Con l’ordinanza n. 24968, pubblicata lo scorso 10 settembre 2025, la Corte di Cassazione ha confermato i requisiti in presenza dei quali il leasing immobiliare debba essere equiparato all’acquisto di beni di investimento, con conseguente riconoscimento in capo all’utilizzatore del diritto al rimborso dell’eccedenza detraibile di IVA di importo superiore ad euro 2.582,28.
Ad avviso della Corte, tale circostanza è ravvisabile laddove ricorrano cumulativamente i seguenti elementi:
- per i beni oggetto di leasing sia previsto il trasferimento di proprietà (o almeno l’attribuzione delle caratteristiche essenziali dei beni medesimi) al conduttore alla scadenza del contratto
- la somma delle rate e degli interessi corrisponda al valore venale dei beni
- l’esercizio del diritto di opzione di acquisto, pur facoltativo, deve apparire come la sola scelta economicamente razionale per il soggetto locatore.
Nel caso di specie, una società aveva impugnato dinanzi alla CTP il provvedimento di diniego di rimborso dell’eccedenza IVA annuale, relativo ai costi di acquisto in leasing e di ristrutturazione di un capannone industriale e delle relative attrezzature.
I giudici di primo grado accoglievano il ricorso, che veniva successivamente confermato anche dalla CTR.
Interponeva ricorso l’Agenzia delle Entrate, su cui si è pronunciata la Cassazione che, richiamando la giurisprudenza unionale in tema di rimborsi IVA, affermava che l’equiparazione del leasing immobiliare all’acquisto di beni di investimento laddove in presenza dei suddetti requisiti, la cui sussistenza doveva essere verificata in concreto e caso per caso; per tale ragione, il giudizio veniva rinviato di fronte alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo grado che, conformandosi al principio di diritto, affermava nuovamente il diritto della contribuente al rimborso.
Avverso tale seconda decisione ricorreva nuovamente l’Ufficio, lamentando che i Giudici di merito, pur attenendosi al principio enunciato, avessero omesso l’accertamento di fatto sui requisiti ivi previsti.
Con l’ordinanza in commento, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, sottolineando come il principio di diritto, enunciato ai sensi dell’art. 384 c.p.c., costituisca la regola juris del caso, come tale vincolante per il giudice del rinvio.
Ha dunque errato la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado nel limitarsi semplicemente a riprodurne i principi, senza provvedere ad una verifica concreta circa l’effettiva sussistenza delle condizioni che giustificavano il diritto al rimborso per la contribuente: previsione del trasferimento della proprietà (o delle caratteristiche essenziali del bene) al conduttore, corrispondenza tra canoni complessivi e valore venale del bene, configurabilità dell’opzione quale unica scelta economicamente razionale.
Solo in presenza di tali presupposto il leasing immobiliare può essere assimilato all’acquisto di un bene di investimento, legittimando il diritto al rimborso IVA.

