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Antiriciclaggio: l’ECOFEL sensibilizza le FIU sui crimini contro la fauna selvatica

14 Maggio 2021

Giampaolo Estrafallaces, Consigliere senior della Banca d’Italia

Di cosa si parla in questo articolo
AML

Sommario[*]: 1. Premessa; 2. Brevi note su “ECOFEL”; 3. Il ruolo delle FIU secondo il rapporto ECOFEL; 4.Critical industries; 5. La filiera del traffico di specie selvatiche; 6. La connessione con altri reati; 7. Il richiamo agli indicatori elaborati dal GAFI; 7.1 Client profiles (individuals and corporates); 7.2 Transactions and client account activity; 7.3 “Other”; 8. Considerazioni conclusive.

 

1. Premessa

Per criminalità ambientale o reati ambientali o environmental crime si intendono le attività illegali che causano danni all’ambiente e minacciano la sostenibilità degli ecosistemi.

A partire dal 2019 questo genere di comportamenti è stato incluso dal GAFI fra i Designated categories of offences, cioè fra i reati presupposto del riciclaggio di denaro[1].

Secondo EUROPOL rientrano nell’ambito dei reati ambientali:

  • la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento scorretto di rifiuti;
  • la gestione illegale di un impianto in cui viene svolta un’attività pericolosa o nel quale sono immagazzinate sostanze o preparati pericolosi;
  • l’uccisione, la distruzione, il possesso o il commercio di specie selvatiche protette, animali o vegetali;
  • la produzione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione o l’utilizzo di sostanze che riducono lo strato di ozono.

Sono, inoltre, inclusi, se condotti illegalmente, anche il disboscamento, la pesca e le attività estrattive.

Un sottoinsieme dei crimini ambientali è rappresentato dalla criminalità contro la fauna selvatica (wildlife crime) espressione comprensiva degli atti – ivi inclusi la caccia, il bracconaggio, la cattura, il possesso, il trasporto o la vendita di specie protette – posti in violazione delle normative nazionali e internazionali finalizzate alla tutela delle risorse naturali.

Per comprendere le dimensioni del fenomeno a livello globale si consideri che, secondo dati forniti dal World Bank Group – WBG, i proventi del commercio illegale di specie selvatiche, altresì noto come IWT, “Illegal Wildlife Trade”, sono stati stimati tra 7 e 23 miliardi di dollari annui[2].

Secondo le indicazioni fornite dal Segretariato della Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora, CITES (d’ora innanzi “Convenzione”)[3] il wildlife crime“include anche l’occultamento e il riciclaggio dei benefici finanziari derivanti da questi crimini”[4].

Poiché, tra l’altro, il commercio illegale di prodotti legati alla fauna selvatica è tipicamente condotto a livello transfrontaliero, anche il riciclaggio dei proventi che ne scaturiscono, coinvolgendo il più delle volte soggetti che operano in differenti giurisdizioni, assume spesso il carattere della transnazionalità.

2. Brevi note su “ECOFEL”

Con l’espressione “Gruppo Egmont” si fa riferimento a un organismo costituito nel 1995 presso l’Egmont Palace di Bruxelles, da un numero ristretto di unità di informazione finanziaria (d’ora innanzi FIU), via, via cresciuto fino ad associare 164 FIU, con la finalità di promuovere la cooperazione internazionale nel campo del contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.

Il “Gruppo”, che ha il proprio Segretariato in Canada, a Toronto, tra l’altro, gestisce e sviluppa la rete internazionale protetta denominata Egmont Secure Webper lo scambio di informazioni tra FIU[5].

Nel 2016, nell’ambito del “Gruppo Egmont” è stato avviato il progetto Egmont Centre of FIU Excellence and Leadership (d’ora innanzi ECOFEL), dapprima finanziato unicamente dal Governo del Regno Unito, tramite l’UKAID, precedentemente noto come Global Poverty Action Fund (GPAF), un fondo finanziato dall’ex Department for International Development (DFID), ora Foreign, Commonwealth & Development Office (FCDO), per intervenire in aiuto di persone disagiate nel mondo.

Attualmente, all’azione di sostegno dell’UKAID in ECOFEL si è unita quella del Governo Federale Elvetico tramite la Segreteria di Stato per l’economia (SECO) presso il Dipartimento dell’economia, della formazione e della ricerca.

ECOFEL, parte integrante del Gruppo Egmont (cfr. figura 1), è attivo da aprile 2018 come “braccio operativo” del gruppo di lavoro denominato “Technical Assistance and Training Working Group” (TATWG) e ha i propri uffici a Ottawa, Canada.

Obiettivo dichiarato di ECOFEL è quello di far progredire le attività di ricerca finalizzate a migliorare il ruolo delle FIU fornendo a queste supporto. A tal fine ECOFEL promuove la condivisione di best practices, l’introduzione di strumenti innovativi per le FIU e fornisce assistenza tecnica a queste ultime attraverso azioni di mentoring[6], coaching, scambi di personale, corsi di formazione specializzati, la messa a disposizione di una libreria di materiali di riferimento, lo sviluppo di piattaforme di e-learning e altri meccanismi di supporto.

Fig.1

Structure and Organization of the Egmont Group of Financial Intelligence Units[7]

3. Il ruolo delle FIU secondo il rapporto ECOFEL

Nel contesto descritto si colloca il progetto denominato Financial Investigations in Wildlife and Forestry Crime (d’ora innanzi “FIWFC”) avviato sin dal 2018 da ECOFEL per l’analisi delle tendenze dei flussi finanziari relativi alla fauna selvatica e alla criminalità forestale e promuovere il coinvolgimento delle unità di intelligence finanziaria nello sviluppo delle relative indagini.

Sebbene, infatti, ogni attore che partecipi alla perpetrazione di crimini contro la fauna selvatica conduca transazioni finanziarie, storicamente si contano in tutto il mondo poche indagini finanziarie su tale tipo di criminalità che resta, quindi, caratterizzata da un elevato livello di redditività e da un basso rischio per i responsabili.

Al contrario, anche in tale ambito le FIU potrebbero svolgere un ruolo rilevante partendo dall’esame delle segnalazioni di operazioni sospette per individuare e analizzare i flussi dei proventi, ivi inclusi quelli connessi ai beni eventualmente sequestrati, nonché per riconoscere gli strumenti di pagamento utilizzati e le tecniche per riciclare tali tipi di proventi, contribuendo in tal modo all’individuazione delle reti criminali[8].

