[*] SOMMARIO: Il rapporto analizza le trasformazioni del mercato dell’editoria scolastica alla luce della crescente diffusione delle licenze digitali e delle criticità evidenziate dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) nella propria indagine conoscitiva del 2024. L’evoluzione dal modello tradizionale di vendita della copia fisica a un sistema ibrido, in cui la versione digitale del testo è resa disponibile tramite licenza d’uso, ha determinato una profonda riconfigurazione del rapporto tra editori, scuole, studenti e famiglie. Le licenze, spesso soggette a restrizioni tecnologiche (DRM), limitano la durata di accesso, le modalità di utilizzo e la possibilità di trasferire il contenuto, generando fenomeni di lock-in, impedendo il riuso del materiale negli anni successivi e annullando ogni possibilità di circolazione nel mercato dell’usato.
Il rapporto ricostruisce il quadro giuridico del fenomeno, esaminando i principi dell’esaurimento del diritto d’autore e della first sale doctrine nelle esperienze statunitense ed europea, mettendone in evidenza limiti e incoerenze applicative quando estesi ai beni digitali. L’assenza di un meccanismo di “esaurimento digitale” effettivo consente infatti agli editori di mantenere un controllo pressoché permanente sul prodotto, con ricadute significative sulla tutela contrattuale dei consumatori, sulla trasparenza delle condizioni di fruizione e sulla competitività del mercato.
In questo contesto, il rapporto propone alcune prime considerazioni critiche, evidenziando la necessità di un intervento regolatorio che assicuri maggiore interoperabilità, diritti effettivi di accesso e conservazione per gli studenti, nonché un riequilibrio tra esigenze di tutela del copyright e diritti degli utenti. Vengono inoltre valorizzati modelli alternativi come le risorse educative aperte (OER), che promuovono accessibilità, sostenibilità e riduzione delle barriere concorrenziali. L’analisi intende offrire un contributo utile al dibattito istituzionale e alla definizione di eventuali misure correttive da parte dell’Autorità.
ABSTRACT: The present report examines the profound transformation of the Italian school publishing market following the widespread adoption of digital licenses, as highlighted by the Italian Competition Authority (AGCM) in its 2024 sector inquiry. The shift from the traditional sale of physical copies to a hybrid model—where digital versions of textbooks are accessible only through time-limited and highly restrictive licenses—has reshaped the relationship between publishers, schools, students, and families. Digital licenses, often managed through Digital Rights Management (DRM) systems, restrict the duration of access, limit functionalities such as printing or copying, and prevent the transfer or long-term preservation of content. These conditions generate technological lock-in, hinder reuse over time, and eliminate the possibility of participating in secondary markets for used textbooks.
The report provides a legal framework for understanding this phenomenon by analysing the principles of copyright exhaustion and the first sale doctrine in both U.S. and EU contexts. It highlights the inconsistent and often inadequate application of these principles to digital goods, which allows publishers to retain perpetual control over digital copies and prevents consumers from exercising rights traditionally associated with ownership. As a result, significant concerns emerge regarding consumer protection, contractual fairness, transparency, and market competitiveness.
The report underscores the need for regulatory interventions ensuring interoperability across platforms, stronger rights of access and long-term preservation for students, and a more balanced relationship between copyright protection and user rights. It also highlights the potential of alternative models such as Open Educational Resources (OER), which promote accessibility, sustainability, and competition. Through this analysis, the report aims to contribute to the ongoing institutional debate and support the Authority’s assessment of possible corrective measures.
1. Introduzione al rapporto di ricerca
Il 29 luglio 2025 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha pubblicato il Rapporto preliminare relativo all’esito dell’indagine conoscitiva riguardante il settore dell’editoria scolastica condotta nell’anno 2024 (Indagine Conoscitiva IC57 – Editoria scolastica in Italia, Rapporto preliminare, di seguito: “Il Rapporto”).
In tale Rapporto, l’AGCM illustra le peculiarità connesse al settore dell’editoria scolastica e alle sue dinamiche di mercato, sia in relazione alle necessità di interesse pubblico inerenti alla protezione del bene giuridico sotteso alla presenza e alla circolazione dei prodotti (il diritto allo studio)[1], sia con riferimento ai peculiari processi di formazione della relativa domanda.
Ad esito della pubblicazione del Rapporto, l’Autorità ha dunque aperto una “call for inputs”, consentendo ai soggetti che vi abbiano interesse di presentare le proprie osservazioni.
Tra i diversi temi analizzati nel Rapporto assume particolare rilievo quello delle criticità connesse agli attuali modelli di regime di erogazione e di gestione delle edizioni digitali dei testi scolastici, sia in termini di tutela dei consumatori sia di competitività dei mercati primario e secondario di riferimento.
Il presente rapporto di ricerca – redatto da componenti del Gruppo di Ricerca di Diritto dell’Economia dell’Università degli studi di Bari Aldo Moro – si propone, in risposta alla call, di porre a disposizione dell’Autorità alcune preliminari riflessioni critiche in merito a tale fenomeno, con l’auspicio che l’analisi operata possa essere di ausilio nella trattazione di taluni profili di incertezza connessi alla gestione delle licenze digitali.
2. Il mercato dell’editoria scolastica e il funzionamento delle licenze alla luce del Rapporto dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
Il rapporto redatto dall’AGCM pone in evidenza come a seguito dei processi di digitalizzazione, della progressiva diffusione degli e-book e dell’impiego di risorse multimediali, l’acquisto di beni materiali nel settore dell’editoria sia stato progressivamente affiancato (quando non sostituito) da un “sistema” basato sulla concessione di licenze d’uso che, di fatto, non trasferiscono la proprietà del contenuto ma soltanto un diritto limitato e temporaneo di utilizzo.
