SOMMARIO: Il contributo analizza il quadro giuridico applicabile al crowdfunding, con particolare riferimento ai doveri dei gestori e agli strumenti di vigilanza prudenziale. Muovendo dall’evoluzione normativa italiana e dalla successiva uniformazione europea operata con il Regolamento (UE) 2020/1503, lo scritto si sofferma sulla relativa attuazione interna, inerente alla governance dei fornitori di servizi, agli obblighi organizzativi e di condotta, nonché al rapporto trilaterale tra piattaforme, investitori e titolari di progetti. Particolare attenzione è dedicata alle indicazioni della Consob e della Banca d’Italia, che, nel contesto domestico, hanno contribuito a delineare un impianto regolatorio denso e, talvolta, ispirato a logiche bancocentriche. Il lavoro evidenzia il rischio di una sovrapposizione eccessiva tra modelli di vigilanza tradizionali e peculiarità del crowdfunding, la cui verificazione potrebbe di fatto compromettere la finalità posta dal legislatore europeo di creare un sistema normativo proporzionato, flessibile e adatto alla specificità del fenomeno.
ABSTRACT: The paper examines the legal framework applicable to crowdfunding, with particular reference to providers’ duties and prudential supervision. Starting from the evolution of Italian legislation and its subsequent harmonisation under Regulation (EU) 2020/1503, the study focuses on the domestic implementation process, addressing governance requirements for service providers, organisational and conduct obligations, as well as the trilateral relationship between platforms, investors, and project owners. Special attention is given to the regulations issued by Consob and the Bank of Italy, which have contributed to shaping a dense regulatory framework in the domestic context, at times influenced by bank-centric logics. The analysis highlights the risk of an excessive overlap between traditional supervisory models and the specific features of crowdfunding, which could ultimately undermine the European legislator’s objective of creating a proportionate, flexible regulatory system tailored to the peculiarities of this phenomenon.
1. Il crowdfunding nel panorama giuridico italiano
La materia inerente alle operazioni di crowdfunding (o CF) rappresenta un ambito di studio particolarmente approfondito dalla scienza giuridica: ciò si deve ad un’importante attività del legislatore domestico che, nella “configurazione” equity, ha mostrato particolare interesse verso lo sviluppo di tali transazioni. L’istituto[1] ha infatti conosciuto una stagione particolarmente florida sin dal 2012[2], agevolata in misura specifica dalla difficoltà di accesso al credito da parte di PMI e start up[3], tradizionalmente appannaggio degli istituti bancari[4].
Quanto alle finalità, la regolazione, ancorché priva di organicità[5] – il legislatore interno, in un contesto caratterizzato dal perdurare della crisi economica, aveva difatti regolato alcuni aspetti della fattispecie equity crowdfunding con il d.lgs. 179/2012, convertito con la l. 221/2012[6] – mirava in origine a rendere (i) governabile il fenomeno dal punto di vista della tutela degli utenti delle piattaforme[7] e (ii) più sostenibile il reperimento di risorse per i soggetti finanziati[8].
La normativa[9], destinata in un primo momento a rispondere all’esigenza contingente delle imprese di disporre di finanza alternativa a quella tradizionale proveniente dal ceto bancario[10], era diretta pertanto a incoraggiare la c.d. nuova imprenditorialità[11] e ad aumentare la crescita economica, i livelli occupazionali e lo sviluppo tecnologico[12] di una parte delle filiere produttive[13].
Sul versante del lending crowdfunding, invece, la produzione normativa era quasi del tutto assente. La scarna disciplina ad essa relativa era infatti stata oggetto, a partire dal 2016[14], di un’impostazione prudenziale adottata dalla Banca d’Italia, tesa ad esentare alcune delle attività ivi rientranti dalla disciplina sulla raccolta del risparmio, tanto con riferimento ai gestori delle piattaforme, quanto con riguardo ai prenditori (i cc.dd. project owners)[15]. Di talché, la disciplina si presentava come una (para-)regolamentazione di secondo livello, fondata su interventi di vigilanza e non su un quadro normativo compiuto. Il metodo legislativo era d’altronde volto a non “indebolire” modelli di finanza innovativi, pur tentando di inquadrare i relativi sviluppi entro margini di compatibilità con le regole di un sistema già esistente in materia di raccolta del risparmio e di intermediazione creditizia. Tale impostazione, se da un lato rappresentava uno strumento di favor verso la sperimentazione di nuove forme di finanziamento (quasi) disintermediato, dall’altro poneva criticità sotto il profilo della certezza giuridica. In particolare, risultava evidente l’assenza di un quadro normativo organico in grado di disciplinare in maniera puntuale i rapporti tra piattaforme, investitori e prenditori, con il rischio di lasciare ampi spazi a prassi eterogenee e potenzialmente elusive.
Nel contesto tracciato, il dato positivo è giunto a un punto di svolta con l’entrata in vigore del Regolamento (UE) 2020/1503 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 ottobre 2020, relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per il finanziamento delle imprese e delineante una disciplina apparentemente uniforme per i modelli sia equity sia lending-based, finalizzata a garantire un livello elevato di tutela degli investitori e a favorire il processo di creazione del mercato unico dei capitali nell’Unione Europea. Pertanto, a fronte di un approccio domestico frammentato, l’uniformazione prevista a livello unionale si pone (rectius: dovrebbe porsi) quale punto di riferimento imprescindibile per gli operatori del settore.
2. Cenni sulla normativa euro-unionale: il Regolamento (UE) n. 1503/2020
Come detto, la differenza regolatoria emergente dal sistema italiano in ordine all’equity e al lending crowdfunding risulta oggi in parte appianata dalle previsioni di cui al già citato Regolamento (UE) n. 1503/2020, ancorché soltanto con riferimento al finanziamento delle imprese[16]. Sulla scia della (parziale) uniformazione dei servizi “B2B” e “C2B”, il framework euro-unionale consente dunque di individuare tratti comuni della disciplina e della vigilanza.
In particolare, a rilevare in via preliminare è la riserva di attività prevista nel Regolamento. I servizi ivi disciplinati possono essere forniti soltanto da persone giuridiche a ciò autorizzate dall’autorità competente dello Stato membro dell’Unione Europea[17] in cui le medesime sono stabilite[18]. Autorizzazione che viene concessa a seguito della presentazione della domanda, corredata da un’ampia selezione di dati e informazioni circa la struttura di governance, i responsabili della gestione del provider, le procedure interne adottate e, eventualmente, gli accordi di esternalizzazione delle funzioni aziendali (art. 12, paragrafo 2, del Regolamento crowdfunding)[19].
Complessivamente il legislatore europeo si è dunque mosso nella consueta prospettiva di attuare un controllo preventivo sulla sussistenza dei requisiti prudenziali[20] di cui devono essere in possesso i crowdfunding service providers (CSP)[21], e sullo scrutinio circa le competenze dei soggetti apicali dei gestori delle piattaforme[22]. Infatti, i candidati a diventare provider sono tenuti a fornire informazioni relative all’identità delle persone fisiche responsabili della gestione sociale, nonché la prova circa la sussistenza in capo a questi ultimi di requisiti di onorabilità e di sufficienti conoscenze, competenze ed esperienze per gestire il candidato fornitore di servizi di crowdfunding (art. 12, comma 2, lett. l) [23].
Tali forme di verifica, di là dal potersi equiparare a fattispecie più complesse, strutturate e “radicate”, quali i processi di autorizzazione all’esercizio dell’attività cui soggiacciono gli istituti di credito o le imprese assicurative[24], parrebbero aver formalizzato nell’ordinamento domestico ipotesi di accertamento minori[25], meno gravose dal punto di vista quali-quantitativo. E del resto anche tale precisazione si misura con il concreto svolgimento di un’attività, quella attinente al crowdfunding, soltanto in parte sovrapponibile a schemi di regolazione prudenziale “conosciuti” nell’ordinamento. Si spiega, così, come l’adattamento dei principi di tutela che si sono richiamati non si sia opportunamente spinto nella materia de qua a eccessive forzature regolatorie, quantomeno in ambito unionale[26]; ma, sembrerebbe potersi argomentare, all’opposto, che la normativa abbia tenuto in considerazione la necessità di accostare al fenomeno forme di regolazione meno invasive, se osservate nella loro totalità, rispetto a quanto previsto per differenti tipologie d’imprese[27]. Così declinati, i requisiti autorizzativi dettati dal Regolamento europeo paiono idonei a coniugare due esigenze distinte: assicurare la tutela degli utenti e consentire alle piattaforme di aderire ad uno schema normativo coerente con le relative caratteristiche. Il tutto, con un approccio che consenta «alle piccole e medie imprese di svincolarsi dalla dipendenza dal credito bancario»[28].
3. L’attuazione interna della normativa unionale e le risposte regolatorie domestiche
Nel sistema ordinamentale italiano, l’attuazione della disciplina europea ha incontrato un limite nell’integrazione della stessa con un quadro normativo di per sé già formato, coinvolgente sia la Consob sia la Banca d’Italia. Ed infatti, il legislatore italiano ha in ogni caso previsto che il procedimento autorizzativo segua un iter “concertato” tra la due autorità[29], sulle quali oggi ricade una competenza condivisa, seppur «per finalità» differenti[30]. La prima risulta il «punto di contatto» (seguendo la dicitura euro-unionale)[31], cui trasmettere la domanda di accesso all’attività; tuttavia, la stessa concede (o revoca) l’autorizzazione «sentita» la seconda (art. 4-sexies.1, comma 3, t.u.f.). I ruoli, poi, subiscono un’“inversione”, qualora a fare richiesta siano banche, istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica o intermediari finanziari iscritti nell’albo di cui all’art. 106 t.u.b. In tal caso l’autorizzazione è concessa dalla Banca d’Italia, «sentita» la Consob (art. 4-sexies.1, comma 4, t.u.f.).
Il meccanismo di reciproca consultazione predisposto dal legislatore ha reso necessaria l’istituzione di un costante flusso di informazioni tra le due autorità che, nel giugno 2023, hanno formalizzato in un apposito protocollo d’intesa gli aspetti più rilevanti di tale collaborazione (ai sensi del comma 7 del novellato art. 4-sexies.1 t.u.f.), tra cui figurano, oltre al richiamato sistema di information flow, regole sull’esercizio dei poteri regolamentari, ispettivi e sanzionatori, nonché sui provvedimenti di rilascio, estensione e revoca dell’autorizzazione[32]. Così, sebbene le aree di specificità risultino dettagliate e in principio non sovrapponibili tra loro, i fornitori di servizi di crowdfunding sono soggetti alla vigilanza prudenziale dei due regolatori. Fattore, quello da ultimo segnalato, che dovrebbe allo stesso tempo consentire una maggior capacità di intervento nell’accertamento di irregolarità o patologie nella fornitura dei servizi medesimi e una maggiore coerenza circa l’applicazione dei requisiti introdotti dalla disciplina. Ma che, al contempo, corre il rischio di un’eccessiva burocratizzazione del sistema interno, la quale risulterebbe in contrasto con la concreta declinazione del business, nato con il fine di slegare alcune ipotesi di reperimento dei capitali dai tradizionali sistemi di credito o di capitali[33].
Sicché il principio autorizzativo, posto quale vincolo all’esercizio di servizi di CF e contenuto, per il lending crowdfunding, nelle disposizioni nazionali antecedenti, nella normativa euro-unionale vigente e nella conseguente correlata disciplina di attuazione, parrebbe risolversi in una specifica riserva di attività attinente ai servizi prestati dalle piattaforme; l’autorizzazione, infatti, configura una condizione necessaria della fornitura dei servizi[34], realizzabile da soggetti non necessariamente coinvolti nella pratica bancaria[35], e – indirettamente – della vigilanza.
Un punto, quest’ultimo, che segna certamente un mutamento in ordine ai principi ispiratori che avevano caratterizzato l’introduzione dei relativi istituti nell’ordinamento interno. In tale ambito, infatti, sulla base della riserva di cui all’art. 106 t.u.b.[36], a norma del quale «l’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma è riservato agli intermediari finanziari autorizzati, iscritti in un apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia», erano già stati introdotti, nel sistema italiano, simili requisiti prudenziali, inclusa l’autorizzazione, limitatamente alla fornitura dei servizi di lending. La normativa vigente, attuata sulla base del Regolamento (UE) n. 1503/2020, d’altro canto, prevede un procedimento di autorizzazione generalizzato, in ragione della specificità del crowdfunding, e non della sua comparabilità con altri tipi di attività[37].
4. Adeguatezza organizzativa dei providers: considerazioni preliminari
Le notazioni circa il ruolo dirimente affidato alle autorità indipendenti nazionali devono essere coniugate con i doveri di carattere generale che ricadono sui gestori.
In merito a tale profilo, spetta all’organo amministrativo la definizione e la “sorveglianza”[38] sull’applicazione di procedure adeguate che garantiscano una gestione efficace e prudente. La precisazione non è di poco conto e tocca aspetti di “vertice” della governance degli enti[39]: alla luce dell’esigenza di tutelare mercato e investitori, infatti, la normativa europea impone un importante sforzo operativo agli amministratori. Questi, nel contesto giuridico italiano, oltre al rispetto dei doveri esplicitati agli artt. 2086, secondo comma, 2381 (o 2475), c.c., e ricavabili interpretativamente dall’art. 2403, c.c. sono chiamati ad osservare doveri organizzativi specifici e connaturati alla natura dell’attività svolta[40].
