Con ordinanza n. 28233 del 24 ottobre 2025, la Cassazione ha negato la deducibilità, in capo ad una società capogruppo, dei costi di pubblicità del marchio dalla stessa sostenuti ma utilizzato dalle proprie controllate.
La controversia è sorta a seguito di un avviso di accertamento in cui l’Agenzia delle Entrate aveva disconosciuto per difetto di inerenza la deducibilità di un ingente costo sostenuto quale canone di locazione per spazi pubblicitari destinati alla pubblicizzazione del marchio medesimo.
In sintesi, la capogruppo, proprietaria del marchio, sosteneva il costo della locazione omettendo di ribaltare il canone sulle società partecipate, che utilizzavano il marchio nelle proprie attività e che erano pertanto le effettive beneficiarie del vantaggio derivante da tale pubblicità.
Secondo il giudice di legittimità poiché la società ricorrente non si occupa della vendita di prodotti farmaceutici contrassegnati dal proprio marchio, trattandosi di una holding avente come oggetto principale la gestione delle partecipazioni possedute, le già menzionate spese di pubblicità non possono essere considerate inerenti e di conseguenza deducibili.
L’iter argomentativo dei giudici si è basato in primo luogo sulla distinzione tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza; il criterio distintivo va individuato nella diversità, anche strategica, degli obiettivi perseguiti con il sostenimento delle spese.
Le prime mirano ad un incremento in via immediata e diretta della vendita dei prodotti e servizi, mentre le seconde tendono ad accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa in via indiretta.
La ricorrente riteneva che la pubblicità del marchio consentisse in via indiretta di incrementare le attività e gli utili delle società controllate, dai cui dividendi la capogruppo traeva i propri ricavi, ricoprendo la stessa la qualifica di holding.
La Cassazione aderisce pertanto ad una lettura ermeneutica di segno marcatamente restrittivo, ponendosi in contrasto anche con precedenti pronunce.
La stessa, infatti, con la pronuncia n. 24065 del 16 novembre 2011 non aveva escluso l’inerenza di spese pubblicitarie sostenute a beneficio di un terzo, rilevando la necessità di indagare “i rapporti tra la società contribuente e il terzo, tali che la prima possa comunque ottenere vantaggi e utilità dalla pubblicità svolta in favore del terzo”.
Il giudice di legittimità, pertanto, ritiene che la deducibilità di tali spese sia ammessa soltanto nel caso in cui sia ravvisata la sussistenza di un nesso diretto ed immediato con la specifica attività e l’oggetto della holding stessa.