Le finalità del progetto FIWFC sono le seguenti:

  1. fornire alle parti interessate una migliore comprensione del modo in cui la corruzione, il riciclaggio di denaro e i crimini economici in generale si realizzano nel contesto del commercio di animali selvatici, aumentando così la capacità di contrasto nei confronti dei diversi attori coinvolti;
  2. migliorare la comunicazione e la cooperazione fra le parti interessate, cioè tra le istituzioni finanziarie, le unità di intelligence finanziaria, le organizzazioni governative e le forze dell’ordine;
  3. disincentivare tali attività criminali trasformandole in attività ad alto rischio e a bassa redditività in cui non è più conveniente impegnarsi.

Nel solco della finalità sub a, ECOFEL ha pubblicato a gennaio 2021 un primo report realizzato da un team che si è dapprima impegnato, da novembre 2019 a agosto 2020, nell’analisi di precedenti elaborati realizzati da organizzazioni internazionali e di articoli pubblicati in argomento da riviste specializzate.

Il team del progetto ha successivamente compilato un database dei sequestri realizzati in tutto il mondo aventi ad oggetto animali selvatici, utilizzando materiale disponibile su fonti aperte che ha consentito di acquisire informazioni anche sui flussi finanziari relativi ai crimini contro la fauna selvatica.

Inoltre, da marzo a giugno 2020, il team ha predisposto e distribuito alle FIU e alle agenzie ambientali (d’ora innanzi “EA”) situate in tutti gli Stati del mondo un questionario, ricevendo 59 risposte da FIU[9] e 29 da EA[10].

Infine, la redazione del report è stata arricchita da informazioni raccolte nell’ambito di un seminario tenutosi a Bangkok, nei giorni 11 e 12 marzo 2020, cui hanno partecipato rappresentanti di FIU, agenzie doganali, organizzazioni non governative e forze dell’ordine dell’Asia e del Pacifico[11].

Il report, pubblicato a gennaio 2021, prende in considerazione non solo la caccia illegale, il bracconaggio, la cattura, il possesso, il trasporto ma anche il commercio illegale di specie individuate dalla Convenzione o altre specie comunque protette e utilizzate in numerose attività industriali, nonché nell’ambito dell’ecoturismo e della medicina tradizionale.

Con tale intervento ECOFEL – rinviando ad una fase successiva l’approfondimento delle attività di sfruttamento della flora selvatica -si propone la finalità immediata di stimolare le FIU ad una più attenta considerazione dei fenomeni attinenti la criminalità ambientale ivi incluse leattività illecite relative alla fauna selvatica, evidenziando nel contempo l’utilità, al fine di contrastare questo tipo di fenomeno criminoso, di indagini di tipo finanziario sui proventi derivanti da tali illeciti. D’altro canto a parere di ECOFEL l’efficacia di questo tipo di indagini finanziarie richiede maggiore cooperazione e coordinamento tra le diverse autorità/agenzie nazionali, ivi incluse le FIU.

Al contrario, molte indagini sui crimini contro la fauna selvatica sono condotte unicamente dalle forze dell’ordine e dalle agenzie ambientali, mentre solo il 28 per cento delle FIU che hanno risposto al questionario sarebbe stato coinvolto in indagini sull’argomento[12].

La rilevanza di un approccio AML/CFT anche in tema di crimini contro specie protette, ribadita dal GAFI con la recente pubblicazione del rapporto intitolato Money Laundering and the illegal wildlife trade[13]offrirebbe secondo ECOFEL indubbi vantaggi in quanto la normativa antiriciclaggio potrebbe portare alla irrogazione, nei confronti dei colpevoli di reati contro la fauna selvatica che venissero imputati anche per riciclaggio[14], di pene più severe di quelle previste dalla legislazione ambientale[15] ritenute poco idonee a scoraggiare la commissione di tali reati[16]: si pensi ad esempio all’ipotesi di chi, pur essendo a conoscenza del carattere illecito delle attività svolte e, quindi, implicitamente consapevole di essere retribuito con proventi di attività vietate dalla legge, stipuli un contratto di locazione di un opificio o di un immobile destinato ad attività commerciale presso cui siano occultate o lavorate o vendute materie legate al traffico di specie selvatiche[17].

La rilevata difficoltà di talune FIU a cogliere il fenomeno di cui si tratta dalle segnalazioni di operazioni sospette, già di per sé stesse esigue, potrebbe essere superata attraverso metodi empirici sviluppati da alcune FIU: fra questi, in particolare, si colloca l’estrapolazione delle segnalazioni attraverso la ricerca di parole chiave, come quelle legate ai nomi di specie animali riconducibili alle highly trafficked species, o tenendo comunque presenti soggetti che operano in regioni o Paesi identificati come ad alto rischio nel settore del commercio illegale di animali selvatici, o monitorando la clientela che operi in settori comunemente implicati nel commercio illegale di fauna selvatica (v. infra “Critical industries”) e che, per ipotesi, operi nella valuta dei Paesi interessati a tale fenomeno.

Per quanto ovvio, quale che sia il metodo di individuazione delle segnalazioni rilevanti utilizzato, è necessaria da parte delle FIU la conoscenza specifica della natura e della portata del commercio illegale di specie selvatiche che includa la individuazione delle specie maggiormente soggette a traffici illeciti, delle rotte commerciali e delle industrie interessate[18].

Le fonti per una conoscenza più robusta del fenomeno da parte delle FIU sono rappresentate dai report delle diverse autorità ambientali[19], ivi inclusa quella del paese di appartenenza della FIU, nonché dalle informazioni che possono essere fornite dalle forze dell’ordine, dalle organizzazioni non governative impegnate sul campo nella tutela dell’ambiente e dalle autorità doganali (cfr. figura 2).

Fig.2

Elaborazione dell’autore.

Riguardo quest’ultimo aspetto ECOFEL ha rilevato che molte delle FIU coinvolte nella compilazione del questionario che ha permesso la pubblicazione del report a gennaio 2021 hanno comunicato che le informazioni fornite dalle autorità doganali, compresi i dettagli sui sequestri di prodotti, e i metodi di occultamento delle merci illecite, sono state preziose per lo svolgimento delle indagini finanziarie e, in particolare, per la comprensione dei profili personali degli autori e del loro modus operandi[20].

Ancora maggiore potrebbe essere il contributo all’avvio delle indagini finanziarie offerto da una più intensa collaborazione fra FIU, mentre, al contrario, dal report ECOFEL è emerso che solo 12 FIU hanno condiviso informazioni con controparti estere in materia di criminalità contro la fauna selvatica.

Tra l’altro ECOFEL segnala le potenzialità insite nel futuro utilizzo da parte delle FIU di database denominati Trade in Wildlife Information eXchange (TWIX) i quali consentono la condivisione dei dati sui sequestri dell’IWT tra forze dell’ordine, agenzie ambientali e alcune organizzazioni internazionali[21].