I requisiti organizzativi richiesti ai providers per ottenere (e mantenere) l’autorizzazione necessaria a gestire le piattaforme ed effettuare operazioni di crowdfunding sono, d’altronde, nella visione del legislatore europeo, parte integrante di una gestione «efficace e prudente»[41] di cui all’art. 4 del Regolamento. Concetto, quest’ultimo, che risulta di difficile inquadramento definitorio.
In via di sintesi, potrebbe affermarsi che una gestione efficace debba qualificare un’attività esercitata con l’obiettivo di evitare conflitti di interesse (nonché di eliminare elementi in grado di rallentare od ostacolare il day-to-day management dei CSP); per quanto concerne il significato da attribuire alla prudenza, essa dovrebbe riferirsi alle procedure utili ad assumere decisioni non sproporzionatamente rischiose per il business di riferimento[42]. Inoltre, se il criterio della efficace e prudente gestione, sottoposta alla vigilanza settoriale, funge da canone di valutazione teso al rilevamento di eventuali profili di responsabilità[43], esso potrebbe in ogni caso divenire il viatico[44] attraverso cui immettere nel sistema controlli particolarmente severi e attribuire alle autorità regolatrici poteri penetranti e incisivi sulle regole di governo societario[45].
Peraltro, tale considerazione conduce ad un’ulteriore riflessione: la legislazione pare includere in norme di rango primario[46] chiari riferimenti alle prassi aziendalistiche. La questione di per sé non rappresenta una novità: nel nostro ordinamento è lo stesso art. 2403 c.c. ad elencare, tra i doveri del collegio sindacale, la vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione. Parallelamente, il legislatore unionale ha inteso esplicitare gli adempimenti, organizzativi, informativi e prudenziali, cui i CSP sono tenuti. E, come verrà osservato, ha ridotto alcune delle disposizioni a corposi elenchi di requisiti e doveri, che non possono che appesantire (e forse fossilizzare) il quadro legislativo relativo alla fornitura di servizi di CF[47].
4.1 I requisiti organizzativi quali “presupposti” della vigilanza
Il Regolamento impone agli CSP di conformarsi a requisiti organizzativi ritenuti idonei a tutelare gli utenti delle piattaforme[48]. Essi riguardano – in primo luogo – il mantenimento di un’appropriata consistenza patrimoniale e la dotazione di un’adeguata organizzazione interna, involgente la separazione delle prerogative ricadenti in capo agli amministratori e l’istituzione di procedure volte alla prevenzione di situazioni di conflitto di interessi[49].
Rispetto a tale dovere organizzativo, il Regolamento richiede che venga creata una struttura orientata alla c.d. segregation of duties, ovvero alla distribuzione della titolarità di compiti e doveri tra i diversi membri del c.d.a.[50]. Anche in questo caso deve segnalarsi l’intersezione della normativa di riferimento con altri testi legislativi: nei contesti bancario e assicurativo, ad esempio, è ormai un principio sancito dal legislatore, europeo e nazionale, che la separazione dei ruoli nell’organo amministrativo sia uno dei pilastri[51] di un’attività “sana e prudente”[52]. La locuzione, peraltro, richiama quella già ricordata di “gestione efficace e prudente” cui sono tenuti gli operatori che svolgano la loro attività nell’ambito del crowdfunding[53].
L’intento appare evidente: una gestione prudente, sempre nell’ottica del Regolamento, deve essere diretta a far sì che le funzioni essenziali e i compiti esecutivi non siano affidati ad un’unica persona che, nel caso prospettato, diverrebbe altresì il (solo) punto nevralgico dell’attività [54]; evitare che sia affidata ad un solo soggetto l’intera gestione sociale diviene dunque dirimente per il buon funzionamento dei gestori dei portali[55]. In tale contesto rileva inoltre la valutazione circa il carattere fit and proper dei membri dei c.d.a. Sono infatti gli stessi fornitori di servizi a valutare la sussistenza di specifiche conoscenze, competenze ed esperienze dei propri consiglieri, in un’ottica di valutazione della relativa adeguatezza a ricoprire l’incarico[56]. Tale verifica rappresenta, dunque, un tassello imprescindibile nel più ampio disegno di una governance conformata e funzionale a salvaguardare l’affidabilità delle piattaforme e dei progetti finanziabili.
Deve tuttavia rilevarsi che le indicazioni fornite dal Regolamento sembrano contrastare con la mancanza di un requisito quantitativo di composizione del “organo di gestione” (art. 4 del Regolamento): non è infatti previsto un numero minimo di consiglieri, cosicché, in via generale, si può sostenere l’ammissibilità, almeno in determinate circostanze, della nomina di un amministratore unico[57]. Tale eventualità, però, al fine di scongiurare un “cortocircuito” del sistema, pare possibile soltanto qualora il gestore riesca a garantire, attraverso, ad esempio, accordi di esternalizzazione[58], un adeguato livello di separazione delle differenti prerogative, tra l’amministratore unico, l’alta direzione e le terze parti affidatarie di alcune funzioni[59].
Da un punto di vista organizzativo, poi, viene richiesta la creazione di sistemi e controlli interni adeguati volti, inter alia, al monitoraggio del rischio legato ai prestiti contratti tramite le piattaforme. La norma, contenuta all’art. 4, paragrafo 2, del Regolamento, si caratterizza per essere quella più compatibile con il dettato codicistico in tema di governance: con l’introduzione dell’art. 2086, secondo comma, c.c., il legislatore italiano ha chiarito che tutti gli imprenditori, societari o collettivi, hanno il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa[60]. E l’adeguatezza organizzativa deve essere valutata da un angolo visuale interno, tenendo conto della necessaria presenza (almeno) di un idoneo e dettagliato organigramma, con l’indicazione delle funzioni (c.d. funzionigramma), dei poteri e delle deleghe di firma e di procedure atte ad assicurare il corretto ed ordinato svolgimento delle attività aziendali e delle rispettive singole fasi[61].
Ma il medesimo assetto ha un’ulteriore funzione: permettere al fornitore di servizi di valutare, quasi sostituendosi inizialmente al singolo investitore (sia questo, mutuando l’espressione di cui all’art. 2, paragrafo 1, lett. j) e lett. k) del Regolamento, “sofisticato” o “non sofisticato”[62]), il rischio legato alle operazioni effettuate. L’assetto dell’impresa, dunque, rileva anche da un punto di vista esterno, in quanto appare mirato, in via prioritaria, alla valutazione dell’affidabilità dei progetti e dei relativi “proprietari”, impattando parallelamente sull’informativa resa agli utenti delle piattaforme[63].
La disposizione, peraltro, pare coerente con le finalità del legislatore europeo di tutela dei singoli finanziatori e della stabilità del mercato, da un lato, e di implementazione di adeguate garanzie organizzative e di risk management[64] dei gestori, dall’altro[65]. Con ciò si richiede ai medesimi providers di effettuare un’operazione di due diligence a monte e quindi in un momento temporalmente antecedente alla pubblicazione delle offerte sul portale. A tale prospettiva, inoltre, sembra legarsi una concezione dell’intervento regolatorio pubblico che intravede nella selezione dei progetti una funzione di garanzia[66]. Ed è proprio nella direzione segnalata che la normativa circa l’adeguatezza organizzativa interessa i profili tanto di governo societario, quanto aspetti attinenti alla regolamentazione prudenziale[67].
In particolare, l’art. 5, paragrafo 2, del Regolamento individua un c.d. “livello minimo di adeguata verifica”, che deve includere i seguenti accertamenti: che il titolare di progetti non abbia precedenti penali relativi a violazioni di norme nel campo del diritto commerciale, fallimentare, della normativa sui servizi finanziari, della normativa antiriciclaggio[68] o degli obblighi di responsabilità professionale; che il medesimo titolare non sia stabilito in una giurisdizione riconosciuta come non cooperativa o in un paese considerato ad alto rischio[69].
Gli accorgimenti richiesti ai fornitori dei servizi, tuttavia, non si risolvono nel mero controllo della sussistenza dei requisiti elencati dalla norma in commento.
Nell’ottica di tutelare gli investitori e ridurre i rischi connaturati alle operazioni svolte tramite CF, i providers sono tenuti a realizzare politiche concepite per assicurare che i progetti pubblicizzati sulle piattaforme siano selezionati in modo professionale, imparziale e trasparente. Anche nel contesto di selezione dei progetti, pertanto, sorgono ulteriori doveri organizzativi in capo ai CSP. Si noti, tuttavia, che il procedimento di organizzazione, prima, e di valutazione, poi, ancorché ispirato al principio di neutralità[70] e al rispetto di standard tecnici, è da collocare nella sfera discrezionale dei providers[71], i quali valutano, inter alia, l’affidabilità[72] sia dei titolari dei progetti, sia dei progetti medesimi[73].
5. Aspetti prudenziali. Il Regolamento Consob del 2023 e le indicazioni della Banca d’Italia
Come detto, la condivisa competenza regolatoria della Consob e della Banca d’Italia nell’ordinamento si risolve in una suddivisione dei ruoli, attuata per «funzioni», tra le Autorità. Il punto, del resto, si riflette anche nella predisposizione delle fonti di secondo livello.
In particolare, con il Regolamento Consob, adottato con delibera n. 22720 in data 1° giugno 2023, sono stati formalizzati obblighi di trasparenza concernenti le informazioni relative alla gestione del business e dei conflitti di interesse, nonché alle comunicazioni marketing sul territorio italiano.
L’Autorità finanziaria ha altresì fissato, all’art. 7 del medesimo Regolamento, requisiti di vigilanza informativa, prevedendo, al comma 1, comunicazioni periodiche (annuali) da parte dei soggetti autorizzati all’esercizio dei servizi di crowdfunding e, al comma 2, comunicazioni “ad evento”, riguardanti in misura specifica l’inizio dello svolgimento dell’attività e «ogni modifica sostanziale delle condizioni di autorizzazione»[74]. L’espressione necessita un approfondimento semantico, non potendo il richiamo contenuto nella disposizione all’art. 15 del Regolamento europeo risultare sufficiente: la fonte euro-unionale, del resto, non specifica quali siano gli indici per indentificare il carattere sostanziale delle modifiche alle condizioni di autorizzazione. Tuttavia, deve rilevarsi che l’integrazione dell’attività dei regolatori pubblici permette di risolvere almeno in parte il tema posto dalla segnalata laconicità. Invero, la Banca d’Italia il 6 maggio 2024 – per il tramite di Disposizioni emanate sulla base del menzionato art. 4 sexies.1 t.u.f.[75] – ha fornito indicazioni utili al fine della relativa configurazione, da individuarsi – a titolo esemplificativo – in «variazioni rilevanti dei dispositivi di governance, dei meccanismi di controllo interno e dei servizi compresi nel programma di attività presentato in fase di autorizzazione (es., l’inclusione nel programma di attività di servizi ulteriori come la gestione individuale di portafogli di prestiti), la conclusione di nuovi accordi di esternalizzazione di funzioni operative e la perdita sopravvenuta dei requisiti di idoneità da parte di partecipanti al capitale ed esponenti aziendali»[76].
Nel contesto prudenziale, peraltro, si è giunti ad ulteriori approdi di vigilanza: in coerenza con quanto avviene in altri settori regolamentati, le autorità hanno maggiormente caratterizzato le disposizioni del Regolamento europeo, tanto con riferimento agli strumenti di governance, quanto con riguardo alla tipizzazione dei profili di fit and proper degli esponenti aziendali[77]. Si pensi, ad esempio, alla specificazione sui requisiti di idoneità, ove «in assenza di indicazioni puntali nella normativa europea» la Banca d’Italia ha chiarito che: (i) per la valutazione della competenza il fornitore dovrebbe prendere in considerazione sia la conoscenza teorica, acquisita attraverso gli studi e la formazione, sia l’esperienza pratica, conseguita nello svolgimento di attività lavorative precedenti o in corso; (ii) per la valutazione sul time commitment, il fornitore dovrebbe comunicare all’esponente il tempo stimato come necessario per l’efficace svolgimento dell’incarico. Per entrambi i criteri, in caso siano riscontrate limitate carenze, verrebbe prevista la possibilità per il fornitore di adottare misure correttive[78].
Sul versante dei controlli, poi, l’autorità bancaria ha nuovamente precisato che il Regolamento crowdfunding «richiede che i fornitori si dotino di un adeguato sistema di gestione dei rischi e di controllo interno, senza tuttavia fornire specifiche indicazioni in merito all’articolazione degli assetti organizzativi o delle funzioni di controllo aziendale»[79]. L’articolazione minima richiesta ai CSP, dunque, è stata nuovamente arricchita di indicazioni che, per espressa “ammissione”, non trovano un puntuale riscontro nella normativa primaria.
Ebbene, l’intervento delle autorità domestiche parrebbe essersi spinto aldilà del semplice adeguamento al quadro unionale, incidendo in maniera significativa sulla configurazione complessiva della disciplina. E il tema, peraltro, pare presentare alcune criticità relative in misura specifica alla gerarchia delle fonti, giacché la caratteristica prevalenza dei formanti euro-unionali sulle norme nazionali è in qualche modo posta in discussione[80], in favore di una tendenza all’overregulation, attuata in ragione di imposizioni prudenziali che, tuttavia, tradiscono una visione «bancocentrica»[81]. Nondimeno, tale naturale propensione non può che apparire in contraddizione con l’introduzione di un regime – quello relativo al crowdinvesting – appositamente attagliato al business di riferimento, e non “modellato”, o perlomeno non interamente “modellato”, sulla disciplina creditizia[82]. Con il duplice rischio di un irrigidimento tecnico del sistema e di un disallineamento della disciplina, tanto in una logica di competitività dell’ordinamento e quanto di vanificazione delle finalità di creazione di un mercato unico dei capitali.
