In materia d’intermediazione finanziaria, la Suprema Corte ha ribadito che, per giurisprudenza costante, l’art. 23 TUF “impone la forma scritta a pena di nullità per i soli contratti normativi e non anche per i singoli ordini di investimento (o disinvestimento) che vengono poi impartiti dal cliente all’intermediario, la cui validità non è soggetta a requisiti formali, salvo diversa previsione dello stesso contratto quadro: invero, tali ordini rappresentano un elemento di attuazione delle obbligazioni previste dal contratto di investimento del quale condividono la natura negoziale come negozi esecutivi, concretandosi attraverso di essi i negozi di acquisizione – per il tramite dell’intermediario – dei titoli da destinare ed essere custoditi, secondo le clausole contenute nel contratto quadro” (in senso conforme, Cass. civ., 9 agosto 2017, n. 19759; Cass. civ., 2 agosto 2016, n. 16053; Cass. civ., 29 febbraio 2016, n. 3950; Cass. civ., 13 gennaio 2012, n. 384).
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