Nella maggior parte dei casi le licenze sono disciplinate da sistemi di protezione tecnologica definiti Digital Rights Management (DRM), che determinano la durata, le modalità e gli strumenti di accesso al contenuto[2].
Di conseguenza, il tema dei DRM, strumenti nati quali forme di contrasto alla pirateria, si è posto in merito agli effetti restrittivi che questi ultimi determinano sull’utilizzabilità dei materiali didattici, atteso che possono impedire la copia, la stampa o il trasferimento dei file su più dispositivi[3].
Al fine di agevolare la transizione e garantire una maggiore tutela dei consumatori per ciò che attiene all’editoria scolastica e all’utilizzo di licenze, già con Decreto Ministeriale n. 781 del 2013 il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca aveva raccomandato l’impiego di standard aperti e pubblicamente documentati, imponendo agli editori di garantire la possibilità per gli studenti di trasferire i contenuti in caso di sostituzione o di aggiornamento dei dispositivi e di poter continuare ad accedervi anche dopo la conclusione del percorso scolastico[4].
Tuttavia, nel rapporto AGCM si pone in evidenza come tali condizioni risultino frequentemente disattese. Pertanto, ad oggi, sono presenti sul mercato licenze che prevedono scadenze automatiche al termine dell’anno scolastico, collegamenti obbligati a piattaforme proprietarie dei singoli editori e limitazioni d’uso che impediscono l’effettivo riutilizzo delle opere nel tempo.
3. Criticità in relazione all’utilizzo delle licenze
In virtù della peculiare gestione delle licenze digitali nell’editoria scolastica, lo studente viene di fatto privato della possibilità di conservare il materiale acquistato o di riutilizzarlo in anni successivi. Tale imposizione non consente alle famiglie di esercitare un diritto di proprietà effettivo ed esclude ogni possibilità di rivendita o di assegnazione in comodato del prodotto, riducendo il valore economico del bene e accrescendo la dipendenza dagli editori.
L’AGCM osserva che questo modello riproduce una logica di “noleggio forzato” nel sistema scolastico, in contrasto con la finalità pubblica dell’istruzione gratuita e con la sostenibilità economica per le famiglie.
Nel Rapporto si evidenzia come la diffusione delle licenze digitali abbia avuto un impatto rilevante anche sul piano concorrenziale, avendo rafforzato il controllo degli editori sull’intera filiera e ridotto la possibilità di impiego dei libri digitali in comodato d’uso o nel mercato dell’usato, a differenza delle versioni cartacee.
La condizione di dipendenza tecnologica che deriva dall’obbligo di accedere ai contenuti attraverso specifiche piattaforme e con credenziali personali limita inoltre la libertà di scelta delle scuole e degli utenti finali, oltre a rendere difficoltosa l’interoperabilità tra risorse di editori diversi, i quali utilizzano i propri sistemi di licenza e i propri DRM incompatibili gli uni con gli altri[5].
In concreto, quindi, ogni editore opera all’interno di un “ecosistema chiuso”, in cui l’accesso, la conservazione e perfino la navigazione dei contenuti sono vincolati alla piattaforma proprietaria, con effetti anticoncorrenziali e di lock-in tecnologico.
Il Rapporto pone in evidenza come la diffusione delle licenze digitali non ha comportato – come previsto dal legislatore – un calo dei prezzi e, oggi, i libri digitali risultano solo marginalmente meno costosi rispetto a quelli cartacei, mentre comportano per le famiglie oneri aggiuntivi legati all’acquisto dei dispositivi e alla garanzia di una connessione.
L’Autorità sottolinea che vi è un’assenza di concorrenza reale atteso che i diritti “digitali” non sono scambiabili, non esiste un mercato dell’usato e le scuole non possono stipulare accordi autonomi per il riutilizzo delle licenze[6].
Con riferimento a possibili soluzioni, l’AGCM richiama la crescente importanza delle risorse educative aperte (Open Educational Resources, OER), basate su licenze “Creative Commons” che consentono la libera consultazione, il riutilizzo e l’adattamento dei materiali didattici. Tali modelli rappresentano per l’Autorità un possibile correttivo alle rigidità del mercato, in quanto favoriscono la diffusione di contenuti educativi accessibili e interoperabili, in coerenza con gli obiettivi di inclusione e di sostenibilità del sistema scolastico[7].
L’AGCM rileva la necessità di una revisione normativa che assicuri maggiore trasparenza contrattuale, interoperabilità tra piattaforme e diritti effettivi di accesso e conservazione per studenti e docenti[8].
4. Licenze digitali: inquadramento giuridico
Il modello di gestione delle licenze ad opera degli editori determina una sostanziale trasformazione del rapporto tra le parti (editore e consumatore, appunto) coinvolte nell’acquisto di libri: tale rapporto – quantomeno per ciò che concerne la versione digitale dei volumi a disposizione degli acquirenti – viene infatti ad assumere i contorni (non di una relazione d’acquisto, ma) di una relazione di servizio; all’acquisto del prodotto (fisico e virtuale) da parte del cliente, la versione digitale dei volumi viene resa a quest’ultimo disponibile soltanto per un determinato lasso di tempo, e a condizioni contrattuali predisposte unilateralmente dall’editore.
Nel corso del tempo il fenomeno è stato oggetto di indagine da parte di dottrina e giurisprudenza comunitaria ed extraeuropea.
Giova, di conseguenza, fornire un breve inquadramento dei principi affermatisi nelle diverse esperienze in relazione al trattamento delle licenze e alle specificità connesse alla circolazione dei prodotti digitali.
4.1. Il principio della first sale doctrine
La first sale doctrine è un principio che ha origine negli Stati Uniti e che consente a coloro che acquistano la copia fisica di un’opera protetta da copyright di disporne liberamente, senza che il titolare dei diritti d’autore o il titolare del marchio debbano autorizzarlo.