6. Cenni ai doveri di condotta dei gestori
Nell’ambito di questa trattazione, risulta utile rilevare che il Regolamento impone in capo ai gestori il rispetto di alcuni canoni di condotta, che riproducono sostanzialmente obblighi[83] di cui alla direttiva MiFID II[84]. Ci si riferisce, in particolare, alla disposizione contenuta all’art. 3, comma 2, del Regolamento a norma del quale «i fornitori di servizi di crowdfunding agiscono in modo onesto, equo e professionale e nel migliore interesse dei loro clienti»[85].
Sul punto, occorre considerare la portata della disposizione e delle relative conseguenze interpretative: infatti, non si ritiene potersi operare un collegamento sistematico tra i suddetti criteri e il paradigma della già menzionata efficace e prudente gestione. Anzi, si potrebbe allo stesso tempo osservare che una gestione prudente da parte dei gestori di portali di crowdfunding possa non essere “equa”; oppure, all’opposto, una gestione finanziariamente non sostenibile potrebbe in ogni caso essere caratterizzata da “onestà”. Così, le disposizioni vertenti sull’organizzazione dei fornitori parrebbero ispirarsi a criteri di tutela del mercato, più che degli investitori in quanto tali, in una prospettiva macroeconomica; al contrario, le norme di condotta dei providers sono essenzialmente dirette a proteggere l’investimento dei singoli, secondo una logica microeconomica.
Si noti poi che, specialmente nella fornitura di servizi di gestione di portafogli individuali, i summenzionati criteri di condotta possono assumere una rilevanza centrale. In tale sub specie di lending crowdfunding, infatti, la discrezionalità dei gestori è particolarmente estesa, anche con riferimento alla selezione dei progetti: la stessa, ancorché “perimetrata” nei confini di un mandato ad hoc rilasciato individualmente dal cliente e sorretta principi fissati dal legislatore[86], non prevede una conferma dell’ordine, richiedendo al CSP di adottare solide procedure e metodologie per ottenere il miglior risultato possibile per l’investitore, avvalendosi di dati adeguati, nonché di comunicare in modo continuativo, attraverso mezzi elettronici e su richiesta, informazioni su ciascun portafoglio[87].
In ordine a tale ultima rilevazione, alcune imposizioni regolatorie debbono essere valutate con riferimento agli obiettivi fissati dalla normativa e ai possibili profili di responsabilità ricadenti sulle piattaforme.
Nulla quaestio circa il significato da attribuire al significato di “agire in modo professionale” del fornitore di servizi, rappresentando tale espressione il criterio di valutazione dell’operato dei gestori dei portali, in base alle specifiche competenze del relativo personale e alla natura dell’attività concretamente esercitata[88], soprattutto con riferimento ai soggetti «non sofisticati»[89].
Eppure – lo si è già accennato – tra gli obblighi di condotta figurano anche l’“onestà” e l’“equità”, da considerarsi quali ulteriori parametri di valutazione. E, nel quadro regolatorio dell’attuale contesto politico, sociale ed economico, tali espressioni pongono il concreto pericolo che dalla loro interpretazione si possa giungere in via ricostruttiva – in primo luogo giurisprudenziale – ad un aggravio del regime della relativa responsabilità.
A ragione, dunque, si potrebbe argomentare che tali indici, identificabili in schemi di valutazione, siano il frutto della visione finalistica, che mira primariamente alla tutela degli utenti delle piattaforme. Si tratta, peraltro, di formule ricollegabili a clausole generali, la cui indeterminatezza, di là dall’ispirare comportamenti virtuosi, potrebbe determinare incertezze e ambiguità. I menzionati criteri, pertanto, pur funzionali a rafforzare la protezione degli investitori, corrono il rischio di estendere la sfera di responsabilità dei gestori in misura sproporzionata, con conseguenze potenzialmente distoniche rispetto all’obiettivo unionale di garantire un regime di vigilanza proporzionato e calibrato sulle peculiarità del crowdfunding.
7. I rapporti con i clienti tra providers, titolari di progetti e utenti delle piattaforme
Le considerazioni poc’anzi svolte, riguardanti i presidi organizzativi e prudenziali posti la tutela degli investitori[90], valgono, seppur parzialmente, anche per quanto concerne la regolamentazione del rapporto tra i gestori, i titolari dei progetti e gli utenti.
Va evidenziato che, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 1, lett. g) del Regolamento, infatti, la definizione di «cliente» si attaglia ad entrambe le categorie. D’altronde, i portali interagiscono con i soggetti finanziatori e i soggetti finanziati sulla base di accordi contrattuali e sono tenuti a obblighi di diligenza professionale, di organizzazione e di correttezza rispetto ad entrambe le categorie. E, sempre secondo la disposizione in commento, i CSP devono agire nel «migliore interesse del cliente»[91].
Deve evidenziarsi, pertanto, un elemento di criticità che merita una più approfondita analisi: i providers, per il ruolo che ricoprono, sono tenuti a mantenere un atteggiamento «neutrale»[92], tanto nella conduzione complessiva delle attività di gestione delle piattaforme stesse, quanto nella selezione dei singoli progetti che vengono presentati agli utenti. Tale neutralità è indispensabile al fine di scongiurare ipotesi di conflitti tra loro, le quali potrebbero compromettere l’affidabilità e l’equità delle scelte delle piattaforme, nonché la tutela degli interessi degli utenti. Tuttavia, a fronte della necessità ora segnalata, emerge una possibile “discrasia”: la funzione stessa dei gestori richiede che essi operino con l’obiettivo primario di soddisfare, genericamente, il criterio del best interest of clients. Il rapporto trilaterale che si ingenera nelle operazioni di crowdfunding, pertanto, rende complessa – se non addirittura contraddittoria – l’esigenza di mantenere una posizione effettivamente imparziale, poiché l’interesse dei clienti, per sua natura, potrebbe essere plurale e non sempre univoco, imponendo così ai gestori di bilanciare «interessi» potenzialmente tra loro confliggenti.
Di qui, pare difficile comprendere come il bilanciamento tra l’imperativo della neutralità e l’obbligo di perseguire un soddisfacimento ottimale, benché generale, dei diversi interessi[93] in capo ai clienti-investitori e ai clienti-offerenti[94], possa trovare un compiuto raggiungimento. Affiorerebbe anzi nelle pieghe del testo normativo un vulnus regolatorio, i cui riflessi sistematici potrebbero, pertanto, collare i providers in una condizione di conflitto “istituzionale”. Essa risulterebbe fondata sulla mancata distinzione, auspicabile quantomeno con riguardo ad alcune disposizioni, tra interessi degli investitori e interessi dei prenditori. Nel presente ambito di indagine, infatti, ben potrebbe verificarsi la circostanza che gli stessi risultino divergenti[95]; tale ipotesi, tuttavia, non è stata presa in considerazione dal legislatore euro-unionale, che sul punto ha dettato un’articolata disciplina[96] tesa a prevenire eventuali ipotesi di conflitti ricadenti sui soli providers[97]. Adottando un’interpretazione in linea con il solo Regolamento europeo, il rapporto tra gli interessi dei finanziatori e quelli dei prenditori dovrebbe pertanto essere valutato dai CSP verificando nel caso concreto quale interesse sia da preferire, al fine di tutelare i clienti nel miglior modo possibile e mantenere una posizione di equilibrio tra le rispettive posizioni.
Allo stesso tempo, va considerato che la complessità regolatoria non si esaurisce al perimetro della normativa primaria. In una prospettiva di integrazione, anche ulteriori fattori, tra cui il potere regolamentare in capo alla Commissione, svolgono un’opera di specificazione delle fattispecie e delle norme. In particolare, nel caso di specie il Regolamento delegato (UE) 2022/2111 del 13 luglio 2022 interviene sancendo il dovere in capo ai gestori di aggiornare le informazioni relative ai propri conflitti di interesse, fornendo altresì una descrizione, specifica e chiara dei medesimi e dei rischi ad essi connessi nel contesto di un determinato servizio, che tenga conto della categoria dei “clienti” (espressione da “leggersi” nel caso di specie come “utenti”) – sofisticati o non sofisticati – ai quali sono destinate tali informazioni (art. 3, parr. 1 e 2).
Va dunque ulteriormente considerato che le precisazioni della Commissione, unitamente alle prescrizioni contenute nel Regolamento in ordine alla tutela degli investitori, potrebbero in ogni caso portare a ritenere che l’ipotesi di conflitto tra interessi (anche potenzialmente) contrapposti possa trovare una positiva soluzione nella prevalenza della posizione dei soggetti finanziatori su quella dei project owners. A tale conclusione, infatti, si può pervenire se si considera che le norme sul crowdfunding hanno stabilito un perimetro di disciplina teso al corretto funzionamento del mercato e alla tutela degli investitori, in virtù dei plurimi presidi organizzativi, di condotta e, in parte, di salvaguardia delle scelte, che – come rilevato – interessano l’attività delle piattaforme[98], secondo tanto una concezione imprenditoriale, quanto di gatekeeping del sistema.
8. Rilievi conclusivi
Il Regolamento (UE) n. 1503/2020 ha il pregio di aver introdotto, nel più generale ambito del finanziamento delle imprese, una disciplina unitaria, connaturata al tipo di servizio offerto dai gestori delle piattaforme online, e quindi intersecante la raccolta di denaro (fund) con una moltitudine di utenti (crowd).
Occorre segnalare che l’opportuna scelta legislativa di sancire una regolamentazione omogenea, impattante sui CSP che svolgano operazioni equity, debt-based o di lending crowdfunding rientranti nell’ambito oggettivo di applicazione del Regolamento, è stata tuttavia contemperata dall’esigenza di introdurre alcuni regimi derogatori o, in ogni caso, specifici per alcune sottocategorie di servizi[99]. L’unicità della normativa, dunque, e forse necessariamente, tende a svanire in virtù delle peculiarità dei singoli settori di riferimento (equity, debt-based o lending e le relative sottocategorie) e degli adempimenti ad essi collegati. È il caso del servizio di gestione individuale di portafogli, nella variante lending, in cui i presidi di garanzia e salvaguardia delle operazioni rispondono all’esigenza di sorvegliare con maggior vigore il regolare svolgimento delle transazioni, a valle, e sull’opportuna selezione dei progetti finanziabili, a monte.
Inoltre, permangono dubbi in ordine alla relativa implementazione domestica. In particolare, in questo ambito, i profili prudenziali concernenti l’organizzazione interna dei providers, la relativa governance e i controlli di vigilanza, paiono aver parzialmente appiattito la disciplina del fenomeno a quella prevista per gli istituti bancari, rendendo in parte vana – perlomeno nel nostro Paese – l’opera di definizione (se non di vero è proprio “distaccamento”) che il legislatore europeo mirava a realizzare[100].
Il tema, peraltro, non è nuovo nel presente campo di indagine: infatti, da più parti[101] si segnalava, già prima dell’emanazione del Regolamento (UE) 1503/2020, l’esistenza di una visione (miope e) “bancocentrica” del crowdfunding – soprattutto lending based – che, all’opposto, si configura quale fenomeno a sé stante rispetto alla pratica creditizia. Ebbene, un giudizio equivalente può essere offerto sotto il vigore della disciplina vigente, la cui attuazione segue schemi di regolazione[102] già conosciuti nel panorama vigilato italiano e si discosta, per il vero soltanto in parte e in virtù della ridotta porzione di mercato che il crowdfunding occupa, dalla regolazione prudenziale dei settori sistemici.
Il discrimen non pare, dunque, qualitativamente apprezzabile e corre il rischio di sottoporre gli operatori dello specifico (e ristretto[103]) mercato a imposizioni rigide e non pienamente giustificate. Va, infatti, tenuto a mente che il regime contenuto delle operazioni non pare legittimare uno sforzo prudenziale teso, essenzialmente, a immettere nel sistema prassi di vigilanza che, da un lato, spesso non trovano riscontro nel testo legislativo euro-unionale e, dall’altro, si misurano con un’attività affatto diversa e, come riconosciuto dal legislatore[104], nata quale alternativa al circuito bancario. All’opposto – e a dispetto delle innovazioni intervenute in sede euro-unionale – la regolamentazione secondaria parrebbe essere indirizzata in ogni caso al mantenimento di un ordine (pre)costituito e, come tale, pressoché impermeabile ai mutamenti che dovrebbero caratterizzare la disciplina.
In conclusione, la questione si pone in termini di stretta attualità a volgere lo sguardo all’evoluzione del mercato interno, che aveva conosciuto, in alcune circostanze, forme di supervisione del tutto simili, in punto di autorizzazione e di “accortezze” regolatorie, in un momento precedente all’introduzione della normativa sovranazionale. Ma anche, e soprattutto, “di mercato” nei confini europei. Così, l’intenzione del legislatore unionale di introdurre strumenti di omogeneità nella materia del crowdfunding potrebbe essere compromessa da adattamenti che – sulla base di meccanismi adottati in altri settori – si rivelino in realtà “distonici” rispetto alle finalità del Regolamento. E dunque, ingenerino il pericolo di influenzare negativamente l’obiettivo – di creare un “campo da gioco” condiviso – verso cui è diretto l’attuale framework di disciplina.
