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Giurisprudenza

Rapporto tra fallimento e concordato preventivo: il punto delle Sezioni Unite della Cassazione

19 Maggio 2015

Cassazione Civile, Sez. Un., 15 maggio 2015, n. 9936

Di cosa si parla in questo articolo

Con sentenza n. 9936 del 15 maggio 2015 le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno affermato i seguenti principi di diritto sul rapporto tra procedura di fallimento e di concordato preventivo:

1) qualora la sentenza dichiarativa di fallimento sia stata impugnata con reclamo, allegando sia l’incompetenza del tribunale che l’ha pronunziata sia la mancata instaurazione del contraddittorio, e qualora il diverso tribunale innanzi al quale pende una procedura di concordato preventivo abbia chiesto, ritenendosi competente, il regolamento d’ufficio della competenza, ricorrono le condizioni per l’applicazione analogica dell’art. 48 c.p.c.; ne consegue la nullità della sentenza se la corte di appello dichiara la sospensione del processo solo dopo avere pronunziato sulle questioni diverse da quella della competenza e successivamente, in sede di regolamento, viene dichiarata l’incompetenza del tribunale che ha emesso la sentenza di fallimento;

2) in pendenza di un procedimento di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, il fallimento dell’imprenditore, su istanza di un creditore o su richiesta del pubblico ministero, può essere dichiarato soltanto quando ricorrono gli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 l. fall. e cioè, rispettivamente, quando la domanda di concordato sia stata dichiarata inammissibile, quando sia stata revocata l’ammissione alla procedura, quando la proposta di concordato non sia stata approvata e quando/ all’esito del giudizio di omologazione, sia stato respinto il concordato; la dichiarazione di fallimento, peraltro, non sussistendo un rapporto di pregiudizialità tecnico-giuridica tra le procedure, non è esclusa durante le eventuali fasi di impugnazione dell’esito negativo del concordato preventivo;

3) la pendenza di una domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, non rende improcedibile il procedimento 1r prefallimentare iniziato su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, né ne consente la sospensione, ma impedisce temporaneamente soltanto la dichiarazione di fallimento sino ai verificarsi degli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 1. fall.; il procedimento, pertanto, può essere istruito e può concludersi con un decreto di rigetto;

4) tra la domanda di concordato preventivo e l’istanza o la richiesta di fallimento ricorre, in quanto iniziative tra loro incompatibili e dirette a regolare la stessa situazione di crisi, un rapporto di continenza. Ne consegue la riunione dei relativi procedimenti ai sensi dell’art. 273 c.p.c., se pendenti innanzi allo stesso giudice, ovvero l’applicazione delle disposizioni dettate dall’art. 39, comma 2, c.p.c. in tema di continenza e competenza, se pendenti innanzi a giudici diversi;

5) la domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, presentata dal debitore non per regolare la crisi dell’impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, è inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento li ha predisposti;

6) in tema di concordato preventivo, quando in conseguenza della ritenuta inammissibilità della domanda il tribunale dichiara il fallimento dell’imprenditore, su istanza di un creditore o su richiesta del pubblico ministero, può essere impugnata con reclamo solo la sentenza dichiarativa di fallimento e l’impugnazione può essere proposta anche formulando soltanto censure avverso la dichiarazione di inammissibilità della domanda di concordato preventivo.

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