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Attualità

Affidamenti in house: il vademecum dell’ANAC

9 Marzo 2021

Antonio Lirosi e Carmine Pepe, Gianni & Origoni

Di cosa si parla in questo articolo

Con le Linee Guida in consultazione l’ANAC si propone di precisare i presupposti e le modalità del legittimo ricorso allo strumento dell’affidamento in house. A tal fine, infatti, l’art. 192, c. 2, del D.Lg. 50/2016 costituisce una disposizione particolarmente articolata e complessa in quanto richiede che l’affidamento in house abbia ad oggetto “un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza” e, al contempo, esige dalle stazioni appaltanti di effettuare “preventivamente” la valutazione sulla congruità economica dell’offerta nonché una serie di adempimenti. Tra questi, in particolare, (i) la valutazione di congruità, come accennato, che deve comprendere l’oggetto e il valore della prestazione (ii) l’esplicitazione delle “ragioni del mancato ricorso al mercato” (iii) la motivazione sui “benefici per la collettività della forma di gestione prescelta”, avuto riguardoad una serie di aspetti,tra cui quelli di“universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.

La disciplina degli affidamenti in house, dunque, quale speciale ipotesi derogatoria all’obbligo di esperire procedure di evidenza pubblica, dalla sua embrionale elaborazione e giurisprudenziale, ha trovato sempre oggi maggior spazio nel diritto positivo, ed oggi vede una propria specifica disciplina che si arricchisce dell’intervento regolatorio dell’ANAC. Non vi sono, peraltro, soltanto le previsioni del codice dei contratti pubblici (in particolare il menzionato art. 192) ma, soprattutto, quella del c.d. testo unico delle società pubbliche, il D.Lgs. 175/2016 (e, in particolare, gli artt. 4 e 16). Ne risulta un duplice ordine di limiti, derivanti dai due suddetti testi normativi, che oggi circoscrivono vistosamente l’in house di notevoli cautele, relegandolo a strumento di carattere eccezionale e di non agevole utilizzo nel panorama delle diverse modalità per l’affidamento di lavori, servizi e forniture da parte delle pubbliche amministrazioni.

L’intervento dell’ANAC si propone di mettere a fuoco e chiarire gli aspetti più complessi di tale disciplina che riguardano in particolare gli adempimenti prodromici agli affidamenti in house affinché questi siano legittimamente disposti e che proprio il carattere ormai evidentemente restrittivo della disciplina rende particolarmente gravosi.

L’intervento dell’Autorità giunge dunque in modo opportuno al fine di dare contenuto all’onere di motivazione posto ex lege e si pone, consapevolmente, a valle della conferma della compatibilità con l’ordinamento eurounitario della normativa nazionale affermata dall’ordinanza della Corte di Giustizia, sez. IX, 6 febbraio 2020, nelle cause riunite C-89/19 e C-91/19 cha ha deciso le questioni rimesse dal Consiglio di Stato con ordinanze di remissione n.138 del 7 gennaio 2019, n. 293 del 14 gennaio 2019 e n. 296 del 15 gennaio 2019.

La Corte di Giustizia ha confermato la legittimità dell’ opzione “restrittiva” prescelta dal Legislatore del 2016 in relazione all’in house, e ciò in virtù del principio euro-unitario di autodeterminazione degli Stati membri sulle proprie scelte gestionali derivante dal considerando § 5 della Direttiva 2014/14 UE rispetto al quale è per indifferente per l’ordinamento euro-unitario che uno Stato membro introduca delle condizioni stringenti tese alla verifica dell’economicità e dell’efficienza del modello dell’autoproduzione rispetto al ricorso mercato.

Ad analoghe conclusioni è pervenuta anche la sentenza della Corte Costituzionale n. 100/2020 che ha ritenuto l’art. 192 del D.lgs. 50/16 non in contrasto con i limiti posti dalla delega legislativa e, in particolare, con il divieto di c.d. gold plating. Ad avviso della Corte, infatti, la norma si risolve in una restrizione dei casi in cui è consentito il ricorso alla gestione in house del servizio e, quindi, della possibilità di derogare alla regola comunitaria concorrenziale dell’affidamento del servizio stesso mediante gara pubblica. In quest’ottica si è osservato, per contro, come la disciplina in esame conduce ad un’applicazione più estesa della regola di derivazione eurounitaria della gara pubblica e quindi una disciplina pro-concorrenziale più rigorosa: dunque se pure tale regola non è imposta dal diritto dell’Unione e dunque non è costituzionalmente obbligata, neppure si pone in contrasto con esso e quindi con i principi costituzionali.

