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Attualità

Uscire dalla crisi in modo ‘intelligente’ e sostenibile: l’Italia può farlo

29 Maggio 2020

Giampiero Bambagioni, Membro del Consiglio Direttivo United Nations Economic Commission for Europe (UNECE) Committee on Urban Development Housing and Land Management (Ginevra)

Di cosa si parla in questo articolo

La recente pandemia da COVID-19 ha sottolineato come le città siano in prima linea nell’affrontare le emergenze e come le stesse città abbiano bisogno, nell’immediato futuro, di esser ripensate per rispondere alle esigenze di un mondo che richiede un’attenzione speciale a questioni concernenti l’organizzazione dei servizi pubblici, infrastrutture e mobilità, comunicazioni e relazioni tra cittadini.

Alcuni settori dell’economia, maggiormente di altri, potrebbero contribuire a trasformare la crisi che si sta delineando in un’opportunità di sviluppo sostenibile nell’ambito del programma d’azione delineato dall’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile e dal programma 2019-2024 della Commissione Europea (European Green Deal).

L’Agenda ONU non è il prodotto di questa emergenza; esiste da alcuni anni ed è frutto di intense negoziazioni alle Nazioni Unite volte alla definizione dei 17 Sustainable Development Goals (SDGs). Nell’Agenda sono evidenziate le azioni e gli indicatori funzionali al ripensamento dei paradigmi dello sviluppo economico, sociale e ambientale per i prossimi anni. Inoltre, nel contesto europeo, è anche necessario oggi più che mai, valutare tutte quelle iniziative innovative che potrebbero contribuire al superamento di questa complessa fase storica.

Per il post COVID-19, l’Italia ha adottato efficaci misure di contenimento e rilevanti misure economiche alle quali ne potranno seguire altre in tempi brevi. Una particolare attenzione dovrebbe essere prestata all’economia urbana, la quale origina circa il 60% del PIL mondiale. Peraltro gli edifici consumano il 36% del fabbisogno globale di energia e sono responsabili per il 39% di emissioni di CO2. La sfida dello sviluppo sostenibile si gioca prevalentemente nelle città.

Coerentemente all’Agenda ONU, le città dovranno essere ripensate in funzione di una maggiore sostenibilità e resilienza così come delineata per esempio nel modello della Smart Sustaibable City (SSC) tracciato in apposite linee guida elaborate dalla Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) congiuntamente con altre agenzie ONU. Un centinaio di indicatori (Key Performance Indicators) consentono di misurare, tra l’altro, la qualità urbana e ambientale, le caratteristiche delle infrastrutture e dei servizi pubblici, il grado di implementazione dell’economia circolare, l’efficienza energetica e la resilienza degli edifici ai cambiamenti climatici e agli eventi sismici, la qualità della vita dei cittadini. La conoscenza approfondita di questi indicatori “urbani” potrebbe consentire, inoltre, una maggiore efficienza nel governo del territorio e una tempestiva reattività ai nella gestione delle rapide trasformazioni originate da disastri climatici o ambientali.

In questo contesto i cittadini italiani sono chiamati a contribuire proattivamente al rinascimento del proprio Paese al fine di trasformarlo in Smart Sustainable Land. Anche in Italia potrebbero essere adottate delle politicheinnovative funzionali alla sua trasformazione in un Paese maggiormente moderno e dinamico, fortemente attrattivo per i giovani italiani ed esteri, per le filiere industriali incluse quelle altamente tecnologiche quali FinTech e PropTech, per gli investitori internazionali, per l’industria culturale e per quella turistico-ricettiva (in considerazione del nuovo concept che sarà richiesto dal turismo internazionale).

Un apporto rilevante potrebbe essere offerto dalla filiera immobiliare che costituisce circa il 20% dell’economia del Paese e coinvolge interi settori interconnessi: da quelli produttivi agli artigianali, dai servizi alle professioni. Inoltre, tenuto conto che 2/3 delle compravendite sono assistite da mutuo, il finanziamento ipotecario deve ritenersi interdipendente con l’efficienza dei mercati immobiliari. Nel contempo le politiche di sostenibilità finanziaria, anche in funzione macroprudenziale, sono strettamente correlate alle caratteristiche delle proprietà oggetto di garanzie ipotecarie (collateral) ed alla sostenibilità dei mercati immobiliari. Le garanzie reali costituiscono infatti un rilevante fattore di mitigazione del rischio al fine della resilienza agli shock e alla brusca correzione degli squilibri finanziari, resi ancor più evidenti dalla crisi economico-finanziaria del 2008.