Tale principio ha origine dal caso giudiziario Bobbs-Merrill Co. v. Straus del 1908[9], nel quale la Corte Suprema ha stabilito che, una volta che il titolare vende una copia del proprio prodotto, il suo diritto di controllare le (ri)vendite successive di quella copia si esaurisce[10]. In particolare, il “diritto di vendere” conferito dallo statuto sul copyright tutela solo la prima immissione in commercio (il diritto di riprodurre e vendere le copie), ma non attribuisce al titolare il potere unilaterale di imporre vincoli di prezzo o altre condizioni a terzi che non siano assoggettati a uno specifico vincolo contrattuale.
La first sale doctrine è stata successivamente codificata nel Copyright Act del 1909 e mantenuta nel 1976 Act[11], il quale ha sancito – in linea con Bobbs-Merril – che una volta che il titolare del diritto d’autore abbia venduto la prima copia legittima di un’opera, questi non potrà più controllare le successive rivendite, prestiti o donazioni di quella copia. Il diritto esclusivo di “distribuire” si esaurisce con la prima vendita.
Il principio dell’esaurimento del diritto d’autore/first sale doctrine è oggetto di frequente analisi anche in dottrina[12]: in particolare, si è sviluppato nel corso del tempo un filone di ricerca che sostiene che tale principio non possa essere limitato ai soli prodotti fisici, ma debba essere adattato anche al mercato digitale, con la conseguente estensione anche alle licenze digitali. Sul punto, in riferimento al mercato statunitense, è stato osservato che, a causa dell’interpretazione data dalla già menzionata sentenza Bobbs-Merrill v. Straus e dai successivi arresti conformi[13], in caso di licenze digitali, differentemente dai prodotti fisici, non avviene un trasferimento della proprietà della copia.
Nel corso del tempo, l’originario orientamento in materia di first sale doctrine ha subito diversi processi di espansione e di compressione, senza tuttavia trovare un reale filo conduttore.
Da un lato, con la sentenza Quality King e Kirtsaeng[14] la Corte Suprema statunitense ha ritenuto che la first sale doctrine debba applicarsi anche alle opere protette da copyright prodotte e vendute all’estero sotto l’autorità del proprietario del diritto d’autore: tali attività di produzione e vendita, anche se effettuate al di fuori degli Stati Uniti, esaurirebbero il diritto del titolare del copyright di controllare l’importazione e la distribuzione (rectius, la vendita) di tali opere.
Dall’altra parte, invece, decisioni come Vernor v. Autodesk[15] hanno ridotto l’applicabilità della first sale quando le opere vengono distribuite tramite licenze e non tramite vere e proprie vendite[16]. In particolare, la Corte d’Appello del Nono Circuito, chiamata a pronunciarsi in relazione ad un software della società Autodesk Inc., ha ritenuto che l’accordo di licenza specificasse chiaramente il fatto che agli utenti era concessa esclusivamente una licenza d’uso, imponendo restrizioni significative al trasferimento e all’uso del software e riservandosi la proprietà delle copie del software. Pertanto, dovendosi considerare i clienti di Autodesk licenziatari (licensee) e non proprietari (owners), questi non avrebbero potuto beneficiare del principio first sale. La Corte ha posto in evidenza che, dovendosi ritenere i diritti di un licenziatario esclusivamente definiti dal contratto di licenza, senza un espresso trasferimento di proprietà, costui non potrà rivendicare diritti proprietari[17]. L’autore o il produttore potranno, di conseguenza, continuare liberamente a controllare l’uso, la rivendita e la distribuzione dell’opera[18].
Si ritiene, tuttavia, di segnalare come da tale impostazione consegua che i titolari del diritto di diffusione sarebbero titolari di un “controllo perpetuo”[19] del prodotto, incompatibile con la ratio della dottrina dell’esaurimento statunitense, posto che l’impiego di licenze d’uso (analoghe a quelle dei contenuti digitali) consentirebbe alle imprese di evitare l’esaurimento dei diritti e mantenere un controllo contrattuale permanente sul bene.
In una prospettiva di tutela dei consumatori tale impostazione non convince posto che, in modo simile ai DRM, le clausole di licenza imposte dagli editori digitali – laddove si accolga questa impostazione – rischiano di operare come strumenti di segmentazione geografica e di prezzo[20].
In altri termini, il concetto di “proprietà” digitale e la sua coesistenza con il modello delle licenze rischiano nei fatti di neutralizzare l’operatività della first sale doctrine negli USA[21].
Ciò innanzitutto perché, come detto poc’anzi, gli orientamenti e gli arresti giurisprudenziali che escludono l’applicabilità della first sale ai file digitali sottendono l’idea per cui ogni trasferimento digitale determina la creazione di una nuova copia e, quindi, una violazione del diritto di riproduzione[22].
In secondo luogo, perché l’uso sistematico di licenze contrattuali (EULA, Terms of Service) con cui le imprese qualificano la transazione non come vendita ma come concessione d’uso impedisce al consumatore di rivendere o trasferire l’opera: tale impiego strategico delle licenze d’uso per aggirare la first sale doctrine viene definito loophole licensing[23]. A take riguardo, la giurisprudenza statunitense ha elaborato quattro criteri diversi per distinguere vendita e licenza (reservation of title, agreement controls, economic realities, perpetual possession), ma si è osservato come spesso questi producano esiti incoerenti, confondendo la proprietà della copia con la titolarità del diritto d’autore.
Di fatto, sembra ritenersi sufficiente l’uso della parola “license” all’interno del contratto che disciplina l’acquisizione del bene per negare ogni diritto di trasferimento al consumatore, contraddicendo l’originaria previsione del Copyright Act[24].
Ciò comporta il vincolo del consumatore ad un “noleggio perpetuo” del bene, con la conseguente scomparsa dei mercati dell’usato, l’aumento del lock-in tecnologico e la dipendenza dei consumatori dagli ecosistemi chiusi delle piattaforme[25].
