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Attualità

Successione degli asset digitali: quale futuro?

7 Maggio 2025

Giuseppe Boccalone, Senior Associate, CMS

Simone Decè, TEP & Tax Associate, DWF

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente articolo analizza il tema della successione degli asset digitali alla luce del crescente progresso tecnologico in asincronia con un adeguato aggiornamento normativo.


1. Introduzione

La gestione patrimoniale degli asset digitali, nella cui definizione rientrano sia le cripto-attività disciplinate dal Regolamento UE n. 1114/2023 (c.d. MiCAR) sia quelle escluse dal suo ambito di applicazione, come ad esempio i Non-Fungible Token (c.d. NFT), induce a necessarie riflessioni di natura giuridica e di strategia fiscale.

Con la Legge di Bilancio 2025 (art. 1 commi da 24 a 29) è stato reintrodotto il regime di rideterminazione del costo fiscale delle cripto-attività detenute alla data dello scorso 1° gennaio 2025, tramite il pagamento di un’imposta sostituiva del 18% sul valore di costo o di acquisto delle stesse.

Questa finestra temporale rappresenta un’opportunità strategica per i titolari di cripto-attività, in quanto consente una rivalutazione fiscale del valore di carico degli asset digitali posseduti, con conseguente potenziale abbattimento delle plusvalenze tassabili in sede di cessione.

Tale opportunità deve essere considerata nel più ampio ambito

  • delle modifiche introdotte dalla medesima Legge di Bilancio con specifico riferimento alla cessione delle stesse con eventuale emersione di minusvalori e, più probabilmente, di plusvalori ad oggi latenti e
  • dei profili in ambito successorio dal punto di vista degli strumenti giuridici tramite cui è possibile inserire e gestire tali asset nella c.d. eredità digitale

2. Regime fiscale: transitorio e ordinario

In merito alla cessione delle cripto-attività, è utile ricordare, ad oggi la coesistenza di due regimi fiscali: transitorio e ordinario.

Regime Transitorio (Anno 2025)

Per l’anno d’imposta 2025, è previsto un regime transitorio di tassazione, il quale stabilisce che:

  • le plusvalenze e altri proventi realizzati mediante la cessione a titolo oneroso, il rimborso o la permuta[1] di cripto-attività – così come definite dalla lettera c-sexies) dell’art. 67, comma 1, del TUIR – saranno assoggettati ad imposta sostitutiva con aliquota pari al 26%;

tale regime si applica a tutte le operazioni realizzate dal 1° gennaio al 31 dicembre 2025, e sostituisce qualsiasi altro trattamento ordinario precedentemente applicabile.

  • In parallelo, la normativa elimina, a partire dal 1° gennaio 2025, la franchigia di 2.000 euro prevista per i redditi diversi, rendendo quindi integralmente imponibile qualsiasi plusvalenza derivante dalla gestione di cripto-attività, a prescindere dal valore complessivo dell’operazione.

Regime Ordinario (Dal 1° gennaio 2026)

A partire dal 1° gennaio 2026, entrerà in vigore un regime ordinario più oneroso, con l’introduzione di un’aliquota d’imposta sostitutiva pari al 33% su plusvalenze e altri proventi derivanti dalle operazioni relative a cripto-attività. Questo rappresenta un inasprimento del trattamento fiscale volto ad allineare il regime delle criptovalute a quello previsto per altre forme di redditi di natura finanziaria, in un’ottica di maggiore armonizzazione e controllo fiscale.

Pertanto, l’opzione per la rideterminazione del valore delle cripto-attività al 1° gennaio 2025 si configura come strumento di pianificazione fiscale preventiva, utile a contenere l’impatto impositivo sia nel breve periodo (2025), che, soprattutto, nel lungo termine (post-2026), considerata la prevista crescita dell’aliquota.

3. Rideterminazione del valore – modalità operative (cenni) e conseguenze in ambito successorio

Le modalità operative al fine di procedere a tale rideterminazione erano state già oggetto di chiarimento nella Circolare n. 30 del 2023 emanata dall’Agenzia delle Entrate e, dunque, ampiamente utilizzabili per la nuova disposizione.

Tale rideterminazione del valore permetteva ai detentori di cripto-attività di assumere, agli effetti della determinazione delle plusvalenze e delle minusvalenze su cripto-attività di cui alla lett. c-sexies) del co. 1 dell’art. 67 del TUIR, in luogo del costo o del valore di acquisto, il valore alla data del 1° gennaio 2025, determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR c.d. valore normale, a condizione che il predetto valore sia stato assoggettato all’imposta sostitutiva di cui sopra.

In breve si ricorda che tale regime è la sostanziale riedizione di ciò che era stato introdotto con precedente Legge di Bilancio 2023. Tuttavia, nella precedente formulazione, era prevista un’aliquota inferiore (i.e. 14% in luogo dell’attuale 18%).

Il pagamento dell’imposta sostitutiva può avvenire in un’unica soluzione o in modo rateale (ossia, in un massimo di tre rate annuali di pari importo, con interessi del 3% annuo sulle rate successive alla prima).

Tale finestra temporale è pertanto utile per i proprietari di cripto-attività che stanno valutando un’eventuale cessione degli asset digitali detenuti per minimizzare l’impatto fiscale derivante dall’exit anche considerando le ulteriori novità introdotte dalla medesima Legge di Bilancio di cui sopra. In caso di successione, in merito al valore da assumere nell’ambito delle cripto-attività, la sopracitata Circolare dell’Agenzia delle Entrate al § 3.1. ha chiarito che “(…) nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione. (…)”. Pertanto, per le cripto-attività, la successione mortis causa permetterebbe una rideterminazione del valore “gratuita” (in applicazione delle franchigie di legge) configurando, il valore rideterminato, quello di carico ai fini fiscali dell’erede.