Le Linee Guida si inseriscono quindi in tale quadro e propongono nell’arduo compito di indirizzare le amministrazioni nella delicata fase di scelta, nel rispetto del principio di autodeterminazione, del modello organizzativo da seguire. Si tratta di linee guida non vincolanti secondo la previsione generale dell’art. 213, c. 2, del D.Lgs. 50/2016 aventi lo scopo di orientare l’azione degli enti interessati verso comportamenti conformi alla normativa vigente ed uniformi, favorendo la diffusione di best-practice e, quindi, in ultima analisi, far sì che le amministrazioni assolvano correttamente l’onere di motivazione rafforzato (e la sottesa istruttoria) di cui all’art. 192, c. 2, D.Lgs. 50/2016.

L’obiettivo dell’Autorità, tuttavia, non sembra limitarsi soltanto a quello di garantire un’applicazione omogenea e legittima del quadro normativo (e quindi prevenire l’adozione di atti passibili di impugnazione giurisdizionale). L’ANAC sembra infatti anche proporsi anche uno scopo ulteriore e per certi aspetti più ampio rispetto a quello meramente regolatorio/di prassi, vale a dire quello di predeterminare i casi della propria azione di impugnazione giurisdizionale diretta ai sensi dell’art. 211, commi 1-bis e ter del D.lgs. 50/2016.

Ed invero, nella proposta di Linee Guida l’ANAC contempla espressamente tale possibilità a fronte di affidamenti in house che non siano rispettosi delle modalità ivi indicate (così come già previsto nelle Linee guida n. 7 per gli affidamenti effettuati da amministrazioni aggiudicatrici non iscritte o cancellate dall’elenco di cui all’articolo 192, comma 1, del codice dei contratti pubblici)

Dal punto di vista dell’ambito applicativo soggettivo va quindi anzitutto sottolineato che le amministrazioni destinatarie della proposta regolatoria sono proprio quelle che si siano avvalse della facoltà di iscriversi tra i soggetti abilitati agli affidamenti in house secondo le predette Linee Guida n. 7.

Gli aspetti sui quali l’ANAC sollecita la consultazione sono invece diversi.

Il primo è quello dell’ambito applicativo oggettivo di applicazione dell’art. 192, c. 2, del Codice. L’ANAC infatti, adotta un’interpretazione restrittiva, sostanzialmente ritenendo possibile l’in house solo per i “servizi presenti sul mercato in regime di concorrenza” con esclusione, dunque, dei lavori e delle forniture nonché dei servizi al momento dell’affidamento, o in futuro, non disponibili nel mercato.

Al riguardo è possibile osservare che in linea generale la scelta di limitare ai soli “servizi” appare coerente con i (limitati) casi in cui il D.Lgs. 175/16 ammette la costituzione di quella particolare società a partecipazione pubblica che è l’in house. Maggiori perplessità desta, invece, la decisione dell’ANAC di limitare l’in house ai soli servizi effettivamente disponibilisul mercato con esclusione anche di quelli che potranno esserlo in futuro a seguito di attività di adeguamento da parte dei possibili esecutori. Tale esclusione, come riconosce l’ANAC, onera le amministrazioni di un quid pluris sul piano istruttorio e motivazionale; infatti nel valutare l’esistenza del servizio sul mercato, la stazione appaltante sarà a rigore chiamata anche ad un’impegnativa indagine volta ad escludere la sussistenza di una possibile offerta del servizio in questione da parte del mercato e, in particolare, di possibili esecutori che, solo al momento dell’affidamento, non siano in grado di offrire il servizio ma che potrebbero esserlo in futuro.

L’aspetto centrale dell’affidamento in house si conferma essere quello dell’onere di motivazione che deve abbracciare una pluralità di aspetti che giustifichino la scelta del modulo organizzativo.

Il mancato ricorso al mercato, infatti deve basarsi sostanzialmente, sulla congruità economica dell’offerta e ai benefici per la collettività della forma di gestione prescelta.

