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L’art. 120 del TUB versione 2016: il “valzer” degli interessi nei rapporti bancari

15 Aprile 2016

Avv. Fabio Civale, Studio Legale Civale Associati

Di cosa si parla in questo articolo

Sommario: 1. L’art. 120, comma 2, del TUB “versione 2016” – 2. Il valzer a tre tempi degli interessi bancari – 3. Aspettando Godot

 

1. L’art. 120, comma 2, del TUB “versione 2016”

L’art. 120, comma 2, del TUB, quale riformato dal legislatore nel 2013 era, a detta di tutti, una norma involuta ed incerta.

Con una lunga serie di atti – decreti non convertiti (si veda l’art. 31, comma 1, del d.l. 24 giugno 2014, n. 91), ordini del giorno (n. 9/2568-AR/13), disegni di legge (si veda il disegno di legge del 6 marzo 2015, n. 1849 presentato al Senato) e risoluzioni (n. 8.00154 e n. 8-0155, entrambe del 2015) – il legislatore italiano si era più volte “impegnato” ad intraprendere iniziative legislative volte a dirimere la profonda incertezza creatasi in materia di calcolo degli interessi nei rapporti bancari.

Attraverso un tortuoso percorso, quindi, il legislatore italiano risulta approdato nell’aprile 2016 ad una nuova “versione” dell’art. 120, comma 2, del TUB, quale da ultimo modificato attraverso l’art. 17 bis del d.l. 14 febbraio 2016, n. 18, inserito in sede di conversione con modifiche attraverso la legge 8 aprile 2016, n. 49.

Nel breve volgere di tre anni, si sono pertanto succedute ben tre versioni dell’art. 120, comma 2, del TUB.

Una lettura diacronica delle tre versioni appare quanto mai utile ai fini interpretativi.

L’art. 120, comma 2, del TUB, “versione 2016” contiene sia conferme sia importanti novità.

Partendo dalle conferme, nell’incipit del comma 2 dell’art. 120 del TUB, peraltro non modificato nel 2016, si riafferma l’ampia delega attribuita al CICR chiamato a stabilire “modalità e criteri” per la “produzione di interessi”. Non pare inutile rimarcare che, in ragione della delega attribuitagli ai sensi dell’art. 120, comma 2, del TUB, il CICR è chiamato a stabilire le modalità ed i criteri di produzione di tutti gli interessi, siano questi corrispettivi o moratori. La stessa delega attribuita al CICR, avendo sempre ad oggetto le “operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria”, estende la sua efficacia in relazione a tutte le operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito.

Nell’incipit del comma 2 dell’art. 120 del TUB (“versione 2013” e “versione 2016”), in linea di discontinuità rispetto al passato (“versione 2000 – 2013”), il CICR è chiamato a declinare la “produzione di interessi” (norma 2013 – norma 2016) e non più la “produzione di interessi su interessi” (norma 2000 – 2013).

Se ne desume, pertanto, che l’art. 120, comma 2, del TUB (tanto nella versione del 2013 quanto nella versione del 2016) non rappresenta una norma di deroga all’art. 1283 c.c..

Se quindi la delega attribuita al CICR si conferma per la sua ampia estensione, risulta sin da subito opportuno rilevare che le lettere a) e b) dell’art. 120, comma 2, del TUB, quali risultanti dalla riforma del 2016, hanno ambiti di applicazione diversi tra loro.

Importanti novità sono riferibili, in primo luogo, alla “nuova” lettera a) dell’art. 120, comma 2, del TUB “versione 2016”, sia per quanto concerne l’ambito di applicazione della regola, sia per quanto concerne la stessa regola che il CICR è chiamato a declinare.

Nuovo è l’ambito di applicazione della regola di cui alla lettera a) dell’art. 120, comma 2, del TUB “versione 2016”, che oggi risulta riferibile ai “rapporti” di conto corrente e di conto di pagamento (versione 2016) e non più alle “operazioni” in conto corrente (versione 2013).

Si tratta di una modifica non formale o di mero stile, ma di contenuto sostanziale.

La sostituzione dell’espressione “operazioni in conto corrente” (norma del 2013) con l’espressione “rapporti di conto corrente” (norma del 2016), modifica sensibilmente l’ambito di applicazione della regola di cui alla lettera a) dell’art. 120, comma 2, del TUB “versione 2016”, da cui dovrebbero risultare oggi esclusi i rapporti (di impiego e raccolta) che, pur potendo regolare il pagamento in conto corrente, avendo natura diversa, sono da tenere distinti dai rapporti di conto corrente.

