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Giurisprudenza

Azione sociale di responsabilità: natura contrattuale e conseguenti oneri probatori

23 Aprile 2018

Lucrezia Platè, Legal Intern presso lo studio BonelliErede

Tribunale di Roma, 13 gennaio 2017, n. 477 – Pres. Rel. Mannino

Con la sentenza in esame, il Tribunale di Roma sancisce con chiarezza la natura contrattuale dell’azione sociale di responsabilità di cui all’art. 2476, III, c.c., con la conseguenza che sulla società attrice graverebbe l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni agli obblighi spettanti agli amministratori, i pregiudizi sofferti in concreto ed il nesso eziologico tra inadempimento e danno. All’amministratore stesso, d’altro canto, spetterebbe dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, ovvero la prova positiva dell’osservanza dei doveri e obblighi posti a suo carico.

Con riferimento all’inadempimento dell’amministratore ed ai doveri ed obblighi posti a suo carico, opererebbe pertanto la presunzione di colpa inferibile dal generale disposto dell’art. 1218 c.c., spettando all’amministratore chiamato in responsabilità dimostrare di aver adempiuto il proprio compito con diligenza ed in assenza di conflitto di interessi con la società, ovvero che l’inadempimento sia stato determinato da causa a lui non imputabile ex art. 1218 c.c., ovvero, ancora, che il danno sia dipeso dal caso fortuito o dal fatto di un terzo.

Il tribunale si pronuncia altresì in merito all’azione creditoria di cui all’art. 2394 c.c., precisando come condizione per l’utile esperimento di tale azione sia l’insufficienza del patrimonio sociale in relazione al soddisfacimento del relativo credito. Tale insufficienza patrimoniale è da individuarsi nell’eccedenza delle passività sulle attività del patrimonio netto dell’impresa, ovvero nell’insufficienza delle attività ai fini di copertura dei debiti sociali. Il proficuo esperimento dell’azione in esame richiede peraltro, oltre all’esistenza di un pregiudizio patrimoniale per i creditori, la presenza di una condotta illegittima degli amministratori e la sussistenza di un rapporto di causalità tra pregiudizio e condotta. In particolare, relativamente alle fattispecie contestate, il tribunale ritiene atti di mala gestio rilevanti ai sensi del 2394 c.c. la mancata consegna al curatore fallimentare della cassa risultante dall’ultimo bilancio depositato; il mancato rinvenimento di immobilizzazioni contabilizzate ai fini dell’acquisizione delle stesse all’attivo fallimentare e l’effettuazione di prelevamenti bancari non suffragati da adeguata documentazione contabile. Nel caso in esame, la Corte ritiene infine il danno per il fallimento presente in re ipsa rispetto alle circostanze e alle appropriazioni sopra specificate, nonché confermato dalla pura esistenza (ed entità) del passivo fallimentare.


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