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Attualità

Sostenibilità e resilienza dei progetti infrastrutturali nel piano Next Generation EU

19 Aprile 2021

Luigi Mula, DLA Piper

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa

Unione Europea e Stati Membri sono al lavoro in questi giorni per definire il primo quadro di misure volto a dare compimento al Recovery Fund europeo c.d. Next Generation EU. Anche se in questa fase le misure in discussione non sono direttamente applicabili ad aziende o cittadini dell’UE, è facile intuire tuttavia che il recovery Fund si tradurrà in investimenti pubblici che coinvolgeranno gli enti pubblici e le nostre aziende operanti nei numerosi settori coinvolti dalle misure.

Già in questa fase preliminare è possibile individuare nuovi canali ed obiettivi di investimento sui quali aziende, finanziatori e investitori finanziari possono cominciare a posizionarsi.

Infatti, nel gennaio scorso il Governo Conte ha approvato la bozza di Recovery Plan italiano che, interpretando le specifiche esigenze descritte ed illustrate nel Recovery Fund europeo, ha tradotto le stesse già a grandi linee in aree di investimento e relativi “capitoli di spesa”.

Nella predetta bozza è pertanto possibile già intravedere i criteri ai quali dovranno adeguarsi le pubbliche amministrazioni e gli appaltatori nell’esecuzione dei progetti previsti dal Recovery Plan italiano, una volta approvato dall’EU.

Aziende ed investitori potrebbero essere interessati al piano, oltre che nel classico ruolo di appaltatori, anche in quello di potenziali partners della pubblica amministrazione grazie allo strumento del project financing. Nelle raccomandazioni del Parlamento contenute nella relazione al Recovery Plan italiano è infatti previsto che “si dovrebbe prevedere un forte coinvolgimento dei privati attraverso l’utilizzo di strumenti che favoriscano l’apporto del capitale privato ai fini del raggiungimento degli obiettivi del Piano, anche attraverso l’utilizzo del Project Financing”.

2. Le disposizioni dedicate alle infrastrutture

Il Recovery Fund europeo denominato “European Union Recovery Instrument to support the recovery in the aftermath of the COVID-19 crisis” è stato istituito con Regolamento dell’UE 2020/2094. Il successivo Regolamento dell’UE 12 febbraio 2021 n. 241 ha dettagliato profili del fondo quali il vincolo di destinazione delle risorse disponibili, le modalità di accesso a tali risorse ed il monitoraggio sulla spesa dei fondi da parte degli Stati Membri. Il regolamento 241/2021 articola le aree nelle quali i fondi devono essere spesi in sei “pillars” e prevede che i singoli paesi redigano un piano nel quale illustrino all’EU per ogni pillar gli investimenti che intendono finanziare attingendo al Fondo.

Il Recovery Plan italiano, nella bozza attualmente disponibile, è articolato in sei “missioni” che rispecchiano a grandi linee i suddetti “pillars”[1]. Le risorse più ingenti e lo spazio più ampio nel piano sono dedicati agli investimenti in infrastrutture quali linee ferroviarie ad alta velocità, intermodalità e logistica integrata, varie forme di trasporto pubblico locale innovativo e sostenibile, produzione di energie rinnovabili e risparmio energetico per gli edifici pubblici.

Il Recovery plan italiano prevede interventi infrastrutturali tanto nella Missione 2, denominata “Rivoluzione verde a transizione green” quanto nella Missione 3, denominata “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”.

Nella Missione 2 è prevista la voce “Trasporti locali sostenibili” alla quale sono dedicati Eur 7,55 miliardi. Gli interventi più significativi nell’ambito della mobilità sostenibile sono rappresentati dall’acquisto di mezzi a basso o nullo impianto ambientale, con conseguente rinnovo delle flotte dei mezzi utilizzati per il trasporto pubblico locale (autobus, navi e treni), e dalla realizzazione di reti attrezzate per il trasporto pubblico locale rapido di massa.

Quest’ultimo aspetto è tra quelli più innovativi introdotti dal piano in materia di infrastrutture e consiste nella realizzazione di 195 km di rete attrezzata per il trasporto rapido di massa come metro, tram, filovie, Bus Rapid Transit, incluso il materiale rotabile. Tra gli interventi già individuati vi sono quelli che coinvolgono Genova, Bergamo, Rimini, Firenze, Roma e Palermo. Inoltre, si prevede la realizzazione di ulteriori interventi per sistemi di trasporto rapido di massa. Secondo la bozza di Piano gli interventi oggetto di questo secondo gruppo saranno individuati tramite una nuova manifestazione di interesse nei primi mesi del 2021, ma allo stato non è dato sapere quando questa sarà pubblicata.

Come può constatarsi si tratta di interventi che soddisfano contemporaneamente diversi obiettivi del Recovery Fund europeo quali lo sviluppo del trasporto locale a svantaggio di mezzi di trasporto privati e lo sviluppo di infrastrutture rispettose dell’ambiente.