Come anticipato, peraltro, anche la regola di cui alla lettera a) dell’art. 120, comma 2, del TUB “versione 2016” risulta profondamente innovata.

Se infatti l’art. 120, comma 2, del TUB, tanto nella versione degli anni 2000 – 2013, quanto nella versione 2013, aveva da sempre previsto la regola della pari periodicità, lasciando alle parti stabilire il termine del conteggio degli interessi debitori e creditori, il nuovo art. 120, comma 2, del TUB “versione 2016” innova la regola della pari periodicità fissando un termine minimo, “comunque non inferiore ad un anno”, di conteggio degli interessi debitori e creditori, conteggio da effettuarsi il 31 dicembre di ciascun anno ed in ogni caso al termine del rapporto qualora intervenga anteriormente. In caso di rapporti accesi in corso d’anno, peraltro, il conteggio degli interessi debitori e creditori dovrebbe essere effettuato al 31 dicembre dello stesso anno.

Significative novità sono altresì riferibili alla lettera b) dell’art. 120, comma 2, del TUB “versione 2016”.

Rimosse le espressioni contenute nella norma del 2013 riferite a “interessi periodicamente capitalizzati” e “successive operazioni di capitalizzazioni”, espressioni che hanno dato vita ad un ampio e non composto dibattito in merito al significato da attribuirgli, l’art. 120, comma 2, del TUB, lett. b), “versione 2016” dichiara, in modo esplicito, di voler disciplinare i soli “interessi debitori” a carico del cliente.

Gli interessi creditori per il cliente restano, quindi, soggetti esclusivamente alla regola della pari periodicità annuale di cui alla lettera a) dell’art. 120, comma 2, del TUB “versione 2016”, regola peraltro derogabile in senso più favorevole al cliente ai sensi dell’art. 127 TUB.

Ai sensi dell’art. 120, comma 2, del TUB, lett. b), “versione 2016”, gli interessi debitori maturati giorno per giorno, trattandosi di frutti civili del capitale, non potranno produrre interessi ulteriori “salvo quelli di mora” e dovranno, quindi, essere calcolati esclusivamente sulla sorte capitale. La prima parte dell’art. 120, comma 2, del TUB lett. b) “versione 2016”, allorquando ribadisce il divieto di produzione di interessi su interessi (anatocismo) risulta avere un ambito applicativo generale ed ampio, ossia risulta applicabile a tutte le operazioni di esercizio del credito da parte delle banche e degli intermediari finanziari.

Nelle pieghe dell’articolo qui in commento, non si può non evidenziare l’ulteriore novità della norma che fa salva la produzione di interessi di mora rispetto al divieto di produzione di interessi ulteriori sugli interessi debitori (corrispettivi) maturati. Per la produzione di interessi moratori, pertanto, si applicheranno le disposizioni del codice civile e le (eventuali) regole previste dalla emananda delibera CICR, stante l’ampia delega come detto prevista nell’incipit dell’art. 120, comma 2, del TUB.

Del tutto nuova è poi la seconda parte dell’art. 120, comma 2, del TUB lett. b) “versione 2016” che, restringendo l’ambito applicativo della stessa norma, disciplina specificamente ed esclusivamente i rapporti di apertura di credito in conto corrente ed in conto di pagamento, nonché i fenomeni e casi di sconfinamento extra fido o in assenza di fido.

L’art. 120, comma 2, del TUB, lett. b), “versione 2016” prevede oggi che gli interessi debitori, maturati giorno per giorno e conteggiati al 31 dicembre di ciascun anno, per le aperture di credito in conto corrente ed in caso di sconfinamento extra fido o in assenza di fido, diverranno esigibili il 1° marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati, ovvero al momento della chiusura definitiva del rapporto.

Si prevede poi espressamente che il cliente possa “autorizzare, anche preventivamente”, l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengano esigibili, ossia il 1° marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati. Qualora sussista tale autorizzazione, come detto anche preventiva, a seguito dell’addebito sul conto gli interessi sono di fatto “pagati” e sono assimilati e considerati quale sorte capitale ai fini delle successive operazioni di conteggio degli interessi. L’autorizzazione può essere revocata dal cliente in ogni momento, purché prima che l’addebito abbia luogo.