A ciò si aggiunga il contributo che, all’efficacia delle attività delle FIU, può venire dal ruolo dell’International Consortium on Combating Wildlife Crime (d’ora innanzi “ICCWC”) nato dalla collaborazione tra il Segretariato della “Convenzione”, l’INTERPOL, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC), la Banca mondiale e l’Organizzazione mondiale delle dogane (WCO).

La finalità dell’ICCWC è quella di “inaugurare una nuova era in cui gli autori di gravi crimini legati alla fauna selvatica e alle foreste dovranno affrontare a risposta temibile e coordinata, piuttosto che l’attuale situazione in cui il rischio di essere scoperti e puniti è fin troppo basso”(trad. dell’A.)[22].

Pertanto l’ICCWC, tramite le agenzie partner mette a disposizione, delle forze dell’ordine e dell’autorità giudiziaria che si occupano di perseguire questo genere di crimini nei diversi Paesi strumenti, servizi, formazione, supporto tecnico e operativo, oltre a database assistiti da canali di comunicazione, in grado di consentire la diffusione, in sicurezza e in tempo reale, di informazioni utili nelle loro attività di indagine.

Infine, per arricchire le conoscenze delle FIU sulla materia, sarebbe opportuno considerare forme di collaborazione (acquisizione di segnalazioni e pareri, formazione di gruppi di lavoro e/o comitati) con le organizzazioni non governative attive nel settore delle problematiche ambientali che, come constatato da ECOFEL, sono in possesso di conoscenze tecniche con specifico riferimento a talune regioni geografiche.

4. Critical industries

Dalle risposte fornite dagli intervistati sono altresì emerse indicazioni su quei settori produttivi che possono essere definiti in tale contesto “critical industries”[23] la cui comprensione può aiutare le FIU a sviluppare, in questo contesto, indicatori di riciclaggio di denaro.

Ilprimo di tali settori è quello legato all’utilizzo di prodotti derivanti da alcune specie selvatiche per le pratiche riconducibili alla c.d. “medicina tradizionale”: a titolo di esempio, i dati forniti dalle autorità canadesi (Environment and Climate Change Canada) evidenziano come, tra il 2015 e il 2020 la maggior parte dei sequestri su spedizioni transfrontaliere effettuate in Canada riguardassero prodotti riconducibili alla “medicina tradizionale” confezionati con ingredienti rivenienti da specie selvatiche protette. In particolare, per tali prodotti spesso verrebbero utilizzati animali come rinoceronti, pangolini, tigri, giaguari e orsi[24].

Ilsecondo settore è quello dei negozi di animali esotici che, anche attraverso vendite on line, possono essere coinvolti nel commercio illegale di animali vivi appartenenti a specie protette. Similare a quello testé richiamato è il settore della tassidermia.

In tale ambito vanno, altresì, collocate come “critical industries” le “Hunting companies” cioè società che offrono la possibilità di cacciare specie esotiche in presenza di specifici permessi. In argomento, come riferito da ECOFEL, l’organizzazione no profit International Fund for Animal Welfare (IFAW)avrebbe rilevato un legame fra tali attività e il bracconaggio di rinoceronti: in sostanza almeno in un caso risulterebbe che la caccia sia stata un semplice espediente per l’acquisto, da parte di trafficanti internazionali, di corna di rinoceronte. Analogo è il caso di utilizzo di società che promuovono l’ecoturismo, di cui diversi Stati hanno segnalato il coinvolgimento nel commercio illegale di fauna selvatica[25].

Possono essere di rilievo anche le attività svolte dai laboratori per la realizzazione e/o per la vendita di gioielli, bigiotteria, souvenir e articoli di moda, che potrebbero utilizzare, per confezionare i loro prodotti, parti di specie selvatiche come elefanti, rinoceronti e tartarughe. Si tratta tra l’altro, generalmente, di oggetti di piccole dimensioni che si prestano facilmente a pratiche di contrabbando.

5. La filiera del traffico di specie selvatiche

Nelle attività descritte giocano un ruolo diversi Paesi e attori.

Sotto il primo aspetto, la catena di approvvigionamento del commercio illegale coinvolge tre tipi di paesi:

  • “source countries”,in cui la fauna selvatica viene inizialmente catturata, uccisa o cacciata di frodo. Come rilevato dal GAFI si tratta, in generale di Paesi ricchi di biodiversità ma con un sistema di supervisione da parte delle forze dell’ordine e un apparato giudiziario deboli[26];
  • “transit countries”,che svolgono la funzione di hub per la successiva esportazione di prodotti illegali tratti dai crimini contro la fauna selvatica. Sempre secondo il GAFI si tratta di Paesi caratterizzati da elevati livelli di corruzione;
  • “destination countries”, cioè quei Paesi in cui i prodotti della fauna selvatica vengono venduti e consumati per vari scopi.

Come esempio della filiera appena descritta, secondo le informazioni fornite dal Center for Advanced Defense Studies (v. supra nota 24),i dati sui sequestri effettuati dal 2015 al 2019 evidenziano che la Repubblica Democratica del Congo, in quanto habitat di tutte le varietà africane del pangolino, è la fonte principale del mercato di tale tipo di specie. D’altro canto, la Nigeria è un paese di transito per il commercio illegale di pangolini[27]. Quanto ad un esempio di “destinationcountry”, la Cina è uno dei principali paesi dove i pangolini vengono commercializzati illegalmente, in quanto le loro squame sono utilizzate in loco nella medicina tradizionale.

Lungo il percorso descritto si muove una pluralità di attori con compiti diversi (cfr. figura 3).

Fig.3

Actors Supply Chain

Elaborazione dell’autore.

Il primo step è rappresentato dall’attività dei bracconieri che catturano o uccidono illegalmente le specie selvatiche nel loro habitat. Il contante in valuta locale è il metodo di pagamento principale a questo livello nella catena di approvvigionamento[28] cui segue l’attività di un primo tipo di intermediario o broker che acquista i prodotti illegali direttamente dal bracconiere nella comunità di origine e li trasporta a un ulteriore intermediario di più alto livello che si serve del broker come soggetto interposto per eliminare ogni collegamento fra lui e il bracconaggio.

Le transazioni finanziarie tra il broker e l’intermediario, poiché sono di ammontare consistente e, comunque, superiore a quelle dei livelli precedenti, possono essere condotte tramite bonifici bancari o servizi online.