La sostenibilità dei mercati immobiliari, soprattutto dopo tale crisi, ha assunto una crescente rilevanza strategica a livello internazionale. Pertanto, è stato approvato dalle Nazioni Unite un documento d’indirizzo, il Policy Framework for Sustainable Real Estate Markets – pubblicato nel 2010 e presentato a Ginevra nella versione aggiornata nell’ottobre 2019 – che enuncia le politiche strutturali ritenute necessarie che i Paesi dovrebbero implementare a livello nazionale: dallo sviluppo urbano algreen building, dalla finanza sostenibile al real estate rating, sino al green financing. Nella “ricostruzione” post COVID questo documento assume un’ulteriore rilevanza ed importanza, visto come l’immobiliare dovrà adattarsi alle nuove esigenze per incrementare la resilienza urbana.

Nella finanza pubblica, così come per le iniziative imprenditoriali, i buoni progetti si scontrano con la scarsità delle risorse. Il trade-off è costituito, sovente, dalle “coperture” ossia dalle risorse effettivamente impiegabili per le specifiche policies. La politica fiscale costituisce uno strumento di politica economica in conseguenza della quale possono essere attuate politiche innovative volte a favorire l’occupazione, la competitività, la crescita del PIL.

Tra le proposte operative che potrebbero essere attuate in tale contesto per incentivare la crescita ve ne sono alcune focalizzate sullo sviluppo della filiera edilizio-immobiliare, nonché sulla sostenibilità urbana e territoriale e settori interconnessi (infrastrutture, servizi, risorse professionali). Numerose iniziative potrebbero essere immediatamente attuabili in assenza di un sostegno finanziario aggiuntivo da parte dello Stato o mediante un credito d’imposta; seppure alcune misure in una prima fase potrebbero comportare minori entrate tributarie, le stesse potranno poi originare benefici tangibili anche in funzione del gettito fiscale.

Il bene comune, che implica la salvaguardia e il miglioramento della vita dei cittadini, potrà essere conseguito mediante politiche economiche innovative, integrate e coerenti con i nuovi paradigmi di sviluppo sostenibile condivisi a livello internazionale.

Tenuto conto dei Sustainable Development Goals (SDGs) fissati dall’ONU e dell’European Green Deal, alcune delle iniziative che potrebbero essere adottate a livello nazionale sono sintetizzate, talvolta con una necessaria semplificazione, nei punti che seguono.