4.2. Il principio dell’esaurimento del diritto d’autore nel contesto europeo: una ricostruzione
Così come per il mercato statunitense, una disciplina analoga (ma non identica) si rinviene nel c.d. “esaurimento del diritto di distribuzione” previsto a livello sia di diritto dell’Unione europea (direttiva 2001/29/CE)[26] sia di diritto domestico (art. 17 della Legge sul Diritto d’Autore[27]).
L’espressione deriva dalla circostanza per cui il titolare del diritto d’autore “esaurisce” il proprio diritto di controllo sulla distribuzione di un’opera quando questa viene messa in commercio per la prima volta con il suo consenso all’interno del mercato europeo: se un libro, un CD o un software sono stati venduti legittimamente, il titolare del copyright non può opporsi alla loro rivendita.
Sul punto sono numerosi gli arresti giurisprudenziali delle corti europee, aventi ad oggetto altresì beni immateriali.
In particolare, una delle decisioni cardine in materia è rappresentata dalla sentenza UsedSoft v. Oracle della Corte di giustizia UE (2012)[28], in occasione della la quale il principio dell’esaurimento è stato esteso anche al software distribuito online purché la licenza sia perpetua, ritenendo che un editore non possa eludere il principio dell’esaurimento del diritto d’autore semplicemente distribuendo opere tramite download anziché su supporto fisico (obiettivo conseguito alla luce di un’interpretazione estensiva degli artt. 4 e 5 della Direttiva Software[29]).
Il titolare originario, quindi, non potrà opporsi alla rivendita della copia digitale venduta anche ove fosse espressamente previsto nel contratto di licenza il divieto di trasferimento. A sua volta, qualora l’acquirente originario voglia rivendere la propria copia, dovrà renderla inutilizzabile al momento della cessione al fine di evitare la diffusione illegittima della medesima.
In occasione della pronuncia ora richiamata, la Corte ha inoltre chiarito come ai fini dell’apprezzamento della natura del rapporto non rilevi la qualificazione formale dell’accordo (“licenza” o “vendita”) quanto, piuttosto, la “sostanza economica” del trasferimento, in questo differenziandosi significativamente dall’interpretazione statunitense: se la licenza attribuisce un diritto d’uso permanente e contro pagamento, essa equivarrà a una vendita, e comporterà l’esaurimento del diritto di distribuzione.
In tal modo, la giurisprudenza UE ha esteso la nozione di “vendita” anche ai beni intangibili, adottando un’interpretazione più ampia del principio dell’esaurimento ed elaborando una prima nozione di “principio dell’esaurimento digitale”[30].
Si osservi tuttavia, come la portata di tale decisione abbia successivamente subito, per dir così, un ridimensionamento[31] attraverso altre decisioni quali, ad esempio, il caso Nederlands Uitgeversverbond, Groep Algemene Uitgevers v. Tom Kabinet Internet BV, Tom Kabinet Holding BV, Tom KabinetUitgeverij BV” (C-263/18)[32].
La controversia riguardava Tom Kabinet, una piattaforma online per la rivendita di e-book“usati” tra utenti, contestata da alcuni editori olandesi (NUV e GAU), i quali sostenevano come tale attività costituisse una violazione del loro diritto d’autore. In tale occasione, la Corte di giustizia ha stabilito che la rivendita di libri digitali deve avvenire con il consenso dell’editore, costituendo essa una “comunicazione al pubblico”[33]. Nella specie, discostandosi in maniera evidente dalla precedente sentenza Oracle, la Corte ha ritenuto che non vi fosse piena equiparabilità tra la vendita di un libro “fisico” e uno “digitale”, posto che la Direttiva Software rappresenterebbe una lex specialis rispetto alla più generale disciplina della Direttiva InfoSoc: pertanto, i principi desumibili dalla prima non sarebbero direttamente ed autonomamente applicabili alla disciplina generale del diritto d’autore[34].
Analogamente – guardando ad alcune esperienze nazionali – nel 2013 il Tribunale tedesco di Bielefeld in occasione della sentenza Verbraucherzentrale Bundesverband e.V. v. Axel Springer AG[35] aveva già negato la possibilità di rivendere e-book[36], operando una distinzione netta tra programmi per computer (i.e. software) e altre opere digitali come romanzi o manuali in formato digitale ai quali e ritenendo a questi ultimi inapplicabile l’interpretazione operata dalla Corte di giustizia in Oracle.
Alla luce dei suddetti arresti diviene evidente, dunque, come, nel corso del tempo, la distinzione tra copia fisica e copia digitale abbia progressivamente disarticolato la logica di equilibrio che in precedenza definiva il diritto d’autore, nonché il rapporto tra venditore e consumatore nel mercato.
L’altalenante orientamento giurisprudenziale (europeo e straniero) ha portato la dottrina a sviluppare una corrente di ricerca che, quasi univocamente, ritiene il principio dell’esaurimento – o la first sale doctrine, a seconda dei mercati di riferimento – tradizionale non adeguato a disciplinare la vendita dei beni digitali, ponendo in evidenza la necessità di elaborare un’alternativa (normativa o interpretativa) che consenta un’effettiva “cessione digitale” del prodotto, in modo simile a quanto avviene per la vendita fisica[37].
Più in generale, appare necessario sviluppare un sistema idoneo a garantire ai consumatori una proprietà reale dei beni digitali, anche al fine di ristabilire l’equilibrio tra competitività e tutela innovazione garantito dalle soluzioni elaborate per l’era analogica.