4. Le cripto-attività nell’ambito della c.d. eredità digitale

La determinazione del valore ai fini successori non risolve, tuttavia, le problematiche collegate all’accesso, da parte degli eredi, alle informazioni utili ai fini gestori (ad esempio, account e password) delle cripto-attività stesse, soprattutto se tali asset sono stati detenuti dal de cuius senza l’intervento di istituti bancari o altri intermediari (c.d. exchange) e quindi in maniera diretta (c.d. software e hardware wallet).

Come è evidente, una preventiva e articolata pianificazione successoria è necessaria anche per la gestione di tali asset. In tal senso, si diffonde sempre più il ricorso al c.d. testamento digitale, ossia quel negozio di ultima volontà che contiene le disposizioni testamentarie inerenti il patrimonio digitale.

Infatti, al fine di evitare eventuali contenziosi legati alla dicotomia tra il titolare di un asset digitale caduto in successione ed effettivo beneficiario di una semplice password trascritta su carta, il servizio di custodia e gestione di tali beni, caratterizzati da estrema volatilità, può essere, ad esempio, affidato ad un trustee dotato di una solidità infrastrutturale, giuridica e tecnologica che, da un lato, preserva la sicurezza delle chiavi di accesso a un portafoglio digitale – magari con l’implementazione di un sistema c.d. multi-firma (multi-sig), ossia un protocollo che richiede l’utilizzo di più chiavi private, e quindi più firme, per validare le transazioni – e, dall’altro, circoscrive il rischio di subire ingenti e irreversibili perdite economiche in danno del fondo in trust composto dalle cripto-attività stesse.

Si noti come, laddove in sede testamentaria l’attribuzione particolare abbia ad oggetto le singole credenziali di accesso ad un account, senza trasferimento della titolarità dei beni o dei diritti cui le stesse permettono di avere accesso, non si tratterebbe di un’attribuzione a titolo particolare, un legato, caratterizzato dalla necessaria patrimonialità del contenuto. Dunque, siffatta attribuzione della mera gestione delle credenziali di accesso ad un account si sostanzia in una disposizione testamentaria atipica ai sensi dell’art. 587 comma 2 c.c., in guisa di mandato testamentario, figura distinta da quella dell’esecutore testamentario ex art. 700 c.c.

Ad ogni modo, al netto del peculiare caso dei profili concernenti le credenziali degli account come sopra delineati, è utile ricordare che anche gli asset digitali, intesi come beni ex art. 810 c.c. in senso lato, sono trasmissibili mortis causa e dunque possono ricadere astrattamente nell’asse ereditario del loro detentore.

5. Eredità digitale: quali strumenti giuridici e quale territorialità?

Sotto un primo rilevante profilo, è necessario premettere che la decentralizzazione degli asset digitali non li rende esenti dall’applicazione agli stessi della legge applicabile alla successione per causa di morte. Infatti, ove in una data fattispecie si riscontrassero elementi di internazionalità, sarebbe opportuno prendere in esame le norme atte ad individuare la legge applicabile alla successione.

In ambito europeo, il Regolamento (UE) n. 650/2012 stabilisce che la legge applicabile alla successione coincide con quella dello Stato di residenza abituale del defunto, salvo diversa scelta. Tuttavia, il regolamento nulla dispone con riferimento agli asset digitali.

Nell’ordinamento italiano la Legge n. 218/1995 prevede che la successione sia regolata dalla legge nazionale del defunto (art. 46), creando possibili conflitti normativi per gli asset digitali che non hanno una localizzazione fisica in un unico luogo. A livello internazionale, strumenti come la Convenzione dell’Aia del 1985 sui trust possono rappresentare delle soluzioni per la gestione successoria degli asset digitali.

Un’altra soluzione, sempre in ottica successoria, può consistere nella predisposizione di uno smart contract, ossia una stringa di codice in linguaggio informatico, che governi uno smart wallet. Lo smart contract può essere realizzato in modo tale da riscrivere periodicamente le chiavi di accesso e costituire, pertanto, nell’ambito delle cripto-attività una sorta di testamento digitale o intelligente capace di rendere, dunque, automatico il trasferimento degli asset digitali al verificarsi dell’evento “successione” del relativo titolare.

In breve, uno smart contract si autoesegue al realizzarsi di talune circostanze predeterminate e si caratterizza per l’immutabilità del suo codice, frutto dei meccanismi di validazione e consenso adottati dalla blockchain decentralizzata su cui opera. Tali caratteristiche comportano che nessuno possa realisticamente “sbloccare” il patrimonio in digital asset dell’utente defunto, a meno che quest’ultimo non avesse pianificato la gestione del proprio account affidandolo ad un esecutore o mandatario testamentario, ovvero avesse programmato uno smart contract in maniera tale da attuare automaticamente le sue ultime volontà al realizzarsi dell’evento morte.

In conclusione, le strategie dettate da ragioni di opportunità fiscale possono indurre il detentore di un asset digitale ad alienarlo, previa determinazione del carico fiscale che questo comporta, ma non possono prescindere dalla valutazione di una pianificazione in ottica successoria che tenga conto delle peculiarità dell’ambiente digitale in cui si opera, caratterizzato da immutabilità, autoesecuzione e decentralizzazione.

 

[1] È utile segnalare che non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni. Tuttavia si attende, ad esito dell’Interrogazione parlamentare 12.3.2025 n. 5-03682, l’emanazione di un documento di prassi da parte dell’Agenzia delle Entrate volto a chiarire nel dettaglio la rilevanza fiscale delle permute tra cripto-valute e altre cripto-attività tenuto conto del fatto che il Regolamento MiCA non contiene una definizione di cripto-valuta.

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