Agli intermediari seguono soggetti che operano nel campo dell’import/export, sovente con l’utilizzo di società di comodo e ricorrendo a comportamenti corruttivi, che si occupano di spostare la fauna selvatica o i prodotti ad essa connessi da una parte all’altra del globo. Il trasporto, che si presenta altamente frazionato, può avvenire mediante l’utilizzo di documenti falsi[29] o mediante l’occultamento dei prodotti fra altre merci, e con mezzi diversi come yacht, auto private, vettori postali, collegamenti ferroviari e aerei, sia tramite spedizione sia nel bagaglio registrato o nel bagaglio a mano.

Per occultare il vero paese di origine non di rado vengono effettuate triangolazioni con container che transitano per paesi terzi presso i quali vengono modificati i documenti di accompagnamento delle merci[30]. Le transazioni finanziarie possono comportare il trasferimento di ingenti somme di denaro a livello internazionale tramite bonifici bancari o altri servizi online.

Nel paese di destinazione i beni sono acquistati da grossisti, che il più delle volte vendono anche prodotti legittimi, e che li distribuiscono ai commercianti al dettaglio. A seconda degli importi le transazioni possono comportare il trasferimento di denaro tramite bonifici bancari o altri servizi online.

I commercianti al dettaglio vendono il prodotto finito al consumatore finale svolgendo questa attività spesso unitamente a un’attività lecita come, ad esempio, potrebbe avvenire in una gioielleria in cui si vendano, accanto a monili di origine lecita, perle d’avorio di cui è vietato il commercio e la realizzazione. Le transazioni possono avvenire in contanti o con metodi di pagamento online come PayPal o WeChat Pay.

I profitti associati ai prodotti della fauna selvatica aumentano in misura consistente lungo la catena di approvvigionamento: in alcuni casi si sono riscontrati aumenti dal bracconiere all’acquirente finale del 1.000 per cento[31].

6. La connessione con altri reati

Per quanto ovvio comportamenti finalizzati al riciclaggio, cioè diretti a occultare l’origine illecita della provvista, sono riscontrabili ad ogni livello della catena descritta, senza tuttavia escludere che ciascuno degli attori potrebbe perpetrare altri reati: ad esempio, il broker a seconda dei casi potrebbe essere imputato anche di contrabbando; gli esportatori potrebbero incorrere in violazioni della normativa valutaria; i grossisti e i commercianti al dettaglio, di evasione fiscale.

Oltre a ciò, uno dei fattori chiave nel commercio illegale di specie selvatiche risulta essere il ricorso a pratiche corruttive che possono, tra l’altro, riscontrarsi ad ogni livello della catena di approvvigionamento: ad esempio, è possibile un’azione corruttiva di più basso livello perpetrata nei confronti di guardie forestali finalizzata a rendere più facili gli atti di bracconaggio; in Cina, invece, è emerso come il commercio illegale di fauna selvatica transfrontaliera sia stato agevolato da scambi di doni tra i funzionari governativi e coloro che commerciavano specie o prodotti vietati ai sensi della “Convenzione”.

In tale contesto, a riprova dell’utilità delle indagini condotte dalle FIU, ECOFEL ha evidenziato il successo conseguito nell’azione di smantellamento di un sistema di bracconaggio finalizzato al commercio di corni di rinoceronte grazie all’apporto della Financial Intelligence Center (FIC) Sud Africa, la cui azione ha consentito di individuare, quali parti di un sistema di corruttele, agenti di polizia, guardie forestali e i leader delle comunità locali.

Con riferimento, invece, alla connessione con il traffico di sostanze stupefacenti, la FIU del Messico ha riferito, nel questionario fornitogli da ECOFEL, di aver rilevato nella propria esperienza come il traffico di specie selvatiche utilizzerebbe le stesse rotte del traffico di droga, armi e esseri umani. Ciò tuttavia non sembrerebbe confermato da altri dati raccolti con il questionario che evidenzierebbero nel traffico di specie protette comportamenti opportunistici, cioè l’utilizzo di percorsi destinati a cambiare di volta in volta, a seconda delle circostanze.

Dalle informazioni raccolte da ECOFEL sarebbe probabile anche un nesso fra il terrorismo e il commercio illegale di specie selvatiche, in particolare tra il traffico di avorio e le attività di gruppi terroristici operanti in Africa orientale: nello specifico, si tratterebbe di Al-Shabaab che, come rilevato da Eastern and Southern Africa Anti-Money Laundering Group (ESAAMLG)[32] potrebbe giocare un ruolo nella fissazione dei prezzi per l’avorio sui mercati globali.

Analogamente, la FIU della Nigeria ha evidenziato il coinvolgimento dell’organizzazione Boko Haram nel traffico di specie selvatiche nell’area del bacino del Lago Ciad, pur non riuscendo a portare come esempio di ciò risultati positivi in eventuali procedimenti giudiziari o casi comunque resi pubblici.

Le autorità del Camerun hanno, invece, annunciato di aver percepito il rischio che Boko Haram si stia finanziando attraverso lo sfruttamento delle risorse ittiche del Lago Ciad.

Ancora più esplicite le notizie diffuse dal Groupe d’Action contre le blanchiment d’Argent en Afrique Centrale (GABAC), FIU della Repubblica Centrafricana, che nella propria relazione relativa all’anno 2017 ha evidenziato il legame tra il commercio illegale di specie selvatiche e il finanziamento del terrorismo portando come esempio la circostanza che diverse persone elencate come membri di due organizzazioni terroristiche, quali il Lord’s Resistance Army(Esercito di resistenza del Signore) e il gruppo Seleka, siano stati arrestati dalle forze di sicurezza ciadiane in relazione a casi di bracconaggio: nel caso specifico gli arrestati erano in possesso di vari prodotti della fauna selvatica, comprese zanne di elefante, e avrebbero dichiarato di essere in procinto di barattarli con armi, automobili e provviste, o di venderli a un altro gruppo armato, con sede in Darfur, denominato Janjaweed.

7. Il richiamo agli indicatori elaborati dal GAFI

Nella parte finale del proprio elaborato, ECOFEL richiama una serie di indicatori già diffusi dal GAFI in Money Laundering and the illegal wildlife trade pubblicato a giugno 2020.

Il report in parola, cui ECOFEL sembra essersi fortemente ispirato, rimarca l’importanza di accompagnare le attività di tipo investigativo ad indagini di tipo finanziarioe – nel sottolineare il carattere transnazionale dei crimini perpetrati in violazione delle specie protette [33] – evidenzia la necessità di migliorare il coordinamento tra le autorità nazionali, la cooperazione fra giurisdizioni, organizzazioni internazionali e soggetti privati intesi come “reporting entities”,“financial and nonfinancial institutions”, sottoposte agli obblighi AML/CFT, in particolare a quello di inoltro di segnalazioni di operazioni sospette.