5. Talune questioni in tema di tutela dei consumatori e competitività del mercato
Come premesso, l’attuale modello “ibrido” di fruizione affermatosi nel settore dell’editoria, nel quale alla relazione di acquisto della copia fisica dei testi se ne affianca un’altra – parallela e indipendente per obblighi e dei diritti delle parti –di servizio, avente ad oggetto la versione digitale del prodotto (la quale viene fornita su licenza)solleva significative incertezze con riferimento sia alla tutela degli acquirenti, sia all’impatto che tale impianto – il quale comprende l’acquisto “pieno” della copia fisica, e la titolarità di un diritto di godimento limitato nel tempo e nelle facoltà sulla copia virtuale[38] – può avere sul mercato dell’editoria scolastica.
5.1. La protezione del consumatore
Innanzitutto, è evidente come il modello negoziale sotteso all’erogazione delle licenze (basato sulla predisposizione di clausole contrattuale standard ad opera dell’editore/distributore) evidenzi delle criticità nel momento in cui si consideri che l’acquisto di tale prodotto non è “libero” da parte del cliente, ma imposto dai programmi ministeriali che identificano i testi di riferimento. Al contempo – e sul punto si avrà modo di tornare – la previsione di un numero limitato di anni per il godimento della licenza determina la peculiare circostanza per cui il cliente non solo non ha la possibilità di scegliere se e a quali condizioni acquistare il prodotto, ma qualora voglia ottenere la licenza per la copia virtuale potrà farlo esclusivamente attraverso l’acquisto del prodotto dal mercato “primario”, posto l’esaurirsi della licenza per le copie fisiche circolanti in un eventuale mercato secondario.
Questo complesso di elementi, idoneo a porre l’acquirente in una posizione di lock-in ben più marcata di quella già presente nei modelli di acquisto “take or leave” tipici della contrattazione consumeristica, dovrebbe già ritenersi sufficiente a sottoporre i termini di concessione della licenza ad uno scrutinio particolarmente rigoroso, in relazione al potenziale squilibrio di diritti ed obblighi che questi sono in grado di determinare tra il professionista e il consumatore e, dunque, alla luce di un possibile giudizio di vessatorietà ai sensi dell’art. 33 ss. del Codice del Consumo.
La particolare struttura del mercato dell’editoria scolastica, infatti – e, in particolar modo, i vincoli istituzionali cui le famiglie sono soggette nella scelta dei testi di riferimento – suggeriscono una particolare attenzione nello scrutinio dello squilibrio giuridico tra le prestazioni posto che, di fatto, il consumatore è in tale contesto privato del proprio principale strumento di tutela, ossia la possibilità di “non aderire” al contratto, cercando alternative sul mercato.
Il tema acquisisce ulteriore rilievo anche in considerazione del fatto che l’attuale sistema attribuisce – stante la posizione “vincolata” dell’acquirente – un sostanziale arbitrio, in capo all’editore, in relazione a possibili variazioni inerenti al regime di godimento e di fruizione dei contenuti virtuali cui gli utenti avrebbero dirittoad operare in vigenza della licenza.
Tali variazioni, peraltro, sono suscettibili di manifestarsi non solo per il tramite di modifiche del regime formale di utilizzo contrattualmente previsto (ad esempio, riducendo gli anni di fruizione della licenza o le condizioni a cui questa è attribuita), cosa che consentirebbe l’attivazione degli strumenti di tutela consumeristica ma, altresì, di modifiche operate al funzionamento delle piattaforme – anch’esse, proprietarie – di cui l’acquirente deve avvalersi per consultare il prodotto offerto su licenza: è possibile, ad esempio, che l’editore decida, incidendo sui meccanismi di funzionamento dell’applicazione o della piattaforma di accesso agli e-book, di “disabilitare” la funzione di copia di estratti del prodotto concesso su licenza, di modifica/sottolineatura degli stessi ovvero ne inibisca la stampa.
Tali scelte, suscettibili di incidere anche su aspetti non espressamente disciplinati in sede di contratto di acquisto del prodotto fisico (e, conseguentemente, del prodotto virtuale su licenza) si prestano con ogni evidenza a condizionare by design la fruizione di un prodotto in modo difforme rispetto a quanto avviene per la propria “controparte” cartacea, arrivando persino a precludere all’acquirente l’esercizio di una serie di facoltà che sono, peraltro, strettamente funzionali alle finalità per le quali il prodotto è acquistato dal cliente: attività come la stampa, la sottolineatura e l’annotazione di un testo sono intuitivamente propedeutiche ad un’adeguata attività di studio, e, in questo senso, esse contribuiscono a valorizzare la funzione stessa dell’interesse pubblico tutelato.
Da tale punto di osservazione, la concessione di un prodotto su licenza all’interno di un contesto privo di confini alla discrezionalità dell’editore nella definizione dei servizi minimi che la piattaforma di accesso alla risorsa debba offrire agli utenti, ovvero che impedisca variazioni “in corso d’opera”, si presta a comprimere i diritti dei consumatori connessi alla funzione sociale del prodotto[39].
Viene in evidenza la già richiamata esperienza statunitense in materia di DRM, laddove si è osservato come una gestione non regolata delle piattaforme di accesso e delle licenze (sovente giustificata dal produttore sulla base di ragioni di tutela del copyright) sia suscettibile di ostacolare il diritto degli utenti di esercitare libertà tradizionalmente riconosciute nell’utilizzo dei prodotti acquistati: copiarne i contenuti per uso personale, “migrarne” i dati su altri dispositivi o semplicemente conservarli nel tempo[40].
Non solo: in determinate circostanze (ad esempio, in presenza di una pluralità di studenti all’interno di un medesimo nucleo familiare, ovvero qualora uno studente si trovi a dover ripetere la frequentazione di un anno scolastico), la predisposizione unilaterale di un modello di licenza temporalmente limitato rischia, in assenza di vincoli normativamente previsti, di precludere all’utente il riutilizzo della risorsa, comportando la necessità di un riacquisto della medesima, a fronte di un prodotto in versione cartacea già posseduto e un ulteriore aggravio dei costi da questi sostenuti. Il tutto, peraltro, a fronte di modifiche che di anno in anno appaiono essere minime e potrebbero risultare, di fatto, inidonee a giustificare un riacquisto.