2. Il valzer a tre tempi degli interessi bancari

L’art. 120, comma 2, del TUB, “versione 2016” mostra, sin dalla prima lettura, di voler “superare” le profonde aporie dalla precedente formulazione del 2013. Non vi è dubbio, peraltro, che talune delle scelte compiute dal legislatore nel 2016 sono coerenti ed in linea con le “soluzioni” individuate dalla Banca d’Italia nella proposta di Delibera CICR posta in consultazione nel mese di agosto 2015.

Come in un valzer a tre tempi, nei rapporti di apertura di credito in conto corrente, nonché in caso di sconfinamento extra fido o in assenza di fido, gli interessi debitori maturano giorno per giorno, sono conteggiati il 31 dicembre dello stesso anno ed 1° marzo dell’anno successivo divengono esigibili e pagabili, anche mediante addebito sul conto e qualora sussista una autorizzazione anche preventiva del cliente in tal senso.

Il ritmo ternario degli interessi nei rapporti di apertura di credito sarà quindi scandito dai tre momenti di maturazione (giorno per giorno), conteggio (al 31 dicembre) ed esigibilità (il 1° marzo dell’anno successivo alla maturazione).

Gli interessi passivi, maturati e conteggiati, diverranno esigibili trascorso un termine minimo “di grazia” o “di quiescenza” di 59/60 giorni dal conteggio. Tale differimento dell’esigibilità degli interessi comporterà un “risparmio” per il cliente ed una ridotta redditività per le banche, la cui misura cresce in ragione della crescita del saggio degli interessi debitori pattuiti.

Si introduce, peraltro, un termine “secco” di esigibilità degli interessi, ossia il 1° marzo dell’anno successivo alla maturazione. Si tratta di termine “certo”, non legato alla (incerta) data di ricezione dell’estratto conto, nonché “sincrono” per tutti i clienti.

Divenuti esigibili, gli interessi possono essere “pagati” mediante addebito sul conto qualora il cliente autorizzi la banca a procedere in tal senso.

L’autorizzazione del cliente, come detto, può essere resa anche preventivamente ed in ciò non si può non rilevare la distanza concettuale dal modello della convenzione posteriore di cui all’art. 1283 c.c..

Non è un caso, peraltro, almeno ad avviso di chi scrive, che nell’art. 120, comma 2, lett. b) del TUB “versione 2016” il legislatore abbia inteso utilizzare il termine “autorizzazione” e non il termine “convenzione”.

Il termine “autorizzazione” riflette, probabilmente, una matura valutazione del legislatore del sistema di funzionamento dei rapporti di apertura di credito in conto corrente.

E’ noto che il saldo disponibile per il cliente è rappresentato, in ogni momento, dal risultato netto di versamenti (o accrediti) e prelievi (o addebiti). Per ogni operazione contabilizzata in conto, accredito o addebito, si genera una variazione del saldo disponibile. L’accredito di una somma produce una variazione in aumento della somma di cui il cliente, ai sensi dell’art. 1852 c.c. “può disporre in qualsiasi momento”, così come in modo speculare l’addebito di una somma produce, sempre ai sensi dell’art 1852 c.c., una variazione in diminuzione delle somme di cui il cliente “può disporre in qualsiasi momento”.

Il regolamento in conto delle operazioni in dare e avere avviene sulla base della preventiva autorizzazione del cliente alla banca. Tale autorizzazione del cliente al regolamento in conto degli accrediti e degli addebiti non rappresenta, quindi, una mera operazione contabile, né un arbitrio della banca, ma elemento proprio e caratteristico delle operazioni bancarie regolate in conto corrente oggetto di espressa autorizzazione preventiva del cliente alla banca e che consente il regolamento attraverso moneta scritturale.

Con la modifica operata all’art 120, comma 2, del TUB “versione 2016” si riconosce (o forse, e meglio, si conferma) che anche gli interessi debitori maturati e divenuti esigibili possono essere pagati, assimilandosi al capitale, mediante addebito sul conto.

Per tale operazione, peraltro, si richiede oggi una specifica “autorizzazione”, anche preventiva e ciò al fine, si ritiene, di evitare l’illusione ottica che la banca stia praticando una pratica anatocistica applicando interessi su interessi, quando in realtà gli interessi nel momento in cui sono divenuti esigibili ed a seguito di pagamento sono da considerarsi capitale e, quindi, restando esclusa ex se la configurabilità stessa del fenomeno anatocistico di cui all’art. 1283 c.c..

A ben vedere, quindi, l’art. 120, comma 2, lett. b) del TUB “versione 2016” non introduce una deroga all’art. 1283 c.c., non legittima la produzione di interessi su interessi, ma disciplina per i rapporti di apertura di credito in conto corrente, nonché in caso di sconfinamento extra fido o in assenza di fido, la modalità di pagamento degli interessi mediante addebito sul conto.