[1] Si veda in merito DE STASIO, Il crowdfunding, in AA.VV., Il Testo Unico finanziario, a cura di Cera e Presti, Bologna, 2020, p. 2325 ss., nonché MANZI, Il fenomeno del crowdfunding e del social lending: caratteristiche operative e profili contrattuali, in AA.VV., I contratti dei risparmiatori, a cura di Capriglione, Milano, 2013, p. 394 ss.; NOGAROTTO, “Social lending”: un “trade-off” tra digitalizzazione e riserva di attività, in Riv. trim dir. econ., 2022, 1, suppl. 3, p. 161 ss.
[2] Sono molti i contributi della dottrina sul tema. Senza pretesa di esaustività, si vedano CAGNASSO, La s.r.l. italiana e le nuove possibilità di finanziamento tramite il crowdfunding, in Il Nuovo Diritto delle Società, 2017, p. 1417 ss.; PIATTELLI, Il crowdfunding in Italia. Una regolamentazione all’avanguardia o un’occasione mancata?, Torino, 2013, passim; FREGONARA, Start up innovativa. Uno sguardo all’evoluzione del sistema societario e delle forme di finanziamento, Milano, 2013; ID., L’equity based crowdfunding: un nuovo modello di finanziamento per le start up innovative, in Giur.it, 2016, p. 2287 ss.; ADIUTORI, Strumenti finanziari nelle start up e P.M.I. innovative, in AA.VV., Start up e P.M.I. innovative, opera diretta da Cagnasso e Mambriani, p. 799 ss.; ACCETTELLA e CIOCCA, Emittente e portale nell’equity-based crowdfunding, in Giur. Comm., 2017, II, p. 241 ss.; CUZZOLA, La disciplina italiana dell’equity crowdfunding: varianti tipologiche, responsabilità e valore dell’informazione tra problema e sistema in Il diritto dell’economia, 2020, 3, p. 489 ss.; LAUDONIO, La folla e l’impresa: prime riflessioni sul crowdfunding, in Rivista ODC, 2014, 1, p. 1 ss. Per quanto riguarda le riflessioni di Autori e Autrici stranieri, ex multis, cfr. PARHANKANGAS, MASON e LANDSTRÖM, Crowdfunding. An introduction, in AA.VV., Handbook of Research on Crowdfunding, 2019, Cheltenham, p. 1 ss.; SCHWIENBACHER e LARRALDE, Crowdfunding of small entrepreneurial ventures, 2010, reperibile al seguente link: https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1699183; DE MOOR e KIM, A comparative study on the regulatory framework of crowdfunding, in The Journal of Small Business Innovation, 2016, 1, p. 1 ss. Di notevole interesse sono poi le considerazioni contenute nell’indagine OCSE pubblicata nel febbraio 2015, New Approaches to SME and Entrepreneurship Financing: Broadening the Range of Instruments, secondo cui «the 2008-09 global financial crisis profoundly changed the business environment for SMEs and entrepreneurs, and access to finance was particularly affected. In many OECD countries, the crisis exacerbated the financial constraints typically experienced by SMEs, mainly as a result of information asymmetries in financial markets, and financial resources dried up for the most dynamic enterprises».
[3] Si veda, in merito, il lavoro della Commissione Europea in relazione al pacchetto di azioni per l’introduzione di un Listing Act al fine di agevolare il procedimento di quotazione delle PMI, nell’ottica del completamento dell’Unione dei mercati di capitali, e consentire ai titolari delle società di quotarle sui mercati di crescita per le PMI utilizzando strutture azionarie a voto plurimo, in modo che possano mantenere un controllo sufficiente sulla società dopo la quotazione, tutelando nel contempo i diritti di tutti gli altri azionisti. Il rapporto della Commissione è disponibile al seguente link: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_7348. Sul punto, v. ANNUNZIATA, “Il migliore dei mondi possibili”? L’accesso delle PMI alle trading venues: libertà, condizionamenti e gold plating, in Riv. soc., 2021, p. 1175 ss.
[4] MACCHIAVELLO e SCIARRONE ALIBRANDI, L’inquadramento giuridico delle attività svolte dai lending marketplace. Linee di fondo, in AA.VV., Marketplace lending. Verso nuove forme di intermediazione finanziaria?, in Quaderni FinTech, 5, a cura di Sciarrone Alibrandi, Borello, Ferretti, Lenoci, Macchiavello, Mattassoglio e Panisi, Quaderni Consob, Milano, 2019, p. 28 ss. Le Autrici notano come anche la “tipologia” di intermediazione tradizionalmente esercitata dagli istituti di credito sia differente da quella attuata dai portali on-line. In merito, si osserva: «il tipo di intermediazione svolta dalle banche (nello svolgimento dell’attività di raccolta del risparmio e creditizia) e dalle imprese di investimento è, infatti, assai diverso e tale differenza si ripercuote in modo significativo sulle scelte regolatorie di fondo che sono state compiute rispetto alle suddette due tipologie di intermediari. La banca, raccogliendo il denaro presso il pubblico in forma di fondi rimborsabili ed erogando finanziamenti a soggetti dalla medesima selezionati, svolge un ruolo di “intermediazione forte” assumendo direttamente su di sé il rischio di credito, oltre che di trasformazione delle scadenze e creazione di liquidità. Inoltre, raccogliendo in maniera professionale e specializzata informazioni sui richiedenti e sul loro merito creditizio, rende contenibili sia il problema di asimmetria informativa in capo a chi ha disponibilità di denaro sia i costi transattivi».
[5] PEDERZINI e DE GOTTARDO, Incentivi e ostacoli al finanziamento delle PMI s.r.l. sui mercati di capitali, in Giur. comm., 2022, I, p. 272 ss.
[6] Si veda PIATTELLI, Il crowdfunding in Italia. Una regolamentazione all’avanguardia o un’occasione mancata?, cit., p. 3 ss.; ID., Il nuovo Regolamento Europeo sul crowdfunding, in Il Nuovo Diritto delle Società, 2021, p. 168-170.
[7] Sul punto, si vedano le considerazioni di BOLLETTINARI e FREGONARA, Il crowdfunding, in AA.VV., Start up e P.M.I. innovative, diretta da Cagnasso e Mambriani, Bologna, 2020, p. 884 ss.
[8] L’enfasi che il legislatore europeo ha posto sui metodi di finanza alternativa si caratterizza per lo sforzo delle istituzioni comunitarie di elaborare soluzioni utili alle PMI, anche nell’ottica di velocizzare l’opera di completamento del mercato dei capitali. In argomento, cfr. il Considerando n. 3 del Regolamento (UE) n. 1503/2020, secondo cui «il crowdfunding può contribuire a fornire alle PMI l’accesso ai finanziamenti e a completare l’Unione dei mercati dei capitali. Per le PMI, l’impossibilità di accedere ai finanziamenti costituisce un problema anche in quegli Stati membri in cui l’accesso al credito bancario è rimasto stabile durante la crisi finanziaria. Il crowdfunding è emerso fino a diventare una prassi consolidata per finanziare attività commerciali di persone fisiche e giuridiche. Tale finanziamento avviene attraverso piattaforme online; le attività commerciali sono in genere finanziate da un gran numero di persone od organizzazioni; e le imprese, incluse le start-up commerciali, raccolgono somme di denaro relativamente modeste».
[9] Si ricordi che l’Italia è stata la prima nazione europea ad essersi dotata di una regolamentazione sul tema. Si veda, sul punto, MACCHIAVELLO, La travagliata evoluzione normativa dell’equity crowdfunding in Italia, il nuovo regolamento Consob e la prospettiva di regolazione del crowdfunding a livello europeo: una disciplina destinata a breve vita?, in Rivista di Diritto Bancario, 2018, p. 133 ss.; BOLLETTINARI e FREGONARA, Il crowdfunding, cit., p. 864 ss.
[10] Si vedano le condivisibili considerazioni di CORSO, Il Regolamento europeo sui fornitori di servizi di crowdfunding: prime considerazioni, in NLCC, 2021, p. 267 ss., secondo cui il crowdfunding è «uno strumento complementare, ma non interamente sostitutivo rispetto ai tradizionali canoni di finanziamento delle piccole e medie imprese», nonché di TIBERII, La regolamentazione Consob sulla raccolta di fondi online: l’equity e il lending crowdfunding, in Amministrativamente. Rivista scientifica trimestrale di diritto amministrativo, 2022, p. 138 ss.
[11] La gamma si strumenti scambiabili, a seguito di riforme intervenute tra il 2012 e il 2017, comprendeva le quote o le azioni di PMI. Si noti che, adesso, possono essere scambiati «valori mobiliari», ovvero categorie di valori, esclusi gli strumenti di pagamento, che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, come ad esempio a) azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e certificati di deposito azionario; b) obbligazioni e altri titoli di debito, compresi i certificati di deposito relativi a tali titoli; c) qualsiasi altro valore mobiliare che permetta di acquisire o di vendere tali valori mobiliari o che comporti un regolamento o a pronti determinato con riferimento a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, merci o altri indici o misure, oppure «altri strumenti ammessi ai fini di crowdfunding», e dunque «le azioni di una società privata a responsabilità limitata che non sono soggette a restrizioni che di fatto ne impedirebbero il trasferimento, comprese restrizioni relative alle modalità di offerta o pubblicizzazione di tali azioni».
[12] CAPRIGLIONE, Brevi note sul crowdfunding, in Riv. trim. dir. econ., 2023, suppl. 3, Temi e problemi di diritto dell’economia. Atti del Webinar “La nuova regolamentazione del crowdfunding”, 28 marzo 2023, Università degli Studi di Perugia, a cura di Troiano, p. 124-125. L’Autore evidenzia: «l’equity crowdfunding si sostanzia in un acquisto diretto di quote di capitale di rischio da parte di soggetti che intendono finanziare un progetto presentato da giovani società, che sono in prevalenza start-up ad alto contenuto tecnologico e, dunque, con forti potenzialità di crescita».
[13] BOLLETTINARI e FREGONARA, Il crowdfunding, cit., p. 872-873.
[14] Cfr. la delibera n. 584 del 2016 della Banca d’Italia.
[15] Con la citata delibera n. 584 del 2016, la Banca d’Italia aveva individuato, quanto ai gestori, criteri di esenzione dalle materie coperte da riserva bancaria: l’attività non sarebbe stata considerata abusiva nel caso di «ricezione di fondi da inserire in conti di pagamento utilizzati esclusivamente per la prestazione dei servizi di pagamento dai gestori medesimi, se autorizzati a operare come istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica o intermediari finanziari di cui all’art. 106 del t.u.b. autorizzati a prestare servizi di pagamento ai sensi dell’art. 114 novies, comma 4, del t.u.b.» ovvero di «ricezione di fondi connessa all’emissione di moneta elettronica effettuata dai gestori a tal fine autorizzati». Ai prenditori, invece, era consentito svolgere determinate operazioni, senza violare la suddetta riserva. Sul punto, infatti, le Disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche avevano previsto la possibilità di acquisire fondi o «sulla base di trattative personalizzate con i singoli finanziatori» oppure «presso soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale, operanti nei settori bancario, finanziario, mobiliare, assicurativo e previdenziale».
[16] Si noti che i servizi di crowdfunding relativi all’erogazione di credito ai consumatori, definiti all’art. 3, lett. a), della direttiva 2008/48/CE del 23 aprile 2008, non sono ricompresi nell’ambito di applicazione del Regolamento.
[17] MAZZA, NAVA e CALARCO, Il gestore di portali. Autorizzazione e vigilanza prudenziale, in Riv. trim. dir. econ., 2023, suppl. 3, cit., p. 116 ss., i quali, a p. 117, rilevano: «il Regolamento Crowdfunding, secondo lo schema tipico della regolamentazione del settore finanziario, ha introdotto un regime armonizzato per l’autorizzazione dei prestatori di servizi di crowdfunding, che consente ai medesimi, a fronte dell’ottenimento dell’autorizzazione in uno stato Membro, di operare nell’ambito del regime c.d. di passaporto in tutti gli altri Paesi dell’Unione Europea. In linea con le più recenti tendenze nell’ambito della regolamentazione delle attività finanziarie, il legislatore europeo ha scelto lo strumento del regolamento per disciplinare la prestazione di servizi di crowdfunding, che consente il massimo livello di armonizzazione, lasciando margini di discrezionalità minimi agli Stati membri».
[18] In particolare – lo si è già anticipato – lo scorso 10 marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato, in conformità alle disposizioni contenute nella legge delega n. 127 del 4 agosto 2022 per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti normativi dell’Unione europea (Legge di delegazione europea 2021), in esame definitivo il decreto legislativo di adeguamento della normativa interna al Regolamento (d.lgs. 10 marzo 2023, n. 30, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 24 marzo 2023, n. 71), prevedendo modifiche al T.U.F.; in particolare, viene reiterata la scelta di attribuire la competenza ad autorizzare le imprese all’esercizio dei servizi di crowdfunding sia alla Consob sia alla Banca d’Italia, la cui attività si svolge sulla base di finalità differenti, ancorché complementari, e in conformità a quanto sancito dall’art. 5 del Testo Unico. Si veda lo schema di decreto legislativo al seguente link: https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/docnonleg/45899.htm. In merito a tale ultima innovazione legislativa cfr. il commento di FREGONARA, L’attuazione del regolamento europeo in materia di crowdfunding, in Diritto Bancario, 6 aprile 2023, reperibile al seguente link: https://www.dirittobancario.it/art/l-attuazione-del-regolamento-europeo-in-materia-di-crowdfunding/.
