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Giurisprudenza

Frodi fiscali: fatture per operazioni soggettivamente inesistenti e “frodi carosello” a confronto

26 Settembre 2012

Cassazione Civile, Sez. Trib., 19 settembre 2012, n. 15741

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza n. 15741 del 19 settembre 2012 la Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione analizza le differenze che intercorrono fra l’ipotesi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti e quella delle c.d. “frodi carosello”.

Pur verificandosi spesso congiuntamente nella pratica, queste due fattispecie si distinguono, da un punto di vista giuridico, per quanto attiene l’oggetto e l’onere della prova.

Nel caso di fatturazione per operazione soggettivamente inesistente, infatti, la fornitura risulta acquisita effettivamente dal contribuente, ma fornita da soggetto diverso dal fatturante. L’Iva che il cessionario assume di aver pagato al cedente per l’operazione soggettivamente inesistente (e cioè per la cessione non effettuata da quel preteso cedente) non è detraibile in quanto pagata ad un soggetto che non era legittimato alla rivalsa né era assoggettato all’obbligo di pagamento dell’imposta. Unica eccezione alla non detraibilità in questi casi potrebbe essere che l’acquirente non sapesse che il fornitore effettivo non era il fatturante ma un altro, ipotesi non impossibile ma meramente di scuola e l’onere di provarla grava ovviamente sul contribuente che fa valere la detrazione. Al di fuori di tale caso, nell’ipotesi di fatturazione per operazioni soggettivamente inesistenti il fisco, per escludere la detraibilità, ha solo l’onere di provare – e può farlo anche mediante presunzioni essendo principio di carattere generale che la prova dei fatti può essere data anche mediante presunzioni – che la cessione non è stata effettivamente operata dal fatturante.

Diversamente, nel caso delle “frodi carosello”, il fatturante è, quanto meno formalmente, il fornitore effettivo ma l’operazione si iscrive – per quanto riguarda quel trasferimento o per quanto riguarda i passaggi precedenti – in una combinazione negoziale fraudolenta di cui l’acquirente era o partecipe o consapevole e che contempla l’avvalimento in vario modo da parte dei cessionari successivi del non versamento dell’IVA da parte di un cedente. Anche in questa ipotesi l’IVA che figura pagata al cedente in via di rivalsa non è detraibile dato che ad essa – con la consapevolezza o la partecipazione del cessionario – non solo non corrisponde un versamento all’erario ma non corrisponde un’attività economica effettiva ed il trasferimento all’intermediario formale ha il solo scopo abusivo di avvantaggiarsi della detrazione. In tale ipotesi è peraltro il fisco ad avere l’onere di provare – anche mediante presunzioni – gli elementi di fatto che concretizzano la frode e la partecipazione ad essa o la consapevolezza di essa da parte del contribuente.

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