L’ANAC riprende dunque i criteri elaborati dalla giurisprudenza amministrativa in ordine all’onere di motivazione rafforzato precisando come la valutazione di congruità debba essere concreta, riscontrabile, controllabile, intellegibile e pregnante sui profili della convenienza, non solo economica, della scelta e che dovrà essere quindi riportata nella determina a contrarre nella generalità dei casi, ovvero, per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, nella relazione, da pubblicarsi sul sito internet dell’ente, di cui all’, l’articolo 34, comma 20, del decreto legge n. 179 del 2012, convertito in legge n. 221 del 2012. Oggetto di consultazione è tuttavia quale sia il primo atto utile nel quale detta motivazione possa e debba essere contenuta. Al riguardo, appare opportuno – ma ciò costituisce una opzione più de iure condendo che una possibile interpretazione dell’attuale quadro normativo – che tale momento sia anticipato e distinto rispetto alla decisione indittiva. Ciò in particolare al fine di tenere distinti i due momenti, ovvero quello motivazionale istruttorio e quello di affidamento e far sì, attraverso anche l’adozione di due atti autonomi e la conseguente decorrenza di due autonomi termini di impugnazione, di evitare che le possibili contestazioni sulla motivazione si traducano automaticamente in una caducazione degli atti di affidamento che, a loro volta, travolgerebbero gli atti contrattuali e societari.

Quanto all’istruttoria nelle linee guida vengono individuati sostanzialmente tre aspetti che devono essere oggetto di indagine da parte dell’amministrazione.

In primo luogo, l’amministrazione è tenuta ad accertare la presenza sul mercato del servizio che intende, invece, affidare in house. A tal fine l’ANAC individua quale modalità uno strumento noto, vale a dire, le consultazioni preliminari di mercato ai sensi dell’art. 66 e 67 del D.Lgs. 50/2016 e già oggetto delle linee guida n. 14.

In secondo luogo, è necessario che l’amministrazione valuti la congruità del prezzo stimato per l’affidamento in house. L’ANAC individua a tal fine diversi strumenti dai quali desumere la congruità degli importi oggetto di affidamento fra questi in particolare, i prezzi di riferimento elaborati dall’ANAC ove già esistenti, per determinate categorie merceologiche, i prezzi delle convenzioni Consip (ma, occorre aggiungere, anche i relativi parametri tecnico- qualitativi), gli elenchi di prezzi definiti mediante l’utilizzo di prezzari ufficiali, i prezzi medi risultanti da gare bandite per l’affidamento di servizi identici o analoghi oppure il costo del servizio determinato tenendo conto di tutti i costi necessari alla produzione (costi del personale, delle materie prime, degli ammortamenti, costi generali imputabili per quota).

Per i servizi pubblici locali, invece, la valutazione di congruità è soggetta alla previsione di cui all’articolo 1, comma 550 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), il quale prevede che la valutazione è effettuata ai sensi del comma 553 della medesima leg , e, quindi, con riferimento ai parametri standard dei costi e dei rendimenti costruiti nell’ambito della Banca dati delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 13 della legge 31/12/2009, n. 196, utilizzando le informazioni disponibili presso le Amministrazioni pubbliche. In tal senso rilevano analisi e studi elaborati da Istituti di ricerca, da Associazioni rappresentative e da organismi pubblici, che delineano soluzioni per la possibile definizione dei costi e dei parametri

In terzo luogo, la motivazione deve dare atto dei benefici per la collettività conseguibili mediante l’affidamento diretto alla società in house, operando un raffronto comparativo rispetto agli obiettivi perseguibili mediante il ricorso al mercato. In particolare, sono valutati gli obiettivi di: a) universalità e socialità; b) efficienza; c) economicità e qualità del servizio; d) ottimale impiego delle risorse pubbliche.

In definitiva l’intervento dell’ANAC appare costituire una sorta di vademecum, una checklist che l’amministrazione deve controllare e valutare prima di intraprendere il percorso procedimentale che conduce all’affidamento in house. Ciò appare senz’altro da considerare con particolare favore anche in ragione del fatto che, in tal modo, l’ANAC sta predeterminando e “tipizzando” l’eventuale esercizio del proprio potere di impugnazione diretta a fronte di eventuali affidamenti in house operati in difformità dagli articolati presupposti sin qui tratteggiati. Ciò, peraltro, nella ormai acquisita certezza della specialità ed eccezionalità dell’affidamento in questione in quanto sottratto alle ordinarie regole di affidamento attraverso procedure competitive nel mercato di riferimento.

 

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