[19] Il tema, che merita una trattazione più complessa e articolata, è stato approfondito da CUZZOLA, La disciplina italiana dell’equity crowdfunding: varianti tipologiche, responsabilità e valore dell’informazione tra problema e sistema in Il diritto dell’economia, cit., 520-521: «l’esternalizzazione consiste in un generico riferimento a variegate forme di decentramento di parti di un’attività economica: essa si configura quale contratto sinallagmatico atipico, disciplinato mutuando tutte o alcune norme di una fattispecie tipizzata sulla base degli specifici accordi intercorsi».
[20] In cui rientra, peraltro, anche la necessità per i providers di stipulare un’idonea polizza assicurativa relativa territori dell’Unione in cui le offerte di crowdfunding sono commercializzate attivamente o di dotarsi una garanzia comparabile, ai sensi dell’art. 11, par. 2, lett. b) del Regolamento europeo, che garantisca i fornitori almeno dai rischi elencati al par. 7 del medesimo articolo e sia redatta conformemente alle indicazioni di cui al par. 6.
[21] Anche in virtù dell’istituzione di un registro pubblico di fornitori di servizi di crowdfunding preso la European Securities and Markets Authority (ESMA). In argomento cfr. LOUISSE e PASARIBU, Authorization and Supervision of Crowdfunding Service Providers, in AA.VV., The EU Crowdfunding Regulation, a cura di Ortolani e Louisse, Oxford, 2021, p. 140 ss.
[22] Il controllo circa l’adeguatezza dei soggetti che ricoprono funzioni di amministrazione dei fornitori di servizi di CF non rappresenta una novità. Il Regolamento Consob sulla raccolta di capitali tramite portali on-line, adottato con delibera n. 18592 del 26 giugno 2012 e s.m.i., d’altronde, all’art. 9, già stabilisce quelli che sono i requisiti di onorabilità e professionalità di tali soggetti. I poteri di verifica da parte dell’Autorità, ora estesi anche ai providers esercenti attività di lending e debt-based crowdfunding, sembrerebbero pertanto rientrare in quadro di vigilanza, dove, tipicamente, lo statuto speciale permette al potere pubblico rilevanti facoltà di ingerenza nelle decisioni che, nelle realtà non vigilate, quali la nomina dell’organo gestorio, spettano unicamente ai soci.
[23] Del resto, le medesime prerogative sono attribuite alla Consob nell’ambito dell’equity crowdfunding. Ci si riferisce in particolare a quanto sancito dall’Allegato 1 (Istruzioni per la presentazione della domanda di autorizzazione per l’iscrizione nel registro dei gestori e per la comunicazione ai fini dell’annotazione nella sezione speciale), §A, n. 2, lett. c), del Regolamento Consob sulla raccolta di capitali tramite portali on-line, cit., a norma del quale, il gestore deve fornire informazioni e documenti relativi alla sussistenza dei requisiti di onorabilità previsti dal Regolamento medesimo.
[24] LEMMA, Crowdfunding e disintermediazione creditizia: dallo shadow banking system alla nuova riserva di attività, in Riv. trim. dir. econ., 2023, suppl. 3, cit., p. 61 ss.
[25] Si vedano le considerazioni di CAPRIGLIONE, Brevi note sul crowdfunding, cit., 145, ove l’A. pone in rapporto il procedimento di autorizzazione con i poteri delle singole autorità nazionali che, nel Regolamento europeo, non trovano una chiara definizione, la determinazione della quale – anzi – viene lasciata ai legislatori nazionali: «a ben considerare […] il legislatore europeo ha adottato nella fattispecie una procedura d’autorizzazione semplificata (rectius: una ridotta richiesta di dati agli operatori) che, ovviamente, comporta un ridimensionamento della funzione tipica delle autorità; non a caso il regolamento prevede, tra l’altro, che per garantire alle start-up e alle PMI un accesso agevole ai mercati dei capitali, la “scheda contenente le informazioni chiave sull’investimento” è sottratta all’obbligo di approvazione da parte delle medesime (considerando n. 54). Si addiviene così alla configurazione di “una serie minima di poteri di vigilanza e di indagine, che dovrebbero essere conferiti alle autorità competenti conformemente al diritto nazionale” (considerando n. 62), con l’ovvia conseguenza che viene rimesso a quest’ultimo il riparto delle forme interventistiche spettanti alle differenti autorità cui negli Stati membri, a livello istituzionale, sono assegnati poteri di controllo».
[26] Quanto alla disciplina interna, invece, le istanze prudenziali persistono nel regolare il crowdfunding in maniera non apprezzabilmente dissimile rispetto al settore bancario. Cfr. infra il §4 e il §5.
[27] MACCHIAVELLO, La regolazione del crowdfunding in Italia dopo l’adattamento del nostro ordinamento al Regolamento UE n. 2020/1503: i principali cambiamenti per i fornitori di servizi di crowdfunding operanti in Italia e questioni ancora aperte, in Riv. dir. banc., gennaio-marzo 2024, p. 177 s.
[28] Cfr. CAPRIGLIONE, op. ult. cit., p. 130.
[29] L’ipotesi è prevista dal Regolamento europeo sul crowdfunding che, all’art. 29, par. 2, stabilisce: «Qualora gli Stati membri designino più autorità competenti […], essi stabiliscono i loro rispettivi compiti e designano una di esse come punto di contatto unico per la cooperazione amministrativa transfrontaliera tra le autorità competenti e con l’ESMA».
[30] Ai sensi dell’art. 4-sexies.1, commi 5-6, t.u.f., la Consob è competente ad assicurare l’osservanza degli obblighi imposti dal Regolamento europeo 2020/1503 in materia di trasparenza, ivi inclusi gli obblighi informativi nella prestazione dei servizi di crowdfunding; in materia di correttezza, ivi incluse le procedure per la corretta prestazione dei servizi di crowdfunding, la gestione dei conflitti di interesse potenzialmente pregiudizievoli per i clienti, compresi quelli derivanti dai sistemi di remunerazione e incentivazione, gli incentivi, il trattamento dei reclami, le modalità di esercizio della funzione di controllo della conformità alle norme ove prevista; ad individuare le disposizioni nazionali applicabili alle comunicazioni di marketing diffuse sul territorio della Repubblica, nonché a svolgere la relativa attività di monitoraggio. La Banca d’Italia è invece competente ad assicurare l’osservanza degli obblighi imposti dal Regolamento crowdfunding in materia di adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio e di partecipazioni detenibili, informativa da rendere al pubblico sulle stesse materie; governo societario e requisiti generali di organizzazione, e di continuità dell’attività; organizzazione amministrativa e contabile, controlli interni, sistemi di remunerazione e incentivazione, compresa l’istituzione della funzione di controllo della conformità alle norme, ove prevista, la gestione dei rischi ivi inclusi quelli relativi alla determinazione del tasso di default, audit interno ove previsto, ed esternalizzazione di funzioni operative; requisiti dei partecipanti al capitale del fornitore di servizi di crowdfunding che detengono almeno il 20% del capitale o dei diritti di voto; verifiche nei confronti dei titolari di progetti; requisiti degli esponenti aziendali del fornitore di servizi di crowdfunding.
[31] Oltre al già citato art. 29, par. 2, Regolamento crowdfunding, v. il Considerando n. 61 del medesimo testo legislativo: «per garantire procedure di vigilanza e di autorizzazione efficaci, gli Stati membri dovrebbero definire i compiti e le funzioni che spettano alle autorità competenti, a norma del presente regolamento. Al fine di agevolare una cooperazione amministrativa transfrontaliera efficace, ciascuno Stato membro dovrebbe designare un punto di contatto unico incaricato di gestire le comunicazioni con l’ESMA e le autorità competenti nell’Unione».
[32] ROTONDO, La regolazione europea e italiana del crowdfunding. Un possibile “modello” di regolazione per gli strumenti di finanza alternativa?, in Riv. trim. dir. econ., 2024, suppl. 3, Temi e problemi di diritto dell’economia. Atti del Convegno “L’ordinamento del credito tra finanza alternativa e mutamenti geopolitici”, 24-25 ottobre 2024, Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, a cura di Rossano, p. 97 ss.
[33] Cfr. il precedente §1.
[34] Cfr. MACCHIAVELLO e SCIARRONE ALIBRANDI, L’inquadramento giuridico delle attività svolte dai lending marketplace, cit., p. 29, secondo cui «la semplice messa in contatto tra loro di soggetti privati per la stipula di contratti di finanziamento non costituirebbe, infatti, di per sé attività riservata (ma, piuttosto, mediazione ex art. 1754 c.c. o mandato ex art. 1703 c.c.). Se si esclude, infatti, che le piattaforme eroghino direttamente prestiti a proprio rischio, non vi sarebbe alcuna interferenza con la riserva dell’attività bancaria o di erogazione dei finanziamenti; inoltre, intermediando prestiti tra privati (e non tra privati e prestatori professionali) le piattaforme non svolgerebbero neppure attività di mediazione creditizia». Tuttavia, «una tale configurazione non appare corrispondente alla realtà – continuano le AA. – una tale configurazione non appare corrispondente alla realtà [in quanto] tutte le piattaforme oggi attive e operanti nel nostro paese offrono – sia pure in diversa quantità e intensità – servizi agli utenti di varia natura attinenti alla predisposizione di un luogo di incontro di domanda e di offerta in una logica di mercato».
[35] La specificazione assume un importante valore sistematico se si considera che prima dell’introduzione della normativa di matrice euro-unionale, la fornitura di servizi lending-based era consentita, sulla scorta delle fonti secondarie, soltanto a quei soggetti che fossero autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria oppure a soggetti diversi dalle banche che fossero autorizzati ai sensi dell’art. 106 t.u.b., ovvero quali istituti di pagamento o istituti di moneta elettronica. Sul punto v. LEMMA, Crowdfunding e disintermediazione creditizia: dallo shadow banking system alla nuova riserva di attività, cit., p. 61 ss.; MACCHIAVELLO, La regolazione del crowdfunding in Italia dopo l’adattamento del nostro ordinamento al Regolamento UE n. 2020/1503: i principali cambiamenti per i fornitori di servizi di crowdfunding operanti in Italia e questioni ancora aperte, cit., 156 ss.
[36] In ordine al quale v. CAPRIGLIONE e LEMMA, Commento sub art. 106, in AA.VV., Commentario al Testo Unico delle Leggi in materia bancaria e creditizia, diretto da Capriglione, Padova, 2018, II, 1565 ss., ove ulteriori riferimenti; ANTONUCCI, L’intermediazione finanziaria non bancaria nel d. lgs. 141/2010. Profili di sistema, in Riv. trim dir. econ., 2011, I, p. 29 ss.; più recentemente RISPOLI FARINA, Commento sub art. 106, in AA.VV., Commento al Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. D.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e successive modificazioni, a cura di Costa e Mirone, Torino, 2024, II, 1515 ss.
[37] LEMMA, op. loc. ult. cit.
[38] Preme sottolineare che il significato del verbo sorvegliare (art. 4 del Regolamento) non possa che essere ricondotto al significato della parola valutare (artt. 2086, 2381 e 2475 c.c.), più che di vigilare (art. 2403 c.c.). D’altronde, una lettura differente potrebbe risultare incoerente con quelli che sono i tipici doveri attribuiti rispettivamente agli amministratori non delegati e all’organo di controllo nell’ordinamento italiano. Su tale ultimo aspetto, si vedano IRRERA, Assetti adeguati e governo delle società di capitali, Milano, 2005; ID., Collegio sindacale e assetti adeguati, in AA.VV., Il collegio sindacale. Le nuove regole, a cura di Alessi, Abriani, Morera, Milano, 2007, p. 272 ss.; BARACHINI, La gestione delegata nella società per azioni, 2008, Torino; MONTALENTI, I controlli societari: recenti riforme, antichi problemi, in Banca borsa tit. cred., 2011, p. 535 ss.; MERUZZI, L’adeguatezza degli assetti, in AA.VV., Assetti adeguati e modelli organizzativi, a cura di Irrera, Bologna, 2016, 41 ss.; CALANDRA BUONAURA, Amministrazione della società per azioni nel sistema tradizionale, in AA.VV., Trattato di diritto commerciale, IV, 4.VI, fondato da Buonocore, diretto da Costi, Torino, 2019 e, da ultimo, RIGANTI, Consiglio di amministrazione, presidente e organi delegati, in AA.VV., Trattato delle società, diretto da Donativi, Torino, 2022, p. 1523 ss.
[39] Infatti, come noto, la riforma del diritto societario (d.lgs. 6/2003), ha portato con sé, inter alia, la modifica dell’art. 2392 c.c., sulla responsabilità degli amministratori (la disposizione, ancorché non richiamata, reca la medesima disciplina dettata dall’art. 2476 c.c. in tema di s.r.l.). Si legge nella Relazione di accompagnamento al decreto: «la eliminazione dal precedente secondo comma dell’art. 2392 dell’obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione, sostituita da specifici obblighi ben individuati (v. in particolare gli artt. 2381 e 2391), tende, pur conservando la responsabilità solidale, ad evitare sue indebite estensioni che (…) finiva per trasformarla in una responsabilità sostanzialmente oggettiva, allontanando le persone più consapevoli dall’accettare o mantenere incarichi in società o in situazioni in cui il rischio di una procedura concorsuale le esponeva a responsabilità praticamente inevitabili».