L’espressa autorizzazione consente al cliente di avere immediata contezza della circostanza che, alla data del 1° marzo dell’anno successivo, gli interessi maturati (giorno per giorno), conteggiati (al 31 dicembre) e divenuti esigibili (al 1° marzo) saranno “pagati” mediante addebito in conto e, pertanto, saranno assimilati a sorte capitale.

L’addebito degli interessi sul conto ha la struttura dell’addebito di qualsivoglia altro onere, spesa e commissione il cui pagamento avviene mediante addebito sul conto. Si può dire che l’addebito degli interessi sul conto è possibile e legittimo nella stessa misura in cui sono possibili e legittimi gli addebiti dei diversi oneri, spese e commissioni.

Il tratto distintivo per gli interessi debitori è dato dalla autorizzazione specifica e ciò, si ripete, al fine di evitare l’illusione ottica che la banca stia praticando una pratica anatocistica.

Sebbene tale autorizzazione preventiva potrà essere oggetto di dibattito, almeno ad avviso di chi scrive, si trattava di una scelta di fatto necessitata e condivisibile.

Ove fosse stata resa necessaria una autorizzazione “volta per volta” del cliente, l’intera costruzione dell’esigibilità differita e del pagamento mediante addebito in conto rischiava di rimanere finalizzata a sé stessa. Non vi è chi non veda come richiedere una autorizzazione volta per volta avrebbe reso incerto e non ponderabile il pagamento degli interessi mediante addebito sul conto, con le conseguenti ricadute per le banche e la clientela. Del resto, poi, non si comprerebbe la ragione per la quale l’addebito delle spese in conto possa essere autorizzato preventivamente dal cliente e non anche l’addebito degli interessi maturati, conteggiati e divenuti esigibili.

Alcune osservazioni, necessariamente succinte ma che meriterebbero ben altro approfondimento, devono essere formulate in relazione ai fenomeni degli sconfinamenti extrafido o in assenza di fido per i quali il legislatore del 2016 prevede, al pari dei rapporti di apertura di credito, che il cliente possa autorizzare l’addebito degli interessi sul conto.

In assenza di fido, ovvero di fido capiente, qualora il saldo disponibile del cliente non consenta il pagamento degli interessi mediante addebito sul conto, pur dinanzi ad una autorizzazione preventiva del cliente a procedere all’addebito degli interessi maturati, conteggiati e divenuti esigibili, il cliente, non potendo disporre di una disponibilità in conto ex art. 1852 c.c., non potrebbe di per sé pretendere il pagamento mediante addebito degli interessi sul conto.

Nei casi di assenza di fido, ovvero di fido capiente, anche qualora sussista l’autorizzazione preventiva del cliente a procedere all’addebito degli interessi maturati, conteggiati e divenuti esigibili, la banca potrebbe rifiutarsi di aumentare il fido concesso al cliente. In tal caso, peraltro, gli interessi divenuti esigibili rimarrebbero tali, non potendo il cliente pretendere il pagamento (e la banca procedere all’incasso) degli interessi mediante addebito sul conto.

Diversamente, sempre nei casi di assenza di fido, ovvero di fido capiente, qualora sussista l’autorizzazione preventiva del cliente a procedere all’addebito degli interessi maturati, conteggiati e divenuti esigibili, la banca, a seguito di rapida istruttoria, potrebbe aumentare il fido concesso al cliente nella misura necessaria a procedere all’addebito degli interessi sul conto e conseguente assimilazione a capitale. In questo secondo caso, quindi, l’autorizzazione preventiva del cliente esplicherebbe una valenza ulteriore, ossia il cliente dovrebbe aver autorizzato (ma non vincolato) ex ante la banca ad incrementare il fido al fine precipuo di rendere possibile il pagamento degli interessi mediante addebito in conto.

3. Aspettando “Godot”

L’art. 120, comma 2, del TUB “versione 2016”, come nel passato, prevede una delega al CICR, chiamato ad adottare la disciplina secondaria e di attuazione in tema di “modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria” e ciò sulla base dei principi e delle regole poste nelle novellate lettere a) e b) della stessa norma primaria.

IL CICR dovrà quindi adottare la disciplina secondaria attuativa dell’art. 120, comma 2, del TUB “versione 2016”.

Si auspica che, anche in ragione dell’esperienza recente, la Delibera CICR non si faccia attendere come quel tal “Godot”, ma possa essere adottata quanto prima.

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