La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 18409 del 07 luglio 2025 (Pres. Bertuzzi, Rel. Trapuzzano), in tema di appalto, si è pronunciata sulla decorrenza del termine decadenziale di 60 giorni per la denuncia delle difformità o dei vizi dell’opera appaltata e sulla decorrenza del termine biennale di prescrizione dell’azione di garanzia.
Questi i principi di diritto affermati:
In tema di appalto, l’obbligo di denunziare, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla loro scoperta, le difformità o i vizi dell’opera appaltata, ai sensi dell’art. 1667, secondo comma, c.c., presuppone che tale scoperta sia avvenuta dopo l’accettazione dell’opera, espressa, tacita o presunta, a cura del committente, al momento della consegna o della verifica.
Qualora l’opera appaltata sia affetta da vizi occulti o non conoscibili, perché non apparenti all’esterno, il termine di prescrizione dell’azione di garanzia decorre dalla scoperta dei vizi (che sia successiva alla consegna), la quale è da ritenersi acquisita dal giorno in cui il committente abbia avuto conoscenza degli stessi, essendo onere dell’appaltatore, se mai, dimostrare che il committente ne fosse a conoscenza in data anteriore.
In tema di appalto, il dies a quo di decorrenza del termine biennale di prescrizione dell’azione di garanzia per i vizi, stabilito dall’art. 1667, terzo comma, c.c., va individuato non già con riguardo alla consegna anticipata dell’opera, con riserva di verifica, bensì con riferimento al momento della consegna definitiva, a seguito di verifica ed accettazione dell’opera stessa.
Sulla decorrenza del termine di denuncia dei vizi/difformità dell’appalto
La Cassazione, preliminarmente, ricorda che il secondo comma dell’art. 1667 C.c., nel prevedere che il committente debba, a pena di decadenza, denunciare all’appaltatore le difformità o i vizi entro 60 giorni dalla scoperta, regola la disciplina dei vizi occulti, ossia dei vizi non riconosciuti e non riconoscibili fino al momento dell’accettazione e che siano scoperti in epoca successiva.
Ne consegue, pertanto, che l’obbligo di denuncia, a pena di decadenza, entro il termine di 60 giorni dalla loro scoperta, delle difformità o dei vizi dell’opera oggetto di appalto presuppone che vi sia stata un’accettazione dell’opera, espressa, tacita o presunta, avvenuta, a cura del committente, al momento della consegna o della verifica, prima della scoperta.
Nella fattispecie, per la Corte, tuttavia, non vi sono stati né verifica, né collaudo, né accettazione.
In difetto di accettazione, non può imputarsi all’appaltante di non aver provveduto alla denuncia dei vizi dell’opera oggetto di appalto, con decorrenza del termine dal momento della loro scoperta, appunto perché essi avrebbero dovuto essere rilevati all’epoca della verifica e menzionati nell’esito dei collaudi sollecitati dall’appaltante.
Nello specifico l’accettazione avrebbe dovuto essere rimessa all’esito del prodromico collaudo, quale risultato positivo o negativo della “verifica”, intesa quale complesso di operazioni materiali di natura eminentemente tecnica finalizzate ad accertare se l’opera sia stata eseguita correttamente: in altri termini, avrebbe dovuto attendersi il giudizio espresso dal committente circa la rispondenza o meno dell’opera alle condizioni del contratto o alle regole dell’arte, collaudo che rappresenta un accertamento tecnico unilaterale.
Ne discende, per la Cassazione, che la necessità di denunciare le difformità e i vizi all’esito della consegna dell’opera implica che a tale consegna possa però effettivamente attribuirsi il significato di accettazione tacita.
Sulla differenza fra collaudo, consegna e e accettazione dell’opera appaltata
La Corte ricorda che consegna e accettazione dell’opera sono atti distinti:
- la consegna costituisce un atto puramente materiale, che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente
- l’accettazione esige, al contrario, che il committente esprima (anche per facta concludentia) il gradimento dell’opera stessa, con la conseguente manifestazione negoziale, la quale comporta effetti ben determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità palesi ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo
Ebbene, con riguardo ai vizi dell’opera conosciuti o riconoscibili, il committente, che non abbia accettato l’opera medesima, non è tenuto ad alcun adempimento, a pena di decadenza, per far valere la garanzia dell’appaltatore, poiché, ai sensi dell’art. 1667, c. 1 C.c., solo tale accettazione comporta liberazione da quella garanzia (ossia l’impossibilità di farli valere successivamente, a prescindere da qualsiasi termine di decadenza, che decorre dalla “scoperta” per i soli vizi occulti).