Da ultimo, ed in relazione proprio a tale ultimo aspetto, si osservi come il modello di gestione temporalmente vincolata delle licenze, oltre tutto, privi l’acquirente della possibilità di apprezzare contestualmente le variazioni – in miglioramento, o in peggioramento – del prodotto, intercorse tra un’edizione digitale e l’altra, sia con riferimento ai contenuti del testo fornito in licenza, sia in relazione ad eventuali modifiche operate al funzionamento della piattaforma e nelle opzioni di interazione proposte all’utente (utilizzo di link esterni, collegamenti di approfondimento, etc.); ancora una volta, le ricadute di tali situazioni possono ridurre la facoltà del consumatore di sviluppare una consapevolezza critica funzionale al proprio atto d’acquisto.
5.2. L’impatto sulla circolazione dei prodotti e sul mercato secondario dell’editoria
Le implicazioni dell’attuale gestione del modello di concessione su licenza delle versioni digitali dei testi non si limitano soltanto ad una compressione dei diritti degli acquirenti in relazione al godimento personale della risorsa, ma si proiettano anche sulla circolazione dei prodotti stessi nel corso del tempo.
Risulta evidente, infatti, come, una volta esauritosi il diritto di godimento connesso alla licenza digitale, la trasmissione del prodotto cartaceo cui esso è abbinato risulterà ontologicamente “parziale”, in quanto un eventuale secondo proprietario (a titolo oneroso o gratuito che sia) non potrà accedere a tutte le risorse poste a disposizione del primo acquirente e, anzi, risulterà privato in toto della disponibilità dell’edizione digitale del volume di interesse.
Questo aspetto assume particolare rilevanza nel settore dell’editoria scolastica, proprio in relazione al particolare status acquisito dal mercato secondario di rivendita dei testi. La “salute” del cosiddetto «secondo mercato» (intendendosi come tale il mercato dell’usato dei libri scolastici – sia presso librerie che svolgono questa attività, sia presso fenomeni periodici quali i “mercatini dell’usato”), la cui centralità è riconosciuta persino dalla stessa Associazione Italiana Editori in occasione dei diversi report relativi allo stato dell’editoria italiana[41], rischia infatti di essere profondamente incisa dalla creazione, da parte degli editori medesimi, di condizioni di artificiale indisponibilità di una componente strutturale dell’offerta, derivante dall’impossibilità di far circolare nel tempo le licenze alle medesime condizioni in cui questo avviene per i prodotti cartacei.
Non solo: a fortiori, la riduzione dell’operatività del mercato secondario si presta ad avere evidenti implicazioni sul bilancio familiare dei consumatori, obbligati ad acquistare i prodotti esclusivamente sul mercato “primario” per non perdere l’opportunità di accedere alle copie digitali dei volumi e, di conseguenza, vincolati ulteriormente nelle proprie scelte in quanto costretti a sostenere un costo che sarà intuitivamente più alto di quello cui sarebbero esposti accedendo al mercato dell’usato per un prodotto analogo.
Non per caso, da tempo la dottrina (ancora una volta, principalmente quella statunitense) che si è occupata del tema della digitalizzazione dei libri[42] ha sottolineato – anche al di fuori del circuito dell’editoria scolastica[43] – i rischi connessi all’infungibilità delle licenze in termini di tutela degli utenti e di buon funzionamento del mercato: tra le diverse soluzioni proposte in merito al fenomeno si è suggerita, ad esempio, la creazione di un mercato secondario per le licenze di uso – similmente a quanto già avviene in determinati settori come quello della rivendita di biglietti per eventi e concerti – soggetto a regole e standard che possano prevenire la circolazione di copie in violazione del copyright degli editori[44].
Una soluzione di tal genere consentirebbe di garantire una maggiore disponibilità di opzioni d’acquisto – e, di conseguenza, rispondere alle differenti disponibilità economiche– ai nuclei familiari; al contempo, favorirebbe una maggiore e migliore competitività nel settore dell’editoria scolastica, consentendo lo svilupparsi di un mercato secondario pienamente efficiente e utile a promuovere altresì una genuina competition on the merits nella gestione dei costi e nella predisposizione del contenuto delle nuove edizioni da parte degli operatori sul mercato primario.
* Il presente documento è frutto dell’attività scientifica del Gruppo di Ricerca di Diritto dell’Economia dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro. Responsabile scientifico: prof. Giovanni Luchena.
[1] Sul tema del bilanciamento tra diritto allo studio, eccezione d’insegnamento, e tutela del copyright cfr. V. Falce, La spinta adeguatrice della Direttiva Copyright. Il caso dell’eccezione di insegnamento, in Riv. di Diritto Industriale, fasc. 6, 2019, p. 376 ss.
[2] T.K. Armstrong, Digital Rights Management and the Process of Fair Use, in Harvard Journal of Law & Technology, 2006, 20, 1, 49-121.
[3] In giurisprudenza, il tema è stato peraltro oggetto – con riferimento al diritto di copia – di una pronuncia del TAR Lazio, Sez. II quater, 02 marzo 2012, n. 2162.
[4] All. 1, art. 2 del D.M. n. 781 del 2013.
[5] La creazione di un “framework aperto, interoperabile ed espandibile” prevista dal D.M. 781/2013, necessaria per consentire l’uso di contenuti provenienti da fornitori diversi, non è mai stata attuata.
[6] Il rapporto documenta come diversi progetti di comodato d’uso pubblico di libri digitali siano falliti proprio a causa delle condizioni restrittive imposte dagli editori nei contratti di licenza. In almeno un caso citato (un’iniziativa regionale di fornitura gratuita di e-book scolastici) le clausole contrattuali di non cedibilità e durata limitata hanno impedito la realizzazione del progetto (cfr. §93, 318 e 319 del Rapporto).
