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Giurisprudenza

Risoluzione della cessione quote di Srl per difformità nella consistenza effettiva del patrimonio sociale

3 Ottobre 2019

Brando Maria Cremona, LL.M. Candidate, Stanford University, Ph.D. Student, Bocconi University

Cassazione Civile, Sez. VI, 12 settembre 2019, n. 22790 – Pres. D’Ascola, Rel. Abete

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Il prossimo 21 novembre si terrà a Milano il Convegno di rassegna di giurisprudenza ed orientamenti notarili in materia societaria organizzato da questa Rivista. Per maggiori informazioni si rinvia al link indicato tra i contenuti correlati.

Con la pronuncia in esame, la Suprema Corte ha stabilito che le azioni e le quote di partecipazione in società di capitali rappresentano dei beni c.d. di “secondo grado”, poiché non del tutto distinte dai beni compresi nell’insieme del patrimonio della società stessa. Ne consegue dunque che i beni inclusi nel patrimonio di una società “non possono essere considerati del tutto estranei all’oggetto del contratto di cessione delle azioni o delle quote” della società medesima, tanto nel caso in cui “ le parti abbiano fatto espresso riferimento agli stessi, mediante la previsione di specifiche garanzie contrattuali” quanto laddove “l’affidamento del cessionario debba ritenersi giustificato alla stregua del principio di buona fede”. Alla luce di quanto precede, i Giudici della Corte di Cassazione hanno così rilevato che “la differenza tra l’effettiva consistenza quantitativa del patrimonio sociale rispetto a quella indicata nel contratto” incide su valore stesso delle azioni cedute, potendosi così raffigurare la circostanza della mancanza delle qualità essenziali della cosa venduta e rendendo ammissibile la risoluzione ex art. 1497 c.c. ovvero ex art. 1453 c.c., “qualora i beni siano assolutamente privi della capacità funzionale a soddisfare i bisogni dell’acquirente”.

I summenzionati principi sono stati sanciti nel contesto del ricorso presentato dalla parte venditrice della propria partecipazione in una S.r.l. per la cassazione della sentenza con cui i giudici di primo e secondo grado avevano disposto la risoluzione del contratto di cessione, unitamente alla restituzione del corrispettivo ricevuto e al risarcimento dei danni subiti da parte acquirente. Nel caso in esame, la venditrice aveva infatti garantito all’acquirente determinate qualità della situazione patrimoniale della società oggetto di trasferimento, salvo poi essere stata citata in giudizio quando una successiva attività di revisione contabile aveva fatto emergere la presenza di una notevole perdita nella società trasferita.

 

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