Il Consiglio Notarile di Milano, con massima n. 214 del 15 settembre 2025, si è espresso sulle modalità di adozione e gli effetti del regime della dematerializzazione delle quote di una s.r.l. PMI.
Il comma 2-bis dell’art. 26 del D.L. 179/2012, introdotto dall’art. 3 della L. 21/2024 consente infatti alle s.r.l. PMI di assoggettare in via facoltativa le loro quote al regime della dematerializzazione di cui all’art. 83-bis e seguenti del TUF, al pari quanto avviene per le azioni di S.p.A.: la novella legislativa implica che le quote di s.r.l. che siano configurate con caratteristiche di “standardizzazione” (ossia che abbiano uguale misura e contenuto) e che adottino la forma scritturale, si sovrappongono in tutto e per tutto alla nozione delle azioni di S.p.A. con la medesima forma scritturale; permane cioè la differenza tra quote e azioni rappresentate da certificato cartaceo (che continua a essere una forma preclusa alle quote di s.r.l.), ma vi sarebbe perfetta coincidenza tra quote e azioni, qualora fosse adottata la forma scritturale.
Questa la massima espressa:
L’adozione del regime della dematerializzazione delle quote di s.r.l. PMI – ora consentita dall’art. 26, commi 2-bis e seguenti, d.l. 179/2012 (novellato dall’art. 3 della c.d. “Legge capitali”: l. 21/2024) – richiede l’introduzione di un’apposita clausola statutaria, la quale deve individuare la o le categorie di quote assoggettate al regime di dematerializzazione ai sensi dell’art. 83-bis e seguenti TUF. Lo statuto deve altresì prevedere che le quote della o delle categorie assoggettate al regime di dematerializzazione abbiano “eguale valore” e “uguali diritti” (c.d. quote “standardizzate”).
In presenza del necessario presupposto della “standardizzazione” delle quote, il regime della dematerializzazione può essere adottato: (i) anche per le quote c.d. “ordinarie”; (ii) anche per tutte le categorie di quote, e non solo per alcune di esse; (iii) anche in mancanza di diverse categorie di quote; (iv) anche per le quote o categorie di quote prive di indicazione del valore nominale, purché rappresentanti la medesima “frazione del ca-pitale sociale” analogamente a quanto dispone, per le azioni, l’art. 2346, comma 2, c.c.
Le deliberazioni con le quali una s.r.l. PMI modifica lo statuto per adottare il regime di dematerializzazione delle quote o per porre fine al regime di dematerializzazione non danno luogo ad alcuna causa legale di recesso a favore dei soci che non concorrono alle medesime.
L’adozione della forma scritturale per una o più categorie di quote non fa venir meno la possibilità di assoggettare altre quote o categorie di quote alla disciplina della c.d. “circolazione intermediata”, di cui all’art. 100-ter TUF (e Regolamento Consob n. 18592/2013), al fine di assoggettarle ad offerte al pubblico attraverso piattaforme di crowdfunding. Al contempo, si deve ritenere che anche l’adozione della forma scritturale sia idonea al fine di sottoporre le quote dematerializzate di s.r.l. PMI alle offerte al pubblico attraverso piattaforme di crowdfunding.
La prima questione interpretativa affrontata nella massima concerne la natura della decisione volta ad adottare il regime della dematerializzazione, che deve necessariamente consistere in una modificazione dello statuto, volta ad introdurre una clausola che identifichi le quote o le categorie di quote assoggettate alla forma scritturale: anche in assenza di un’espressa disposizione di legge in proposito, il Consiglio ritiene che la modifica del regime della “forma” delle partecipazioni sociali costituisca la modifica di una regola organizzativa statutaria, per la quale non sarebbe sufficiente né una mera decisione gestoria degli amministratori, né una decisione programmatica dell’assemblea senza rilievo statutario.
L’interpretazione fa leva sulle simmetriche diposizioni in materia di partecipazioni azionarie: l’art. 2346/1 C.c., dopo aver affermato che il regime legale della forma delle azioni è quello c.d. cartolare, mediante incorporazione in certificati azionari cartacei, prevede infatti che “lo statuto può escludere l’emissione dei relativi titoli o prevedere l’utilizzazione di diverse tecniche di legittimazione e circolazione”.
La seconda questione affrontata concerne invece la portata applicativa della dematerializzazione e in particolare i limiti oggettivi in cui essa possa essere disposta dallo statuto, per cui:
- non può distinguersi tra categorie c.d. speciali (che sarebbero caratterizzate dai “diritti diversi” menzionati dalla norma) e quote c.d. ordinarie (prive di diritti diversi, rispetto al paradigma normale delle partecipazioni di s.r.l.)
- la dematerializzazione può riguardare tutte le categorie di quote in cui è suddiviso il capitale sociale, comprese quelle c.d. ordinarie: non è necessario che vi sia almeno una categoria di quote non dematerializzate, né al limite almeno una quota non dematerializzata
- la dematerializzazione può essere prevista dallo statuto anche in mancanza di diverse categorie di quote, e quindi indistintamente per tutte le quote in cui è suddiviso il capitale
- la dematerializzazione può applicarsi anche per le quote o le categorie di quote prive di indicazione del valore nominale, purché rappresentanti la medesima frazione del capitale sociale, analogamente alle azioni, ex art. 2346/2 C.c.
La penultima questione concerne il diritto di recesso, in caso di introduzione o rimozione della clausola statutaria che prevede la dematerializzazione delle quote: pur trattandosi di una decisione che incide sulla partecipazione dei soci e sulle modalità di esercizio dei diritti sociali, questa non integra alcuna causa di recesso dei soci che non concorrono alla delibera; la modifica statutaria, infatti, attiene alla forma della partecipazione sociale e non già al suo contenuto, né ai limiti alla circolazione.
Da ultimo, quanto al rapporto tra il regime della forma scritturale e quello della c.d. circolazione intermediata, ex art. 100-ter TUF, ai fini dell’offerta di quote di s.r.l. PMI mediante piattaforme di crowdfunding, il Consiglio ritiene che:
- i due regimi non sono tra loro incompatibili: possono darsi diverse “forme” per diverse categorie di quote nell’ambito della medesima s.r.l. PMI, alcune dematerializzate, ex art. 83-bis e ss. TUF, e altre assoggettate alla circolazione intermediata, ex art. 100-ter TUF, così come l’una e l’altra forma della dematerializzazione e della circolazione intermediata coesistano con il regime ordinario di circolazione e legittimazione delle quote, basato sull’art. 2470 C.c.
- non è più sostenibile che l’unico regime idoneo per assoggettare le quote di s.r.l. ad offerte al pubblico tramite piattaforme di crowdfunding, ai sensi dell’art. 100-ter TUF, sia quello della circolazione intermediata, di cui alla norma stessa, posto che anche il regime della dematerializzazione soddisfa i requisiti richiesti ai fini del crowdfunding.