Con l’ordinanza n. 28226/2025, la Corte di cassazione si è espressa sul tema dell’efficacia del giudicato tributario esterno statuendo che, in materia di accertamenti basati su indagini bancarie, ex art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, “la sentenza del Giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, ove pendenti tra le stesse parti, solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente”.
Il contenzioso in esame si era instaurato con l’impugnazione di un avviso di accertamento fondato su risultanze di indagini bancarie, ex art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, relativamente all’anno di imposta 2006.
In sede di legittimità, il contribuente aveva censurato la sentenza resa in esito al giudizio di rinvio disposto dalla Corte di cassazione, deducendo la violazione dell’art. 2909 C.c. per contrasto della statuizione con il giudicato esterno.
Ad avviso del ricorrente, la sentenza di secondo grado sarebbe illegittima, sotto un profilo sostanziale, nella parte in cui afferma che, in materia di prelevamenti, per superare il meccanismo presuntivo contemplato dall’art. 32 cit. non sarebbe sufficiente l’indicazione, da parte del contribuente, del beneficiario dei movimenti contestati.
Ciò in aperto contrasto con quanto già statuito per la medesima fattispecie dalla Corte di cassazione, con ordinanza, per una diversa annualità di imposta (ovvero, il 2007).
Il ricorrente rilevava, inoltre, che il Giudice della riassunzione non aveva ritenute idonee le giustificazioni addotte dal contribuente per superare la predetta presunzione con riferimento all’accertamento posto in essere nel 2006, nonostante per il periodo di imposta successivo, per il quale era stato emesso analogo avviso di accertamento, la Suprema Corte si fosse già espressa confermando l’illegittimità del provvedimento.
Invero, secondo il ricorrente, dovrebbe ritenersi applicabile, costituendo ipotesi di giudicato esterno disciplinata dall’art. 2909 cit., quanto affermato dalla Corte di cassazione con l’ordinanza relativa al periodo d’imposta 2007, che aveva accolto le doglianze del contribuente.
In definitiva, il Collegio giudicante ha rigettato il ricorso, dichiarandone l’infondatezza.
Nell’iter motivazionale, la Corte ha evocato il principio di autonomia di ogni periodo di imposta, che non consente al giudicato di “fare stato” in relazione ad altre annualità̀, laddove – come nel caso sub specie – debbano essere compiute valutazioni fattuali casistiche separatamente per ciascun periodo di imposta.
La Corte ha affermato altresì la prevalenza e definitiva vincolatività del principio di diritto affermato ai sensi dell’art. 384 C.p.c. dall’ordinanza di cassazione che disponeva il rinvio.
Con tale pronuncia, la Suprema Corte aveva accolto la ricostruzione fornita dall’Amministrazione finanziaria, chiedendo al Giudice del rinvio di verificare la sussistenza di ulteriori elementi probatori.
Pertanto, la Corte di giustizia tributaria investita del giudizio di rinvio non poteva che uniformarsi al dictum della cassazione, che costituisce la regola del caso di specie e non può essere messo nuovamente in discussione in una diversa fase del giudizio.