[7] V. §30 e 95 del Rapporto AGCM.
[8] Sul punto cfr. §247-251 (esigenza di interoperabilità tecnica), §319 (tutela dei diritti di accesso e conservazione) e §326 del Rapporto.
[9] Bobbs-Merrill Co. v. Straus, 210 U.S. 339 (1908).
[10] Nella specie il caso faceva riferimento alla rivendita di copie di un libro ad un prezzo inferiore rispetto a quello imposto dal titolare.
[11] 17 United States Code, § 109. Per una delle prime interpretazioni giurisprudenziali sul punto cfr. Quality King Distribs., Inc. v. L’Anza Research Int’l, 523 U.S. 135 (1998).
[12] Cfr. P. Mezei, Copyright Exhaustion. Law and Policy in the United States and the European Union, Cambridge, 2018.
[13] Tra le tante può richiamarsi la sentenza Kirtsaeng v. John Wiley & Sons, Inc., 568 U.S. 519 (2013) in materia di applicabilità della first sale doctrine alle opere straniere importate negli Stati Uniti (cfr. Harvard Law Review, Kirtsaeng v. John Wiley & Sons, Inc., in Harvard Law Review, Vol. 127, Iss. 1, 2013, 348-357). In dottrina, P. Mezei, Digital First Sale Doctrine Ante Portas – Exhaustion in the Online Environment, 2015. Già in precedenza R.A. Reese, The First Sale Doctrine in the Era of Digital Networks, in Boston College Law Review, n. 200, 2002, 59-60.
[14] Supreme Court of the United States, No. 11-697, decided March 19, 2013.
[15] United States Court of Appeals for the Ninth Circuit, Vernor v. Autodesk, Inc., 621 F.3d 1102, 2010.
[16] E. Hayes, Vernor V. Autodesk: Power to the…Producers?, in IP Theory,vol. 2, Iss. 2, 2012; C. Lopresto, Gamestopped: Vernor v. Autodesk and the Future of Resale, in Cornell Journal of Law and Public Policy,vol. 21, Iss. 1, 2011, 227-246; T. Leong, When Software We Buy Is Not Actually Ours: An Analysis of Vernor v. Autodesk on the First Sale Doctrine and Essential Step Defense, in Nw. J. Tech. & Intell. Prop., n. 10, 239 ss., 2012; C. Gillians, Is This Mine or Yours – The Effect of the Rulings in Vernor v. Autodesk and the Library of Congress on the Determination of Who Owns Software Copies, inN.C. J.L. & Tech., n. 12,2010, 205 ss.
[17] In D.A. Riehl, J. Kassim, Is Buying Digital Content Just Renting for Life: Contemplating a Digital First-sale Doctrine, in William Mitchell Law Review, Vol. 40, Iss. 2, 2014, gli autori affrontano gli aspetti teorici, i rischi e le proposte di modifica della first sale digitale.
[18] Cfr. in merito M. Borghi, M. Maggiolino, M.L. Montagnani, M. Nuccio, Determinants in the Online Distribution of Digital Content: An Exploratory Analysis, in European Journal for Law and Technology, 3, 2, 2012, 23 ss.
[19] D. Alvarado, Seamaster-ing the First Sale Doctrine: A Tripartite Framework for Navigating the Applicability of Section 109(a) to Gray Market Goods, in Fordham Intellectual Property, Media and Entertainment Law Fordham Intellectual Property, Media and Entertainment Law Journal, n. 22,2012, spec. 916 ss.
[20] Ibidem, 891-895.
[21] Sul punto E. Thomas, The First Sale Doctrine for the Digital Age, in Journal of Intellectual Property Law, n. 32,2025, 100 ss.
[22] In particolare,v. la decisione Capitol Records, LLC et. al. v. ReDigi Inc., et. al. (S.D.N.Y. 2013), poi confermata in appello Capitol Records, LLC v. ReDigi Inc., 910 F.3d 649 (2d Cir. 2018).
[23] E. Thomas, The First Sale Doctrine, supra, 10.
[24] «When a license is granted to a consumer the first sale doctrine does not apply, since the consumer is a licensee and not an owner of a copy»(così E. Thomas, op. cit., 110).
[25] B.W. Carver, Why License Agreements Do Not Control Copy Ownership: First Sales and Essential Copies, in Berkley Tech Law Journal, n. 25, 2010, 1887 ss.
[26] G. Priora, Dall’armonizzazione all’interlegalità: la tutela dell’utente finale nella disciplina europea del diritto d’autore, in E. Chiti, A. di Martino, G. Palombella (eds), L’età della interlegalità, Bologna, 2022, 441 ss.
[27] Legge n. 633 del 22 aprile 1941.
[28] G. Antonino, Il contratto di licenza d’uso del software dopo la sentenza della Corte Ue UsedSoft vs. Oracle, in Il Diritto industriale – Gli speciali, 2017.
[29] Direttiva 2009/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (Versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE).
[30] Sul tema v. anche C. Sganga, Il principio dell’esaurimento nel diritto d’autore digitale: un pericolo o una necessità?, in Diritto dell’Inf. e dell’Informatica, fasc.1, 2019, 21 ss.
[31] Ad esempio, in CGUE, Ranks c. Microsoft, causa C-166/15, 12 ottobre 2016, la Corte ha precisato, richiamando più volte la decisione UsedSoft v. Oracle, che il principio dell’esaurimento non è applicabile alle copie di backup del software.