[40] Si pensi al dovere di operare verifiche periodiche delle strutture interne e sul mantenimento dei requisiti necessari per svolgere l’attività. Infatti, almeno una volta ogni due anni, ai sensi dell’art. 4, paragrafo 3, del Regolamento, l’organo amministrativo esamina, tenendo conto della natura, della portata e della complessità dei servizi prestati, i presidi prudenziali e il piano di continuità operativa.
[41] Cfr. FERRETTI e MATTASSOGLIO, Legal issues in the obligations for and effective and prudent management of crowdfunding service proveiders, in AA.VV., Regulation on European Crowdfunding service providers for business. A commentary, a cura di Macchiavello, Cheltenham – Northamption, 2022, p. 86 ss. L’espressione non può che essere ricollegata alla locuzione (divenuta, a dire il vero, oramai quasi uno slogan per il legislatore secondario interno) sana e prudente gestione in ambito bancario. Sul significato da attribuirsi a tale ultimo concetto, si veda SARTORI, Disciplina dell’impresa e statuto contrattuale: il criterio della «sana e prudente gestione», in Banca borsa e tit. cred., 2017, I, 131 ss.; RIGANTI, Il controllo interno nelle s.p.a. bancarie. Lineamenti evolutivi e profili di specialità organizzativa, Torino, 2020; BROGI, Corporate governance e sana e prudente gestione, in Banca impr. soc., 2010, p. 283 ss.
[42] A rilevare in quest’ambito sono anche i Regolamenti Delegati della Commissione europea e – nello specifico – il Regolamento Delegato (UE) 2022/2118 «volto ad integrare le disposizioni del Regolamento (UE) 2020/1503 con le pertinenti “norme tecniche di regolamentazione” in materia di GIPP, ivi specificando altresì le policies, le procedure di governance e le modalità organizzative di cui i fornitori di servizi di crowdfunding devono dotarsi al fine di garantire che un fondo a copertura dei rischi sia gestito (diretta o tramite un fornitore terzo) “con prudenza e possa conseguire i suoi obiettivi”». Così, MEZZACAPO, Il finanziamento di «progetti di crowdfunding» a favore delle PMI e la «gestione individuale di portafogli di prestiti», in Riv. trim. dir. econ., 2023, suppl. 3, cit., p. 182-183.
[43] Sul simile concetto della sana e prudente gestione sociale, cfr. per tutti le rilevanti considerazioni di PORZIO, La sana e prudente gestione, in Dir. banc. e merc fin., 2008, p. 385 ss.
[44] Del resto, come già avvenuto in altri settori, e in particolare in quello bancario. Si vedano nello specifico CAPRIGLIONE e SACCO GINEVRI, Metamorfosi della governance bancaria, Torino, 2019, p. 67 ss., nonché DE POLI, Sana e prudente gestione delle imprese finanziarie, in AA.VV., Le clausole generali nel diritto dell’economia, a cura di Lener, Sciarrone Alibrandi, Rabitti e Sartori, Torino, 2024, 57 ss.; SARTORI, op. ult. cit., 131 ss.; BRESCIA MORRA, Il diritto delle banche. Le regole dell’attività, Bologna, 2020; MOLITERNI, “Smania degli affari” e rischio sistemico: l’etica come componente della sana e prudente gestione, in AA.VV., Banche ed etica, a cura Sabbatelli, Padova, 2013, 181 ss.; COSTI e VELLA, Banche, governo societario e funzioni di vigilanza, in Quaderni di ricerca giuridica della Consulenza Legale della Banca d’Italia, n. 62, 2008. Il testo è reperibile al seguente link: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/quaderni-giuridici/2008-0062/index.html; nelle assicurazioni, sotto il vigore del Regolamento ISVAP n. 20 del 26 marzo 2008; DESIDERIO, La sana e prudente gestione nella disciplina dei controlli assicurativi, in Dir. econ. ass., 2010, 309 ss.
[45] ANTONUCCI, Commento sub art. 5, in AA.VV. Commentario al Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, a cura di Costa, Torino, 2013, p. 39, che nella critica alla disposizione, ha osservato come il concetto di «sana e prudente gestione» sia stato in grado di lasciar «passa[re] [di] tutto», con ciò evidenziando che la mancata specificazione definitoria della locuzione abbia permesso di attuare un controllo prudenziale sempre più stringente nel contesto bancario da parte delle autorità indipendenti.
[46] Norme di rango primario di fonte europea, che dunque determinano la disapplicazione del diritto interno, nel caso di contrasto tra le prime e quest’ultimo.
[47] Si vedano, ad esempio, gli artt. 4, 6, 11, 12, del Regolamento.
[48] La precisazione non sembra caratterizzata da un carattere particolarmente innovativo: trattandosi di un rapporto contrattuale, quello concluso tra gestore e finanziatore, per effetto dell’iscrizione al portale online, in cui si può identificare un contraente forte, su cui ricadono obblighi di protezione, ovvero il gestore medesimo, e un contraente debole, e cioè il singolo finanziatore.
[49] Situazioni di conflitto che potrebbero verificarsi nell’ipotesi di stretti legami tra lo svolgimento di servizi di lending crowdfunding e attività bancaria. Ne fa menzione PERRINO, Appunti sul lending-based crowdfunding nel reg. UE 2020/1503, in Banca, impresa e società, 2022, p. 45-46, secondo cui «merita forse mettersi un accento (…) sui problemi che possono insorgere – in chiave di trasparenza, anzitutto, ma anche di temibili conflitti di interessi – rispetto alla variante operativa del LBC (…), in cui il CSP ponga in essere forme di cooperazione più o meno integrata o comunque presenti interrelazioni (fino alla partecipazione nella propria compagine societaria) con banche o altri intermediari finanziari autorizzati alla concessione professionale del credito: come nel caso in cui la piattaforma veicoli offerte di prestito già preventivamente istruite da tali intermediari, anche in punto di merito creditizio del progetto da finanziare, e dagli stessi poi non direttamente assunte, magari in ragione della loro eccessiva rischiosità o eccedenza rispetto a parametri di vigilanza da rispettare, bensì ribaltate e talora frammentate presso altri finanziatori – siano o no questi a loro volta organicamente collegati all’intermediario – che si facciano poi avanti sulla piattaforma on line; o come potrebbe accadere allorquando il CSP, nell’esercizio del ruolo più attivo di selezione e gestione che gli competa, ad esempio, nei fenomeni di individual portfolio management of loans, si avvalga dei servizi di banche o altri intermediari quali suoi delegati». Cfr. anche PEREIRA DUARTE, Intermediation risk and conflicts of interest, in AA.VV., Regulation on European Crowdfunding service providers for business. A commentary, cit., p. 136 ss.
[50] Su cui v. LIEVERSE e PRONK, Organizational and Operational Requirements for Crowdfunding Service Providers, in AA.VV., The EU Crowdfunding Regulation, cit., p. 163 ss.
[51] In merito alla sana e prudente gestione in ambito bancario, oltre agli Autori già citati, si vedano le disposizioni contenute la Direttiva (UE) n. 36 del 26 giugno 2013 (CRD IV), successivamente modificata dalla Direttiva 2019/878/UE (CRD V), nonché la Circolare di Banca d’Italia n. 285 del 17 dicembre 2013 s.m.i.; per quanto riguarda il settore assicurativo, v. DELL’ATTI e SYLOS LABINI, Il governo societario nelle imprese di assicurazione. Regolamentazione, proporzionalità e gestione del cambiamento, Milano, 2019; LANDINI, Corporate governance e assicurazioni, in AA.VV., Governance e mercati. Studi in onore di Paolo Montalenti, a cura di Callegari, Cerrato e Desana, Torino, 2022, p. 1287 ss.; GIAMPAOLINO, Le assicurazioni. L’impresa – i contratti, in AA.VV., Trattato di diritto commerciale, cit., III, 3, Torino, 2013.
[52] Si noti che la Banca d’Italia ha elaborato gli Orientamenti di vigilanza in materia di fornitori specializzati di servizi di crowdfunding nel 2023, posti successivamente in consultazione, terminata nel giugno 2023. Il testo è reperibile al link: https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/normativa/consultazioni/2023/crowdfunding/index.html. Tra i requisiti generali di organizzazione (§2.1), l’autorità ritiene che vi siano dispositivi di governo societario solidi, che comprendono processi decisionali e una struttura organizzativa che specifichino in forma chiara e documentata i rapporti gerarchici e la suddivisione delle funzioni, ossia l’insieme delle responsabilità e dei compiti assegnati per l’espletamento di una determinata fase dell’attività aziendale; un sistema di gestione dei rischi e di controllo interno (“SGRC”) per la gestione e il controllo di tutti i rischi aziendali; efficaci flussi interni di comunicazione delle informazioni, anche al fine di assicurare agli organi aziendali la conoscenza dei fatti di gestione rilevanti; politiche e procedure volte ad assicurare che il personale sia provvisto delle qualifiche, delle conoscenze e delle competenze necessarie per l’esercizio delle responsabilità attribuite e conosca le procedure da seguire per il corretto esercizio delle proprie funzioni; politiche e procedure amministrative e contabili che consentano di fornire tempestivamente alle autorità di vigilanza documenti che presentino un quadro fedele della posizione finanziaria ed economica e che siano conformi a tutti i principi e le norme applicabili.
[53] La diversità di formulazione dell’espressione non pare incidere in modo particolare sul significato ad essa attribuibile: una gestione “efficace”, da un punto di vista economico-finanziario, è d’altronde anche una gestione “sana”.
[54] Cfr. l’art. 4, paragrafo 1, del Regolamento: «l’organo di gestione di un fornitore di servizi di crowdfunding definisce e sorveglia l’applicazione di politiche e procedure adeguate che garantiscano una gestione efficace e prudente, comprese la separazione delle funzioni, la continuità operativa e la prevenzione dei conflitti di interesse, in modo tale da promuovere l’integrità del mercato e gli interessi dei propri clienti». V. anche sul punto FERRETTI e MATTASSOGLIO, Legal issues in the obligations for and effective and prudent management of crowdfunding service providers, cit., p. 86 ss.
[55] Come anticipato, specialmente nei settori vigilati, la commistione di incarichi (e ruoli) non viene vista con favore da parte del legislatore e degli studiosi. A partire dale considerazioni di cui all’Higgs Report, Review of the role and effectiveness of non-executive directors, Londra, 2003, reperibile sul sito webarchive.nationalarchives.gov.uk, dove al §A.2.1 viene chiarito che «the roles of chairman and chief executive should not be exercised by the same individual. The division of responsibilities between the chairman and chief executive should be clearly established. It should be set out in writing and agreed by the board», infatti, la separazione delle funzioni è stata attuata nelle società bancarie (cfr. Le Disposizioni di vigilanza per le banche, emanate da Banca d’Italia, Parte Prima, Titolo IV, Cap. 1, Sez. V, 2.1 – Linee applicative) e, seppur in via di autodisciplina, nelle società con azioni quotate. In merito v. la Raccomandazione 4 contenuta nel Codice di Corporate Governance, secondo cui «l’organo di amministrazione definisce l’attribuzione delle deleghe gestionali e individua chi tra gli amministratori esecutivi riveste la carica di chief executive officer. Nel caso in cui al presidente sia attribuita la carica di chief executive officer o gli siano attribuite rilevanti deleghe gestionali, l’organo di amministrazione spiega le ragioni di questa scelta», secondo il principio del comply or explain.
[56] È poi previsto che venga indicata la disponibilità dei singoli consiglieri a dedicare un tempo sufficiente ad assolvere i doveri ad essi affidati. La previsione ricorda, in qualche modo, il c.d. cumulo degli incarichi. Tale disposizione, tuttavia, si caratterizza per genericità considerato che, ad oggi, non si rinvengono – diversamente da quanto accade in altri settori – parametri attraverso cui valutare eventuali incompatibilità. Il limite al cumulo degli incarichi è previsto per i componenti degli obblighi sociali nelle società con azioni quotate. Si veda in proposito la disciplina contenuta del Regolamento Emittenti, adottato con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999, aggiornato con le modifiche apportate dalla delibera n. 22551 del 22 dicembre 2022, agli artt. 144 duodecies – Art. 144 quinquiesdecies.
[57] Sull’organo di gestione dei CSP, v. LIEVERSE e PRONK, Organizational and Operational Requirements for Crowdfunding Service Providers, cit., p. 165.
[58] Strumento che tuttavia non dovrebbe essere utilizzato in misura eccessiva, ovvero in modo da evitare di rendere il provider un’entità vuota. Gli Orientamenti di vigilanza in materia di fornitori specializzati di servizi di crowdfunding, cit., (§2.1), chiariscono che: «in caso di esternalizzazione, almeno delle funzioni operative importanti, il fornitore di servizi di crowdfunding dovrebbe essere in grado di dimostrare che il soggetto terzo è qualificato e capace di esercitare le funzioni esternalizzate con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, anche in relazione alla numerosità degli incarichi assunti dal soggetto terzo. Il fornitore di servizi di crowdfunding deve essere in grado di controllare in modo effettivo in qualsiasi momento la funzione esternalizzata, dare istruzioni al soggetto terzo e revocare l’incarico quando possa essere pregiudicata la qualità dei controlli interni o la capacità dell’autorità competente di monitorare il rispetto della normativa vigente. In tale ambito, il fornitore di servizi di crowdfunding dovrebbe individuare all’interno della propria organizzazione aziendale un responsabile del controllo delle funzioni esternalizzate provvisto delle competenze necessarie».