  1. Sviluppo urbano, sostenibilità e resilienza delle città. Le città necessitano di essere ripensate in un’ottica di Smart Sustaibable City (SSC) in considerazione delle linee guida UNECE/ITU, al fine di una maggiore qualità ambientale, sostenibilità e resilienza, mediante trasformazioni inerenti infrastrutture (da quelle sanitarie alle ICT), mobilità urbana e servizi pubblici, riciclo e riuso dei rifiuti,edifici con zero emissioni di CO2 e maggiormente ecologici, rigenerazione urbanae minore consumo di suolo. L’espletamento delle relative attività presuppone necessariamente un ruolo proattivo delle amministrazioni locali, affiancate da istituti bancari al fine di reperire i necessari capitali mediante l’emissione di covered bond funzionali a finanziare progetti sostenibili.
  2. Green economy, lavori verdi e modelli innovativi per il finanziamento della filiera. E’ necessario promuovere modelli di economia circolare, green jobs, sviluppodelle professioni e dell’imprenditorialità in campo ambientale, produzione energetica da fontirinnovabili anche al fine di una diffusa applicazione in edilizia (in particolare mediante impianti fotovoltaici). Risorse comunitarie e incentivi fiscali nazionali potrebbero essere integrati da una politica monetaria della BCE atta ad incrementare i finanziamenti per gli investimenti “green” da parte del sistema bancario.
  3. High performance greenbuilding e ciclo di vita dell’edificio. Si rende necessario innovare la filiera delle costruzioni al fine di realizzare edifici con caratteristiche “green” coerenti con gli standard internazionali mediante l’adozione del life cycle assessment (LFA) al fine di valutare efficienza e impatti ambientali con riferimento all’intero ciclo di vita di un prodotto. A tal fine i Criteri Ambientali Minimi (CAM) oggetto del DM del Ministero dell’Ambiente dell’11 ottobre 2017, relativi agli appalti pubblici, dovrebbero essere estesi. Un quadro classificatorio rappresentativo della sostenibilità e delle prestazioni dell’immobile (rating system), chepotrebbe essere sostenuto con adeguati incentivi, è statoidentificato nelCodice delle Valutazioni Immobiliari e, da qualche settimana, dalla Commissione Europea ancorché, in questo secondo caso, con una classificazione più limitata di performance denominata “Level(s)”.
  4. Patrimonio edilizio esistente e nuove costruzioni. In Europa circa la metà di tutti gli edifici residenziali è stata costruita prima del 1970. Il retrofitting delle abitazioni esistenti è importante quanto la costruzione di nuove case a energia zero (new zero-energy homes-NZEB). Dovrebbero essere potenziati gli ecoincentivi fiscali per “Ecobonus” e “Sisma bonus” mediante l’adozione di un pacchetto integrato di misure fiscali volte a favorire la migrazione delle famiglie in abitazioni significativamente riqualificate secondo standard “green”, quindi alta efficienza energetica e resilienti agli eventi climatici e sismici, ecosostenibili e con basse emissioni di CO2. In generale, dovrebbe essere incentivato l’acquisto della prima casa “green” mediante la defiscalizzazione dell’imposta di registro ovvero la riduzione allo 0,50 del prezzo pagato per l’acquisto da privati e imprese e l’esenzione per 25 anni di ogni tipo di imposta (nazionale e locale) – sull’esempio dell’esenzione venticinquennale dall’Ilor introdotta negli anni ‘70 – per le abitazioni in classe energetica “A1” e superiori, che siano nel contempo in classe di Rischio Sismico “B” o superiore. Ricordando l’espressione francese: “Quand le bâtiment va, tout va.”
  5. Valorizzare il patrimonio immobiliare pubblico sottoutilizzato o inutilizzato. L’enorme patrimonio immobiliare dello Stato e degli Enti territoriali, valutato attualmente 342 miliardi di euro, dovrebbe essere trasformato, con procedure semplificate, in funzione delle esigenze di riqualificazione urbana e crescita del territorio, un’ottica di sostenibilità. In considerazione della destinazione d’uso potrebbero essere utilizzati anche veicoli finanziari capaci di supportare investimenti a lungo termine nell’economia reale (ELTIF, fondi immobiliari e SIIQ). Buona parte degli asset pubblici potrebbero essere destinati alla costituzione di un collateralfunzionale all’emissione Asset Backed Securities (ABS), ordinate per scadenza e rischiosità, funzionali agli obiettivi di finanza pubblica.
  6. Infrastrutture e telecomunicazioni. L’elevato standard qualitativo delle infrastrutture e dei servizi digitali pubblici dovrebbe essere assicurato nell’intero Paese poiché la disponibilità a macchia di leopardo penalizza lo sviluppo delle comunità. Pertanto, è necessario assicurare banda ultra-larga su tutto il territorio nazionale e migliorare i collegamenti strategici in quella parte dell’Italia che ne è fortemente carente. E’ necessario, inoltre, accelerare la realizzazione delle opere pubbliche mediante alcune semplificazioni al Codice degli appalti mutuando le migliori esperienze a livello UE.
  7. Valorizzazione delle aree interne e fondi europei. Le aree montane, articolate in oltre 3850 Comuni, costituiscono circa la metà della superficie del nostro Paese e sono spesso soggette a spopolamento per cui – insieme alla infrastrutturazione e dotazione di servizi essenziali – potrebbero essere adottati incentivi fiscali per promuovere la filiera agroindustriale, le attività agrituristiche, la ricerca e l’innovazione anche nei settori del FinTech e PropTech, lo smart working per quelle attività che non necessitano di presenza in aree metropolitane. Lo sviluppo delle sopra richiamate azioni potrebbe beneficiare di rilevanti fondi europei. Per un pieno utilizzo dei finanziamenti dell’UE potrebbero essere accresciute le capacità competitive di sistema mediante organismi regionali specializzai nella europrogettazione, anche in partenariato pubblico privato (PPP).
  8. Riduzione del gap tra nord-sud e brain drain. L’adozione di innovative politiche fiscali per il sud quali, ad esempio, l’esonero della tassazione degli utili per almeno 10/15 anni ove questi siano reinvestiti nell’impresa, potrebbero incentivare lo sviluppo di un ecosistema basato su imprese turistico-ricettive, start-up innovative e società benefit. Parallelamente dovrebbero essere creati i presupposti per incentivare il rientro di giovani talenti incentivando l’imprenditorialità giovanile nei settori fortemente innovativi ed altamente tecnologici mediante il supporto di Fondi Venture Capital e del Fondo Nazionale Innovazione (gestito da CDP). La fuga di talenti, tra cui i lavoratori altamente qualificati, docenti e ricercatori, negli ultimi dieci anni ha riguardato circa 250 mila giovani (tra i15 e i 34 anni) ed è costata all’Italia circa 16 miliardi di euro (circa l’1% del PIL). L’esperienza maturata all’estero costituisce un fattore di competitività per il sistema Paese, oltreché un beneficio per la piramide demografica. Ove il centro-sud del Paese conseguisse uno sviluppo pari ad alcune regioni del nord, l’Italia potrebbe tornare ad essere una delle prime cinque economie del Pianeta.
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