Pertanto il GAFI elenca, in allegato al proprio report[34], alcuni indicatori destinati alle istituzioni finanziarie distinguendo fra quelli attinenti alle caratteristiche del cliente, quelli relativi all’operatività posta in essere da quest’ultimo e una categoria residuale raccolta sotto la denominazione “altro” (cfr. figura 4).

Fig.4

Intelligence-led risk indicators

Elaborazione dell’autore.

Seguono alcuni degli indicatori, in merito ai quali il GAFI precisa la valenza di mero alert in ordine alla probabilità che si verifichino attività sospette, sottolineando, quindi, la necessità della contestualizzazione dell’indicatore stesso attraverso l’acquisizione di informazioni più ampie in ordine al cliente[35].

7.1 Client profiles (individuals and corporates)

  • Società attive nel comparto del commercio internazionale, ivi incluse quelle che si occupano di import-export, spedizioni, sdoganamento, logistica, operanti nei seguenti porti: Lomé (Togo), Dar es Salam (Tanzania), Manila (Filippine), Mombasa (Kenya), Sihanoukville (Cambogia), Matadi (Repubblica Democratica del Congo), Haiphong (Vietnam), Tien Sa – Danang (Vietnam), Apapa (Nigeria); Hangzhou, provincia di Zhejiang (Cina)[36];
  • soggetti che si occupano del trasporto o sdoganamento di containers;
  • persone politicamente esposte e facoltosi uomini/donne d’affari, in particolare quelli con incarichi di supervisione in campo ambientale o delle specie selvatiche;
  • gestori di zoo privati, negozi di animali esotici, società che organizzano safari, collezionisti di specie selvatiche, aziende farmaceutiche che producono medicinali contenenti ingredienti riconducibili alle specie protette;
  • clienti domiciliati in un Paese noto per essere un importante area di transito per il commercio di fauna selvatica[37].

7.2 Transactions and client accountactivity

Effettuazione di:

  • depositi di contante di rilevante ammontare da parte di funzionari governativi che lavorano nel campo della protezione della fauna selvatica, addetti al controllo delle frontiere o funzionari dell’amministrazione doganale o fiscale;
  • bonifici bancari, depositi multipli in contanti o titolarità di un patrimonio di ammontare incoerente, da parte di funzionari governativi che lavorano in agenzie forestali, o presso autorità di gestione della fauna selvatica o autorità con competenze nell’ambito delle problematiche trattate dalla “Convenzione”, o nel comparto della supervisione degli stock di oggetti sequestrati o da parte di dipendenti di zoo e parchi faunistici;
  • transazioni finanziarie recanti nella causale nomi di ingredienti o prodotti utilizzati nella medicina tradizionale riferibili a specie incluse nell’ambito della “Convenzione”;
  • transazioni per il noleggio di veicoli o per il pagamento di alloggio poste in essere da soggetti noti per far parte di sodalizzi dediti al traffico di specie selvatiche;
  • transazioni tra clienti che svolgono attività di allevamento o vendita di animali e soggetti noti per svolgere attività di bracconaggio e traffico di specie selvatiche;
  • transazioni originate dall’estero in favore di soggetti che svolgono attività di allevamento o vendita di animali che risultino incoerenti rispetto all’attività dichiarata;
  • transazioni di rilevante ammontare che interessino soggetti che svolgono attività di allevamento o vendita di animali in cui si ravvisino incoerenze significative tra il prodotto o l’animale oggetto della transazione e il valore della stessa;
  • bonifici in dollari di rilevante ammontare tra allevamenti di animali selvatici e aziende che operano in linee di business incoerenti[38].
  • Individuazione di:
  • finanziamenti privi di spiegazione logica fra società operanti nell’import/export in “source countries” o “transit countries” (v. supra, paragrafo 5);
  • modifiche delle polizze di carico da parte di commercianti di cui risulti il coinvolgimento nel traffico di specie selvatiche;
  • discrepanze tra la descrizione o il valore della merce nei documenti doganali e di spedizione rispetto a quanto indicato in fattura;
  • acquisti, pagamenti o altre transazioni che appaiono illogici o anomali relativi al commercio di oro da parte delle clientela, ciò in quanto i pagamenti per il trasporto di animali selvatici sono spesso mascherati come pagamenti per l’acquisto di oro[39];
  • accordi di escrow, cioè diretti alla creazione di conti vincolati a garanzia di pagamenti transfrontalieri e spedizioni transcontinentali fra società con lo stesso titolare effettivo;

7.3 “Other”

Ipotesi in cui si ravvisino:

  • persone fisiche o giuridiche indicate dai media come coinvolte nella perpetrazione di crimini connessi alla fauna selvatica o, più in generale, a crimini ambientali;
  • soggetti che viaggiano su rotte aeree ad alto rischio sotto il profilo dell’IWT con biglietti pagati da terzi o in contanti;
  • pagamenti provenienti da aziende o industrie che utilizzano prodotti IWT (inclusi produttori di medicinali tradizionali, aziende che lavorano pellame, venditori all’asta di prodotti della fauna selvatica, fornitori di alimenti esotici, ivi inclusi ristoranti e macellerie, commercianti di animali selvatici già identificati come coinvolti nell’IWT.

8. Considerazioni conclusive

Sebbene il GAFI, raccomandi un approccio modulato ai risultati emersi in sede di national risk assessment, il rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo connesso ai crimini contro l’ambiente e la fauna selvatica risulta ampiamente sottovalutato da molte giurisdizioni, se non totalmente escluso dalle attività valutative condotte a livello nazionale, con la conseguente percezione di un rischio basso e del limitato compimento di indagini finanziarie sui relativi delitti.

Questa tendenza non interessa solo alcuni Paesi che si reputano immuni da tali rischi (per lo più i paesi destinatari di prodotti o animali rientranti fra le specie protette) ma sussisterebbe, a parere di ECOFEL, una generalizzata mancanza di attenzione per i crimini contro l’ambiente: a titolo di esempio, ECOFEL ha sottoposto ad esame 78 valutazioni nazionali pubblicate tra il 2012 e il 2020 rilevando che solo il 13 per cento di queste includeva il crimine contro la fauna selvatica.

Si tratta, tra l’altro di esercizi di national risk assessment condotti da giurisdizioni dell’Africa, dell’Asia (area Oceano Pacifico) e delle Americhe, mentre nessuno Stato europeo ha menzionato la criminalità ambientale o contro la fauna selvatica come minaccia di riciclaggio di denaro[40].

Tuttavia, i crimini contro la fauna selvatica possono essere sottovalutati in conseguenza di una errata valutazione dei singoli fattori che determinano il livello del rischio in parola[41].