[59] Sul punto è intervenuta la Banca d’Italia che, nelle Disposizioni di vigilanza in materia di fornitori specializzati di servizi di crowdfunding per le imprese, del 6 maggio 2024, ha previsto requisiti di composizione degli organi gestori qualitativamente più precisi.
[60] Tali “sistemi e controlli interni adeguati” devono infatti identificarsi con gli assetti dell’impresa di cui, vista anche l’esplicitazione contenuta nell’art. 2086, secondo comma, c.c., come anticipato nel testo, si devono dotare tutti gli imprenditori che operino in forma societaria o collettiva. In argomento, ex multis, si vedano le riflessioni di RESCIO, Brevi note sulla “gestione esclusiva” dell’impresa da parte degli amministratori di s.r.l.: distribuzione del potere decisionale e doveri gestori, in Ilsocietario.it, 16 luglio 2019, reperibile al seguente link: https://ius.giuffrefl.it/dettaglio/8092076/brevi-note-sulla-gestione-esclusiva-dellimpresa-da-parte-degli-amministratori-di-srl-distribuzione-del-potere-decisionale-e-doveri-gestori?searchText=Rescio; POLLASTRO, Organizzazione della gestione di vertice ed autonomia privata, in Il Nuovo Diritto delle Società, 2021, p. 1879 ss.; MIRONE, Assetti organizzativi, riparti di competenze e modelli di amministrazione: appunti alla luce del “decreto correttivo” al Codice della crisi e dell’insolvenza, in Giur. comm., 2022, I, p. 183 ss.; IBBA, Codice della crisi e codice civile, in Rivista ODC, 2019, p. 250 ss.; DI SARLI, Sull’obbligo di dotarsi di assetti adeguati. Una prima applicazione, in Il Nuovo Diritto delle Società, 2020, p. 71 ss.; FORTUNATO, Codice della crisi e Codice civile: impresa, assetti organizzativi e responsabilità, in Riv. soc., 2019, p. 962 ss.; ID., Assetti organizzativi e crisi d’impresa: una sintesi, in Rivista ODC, 2021, 549 ss.; CAGNASSO, Le misure idonee, gli assetti adeguati e l’organizzazione dell’attività dell’impresa, in Il Nuovo Diritto delle Società, 2021, p. 1597 ss.; RORDORF, Doveri e responsabilità degli organi di società alla luce del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, in Riv. soc., 2019, p. 933 ss.; BASTIA e RICCIARDIELLO, Gli adeguati assetti organizzativi funzionali alla tempestiva rilevazione e gestione della crisi: tra principi generali e scienza aziendale, in Banca impr. soc., 2020, p. 359 ss.
[61] V. per tutti DE MARI, Gli assetti organizzativi societari, in AA.VV., Assetti adeguati e modelli organizzativi, cit., p. 26 ss.
[62] Categoria cui sono riservati «i principali strumenti di protezione» adottati nel Regolamento. Così MACCHIAVELLO, L’impianto della disciplina europea ed il ruolo di intermediario del fornitore di servizi di crowdfunding alle imprese: un nuovo gatekeeper?, in Riv. trim. dir. econ., 2023, suppl. 3, cit., p. 98.
[63] Cfr. per tutti PIATTELLI, Il nuovo Regolamento Europeo sul crowdfunding, in Il Nuovo Diritto delle Società, 2021, p. 185.
[64] Si vedano gli Orientamenti di vigilanza in materia di fornitori specializzati di servizi di crowdfunding, cit., (§2.1), in cui si chiarisce: «il fornitore di servizi di crowdfunding definisce un processo di gestione dei rischi attraverso l’individuazione di un insieme di regole, procedure, risorse (umane), tecnologiche e organizzative) e attività di controllo volte a identificare, misurare o valutare, monitorare, prevenire o attenuare, nonché comunicare ai livelli gerarchici appropriati tutti i rischi che il fornitore assume o può assumere nelle diverse attività svolte, cogliendone, in una logica integrata, anche le interrelazioni reciproche e con l’evoluzione del contesto esterno. Per il fornitore di servizi di crowdfunding, assumono particolare rilievo i rischi operativi, inclusi i rischi ICT e di sicurezza, e quelli di natura legale e reputazionale».
[65] Evidenzia LEMMA, Crowdfunding e disintermediazione creditizia: dallo shadow banking system alla nuova riserva di attività, cit., p. 77, che a rilevare e la creazione e il mantenimento di un’adeguata organizzazione interna: «l’organizzazione aziendale rappresentata nella domanda deve guidare la strutturazione dell’impresa e, dopo l’avvio della stessa, deve rimanere inalterata per garantire che la dinamica degli affari sia adeguatamente supportata dalle persone coinvolte nell’impresa».
[66] Si vedano in particolare le considerazioni di MACCHIAVELLO, L’impianto della disciplina europea ed il ruolo di intermediario del fornitore di servizi di crowdfunding di crowdfunding alle imprese: un nuovo gatekeeper?, cit., p. 86 ss.
[67] Il riferimento è nuovamente agli Orientamenti di vigilanza in materia di fornitori specializzati di servizi di crowdfunding elaborati dalla Banca d’Italia.
[68] La disposizione pare effettivamente porsi in collegamento diretto con la legislazione AML relativa al contrasto delle operazioni di riciclaggio. Sul punto la normativa interna secondaria, diretta emanazione di quella comunitaria (cfr. la Direttiva (UE) 2015/849 e gli Orientamenti congiunti emanati dalle Autorità di Vigilanza), stabilisce infatti i criteri a cui gli operatori – tra cui banche, istituti di moneta elettronica, istituti di pagamento, SGR, SICAV e SICAF – devono attenersi nella valutazione della propria clientela. Si veda il Provvedimento di Banca d’Italia del 30 luglio 2019, Disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela per il contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Il documento è reperibile al seguente link: https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/normativa/archivio-norme/disposizioni/20190730-dispo/Disposizioni.pdf
[69] Il livello di tale rischio deve essere valutato ai sensi dell’art. 9, paragrafo 2, Direttiva (UE) 2015/849. Si veda in merito LOUISSE, Due diligence of project owners, in AA.VV., Regulation on European Crowdfunding service providers for business. A commentary, cit., p. 105 ss.
[70] Elemento che, nella regolazione di matrice comunitaria, è ispirato ad escludere la qualificazione dei servizi prestati dai CSP come servizi di consulenza in materia di investimenti a norma della direttiva MiFID II, nonché a quale argine all’insorgere di conflitti di interessi (Considerando n. 26).
[71] Trattasi anche in questa circostanza di discrezionalità «tecnica» in cui le scelte effettuate dai CSP, tramite i propri organi e le proprie strutture interne, non sono libere, ma guidate da parametri relativi alla sicurezza e affidabilità dell’investimento, dal rispetto della disposizione di cui all’art. 5 del Regolamento e dai principi di trasparenza, correttezza e professionalità. Cfr. PERRINO, Appunti sul lending-based crowdfunding nel reg. UE 2020/1503, cit., p. 33.
[72] I soggetti finanziati, allo stesso tempo, non possono subire trattamenti discriminatori e devono essere trattati in modo equo. V. il Considerando n. 18, secondo cui «per mantenere un livello elevato di tutela degli investitori, ridurre i rischi connessi al crowdfunding e assicurare un trattamento equo di tutti i clienti, i fornitori di servizi di crowdfunding dovrebbero mettere in atto una politica concepita per assicurare che i progetti sulle loro piattaforme siano selezionati in modo professionale, imparziale e trasparente, e che i servizi di crowdfunding siano forniti nello stesso modo».
[73] Peraltro, nell’ordinamento domestico è stata prevista soltanto una specifica ipotesi di responsabilità dei providers, relativa all’omissione di alcune informazioni o alla somministrazione di informazioni imprecise o fuorvianti. A norma dell’art. 100 ter, comma 8, t.u.f., nel caso di prestazione di servizi di loan portfolio management, il gestore è responsabile delle informazioni contenute nel Key Investor Information Sheet – KIIS. Le ragioni poste alla base di tale norma risiedono nell’allentamento del principio di neutralità che, nel segmento specifico, lascia il passo ad una proattiva azione dei CSP. Tant’è che il KIIS, in questa circostanza, viene «redatto» dal gestore medesimo, mentre, nell’ambito degli altri servizi, la stesura del documento è rimessa al project owner.
[74] Inoltre, l’art. 6, comma 1, del Regolamento della Consob, dispone che i fornitori di servizi di crowdfunding, autorizzati ai sensi dell’articolo 4-sexies.1 del TUF, forniscano ai potenziali investitori la scheda contenente le informazioni chiave sull’investimento, rendendola contestualmente disponibile alla Consob. E che, in tema di vigilanza ispettiva, ai sensi dell’art. 30, par. 1, del Regolamento europeo le autorità competenti possono (i) esigere che i fornitori di servizi di crowdfunding trasmettano informazioni e documenti; (ii) esigere che i revisori dei conti e i dirigenti dei fornitori di servizi di crowdfunding «trasmettano informazioni»; oltre a (iii) eseguire ispezioni o indagini in loco in siti diversi dalle residenze private di persone fisiche e a tal fine entrare nei locali allo scopo di avere accesso a documenti e altri dati in qualunque forma, laddove vi sia il ragionevole sospetto che documenti e altri dati relativi all’oggetto dell’ispezione o dell’indagine possano essere pertinenti per dimostrare una violazione del presente regolamento». Si veda in proposito il documento di consultazione del 17 gennaio 2025 sugli obblighi di comunicazione di dati e notizie e di trasmissione di atti e documenti da parte dei fornitori di servizi di crowdfunding nei confronti della Consob, reperibile al seguente link: https://www.consob.it/web/area-pubblica/consultazioni/in-corso.
[75] Cfr. le Disposizioni della Banca d’Italia di attuazione dell’articolo 4-sexies.1 t.u.f. in materia di fornitori di servizi di crowdfunding per le imprese al Capo II, §1.
[76] Tale specificazione supporta una considerazione ulteriore: la natura sostanziale dei mutamenti delle condizioni di autorizzazione si riferisce essenzialmente ai presidi di garanzia che la medesima Autorità bancaria aveva precedentemente fissato negli Orientamenti di vigilanza nel giugno 2023. Gli stessi, pur non rappresentando una fonte regolamentare vincolante, parrebbero nondimeno acquisire una portata di rilievo generale, in considerazione degli oneri informativi ricadenti sui gestori nel caso di mutazioni del relativo assetto organizzativo.
[77] È la stessa Relazione agli Orientamenti del giugno 2023 della Banca d’Italia a chiarire che, in tali ambiti, il Regolamento europeo non fornisce dettagli ulteriori rispetto ad indicazioni di carattere generale, ponendo così le ragioni di una regolamentazione secondaria che oltrepassa i confini della gerarchia delle fonti, da un lato, e appiattisce la disciplina su quella bancaria, dall’altro.
[78] Ibid. Si noti che in punto di valutazione concreta del carattere fit and proper degli esponenti medesimi, gli Orientamenti richiamano nella sostanza quella prevista per gli intermediari vigilati.
[79] Ibid.
[80] Tra l’altro, da una fonte normativa secondaria e, in alcuni casi per giunta formalmente soft law (quanto agli Orientamenti), che tuttavia – per “prossimità” rispetto ai soggetti vigilati – produce effetti di particolare rilevanza sulla relativa regolazione.
[81] MACCHIAVELLO, La problematica regolazione del lending-based crowdfunding in Italia, cit., 63 ss.
[82] MACCHIAVELLO e SCIARRONE ALIBRANDI, L’inquadramento giuridico delle attività svolte dai lending marketplace. Linee di fondo, cit., 28 ss.
[83] Si veda sul punto CORSO, Il Regolamento europeo sui fornitori di servizi di crowdfunding: prime considerazioni, cit., p. 269 ss., nonché RICCIUTO, La tutela dell’investitore finanziario. Prime riflessioni su contratto, vigilanza e regolazione del mercato nella c.d. MiFID II, in AA.VV., La MiFID II. Rapporti con la clientela – regole di governance – mercati, a cura di Troiano e Raimondo, Padova, 2016, p. 7 ss.; prima dell’introduzione della direttiva v. PELLEGRINI, Le regole di condotta degli intermediari finanziari nella prestazione dei servizi di investimento, in AA.VV., L’ordinamento finanziario italiano, a cura di Capriglione, Padova, 2010, 809 ss.
