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Attualità

Rivalutazione delle partecipazioni: il perfezionamento della procedura preclude l’accesso al rimborso dell’imposta sostitutiva versata

28 Giugno 2019

Massimiliano Altomare, Studio Legale Tributario Facchini Rossi Michelutti

Di cosa si parla in questo articolo

Premessa

Entro il 1° luglio 2019[1] occorre redigere e asseverare la perizia di stima del valore delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati per le quali s’intende procedere alla rivalutazione del relativo costo o valore di acquisto ai sensi dell’art. 5 della Legge n. 448/2001 e successive modificazioni e integrazioni[2]. L’utilizzo del valore rideterminato è condizionato[3], infatti, all’assolvimento di tale obbligo nonché al versamento integrale (ovvero della prima rata) dell’imposta sostitutiva dovuta[4]. L’approssimarsi di tale scadenza offre, quindi, l’occasione di analizzare anche le possibili conseguenze connesse ad un eventuale cambio di strategia da parte del contribuente. Ci si riferisce, in particolar modo, alla sorte dell’imposta sostitutiva versata nel caso in cui, successivamente al perfezionamento della procedura di rivalutazione, i contribuenti decidano di non avvalersi più della stessa e, quindi, di non utilizzare il costo rivalutato delle partecipazioni ai fini del computo dei redditi diversi realizzati in occasione delle relative cessioni a titolo oneroso.

La posizione dell’Amministrazione finanziaria

Sul punto, la posizione dell’Amministrazione finanziaria è ferma nel negare al contribuente il diritto al rimborso dell’imposta sostitutiva già versata ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602[5]. In più occasioni[6], infatti, è stato ribadito che la rivalutazione del costo o valore di acquisto delle partecipazioni è una mera facoltà liberamente esercitabile dal contribuente il quale potrà avvalersene in via prospettica. Pertanto, qualora lo stesso decida di esercitarla – attraverso, tra l’altro, il versamento dell’imposta sostitutiva dovuta ovvero di una o più rate della stessa – la scelta risulterà irretrattabile con la conseguenza che al contribuente sarà precluso l’accesso al rimborso dell’imposta sostitutiva già pagata e, inoltre, lo stesso sarà tenuto al versamento delle successive rate dovute onde evitare l’iscrizione a ruolo delle stesse ai sensi dell’art. 10 e ss. del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. Tale interpretazione, sempre secondo l’Amministrazione finanziaria, troverebbe altresì giustificazione anche nell’assenza nella normativa di riferimento di una apposita disposizione che ammetta espressamente il legittimo diritto al rimborso di quanto già versato dal contribuente.

Gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità

In linea con il pensiero dell’Amministrazione finanziaria è anche l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità[7] secondo cui la “scelta del contribuente di optare (attraverso la perizia giurata di stima ed il versamento anche solo della prima rata dell’imposta sostitutiva) per la rideterminazione del costo o valore di acquisto delle partecipazioni costituisce atto unilaterale dichiarativo di volontà, che, giunto a conoscenza del destinatario Amministrazione Finanziaria (attraverso il detto pagamento dell’imposta sostitutiva) comporta di per sé quale suo effetto (…) la rideterminazione del valore della partecipazione, e, pertanto, in base ai principi generali di cui all’art. 1324 c.c. e artt. 1334 c.c. e segg., non può essere revocato per scelta unilaterale del contribuente”[8]. In buona sostanza, ribadisce la giurisprudenza di legittimità, “l’opzione per la rideterminazione del costo o valore di acquisto della partecipazione costituisce manifestazione unilaterale di volontà e non si risolve, pertanto, in mera enunciazione di un fatto o in dichiarazione di scienza (…); proprio perché espressione di volontà negoziale, sono a tale opzione applicabili non già i principi generali sulla emendabilità dell’errore in dichiarazione, bensì quelli sulla normale irretrattabilità della manifestazione di volontà negoziale unilaterale pervenuta a conoscenza della controparte (artt. 1324 e 1334 c.c.); – tale conoscenza, nel caso di specie, si realizza con il versamento per intero dell’imposta sostitutiva (…) ovvero con il versamento della prima delle tre rate previste alternativamente dalla legge, secondo un regime di consolidamento dell’obbligazione tributaria di portata generale, perché di norma applicabile (salvo diversa previsione di legge, qui mancante) alla materia agevolativa e di condono; – è proprio per effetto di tale perfezionamento (…) il contribuente può avvalersi immediatamente del nuovo valore di acquisto della partecipazione ai fini della determinazione delle plusvalenze del T.U.I.R., art. 67, tanto che il contribuente che abbia effettuato il versamento dell’imposta dovuta, ovvero di una o più rate della stessa, non ha diritto al rimborso dell’imposta pagata, né ad essere esentato dai versamenti successivi, quand’anche egli non tenga poi conto, in sede di determinazione delle plusvalenze realizzate per effetto della cessione delle partecipazioni (…), del valore così rideterminato”[9].