L’esiguità delle segnalazioni di operazioni sospette trasmesse sull’argomento alle FIU potrebbe esserne la probabile conseguenza: la maggioranza delle FIU che hanno risposto al questionario ECOFEL ha rivelato, infatti, di non aver mai ricevuto segnalazioni relative ai reati in discorso o, comunque, di non aver mai condotto analisi su segnalazioni relative alla criminalità contro la fauna selvatica.

Tali circostanze potrebbero essere frutto di carenze culturali fra i soggetti segnalanti che, non disponendo di linee guida adeguate sull’argomento, non sono in grado di inoltrare segnalazioni pertinenti, oppure conseguenza della mancanza di formazione e conoscenza su questo particolare argomento[42] da parte delle stesse FIU che non sarebbero, pertanto, in grado di riconoscere le segnalazioni riconducibili a tale tipologia.

L’integrazione tra i metodi di indagine tradizionali, le informazioni fornite dalle autorità doganali e le analisi finanziarie condotte dalle FIU potrebbero contribuire a rivelare asset dei criminali e incoerenze nei loro stili di vita, così favorendo l’efficacia delle azioni di contrasto a tali reati[43] e disincentivandone la perpetrazione anche attraverso sequestri e confische.

 


[*] Le opinioni espresse non impegnano l’Istituto di appartenenza

[1] The FATF Recommendations, updated october 2020, General glossary, p. 119.

[2] Illegal Logging, Fishing, and Wildlife Trade: the Costs and How to Combat it, World Bank, october 2019. Il report è disponibile all’indirizzo internet http://documents1.worldbank.org/curated/en/422101574414576772/pdf/Illegal-Logging-Fishing-and-Wildlife-Trade-The-Costs-and-How-to-Combat-it.pdf

[3] La Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), sottoscritta da oltre 180 Paesi, è il principale strumento internazionale in tema di commercio della fauna selvatica. La Convenzione, che ha finora individuato oltre 37.000 specie di animali e piante protette, prevede regole e divieti per il commercio di fauna selvatica in via di estinzione e per la vendita dei prodotti connessi, al fine di prevenirne il sovra sfruttamento e di penalizzare le persone coinvolte attraverso misure da recepire e applicare nei diversi ordinamenti nazionali.

In tale ambito, la Convenzione opera alcune distinzioni prendendo in considerazione nell’appendice I le specie minacciate di estinzione escludendole totalmente dagli scambi, salvo circostanze eccezionali, nell’appendice II le specie non minacciate di estinzione, ma per le quali è opportuno il controllo del commercio e nell’appendice III, le specie indicate come “protette” in almeno un paese che lo abbia chiesto.

Più in dettaglio, poiché la Convenzione non ha cogenza immediata è necessario che ciascun Paese la recepisca nella propria legislazione e individui un’autorità competente (nella maggior parte dei casi è quella con competenze in materia ambientale) che ne dia attuazione, tenga i rapporti con il “Segretariato CITES” per coordinare le azioni volte a farla rispettare e cooperi a livello internazionale per il contrasto al commercio illegale di specie selvatiche. A mero titolo di esempio, in Italia, allo stato, la competenza è incardinata presso il Ministero della transizione ecologica, Direzione Generale per il Patrimonio Naturalistico.

La normativa nazionale è sostanzialmente compendiata nella legge 7 febbraio 1992 n. 150 recante Disciplina dei reati relativi all’applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla legge 19 dicembre 1975, n. 874, e del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l’incolumità pubblica”.

La legge in parola richiama, a sua volta, il Regolamento (CE) N. 338/97 del 9 dicembre 1996 “relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio”.

Il Regolamento – di recente modificato dal Regolamento (UE) 2019/2117 della Commissione del 29 novembre 2019– è completato da 4 allegati contrassegnati dalle lettere A, B, C e D, nei quali sono confluite le specie individuate nelle diverse appendici della CITES. Il Regolamento nella sua versione aggiornata è consultabile sul sito EUR LEX, all’indirizzo internet https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:01997R0338-20200101&from=EN

Il quadro così sommariamente delineato è stato, infine, arricchito da alcune risoluzioni adottate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in particolare la Risoluzione 73/343 che nel settembre 2019 ha rivolto un appello a tutti i suoi membri affinché modifichino “…la legislazione nazionale, in modo che i reati connessi al commercio illegale di specie selvatiche siano considerati reati presupposto del riciclaggio di denaro”.

Va infine ricordato che il d.lgs 121/2011 ha introdotto nel codice penale due nuove fattispecie contravvenzionali, rappresentate dagli articoli 727 bis e 733 bis, riferiti rispettivamente all’uccisione, distruzione, prelievo o possesso di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche o al danneggiamento di habitat all’interno di un sito protetto. Ai fini dell’applicazione delle norme in parola per “…specie animali o vegetali selvatiche protette” non si fa riferimento alla “Convenzione” né alle norme applicative della stessa, ma agli allegati IV della Direttiva 92/43/CE e I della Direttiva 2009/147/CE.

Infatti, la normativa contenuta nella “Convenzione” è riferita ai commerci internazionali ed è applicabile unicamente ad importazioni, esportazioni e conseguenti commercializzazioni e detenzioni operate in violazione della Convenzione stessa e del conseguente Regolamento (CE) N. 338/97 che disciplina la CITES nell’ambito dell’Unione europea.

Infine, risulta rilevante sottolineare che il citato d.lgs 121/2011 ha novellato il d.lgs 231/2001 estendendo il catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche mediante l’introduzione dell’articolo 25 –undecies che prevede specifiche sanzioni pecuniarie per la commissione dei delitti ex articolo 727 bis (fino a 250 quote) e 733 bis (da 150 a 250 quote).

[4] Cfr.“What is wildlife crime?”, “It also includes the concealment and laundering of the financial benefits made out of these crimes”,(trad. dell’A), nel sito internet della “Convenzione”, all’indirizzo https://cites.org/eng/prog/iccwc_old.php.

[5] In ambito europeo il “Gruppo” utilizza, invece, un’infrastruttura di comunicazione decentrata, denominata FIU.NET.

[6] Fra le iniziative più interessanti vi è la creazione di un programma di tutoraggio per Head of FIU (HoFIU) con l’obiettivo di fornire la consulenza di un mentore che è stato o è un HoFIU. Ogni mentore viene formato dal team ECOFEL che offre supporto per affinare le competenze nel campo della comunicazione, nel processo decisionale e della risoluzione dei problemi.

[7] Tratto da: https://egmontgroup.org/en/content/structure-and-organization-egmont-group-financial-intelligence-units.