[32] Sul punto C. Sganga, Digital Exhaustion after Tom Kabinet: A Non-exhausted Debate (June 15, 2020), in T. Synodinou et al (eds.), EU Internet Law in the Digital Single Market, Springer, 2021, 30 ss.; A. Kaiser, Exhaustion, Distribution and Communication to the Public – The CJEU’s Decision C-263/18 – Tom Kabinet on E-Books and Beyond, in GRUR International, vol. 69, Iss. 5, 2020, 489; S. Geiregat, Digital exhaustion and internal market law: Tom Kabinet, in Common Market Law Review, Vol. 58, Iss. 4, 2021, 1207-1228; S. Ghosh, P. Mezei, The Elusive Quest for Digital Exhaustion in the US and the EU – The CJEU’s Tom Kabinet Ruling a Milestone or Millstone for Legal Evolution?(December 1, 2020), in Hungarian Yearbook of International Law and European Law, 2020, 249 -275; C. Sganga, A plea for digital exhaustion in EU copyright law, in JIPITEC, n. 9(3), 2018; E. Tjong Tjin Tai, Exhaustion and online delivery of digital works, in European Intellectual Property Review, n. 25, 2014, 208 ss.
[33] A. Kaiser, op. cit. Sul punto si rinvia anche alla sentenza CGUE, C-610/15, Stichting Brein (2017).
[34] Così M. Galli, E. Bardelli, Il mercato secondario degli ebook tra distribuzione, comunicazione al pubblico e principio dell’esaurimento, in Media Laws – Rivista di Diritto dei Media, n. 1, 2020, 266. Cfr. altresì R. Rivaro, L’applicazione del principio di esaurimento alla distribuzione digitale di contenuti protetti, in Giur.comm, 2014, 1149.
[35] Tribunale di Bielefeld (Landgericht Bielefeld), 5 marzo 2013, n. 4 O 191/11, Verbraucherzentrale Bundesverband e.V. v. Axel Springer AG.
[36] Ad esempio, in CGUE, Art & Allposters International BV, C-419/13, 22 gennaio 2015, la Corte ha concluso che il principio dell’esaurimento non si applica qualora un’opera, originariamente distribuita all’interno del mercato dell’Unione europea in una forma (nel caso di specie un poster), venga poi alterata nel supporto (da poster a tela) e reimmessa in commercio; cfr. G. Carugno, L’esaurimento del diritto d’autore nell’ordinamento dell’Unione europea: libertà nel mercato unico, tutela delle privative e opere creative intangibili. Considerazioni a margine della recente decisione della Corte di Giustizia sul caso Allposters, in amministrativamente.com, nn.5-6, 2015.
[37] S. Reis, Toward a ‘Digital Transfer Doctrine’? The First Sale Doctrine in the Digital World, in Northwestern University Law Review, Vol. 109(1), 2015, 173 ss.
[38] Sul tema, oltre ai riferimenti presenti in altre sezioni del lavoro, cfr. A. Musso, L’impatto dell’ambiente digitale su modelli e categorie dei diritti d’autore o connessi, in Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ., fasc. 2, 1, 2018, 471.
[39] Cfr. A. Geraci, I Digital Rights Management tra diritti contrattuali e autotutela privata, in Il Diritto Industriale, 5, 2016, 451 ss.
[40] Particolarmente significativo, in tale contesto, è stato il c.d. “caso Sony” del 2005,il quale ha dimostrato chiaramente come gli strumenti di tutela del copyright by design basati su limitazioni della licenza d’uso siano suscettibili di favorire abusi in danno agli utenti: cfr. A. Perzanowski, D. Mulligan, The Magnificence of the Disaster: Reconstructing the Sony BMG Rootkit Incident, in Berkeley Technology Law Journal, Vol. 22, Iss. 3, 2007, 1157-1232. Per la dottrina nazionale, si interrogano sul tema del rapporto tra DRM e protezione dei diritti degli utenti – con particolare riferimento al potenziale regolatorio delle Distributed Ledger Technology – N. Muciaccia, S. Lopopolo, Prime riflessioni sul rapporto tra NFT e proprietà intellettuale, in Dir. dell’Inf. e dell’Informatica, fasc.4-5, 2022, 893 ss.; nonché, in termini più generali, M. Granieri, Drm vs. Diritto d’autore: la prospettiva dell’analisi economica del diritto giustifica una protezione assoluta delle opere dell’ingegno di carattere creativo?, in R. Caso (a cura di), Atti del Convegno “Digital Rights Management. Problemi teorici e prospettive applicative” tenuto presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento il 21 ed il 22 marzo 2007, Trento, 2008, 85 ss.
[41] Reperibile all’indirizzo https://www.aie.it/Cosafacciamo/Studiericerche/Pubblicazioni.aspx
[42] Cfr. R.A. Geist, A License to Read: The Effect of E-Books on Publishers, Libraries, and the First Sale Doctrine, in Idea, Vol. 52, 2012, 63; W. Houkes, Licensed to Share: How (Not) to Re-Balance Rights for Digital Goods, in JRE, Vol. 26, 2018,209; L. Li-Chih,The Impact of Restrictive Licensing on the Second-Hand Market for Digital Copyrighted Goods, in Soochow Law Review, Vol. 28, Iss. 3, 2017, 133-165; K. Cobb, The implications of licensing agreements and the first sale doctrine on US and EU secondary markets for digital goods, in Duke J. Comp. & Int’l L., Vol. 24, 2013,529.
[43] S. Reis, Toward a “Digital Transfer Doctrine”?, cit. e, più di recente, E. Thomas, The First Sale Doctrine, op. cit., 100.
[44] Sui rischi di natura anticoncorrenziale connessi al vacuum normativo in materia di disciplina del mercato secondario dell’editoria, v. A. Ghose, M.D. Smith, R. Telang, Internet Exchanges for Used Books: an Empirical Analysis of Product Cannibalization and Welfare Impact, in Info Sys Res, 2006, 3; e, già in precedenza, W. Gordon, Intellectual Property as Price Discrimination: Implications for Contracts, in Chi-Kent Law Review, 1998, 1367.