Nella Missione 3 sono invece presenti gli interventi su infrastrutture diverse dal trasporto pubblico locale quali porti, intermodalità, realizzazione di linee ferroviarie ad alta velocità e manutenzione delle strade.

In merito alle linee ferroviarie ad alta velocità nel Nord Ovest i fondi saranno impiegati per il nodo di Genova, corridoio Reno-Alpi, Terzo valico dei Giovi. Nel piano c’è spazio per l’alta velocità Genova-Milano-Torino e la “trasversale” Av da Torino a Venezia. Nel Centro Italia, invece, gli interventi riguarderanno la Orte-Ancona- Falconara, la Roma-Pescara e segmenti della dorsale stradale adriatica. Al Sud verranno migliorate le infrastrutture ferroviarie tra Basilicata e Calabria (con upgrade delle tecnologie di controllo dei treni consentendo l’utilizzo dei binari anche con l’alta velocità).

Inoltre, nell’ambito di intermodalità e logistica integrata è previsto il potenziamento della competitività del sistema portuale italiano in una dimensione di sostenibilità e sviluppo delle infrastrutture intermodali sulla base di una pianificazione integrata e realizzazione dei collegamenti di ultimo miglio dei porti, la sostenibilità ambientale ed efficientamento energetico dei porti (Green ports) e la digitalizzazione della catena logistica e del traffico aereo e la riduzione delle emissioni connesse all’attività di movimentazione merci.

Dal Recovery Plan italiano sono invece assenti investimenti nell’ambito delle infrastrutture aeroportuali, nonostante il gap che gli scali aeroportuali italiani scontano con le infrastrutture aeroportuali degli altri paesi europei e nonostante la costante crescita del traffico registrata prima del Covid. Non emerge con chiarezza dal Piano il motivo per il quale gli aeroporti non sono inclusi tra i destinatari di fondi.

Il Recovery Plan tralascia anche un altro importante aspetto in materia di infrastrutture ed in particolare il coinvolgimento dei privati in partnership con le pubbliche amministrazioni secondo lo strumento del project financing come già raccomandato nella relazione del Parlamento.

Il meccanismo del project financing avrebbe un effetto leva sui finanziamenti europei, ma tuttavia deve e può essere adottato soltanto nell’ambito di specifiche infrastrutture. Un terreno in cui il project financing ha dato prova di riuscire a migliorare le prestazioni delle infrastrutture è stato quello del trasporto pubblico locale.

Anche se il Piano non è la sede adeguata per selezionare gli strumenti giuridici per realizzare i progetti, la possibilità di adottare il meccanismo del project financing potrebbe essere comunque ricordata nel Recovery Fund anche per superare eventuali dubbi degli enti locali chiamati a scegliere lo strumento giuridico idoneo.

Tra gli investimenti di questa missione, il capitolo relativo alla manutenzione delle strade sembra non presentare elementi immediatamente riconducibili alle finalità del Recovery Plan stante l’assenza di un chiaro indicatore di risparmio energetico o inquinante o di elementi innovativi. Per rendere più evidente la connessione con gli obiettivi del piano, si potrebbe valutare di incrementare la componente di digitalizzazione del monitoraggio e sicurezza rispetto alla componente del consolidamento delle opere civili. Si potrebbe ritenere tuttavia che in alcune aree geografiche la realizzazione di una linea ferroviaria ad altra velocità sia meno sostenibile rispetto alla conservazione e miglioramento delle strade esistenti.

3. I criteri della sostenibilità e resilienza

Ai sensi dell’art. 17 del Regolamento 241/2021, le caratteristiche fondamentali che il recovery plan di ogni stato membro deve rivestire ai fini di accedere al Fondo sono la “sostenibilità” e la “resilienza” (art. 17).

L’importanza che il Regolamento 241/21 assegna alle due caratteristiche ai fini dell’approvazione dei Piani nazionali ed il ruolo che queste caratteristiche giocheranno nell’approvazione dei singoli progetti a livello locale è tale da indurre ad un approfondimento su questi aspetti.

Si tratta di caratteristiche il cui significato nel linguaggio comune potrebbe a prima vista sembrare chiaro, ma che non trovano un concreto riscontro nella normativa europea o nazionale, tanto da indurre il legislatore europeo ad inserire nel Regolamento proprio una definizione di “resilienza”. Una definizione di sostenibilità invece non è prevista.

a. Sostenibilità

In merito alla sostenibilità degli investimenti, il significato letterale del termine, derivante dal termine inglese “sustain” ossia “mantenere nel tempo”, indica la caratteristica di un investimento di collocarsi consapevolmente in un certo contesto con una prospettiva di lungo periodo.

Il concetto di sostenibilità si focalizzava inizialmente sui temi dell’ambiente e dell’ecologia ed infatti nei documenti ufficiali internazionali i vincoli che la sostenibilità implicava erano proprio di carattere ambientale.

La sostenibilità veniva interpretata in questo senso infatti sia nell’”Our Common Future Report”[2] della Commissione Mondiale sull’ambiente del 1987 che nel “Glossary of Environment Statistics, Studies in Methods, Series F, No. 67, United Nations, New York 1997”[3].