[8] In argomento era già intervenuta la Risoluzione dell’Assemblea delle Nazioni Unite A/71/L88 “Tackling illicit trafficking in wildlife”del 5 settembre 2017 (disponibile all’indirizzo internet https://undocs.org/A/71/L.88) con cui i Paesi membri sono stati invitati a rivedere e modificare la legislazione nazionale in modo che i reati connessi al commercio illegale di fauna selvatica siano trattati come reati presupposto di riciclaggio e siano perseguibili ai sensi della legislazione nazionale sui proventi della criminalità e che, infine i beni legati al commercio illegale di fauna selvatica e di prodotti della fauna selvatica possano essere sequestrati e confiscati.

Inoltre, la Risoluzione incoraggia esplicitamente i Paesi membri a utilizzare, nella misura più ampia possibile, anche gli strumenti offerti dalla legislazione relativa al riciclaggio, alla corruzione, alla frode, al racket e alla criminalità finanziaria per contrastare il traffico illecito di specie selvatiche.

[9] Si tratta delle FIU dei seguenti Paesi: Albania, Algeria, Argentina, Australia, Azerbaijan, Bangladesh, Bielorussia, Belize, Bhutan, Bosnia Herzegovina, Botswana, Brasile, Burkina Faso, Cambodia, Canada, Capo Verde, Costa Rica, Costa d’Avorio, Danimarca, Finlandia, Gabon, Gibilterra, Guatemala, Guinea, Hong Kong, Ungheria, Islanda, Indonesia, Irlanda, Giappone, Jersey, Kenya, Laos, Libano, Malaysia, Mali, Messico, Mongolia, Olanda, Niger, Norvegia, Panama, Papua New Guinea, Peru, Repubblica Centrafricana, Republic del Congo, Slovacchia, Slovenia, Sud Africa, Spagna, St Kitts and Nevis, St. Vincent and Grenadines, Svezia, Senegal, Ciad, Ucraina, Stati Uniti, Vietnam, Zambia.

[10] Si tratta delle agenzie ambientali dei seguenti Paesi: Bangladesh, Bielorussia, Belize, Brasile, Burkina Faso, Canada, Costa Rica, Costa d’Avorio, Croazia, Danimarca, Gibilterra, Guinea, Islanda, Laos, Madagascar, Malaysia, Mali, Messico, Niger, Norvegia, Panama, Polonia, Slovenia, St Vincent & Grenadines, Svezia, Togo, Regno Unito, Yemen, Zambia.

[11] Oltre a ciò, si sarebbero dovuti tenere workshop in presenza che a causa della crisi pandemica sono stati sostituiti da seminari on line tenuti da 2 al 5 giugno 2020, per raccogliere il contributo dei gruppi regionali Egmont delle Americhe, dell’Africa orientale e meridionale, dell’Europa e dell’Africa occidentale e centrale.

[12] “Only 28% of FIUs who responded to the questionnaire have been involved in financial investigations relating to wildlife crime”, Egmont Centre of FIU Excellence and Leadership (ECOFEL), Financial investigations into wildlife crime, Challenges to Conducting Financial Investigations, paragraph 139, p.51

[13] “FATF Recommendations 30 and 31 require law enforcement and investigative authorities to have the necessary responsibilities and powers to carry out parallel financial investigations, and to be able to use a wide range of techniques for investigating ML and associated predicate offences”, FATF Report, Money Laundering and the Illegal Wildlife Trade, June 2020, Chapter 2, Financial investigations into the illegal wildlife trade offences, paragraph 47, p. 27.

[14] Ovviamente questa ipotesi richiede che l’ordinamento nazionale consenta il cumulo dei reati, mentre in Italia ai sensi dell’648 bis possono essere imputati di riciclaggio solo coloro i quali non abbiano concorso alla perpetrazione del reato presupposto.

[15] A mero titolo di esempio si consideri che la legge 150 del 1992 prevede pene diverse in relazione a fatti criminosi che riguardino specie di animali o di piante inserite nei diversi allegati del Regolamento 338/97 (V. nota 3 del presente elaborato). Orbene, nei casi più gravi la legge in discorso prevede la pena dell’arresto da sei mesi a due anni, e in caso di recidiva da uno a tre anni, laddove il reato di riciclaggio ex articolo 648 bis è punito con reclusione da quattro a dodici anni.

[16] “These low penalties mean that perpetrators are not deterred from committing wildlife crime since there are few associated consequences”, Egmont Centre, cit., Advantages of Utilising the AML framework, paragraph 97, p.35.

[17] Nell’esempio descritto l’affittuario potrebbe essere imputato per autoriciclaggio ex articolo 648 ter 1 c.p., punito con la reclusione da due a otto anni, qualora emerga che il pagamento del canone sia avvenuto con proventi di origine illecita e che tale atto sia idoneo a “ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”. Mentre per il locatore si configurerebbe il reato di ricettazione ex articolo 648 c.p., salva l’ipotesi in cui nella messa a disposizione onerosa dell’immobile non si ravvisi il concorso nel reato presupposto.

[18] “All these filtering methods require specific knowledge about the nature and extent of illegal wildlife trade within a jurisdiction, which includes commonly trafficked species, trade routes and the implicated industries.”, Egmont Centre of FIU Excellence, cit., STR Analysis, paragraph 125, p.46.

[19] Le agenzie ambientali sono, infatti, in possesso di conoscenze tecniche, anche riguardo le industrie interessate al commercio illegale di animali selvatici, utili per consentire alla FIU di sviluppare strumenti analitici e sistemi di individuazione delle segnalazioni di operazioni sospette. Inoltre, le agenzie ambientali sono spesso il punto di contatto a livello nazionale per la cooperazione internazionale in materia di CITES e sul commercio di fauna selvatica. Cfr.Egmont Centre of FIU Excellence, cit., Environmental Agencies, paragraph 145, p.54.

[20] “Numerous FIUs noted that information from customs authorities, including details of product seizures, is valuable for conducting financial investigations. Understanding concealment methods can assist FIUs in developing perpetrator profiles and help them understand the modus operandi. Developing actor profiles and understanding patterns in the modus operandi can support the identification of future wildlife crime transactions.”, Egmont Centre, cit., Concealment Methods, paragraph 70, p.26

[21] “FIUs could potentially take advantage of access to these databases to gain a detailed understanding of the commonly seized illegal wildlife products and trade routes in their jurisdiction”, Egmont Centre of FIU Excellence, cit., Information Sharing Networks, paragraph 168, p.61.

[22] “…to usher in a new era where perpetrators of serious wildlife and forest crime will face a formidable and coordinated response, rather than the present situation where the risk of detection and punishment is all too low “, cfr. il sito internet all’indirizzo http://www.cites.org/eng/prog/iccwc.php

[23] Cfr. Egmont Centre, cit., Key industries, paragraph 29, p.17.

