura parasubordinata, ma, piuttosto, come di carattere societario. Pertanto, in considerazione dell’immedesimazione organica tra persona fisica ed ente e dell’assenza del requisito della coordinazione, non risulta ricompreso in quelli di cui al n. 3 dell’art. 409 c.p.c.

Nel caso di specie, a seguito della dichiarazione di fallimento della società a responsabilità limitata per la quale lavorava, l’amministratore delegato proponeva richiesta di ammissione al passivo per il credito relativo al proprio compenso, invocando appunto il privilegio sulla base della qualificazione dell’attività svolta all’interno del contratto di prestazione d’opera intellettuale. Il credito veniva ammesso al chirografo, ed il Tribunale di Ivrea rigettava l’opposizione allo stato passivo, osservando come non si fosse in presenza di rapporto di lavoro di natura subordinata, non essendovi stato alcun assoggettamento dell’amministratore delegato alle decisioni prese dagli altri membri del consiglio di amministrazione operanti nella sede francese della società.

L’amministratore delegato proponeva, dunque, ricorso per cassazione, il quale veniva rigettato dalla Suprema Corte.

Quest’ultima, infatti, abbracciando un consolidato orientamento giurisprudenziale,  evidenzia come il credito costituito dal compenso in favore dell’amministratore di società, anche se di nomina giudiziaria, non è assistito dal privilegio generale di cui all’art. 2751-bis, n. 2, c.c., atteso che egli non fornisce una prestazione d’opera intellettuale, né il contratto tipico che lo lega alla società è assimilabile al contratto d’opera di cui agli artt. 2222 e ss. c.c., non presentando gli elementi del perseguimento di un risultato, con la conseguente sopportazione del rischio, mentre l’”opus” (e cioè l’amministrazione) che egli si impegna a fornire non è, a differenza di quello del prestatore d’opera, determinato dai contraenti preventivamente, né è determinabile aprioristicamente, identificandosi con la stessa attività d’impresa.


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