Il concetto di sostenibilità si è via via ampliato negli anni fino ad essere esteso a profili non strettamente ambientali.

Nel Report sul Global Sustainable Development dell’ONU del 2015 si dava atto dell’ampliamento del termine sostenibilità e si prevedeva che l’obiettivo della sostenibilità fosse “the long-term stability of the economy and environment” e che il mezzo per raggiungere tale obiettivo fosse la consapevolezza e rispetto dei relativi vincoli economici, ambientali e sociali.

Anche dalla recente intervista del Ministro per le Infrastrutture apparsa sul Sole 24 ore del 17 marzo 2021 emerge che il concetto di sostenibilità si è sensibilmente ampliato. Tra i criteri indicati dal Ministro per qualificare un progetto come “sostenibile” vengono ricompresi gli “effetti positivi per la collettività non solo di tipo economico, ma anche sociale, la resilienza, la compatibilità con il rispetto dell`ambiente, una governance efficace del processo, tenere conto dell`intero ciclo di vita dei materiali, il che vuol dire usare materiali riciclabili”.

Da quanto sopra, emerge una possibile definizione di sostenibilità come attitudine di un investimento (es., una infrastruttura, un impianto produttivo, un sistema di trasporti, l’incentivazione di nuove fonti energetiche, etc….) a considerare e rispettare il contesto economico, sociale e ambientale nel quale si colloca ed a minimizzare il consumo di risorse naturali ed ambientali necessarie alle future generazioni.

b. Resilienza

Quanto invece al termine “resilienza”, la definizione presente nel Regolamento 241/21 recita “capacità di affrontare gli shock economici, sociali e ambientali e/o i persistenti cambiamenti strutturali in modo equo, sostenibile e inclusivo.”

Nelle linee guida dell’OCSE per l’analisi dei sistemi resilienti viene previsto che:

“Resilience is most often defined as the ability of individuals, communities and states and their institutions to absorb and recover from shocks, whilst positively adapting and transforming their structures and means for living in the face of long-term changes and uncertainty. Often, these three capacities are used at the same time. (…..omissis…..) Building resilience in a developing country context, therefore means enhancing the capacity of individuals, communities and states to absorb, adapt and transform to the shocks and risks that they should normally be expected to deal with.”

Anche con riferimento alla resilienza, quindi, il parametro non è riferito soltanto all’ambiente ed alle risorse naturali o ad eventuali future pandemie, ma anche ad eventi traumatici dal punto di vista economico e sociale.

4. Conclusioni

Sulla base del quadro appena tracciato, sostenibilità e resilienza sono quindi requisiti complementari in quanto la prima implica la valutazione dell’impatto che un investimento può avere sul contesto in cui si colloca, mentre la seconda l’impatto che eventi traumatici che colpiscono il suddetto contesto possono avere sull’investimento.

I profili dell’investimento da valutare alla stregua dei due requisiti non sono soltanto quelli progettuali o costruttivi di una infrastruttura, ma sono anche quelli inerenti la struttura finanziaria, economica e legale dell’investimento quali ad esempio il profilo dei riflessi economici sulla collettività del costo dell’infrastruttura e l’allocazione dei rischi legali tra appaltatore e pubblica amministrazione committente.

Sostenibilità e resilienza potrebbero entrare presto a far parte del set di vincoli previsti dalle gare di appalto pubbliche, diventando criteri di valutazione per le offerte ed i progetti sottoposti dagli operatori. Le aziende e gli investitori che per primi sapranno adeguarsi potrebbero avvantaggiarsi rispetto alla concorrenza.

Tuttavia, in assenza di parametri più specifici che circoscrivano e circostanzino i requisiti della sostenibilità e resilienza, è probabile che aziende e pubbliche amministrazioni incontrino problematiche interpretative in ordine a tali due requisiti rispettivamente nella predisposizione e nella valutazione delle offerte.

Pertanto, è auspicabile che sostenibilità e resilienza vengano tradotte da parole chiave del comune linguaggio della ripartenza post-Covid a parole chiare nel quadro normativo europeo ed italiano del Recovery Fund. Di questa opera definitoria dovrebbe far parte anche l’elaborazione di parametri e criteri che rendano misurabile l’aderenza dei progetti ai requisiti in questione.

 


[1] La bozza di Recovery Plan italiano è scaricabile al seguente link https://www.ansa.it/documents/1610403841219_Bozza_Recovery_01_Cover.pdf

[2] Il report prevedeva quanto segue: “The concept of sustainable development does imply limits – not absolute limits but limitations imposed by the present state of technology and social organization on environmental resources and by the ability of the biosphere to absorb the effects of human activities.

[3] La definizione del glossario era la seguente“(a) use of the biosphere by present generations while maintaining its potential yield (benefit) for future generations; and/or (b) non—declining trends of economic growth and development that might be impaired by natural resource depletion and environmental degradation”.

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