[24] Secondo quanto emerso dalle indagini del Center for Advanced Defense Studies, inCina le scaglie di pangolino sono utilizzate sia nell’industria farmaceutica che nella medicina tradizionale. Si stima che la domanda cinese raggiunga i 150.000 pangolini all’anno. Il Center for Advanced Defense Studies, noto anche con l’acronimo “C4ADS”, è un think tank, con uffici a Washington, Barcellona e Manila, che si occupa di analizzare dati e rapporti in materia di conflitti globali e problemi di sicurezza transnazionale. Le aree di approfondimento riguardano la criminalità organizzata transnazionale, il riciclaggio e le problematiche connesse alla proliferazione delle armi di distruzione di massa con particolare riferimento ai soggetti, pubblici e non, che utilizzano reti illecite per aggirare divieti e procurarsi servizi strategici e hardware militare. Maggiori informazioni sulla fonte possono essere acquisite all’indirizzo internet https://c4ads.org/about-us

[25] Ad esempio, l’agenzia ambientale dello Zambia ha evidenziato tale fenomeno segnalando di aver sequestrato, in un safari lodge per l’ecoturismo, diverse borse contenenti avorio.

[26] FATF Report, Money Laundering, cit.,Chapter 1, Analysis of money laundering from illegal wildlife trade cases, paragraph 26, p. 14.

[27] I dati sui sequestri internazionali effettuati dal 2015 al 2019 e forniti da C4ADS a ECOFEL hanno evidenziato che oltre 87 tonnellate di scaglie di pangolino sono transitate attraverso i porti marittimi nigeriani.

[28] In realtà ECOFEL ha rilevato che il denaro contante è il metodo di pagamento utilizzato principalmente nel commercio illegale di specie selvatiche e in particolare nei paesi di origine. A ciò si possono affiancare i sistemi definiti alternative remittance systems come la più nota hawala.

[29] I prodotti illegali della fauna selvatica sono stati falsamente dichiarati come tè, plastica, arachidi e altri beni accompagnati da permessi di esportazione recanti false informazioni.

[30] “To hide the real country of origin, criminals involved in IWT often divert containers or shipments through third countries, and switch the bills of lading or vessel”, FATF Report, Money Laundering, cit.,Chapter 1, Analysis of money laundering from illegal wildlife trade cases,Supply Chain for the Illegal Wildlife Trade and Related Financial Flows, paragraph 30, p. 16.

[31] Cfr. Egmont Centre, cit., Actors Supply Chain, paragraph 63, p.25.

Anche il GAFI conferma tale tendenza evidenziando a titolo di esempio che mentre il prezzo pagato ai bracconieri per un chilogrammo di avorio ammonta a circa 200 USD, nei mercati di destinazione l’avorio può raggiungere una quotazione dai 500 e 1 000 USD al chilogrammo con un ricarico dal 150 al 400 per cento. Altro esempio viene dal commercio di scaglie di pangolino: mentre i bracconieri ricevono di solito non più di 9 USD al chilogrammo, il prezzo nei paesi di destinazione è di solito intorno 200 USD per chilogrammo con la possibilità di raggiungere i 700 USD per chilogrammo, con un ricarico dal 2.100 al 7.600 per cento. Al fine di cogliere le dimensioni del fenomeno basti considerare che tra il 2016 e il 2019 sono state confiscate nei diversi Paesi 206,4 tonnellate di scaglie di pangolino per un valore stimato nei paesi di destinazione di circa 41/144 milioni di USD.

[32] Eastern and Southern Africa Anti-Money Laundering Group o ESAAMLG è uno dei nove FATF-style regional bodies i cui membri sono Angola, Botswana, Ethiopia, Eswatini, Kenya, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambique, Namibia, Ruwanda, South Africa, Seychelles, Tanzania, Uganda, Zambia, Zimbabwe.

[33] “This study highlights that jurisdictions should view the proceeds generated by IWT as a global threat…”, FATF Report, Money Laundering, cit., Executive Summary, paragraph 4, p.5.

[34] FATF Report, Money Laundering, cit., Annex A, Indicators of laundering the proceeds of the illegal wildlife trade,

p.60.

[35] “Importantly, these risk indicators should be contextualised with information broader information on client profiles”, FATF Report, Money Laundering, cit., Annex A, Indicators of laundering the proceeds of the illegal wildlife trade, paragraph 2, p.60

[36] Tale lista non esaustiva, si riferisce a porti definiti dal GAFI ad “alto rischio” in relazione all’elevato volume di merci sequestrate riconducibili alla fauna selvatica.

[37] Questo indicatore vale anche per i titolari effettivi di società che hanno sede in paesi a rischio sotto questo profilo. “Individual or beneficial owner(s) of a corporate domiciled in jurisdiction that is a prominent transit or demand country for illegal wildlife”, FATF Report, Money Laundering, cit., Annex A, Indicators of laundering the proceeds of the illegal wildlife trade, p.60.

[38] In particolare secondo quanto rilevato dal GAFI, dovrebbe essere prestata attenzione ai pagamenti intercorrenti con aziende che producono o commerciano caffè, tè, fagioli o indumenti usati, che potrebbero essere utilizzati come “carichi di copertura” per nascondere prodotti illegali della fauna selvatica.

[39] “Payments for wildlife shipping are often masked as payment for gold or to gold trading business”, FATF Report, Money Laundering, cit., Annex A, p.61.

[40] Al contrario, lo stesso GAFI sottolinea la necessità che anche i paesi senza significative risorse ascrivibili alla fauna selvatica dovrebbero considerare il rischio che il proprio sistema finanziario o non finanziario, in quanto possibili paesi di transito o destinazione, possa essere utilizzato per riciclare proventi derivanti da IWT. Secondo il GAFI tale valutazione può avvenire o in sede di national risk assessment o oppure attraverso uno specifico studio tematico. FATF Report, Money Laundering, cit., Chapter 1, Analysis of money laundering from illegal wildlife trade cases,Country Assessments of Money Laundering Risks, paragraph 43, p.25.

[41] “…wildlife crime may be overlooked due to misconceptions on the issue”,Egmont Centre, cit., Suspicious Transaction Reports, paragraph 118, p.43.

[42] “However, the apparent lack of STRs may also stem from FIUs not recognizing an STR related to wildlife due to a lack of training and knowledge on the particular subject matter”, Egmont Centre, cit., Suspicious Transaction Reports, paragraph 117, p.43.

[43] “For example, financial investigations may uncover information about offenders’ assets and lifestyles and link them to other criminal activities and offenders. Such evidence may help increase the rates of successful prosecution of wildlife criminals”, Egmont Centre, cit.,Advantages of Utilising the AML framework, paragraph 100, p.35.

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