[84] Cfr. la Direttiva MIFID II, art. 24 (1), secondo cui: «gli Stati membri prescrivono che le imprese di investimento, quando prestano servizi di investimento o, se del caso, servizi accessori ai clienti, agiscano in modo onesto, equo e professionale, per servire al meglio gli interessi dei loro clienti e che esse rispettino in particolare i principi di cui al presente articolo». Nello stesso senso, si veda anche il Considerando n. 86: «uno degli obiettivi della presente direttiva è proteggere gli investitori. Le misure destinate a proteggere gli investitori dovrebbero essere adeguate alle specificità di ciascuna categoria di investitori (clienti al dettaglio, professionali e controparti). Tuttavia, al fine di migliorare il quadro regolamentare applicabile alla prestazione di servizi a prescindere dalle categorie di clienti interessate, è opportuno chiarire che alle relazioni con qualsiasi cliente si applicano i principi dell’agire in modo onesto, equo e professionale e l’obbligo di essere corretti, chiari e non fuorvianti».
[85] La versione inglese dell’articolo in commento recita: «crowdfunding service providers shall act honestly, fairly and professionally in accordance with the best interests of their clients». Tuttavia, le espressioni honestly e fairly nel linguaggio giuridico anglosassone dovrebbe indicare una tipologia di condotta ispirata alla trasparenza e all’imparzialità; condotta che, dunque non dovrebbe risentire di spinte finalistiche tese a favorire l’ingresso di parametri di comportamento di carattere soggettivo. Sul punto cfr. il commento di NIELS HOOGHIEMSTRA, The provision of crowdfunding services under the ECSPR, in AA.VV., Regulation on European Crowdfunding service providers for business. A commentary, cit., p. 68 ss.
[86] A norma dell’art. 6, par. 1, del Regolamento europeo infatti «qualora un fornitore di servizi di crowdfunding offra una gestione individuale di portafogli di prestiti, un investitore conferisce il mandato precisando i parametri per prestare tale servizio, che include almeno due dei seguenti criteri cui tutti i prestiti del portafoglio dovranno conformarsi: a) il tasso di interesse minimo e massimo applicabile ai sensi di ogni eventuale contratto di prestito intermediato per l’investitore; b) la data di scadenza minima e massima di ogni eventuale prestito intermediato per l’investitore; c) la gamma e la ripartizione delle categorie di rischio applicabili ai prestiti; e d) ove sia offerto un obiettivo di tasso annuo di rendimento dell’investimento, la probabilità che i prestiti selezionati consentano all’investitore di conseguire l’obiettivo di tasso con un ragionevole grado di certezza».
[87] Le informazioni minime sul portafoglio devono riguardare, a norma dell’art. 6, par. 4, lett. a) – g) del Regolamento europeo, almeno l’elenco dei singoli prestiti di cui è composto il portafoglio, la media ponderata del tasso di interesse annuale sui prestiti in un portafoglio, la distribuzione dei prestiti sulla base della categoria di rischio, in percentuale e in numeri assoluti, le informazioni chiave per ciascun prestito di cui è composto un portafoglio, tra cui almeno il tasso d’interesse o la forma alternativa di compensazione dell’investitore, la data di scadenza, la categoria di rischio, lo scadenzario per il rimborso del capitale e il pagamento degli interessi, il rispetto da parte del titolare del progetto di tali scadenze, per ciascun prestito di cui è composto il portafoglio, le misure di attenuazione del rischio, compresi fornitori di garanzie reali o fideiussori o altri tipi di garanzie, nonché eventuali inadempimenti relativi ai contratti di credito da parte del titolare del progetto negli ultimi cinque anni, eventuali oneri pagati in relazione al prestito dall’investitore, dal fornitore di servizi di crowdfunding o dal titolare del progetto. Gli oneri comunicativi sono inoltre incrementati qualora il fornitore di servizi di crowdfunding abbia effettuato una valutazione del prestito e si riferiscono alla i) valutazione più recente; ii) data della valutazione; iii) spiegazione dei motivi per cui il fornitore di servizi di crowdfunding ha effettuato la valutazione; e iv) descrizione appropriata del probabile rendimento effettivo, tenendo conto di oneri e tassi di default, ai sensi della lett. h) della medesima disposizione.
[88] In ambito finanziario, cfr. PELLEGRINI, Le regole di condotta degli intermediari finanziari nella prestazione dei servizi di investimento, cit., p. 809 ss.
[89] Il Regolamento europeo, all’art. 2, par. 1, lett. k), definisce “in negativo” la categoria dell’investitore non sofisticato, ricomprendendovi la persona fisica o giuridica che non è un investitore sofisticato. Quest’ultimo, invece, è identificato in ogni persona fisica o giuridica che è un cliente professionale ai sensi dell’allegato II, sezione I, punto 1, 2, 3 o 4, della direttiva MiFID II o in ogni persona fisica o giuridica che ha l’approvazione del fornitore di servizi di crowdfunding (art. 2, par. 1, lett. j). Tra gli investitori sofisticati rientrano quindi 1) i soggetti che sono tenuti ad essere autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari. Si intendono inclusi tutti i soggetti autorizzati che svolgono le attività caratteristiche dei soggetti menzionati, che si tratti di soggetti autorizzati da uno Stato membro a norma di una direttiva europea, di soggetti autorizzati o regolamentati da uno Stato membro senza riferimento ad una direttiva europea o di soggetti autorizzati o regolamentati da un paese terzo, e in particolare : a) enti creditizi; b) imprese di investimento; c) altri istituti finanziari autorizzati o regolamentati; d) imprese di assicurazione; e) OICR e società di gestione dei medesimi; f) fondi pensione e società di gestione di tali fondi; g) negoziatori per conto proprio di merci e strumenti derivati su merci; h) singoli membri di una borsa; i) altri investitori istituzionali; 2) le imprese di grandi dimensioni che ottemperano, a livello di singola società, ad almeno due dei seguenti criteri dimensionali: totale di bilancio pari a euro 20.000.000,00, fatturato netto pari a euro 40.000.000,00 e fondi propri pari a euro 2.000.000,00; 3) i governi nazionali e regionali, compresi gli enti pubblici incaricati della gestione del debito pubblico a livello nazionale o regionale, le banche centrali, le istituzioni internazionali e sovranazionali come la Banca mondiale, l’FMI, la BCE, la BEI e altre organizzazioni internazionali analoghe; 4) altri investitori istituzionali la cui attività principale è investire in strumenti finanziari, compresi gli enti dediti alla cartolarizzazione di attivi o altre operazioni finanziarie.
[90] Tra cui rientra, peraltro, anche il sistema sanzionatorio predisposto dal Regolamento europeo e il correlato sistema di pubblicità dei provvedimenti emessi, nonché di reporting dei medesimi all’ESMA (cfr., rispettivamente, gli artt. 40-41 e gli artt. 42-43).
[91] Unitamente a tale obbligazione (di mezzi) è stato introdotto anche il principio della best execution, di cui all’art. 3, par. 4. Entrambi, peraltro, ricalcano i corrispondenti principi sanciti nella direttiva MiFID II (rispettivamente, art. 24, par. 13, e art. 27).
[92] Si vedano i Considerandi nn. 19, 21 e 26 del Regolamento europeo.
[93] La questione poi assume contorni più ampi se si volge lo sguardo all’art. 3, paragrafo 2, del Regolamento, relativo alle modalità di prestazione dei servizi e alla tutela dei “clienti”, a norma del quale «i fornitori di servizi di crowdfunding agiscono in modo onesto, equo e professionale e nel migliore interesse dei loro clienti».
[94] NIELS HOOGHIEMSTRA, The provision of crowdfunding services under the ECSPR, cit., p. 68 ss.; VAN POELGEEST e LOUISSE, The regulatory position and obligations of project owners, in AA.VV. The EU Crowdfunding Regulation, cit., p. 183 ss. In ordine alla determinazione pratica della fornitura di servizi di CF, v. GAGGERO, Digital finance e crowdfunding: profili delle relazioni negoziali, in Riv. trim. dir. econ., 2023, suppl. 3, cit., p. 43 ss. che sul collegamento tra contratto e attività rileva trattarsi di: «un nesso che astrattamente implica e concretamente si realizza attraverso il perfezionamento d’una necessaria molteplicità di atti negoziali con plurimi soggetti: per essere l’impresa funzionale all’offerta professionale di beni e servizi la cui produzione o scambio ne sono le finalità, dunque naturalmente rivolta al mercato siccome destinazione congeniale di quelli se tali fini siano non occasionalmente perseguiti; e comunque, più in generale, per essere istituito con un’attività. Una molteplicità, inoltre, che può precisarsi nella serialità dei contratti, seppure non necessaria, se si ricorra alla standardizzazione del regolamento convenzionale dei rapporti patrimoniali che accentua la funzione normativa del negozio, che nel caso del crowdfunding è doppiamente coinvolto: in quanto regolamento del servizio; e in quanto regolamento dell’operazione economico-giuridica che il servizio promuove, quindi eventuale».
[95] Il presupposto di tale ragionamento è che, di norma, gli interessi tra finanziati e finanziatori coincidano, e siano in entrambi i casi rappresentati dal buon esito del progetto ideato e finanziatori.
[96] Che anche in questo caso ripercorre la disciplina prevista dalla direttiva MiFID II, e che non si discosta dal paradigma ordinamentale interno previsto sino all’entrate in vigore della normativa euro-unionale. Sul punto v. MACCHIAVELLO, La regolazione del crowdfunding in Italia dopo l’adattamento del nostro ordinamento al Regolamento UE n. 2020/1503: i principali cambiamenti per i fornitori di servizi di crowdfunding operanti in Italia e questioni ancora aperte, cit., p. 201 ss.
[97] Cfr. l’art. 8 del Regolamento (UE) n. 1503/2020 nonché Cfr. PEREIRA DUARTE, Intermediation risk and conflicts of interest, cit., p. 136 ss.
[98] In coerenza, peraltro, con le indicazioni di cui al Considerando n. 7 del Regolamento europeo 1503/2020, secondo cui «al fine di promuovere i servizi transfrontalieri di crowdfunding e di agevolare l’esercizio della libertà di offrire e ricevere tali servizi nel mercato interno, è necessario affrontare gli ostacoli che si frappongono al corretto funzionamento del mercato interno di servizi di crowdfunding e garantire un livello elevato di tutela degli investitori stabilendo un quadro normativo a livello di Unione».
[99] Per alcuni esempi, si vedano le obbligazioni aggiuntive in capo ai gestori che stabiliscano il prezzo di un’offerta di crowdfunding, ai sensi dell’art. 4, paragrafo 4, o che svolgano anche il servizio di gestione di un portafoglio individuale di prestiti, di cui all’art. 6 del Regolamento. Sul punto v. PERRINO, Appunti sul lending-based crowdfunding nel reg. UE 2020/1503, cit., p. 36-38.
[100] E che ha spinto il legislatore a disciplinare le tre forme di CF all’interno del medesimo Regolamento. Cfr. il Considerando n. 1 del Regolamento (UE) 2020/1503: «il crowdfunding (finanziamento collettivo) si sta affermando sempre più come forma di finanza alternativa per le start-up e le piccole e medie imprese (PMI), che riguarda solitamente investimenti modesti. Il crowdfunding rappresenta un tipo di intermediazione sempre più importante in cui il fornitore di servizi di crowdfunding, senza assumere a proprio titolo alcun rischio, gestisce una piattaforma digitale aperta al pubblico per realizzare o facilitare l’abbinamento tra potenziali investitori o erogatori di prestiti e imprese che cercano finanziamenti. Tali finanziamenti potrebbero assumere la forma di prestiti o di emissione di valori mobiliari o di altri strumenti ammessi a fini di crowdfunding. È opportuno, pertanto, includere nell’ambito di applicazione del presente regolamento sia il crowdfunding basato sul prestito sia il crowdfunding basato sull’investimento, dal momento che tali tipologie di crowdfunding possono essere strutturate come alternative di finanziamento comparabili».
[101] MACCHIAVELLO, La problematica regolazione del lending-based crowdfunding in Italia, cit., p. 63 ss.; nonché MACCHIAVELLO e SCIARRONE ALIBRANDI, L’inquadramento giuridico delle attività svolte dai lending marketplace. Linee di fondo, cit., 28 ss.; PERRINO, Appunti sul lending-based crowdfunding nel reg. UE 2020/1503, cit., p. 27-28.
[102] L’espressione è “voluta” in quanto, tanto nell’ordinamento sovranazionale, quanto in quello interno, si assiste ad una pervasiva intromissione di un’impostazione che mira alla conformazione alle istanze prudenziali, secondo logiche predeterminate “a monte”.
[103] Si pensi che il corrispettivo totale delle offerte di crowdfunding non può superare l’importo di euro 5.000.000,00, che deve essere calcolato su un periodo di 12 mesi come somma della totalità delle attività di CF, comprendente, ove esercitato cumulativamente, l’equity, il lending e il debt-based. Cfr. l’art. 1, par. 1, lett. c), nonché il Considerando n. 16 del Regolamento europeo.
[104] Il Considerando n. 3 spiega infatti che: «Il crowdfunding può contribuire a fornire alle PMI l’accesso ai finanziamenti e a completare l’Unione dei mercati dei capitali. Per le PMI, l’impossibilità di accedere ai finanziamenti costituisce un problema anche in quegli Stati membri in cui l’accesso al credito bancario è rimasto stabile durante la crisi finanziaria. Il crowdfunding è emerso fino a diventare una prassi consolidata per finanziare attività commerciali di persone fisiche e giuridiche. Tale finanziamento avviene attraverso piattaforme online; le attività commerciali sono in genere finanziate da un gran numero di persone od organizzazioni; e le imprese, incluse le start-up commerciali, raccolgono somme di denaro relativamente modeste».

