La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza n. 26575 del 02 ottobre 2025 (Pres. Leone, Re. Riverso), si è pronunciata sulla corresponsabilità della banca ex art 1227 Cc nella causazione del danno dalla stessa subito per un ammanco di cassa, a causa del comportamento illecito di un proprio lavoratore dipendente, che aveva sottratto il contenuto della cassaforte.
Il caso di specie concerneva la condanna in primo grado al pagamento integrale dell’ammanco di cassa, di una lavoratrice (unica cassiera della filiale), collega di un altro dipendente della banca stessa, responsabile della sottrazione e che era stato condannato per il furto in sede penale.
La lavoratrice, nell’impugnazione della sentenza di primo grado, sosteneva la corresponsabilità della banca nella causazione dell’evento, in relazione al fatto che il collega era stato già condannato alcuni anni prima per appropriazione indebita presso una delle filiali della medesima banca, era stato radiato dall’albo dei promotori finanziari ed era stato l’artefice dell’ammanco di contante del cosiddetto bancomat avvenuto solo due mesi prima: la banca avrebbe in sostanza lasciato i dipendenti all’oscuro di tutto questo e del pericolo che tale soggetto potesse rappresentare all’interno dei locali della filiale.
La Corte d’appello aveva tuttavia respinto il motivo di gravame sostenendo che la responsabilità dovesse cadere solo sulla cassiera, poiché la stessa era l’unica depositaria della custodia di quanto giacente nella cassaforte e nel tesoretto; che indipendentemente se il direttore sapesse o non sapesse dei procedimenti penali del collega, era stato comunque provato che gli era stato inibito lo svolgimento di operazioni che comportavano il maneggio di danaro: in sostanza, non era sostenibile che anche il direttore di filiale dovesse essere ritenuto responsabile e comunque era facoltà della banca rivolgere le proprie richieste risarcitorie al soggetto che la stessa avesse autonomamente ritenuto responsabile.
Secondo la Corte, tuttavia, tali affermazioni sono contrarie a diritto, in quanto il motivo di censura riguardava la stessa corresponsabilità della banca ex art. 1227 c.c. in relazione alle circostanze emerse a carico del collega responsabile dell’appropriazione, ma anche del direttore, del cui operato risponde la banca in quanto datore di lavoro, anche in relazione alle informazioni dovute alla dipendente e comunque in ordine alle cautele doverose circa l’accesso alla cassaforte da parte di tale soggetto, anche ai sensi dell’art. 37 del CCNL.
Il datore di lavoro risponde infatti ex art. 1228 C.c. anche dell’operato del dipendente ai fini del concorso del danneggiato regolato dall’art. 1227 c.c.: pertanto, per la Cassazione, la Corte territoriale ha errato nel rigettare, in diritto, tale motivo d’appello, volto a stabilire la corresponsabilità della banca e del suo direttore in relazione alle informazioni dovute alla lavoratrice circa le condotte del collega e/o per essersi limitati a vietargli il maneggio denaro (senza però interdirgli l’accesso alla cassaforte).
In definitiva, per la Corte è errato sostenere che la banca potesse rivolgere le proprie richieste liberamente al soggetto ritenuto responsabile e che questo bastasse a liberarla dalla propria corresponsabilità colposa ex art. 1227 C.c.: non è stato considerato che in ambito di lavoro il datore risponde dell’operato dei dipendenti anche ai sensi dell’art. 1227 C.c., tanto più per l’operato di un proprio direttore.
Il principio sancito dall’art. 1228 C.c., in base al quale il debitore risponde dei fatti dolosi o colposi di coloro della cui opera si sia avvalso nell’adempimento dell’obbligazione, è applicabile anche al concorso di colpa del creditore, nelle due distinte ipotesi disciplinate dall’art. 1227 C.c.: al fine di accertare un eventuale concorso di colpa del creditore stesso nella produzione del danno cagionato dall’inadempimento o dall’inesatto adempimento del debitore, è necessario riferirsi anche alle condotte tenute dagli ausiliari del creditore, nel compimento delle attività collegate all’esecuzione della prestazione del debitore.
Conseguentemente, la Corte ha cassato la pronuncia con rinvio alla Corte territoriale per un nuovo esame, che valuti, ai fini dell’art. 1227 C.c. il contesto reale in cui veniva effettuato il lavoro quotidiano e quale incidenza abbiano avuto nella produzione del danno i comportamenti addebitabili alla banca nei termini sopraindicati.