Pertanto, prima dell’accettazione e della consegna dell’opera, non vengono in rilievo problemi di denuncia e di prescrizione per i vizi comunque rilevabili, i quali, se non fatti valere in corso d’opera, possono essere dedotti alla consegna: ma prima dell’accettazione non vi è onere di denuncia e prima della consegna “definitiva” non decorrono i termini di prescrizione.
L’accettazione, diversamente dall’atto di collaudo, è un atto di volontà con il quale il committente dichiara di volere accogliere nella sua sfera giuridica il frutto della prestazione eseguita, avendola trovata immune da difformità o vizi o avendo rinunciato a farli valere: è quindi qualificata come negozio unilaterale recettizio, e deve essere comunicata all’appaltatore, a pena di inefficacia.
Con riferimento ai rapporti tra l’accettazione e il collaudo, la Cassazione riassume le eventuali ipotesi che possano accadere nella pratica:
- che l’opera sia accettata senza alcuna verifica e collaudo, il che peraltro è escluso nelle situazioni in cui è prevista l’obbligatorietà del collaudo per ragioni di interesse pubblico
- che l’opera sia accettata nonostante il collaudo abbia avuto esito negativo
- che l’opera debba essere accettata in ragione dell’esito positivo del collaudo, costituendo la dichiarazione sulla regolarità della prestazione dell’appaltatore un’ipotesi di accettazione tacita, in quanto incompatibile con la volontà di rifiutare la prestazione della controparte.
Quanto alle forme di manifestazione, l’accettazione può essere espressa, tacita o presunta, non essendo richiesti particolari requisiti formali per la sua esternazione:
- è tacita ove il committente, o un suo rappresentante autorizzato, compia un atto incompatibile con la volontà di rifiutare l’opera e si sostanzia in comportamenti concludenti, che dimostrino in modo inequivocabile il gradimento del committente rispetto all’opera realizzata
- è presunta quando, ai sensi dell’art. 1665, c. 3 C.c.:
- nonostante l’invito dell’appaltatore, il committente tralasci di procedere alla verifica senza giusti motivi ovvero
- non ne comunichi il risultato entro un breve termine
- ai sensi dell’art. 1666, c. 2 C.c., in tema di esecuzione dell’appalto per singole partite, vi sia stato il pagamento di singole partite, il che fa presumere l’accettazione della frazione o partita di opera pagata, salvo che ricorra il versamento di semplici acconti.
Al ricevimento del bene deve associarsi, dunque, un contegno dell’appaltante che sia significativo della volontà di non sollevare riserve: la dichiarazione di riserva neutralizza, infatti, gli effetti propri dell’accettazione.
Non si ha accettazione tacita, inoltre, se il committente prende in consegna l’opera, dopo l’effettuazione della verifica, riservandosi al contempo di far valere difformità o vizi in un momento successivo, oppure se la presa in consegna da parte del committente, nel caso in cui la verifica non abbia ancora avuto luogo, avvenga con l’espressa riserva di effettuare la verifica medesima o proprio allo scopo di effettuarla.
Sul termine di prescrizione dell’azione per vizi dell’opera
L’art. 1667, c. 3 C.c. dispone che l’azione (di garanzia per i vizi) contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera.
Tale termine vale sia per i vizi palesi, sia per quelli occulti, che siano stati scoperti prima di tale consegna.
Qualora l’opera appaltata sia affetta da vizi occulti o non conoscibili, perché non apparenti all’esterno, secondo consolidata giurisprudenza il termine di prescrizione dell’azione di garanzia decorre dalla scoperta dei vizi (successiva alla consegna), la quale è da ritenersi acquisita dal giorno in cui il committente abbia avuto conoscenza degli stessi, essendo onere dell’appaltatore, se mai, dimostrare che il committente ne fosse a conoscenza in data anteriore
Ove, invece, il committente, per effetto del riscontro di difetti palesi nel corso della verifica, comunichi che non intende accettare l’opera e prenderla in consegna, il termine di prescrizione delle azioni esperibili decorre da tale comunicazione.
Diversamente prima dell’accettazione e consegna dell’opera non vengono in rilievo problemi di denuncia e di prescrizione per i vizi comunque rilevabili, i quali, se non fatti valere in corso d’opera, possono essere dedotti al momento della consegna: il dies a quo di decorrenza del termine biennale di prescrizione va individuato tuttavia non già con riguardo alla consegna anticipata dell’opera, con riserva di verifica, ma con riferimento al momento della consegna definitiva, a seguito di verifica ed accettazione dell’opera stessa.
La consegna rilevante per il decorso del termine prescrizionale postula che essa avvenga contestualmente o successivamente alla verifica e all’accettazione dell’opera e ne costituisca la naturale appendice, quale finale acquisizione dell’opera appaltata in conseguenza della manifestazione del suo complessivo gradimento (eventualmente anche in conseguenza della prospettazione di determinate difformità e vizi).