Il legittimo rimborso in caso di mancato perfezionamento della rivalutazione

Lo scenario risulta completamente differente allorquando, invece, l’opzione per la rideterminazione del valore delle partecipazioni non risulti perfezionata. E’ questo, ad esempio, il caso trattato nella risposta n.153 del 28 dicembre 2018 ove l’Agenzia delle entrate, è stata chiamata ad esprimersi in merito alla validità dell’opzione per la rivalutazione delle partecipazioni[10] nel caso in cui l’ammontare della prima rata dell’imposta sostitutiva dovuta fosse calcolato sul valore della partecipazione determinato con apposita perizia di stima che, tuttavia, non era stata sottoposta a giuramento entro il termine previsto dalla normativapro-tempore vigente (i.e., 30 giungo 2017). In tale occasione, infatti, l’Amministrazione finanziaria, dopo aver rammentato che per espressa previsione normativa[11] la procedura in esame si perfeziona con il versamento di un’imposta sostitutiva parametrata al valore risultante da un’apposita “perizia giurata di stima” e altresì che la normativa di riferimento individua puntualmente il termine entro il quale la predetta perizia deve essere asseverata ha affermato che “tale puntuale obbligo di legge non possa essere disatteso dal contribuente”. Pertanto, conclude l’Agenzia delle entrate, nel caso di specie, la procedura deve ritenersi non perfezionata, ma al contribuente è comunque riconosciuto il diritto di recuperare l’imposta versata e non dovuta ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 602. Analogamente, il diritto al rimborso dell’imposta sostituiva già versata spetta anche nel caso in cui il contribuente abbia effettuato il versamento dell’intero ammontare dovuto (ovvero anche solo della prima rata) oltre il termine però previsto dalla normativa di riferimento. Anche in tale ultimo caso, infatti, per quanto sin qui evidenziato, la procedura di rivalutazione dovrà ritenersi non perfezionata ma, analogamente al caso trattato nella Risposta n. 153/2018, il contribuente potrà legittimamente accedere al rimborso di quanto già versato ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 602[12].

Da quanto sin qui sinteticamente evidenziato pare chiaro, quindi, che la scelta di rivalutare il valore delle partecipazioni dovrà necessariamente essere attentamente ponderata posto che, come già evidenziato, successivamente al perfezionamento della stessa, eventuali cambi di strategia da parte del contribuente, in termini di mancato utilizzo del costo rivalutato in occasione delle eventuali cessioni delle partecipazioni oggetto di rivalutazione, non legittimerebbero l’accesso al rimborso dell’ammontare effettivamente versato dallo stesso a titolo di imposta sostitutiva che in definitiva risulterebbe a tutti gli effetti perso.



[1] Termine così prorogato, essendo il 30 giugno, termine naturale di scadenza, sabato.

[2] La procedura di rivalutazione qui in esame, così come modificata dall’ art. 1, commi 1053 e 1054 della Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (c.d. Legge di Bilancio 2019), consente ai contribuenti che posseggono, alla data del 1° gennaio 2019, titoli, quote o diritti non negoziati nei mercati regolamentati, di utilizzare ai fini del calcolo dei redditi diversi di cui all’art. 67, c. 1 lett. c) e c-bis), in luogo del costo o valore di acquisto, il valore risultante da un’apposita perizia giurata di stima redatta da professionisti abilitati.

[3] In tal senso cfr. ex multis Circolare Agenzia entrate 4 agosto 2004, n. 35/E.

[4] Calcolata con aliquota del 11% (partecipazioni qualificate) ovvero del 10% (partecipazioni non qualificate) e da versarsi entro il 1° luglio 2019.

[5] In base al quale, il contribuente è legittimato alla presentazione di una istanza di rimborso entro il termine di decadenza di 48 mesi dalla data di versamento nel caso in cui il medesimo fosse viziato da “errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento”.

[6] Cfr. Circolari Agenzia entrate nn. 35/E del 4 agosto 2004, 47/E del 24 ottobre 2011 e 20/E del 18 maggio 2016.

[7] Cfr. ex multis, Ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. Trib., 28 febbraio 2019, n. 10298, Cassazione 16 novembre 2018, n. 29594, Ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. Trib., 15 giugno 2018, n. 15868, Cassazioni 3 agosto 2016, n. 16162, 13 gennaio 2016, n. 385, 10 dicembre 2015, n. 24953. Contra cfr. Cassazioni 24 aprile 2015, nn. 8349 e 8350

[8] In tal senso, cfr. Ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. Trib., 15 giugno 2018, n. 15868.

[9] Così si è espressa Cassazione 16 novembre 2018, n. 29594.

[10] Relativamente alle quote di una società residente possedute al 1° gennaio 2017 da un cittadino italiano residente all’estero.

[11] Ex art. 5 della Legge n. 448/2001 e successive modificazioni e integrazioni.

[12] In tal senso, cfr. Circolare Agenzia entrate 4 agosto 2004, n. 35/E.

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