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Giurisprudenza

Reverse charge: adempimenti del cessionario con valenza sostanziale

16 Febbraio 2022

Luca Cicozzetti, Avvocato

Cassazione Civile, Sez. V, 09 aprile 2021, n. 9394 – Pres. Napolitano, Rel. Federici

Di cosa si parla in questo articolo

In tema di inversione contabile (reverse charge), il grave inadempimento, di natura fraudolenta o deliberata, degli obblighi formali cui è tenuto il cessionario, quali l’autofatturazione o l’integrazione della fattura ricevuta dal cedente, nonché gli obblighi di registrazione e di relativo esercizio del diritto alla detrazione nei termini previsti dall’articolo 19, d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, può condurre all’esclusione della compensazione tra debito e credito relativo all’Imposta sul Valore Aggiunto.

In altri termini, tali adempimenti rappresentano, a determinate condizioni, il presupposto per la concreta applicazione del principio di neutralità, che caratterizza il sistema dell’IVA.

Il principio contenuto nell’ordinanza in oggetto sembra sviluppare quanto precedentemente affermato dalla Corte di Cassazione in materia (Cass. n. 24022/2013).

Nella fattispecie in esame, l’Amministrazione finanziaria contestava ad una società per azioni, per gli anni 2003 e 2004, per quanto di interesse, l’omessa fatturazione, in regime di inversione contabile ex art. 74, comma ottavo, del d.P.R. 633/1972, di acquisti di materiale ferroso da parte di soggetti non identificati, con conseguente omessa dichiarazione IVA.

In particolare, gli acquisti di materiale non erano assentiti da alcun documento contabile, ma da meri buoni acquisto indicanti il prezzo di vendita e la provenienza da parte di venditori “privati”, con pagamento da regolarsi il contanti.

L’Amministrazione finanziaria, stante il volume degli acquisti effettuati, escludeva potesse trattarsi di cedenti non soggetti passivi dell’IVA; pertanto, in assenza di emissione di fattura da parte di questi ultimi, la società cessionaria avrebbe dovuto regolarizzare l’acquisto ex art. 6, comma ottavo, del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 471.

la contribuente proponeva ricorso, presso la Commissione Tributaria Provinciale competente, avverso i relativi avvisi di accertamento.

A seguito dell’accoglimento del ricorso della contribuente, l’Agenzia delle Entrate ricorreva in appello.

In tale sede, il giudice di secondo grado confermava la sentenza della CTP in ordine alle contestazioni di irregolarità ed omessa dichiarazione IVA.

La sentenza della CTR veniva censurata, mediante ricorso per la sua cassazione, dall’Amministrazione finanziaria, lamentando l’errore di diritto in cui era incorso il giudice d’appello nell’interpretazione della disciplina sull’inversione contabile, avendo questi affermato che, nel caso in cui la disciplina del reverse charge fosse stata giudicata in applicabile nel caso di specie, si sarebbe integrata la coincidenza tra soggetto passivo d’imposta (che è sempre il cedente o prestatore), e il debitore della stessa (il cessionario), senza che ciò comportasse alcun illecito sostanziale.

Tale conclusione non veniva condivisa dal Collegio di Legittimità adito che, con la pronuncia in questione, accoglieva il ricorso presentato dall’Amministrazione finanziaria.

La Corte, prima di giungere all’accoglimento del motivo formulato, riporta lo sviluppo giurisprudenziale, domestico ed unionale, che La ha condotta a riconoscere valide le doglianze dell’Amministrazione finanziaria.

Secondo un primo orientamento (Cass. n. 24022/2013 e Cass. 12649/2017), nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate, nei casi di inversione contabile, accerti l’omessa registrazione (in acquisto e vendita) e fatturazione da parte del cessionario, è legittimo recuperare l’IVA evasa, non essendo questa più compensabile ex post con il relativo debito quando il diritto alla detrazione sia esercitato tardivamente .

Secondo il menzionato precedente, gli adempimenti del cessionario, che non sia il consumatore finale, quali l’autofatturazione o l’integrazione della fattura ricevuta dal cedente e gli obblighi di registrazione, assumono una valenza non formale, bensì sostanziale, non solo ai fini dell’assunzione del debito d’imposta, ma anche per l’emersione del diritto alla detrazione e alla conseguente compensazione con il debito IVA.

Tali adempimenti costituiscono il presupposto per l’attuazione del principio di neutralità, cui si informa il sistema dell’IVA per i partecipanti alla catena produttiva fino al consumatore finale, vero ed unico soggetto passivo d’imposta.

A tale orientamento se ne è opposto un altro (Cfr. Cass. 8038/2013; Cass 7576/2015; Cass. 16367/2020), che valorizza, anche in assenza di adempimento agli obblighi formali, la ricorrenza dei requisiti sostanziali per l’esercizio del diritto alla detrazione (inerenza dei beni o servizi acquistati, soggettività passiva dell’acquirente), che impedirebbe il recupero dell’IVA in caso di mancata applicazione dell’inversione contabile, sula scorta di quanto affermato dalla Corte di Giustizia con la sentenza dell’8 maggio 2008, cause riunite C-95/07 e C-96/07, caso Ecotrade.

Nell’ambito della ricerca di un equilibrio tra l’osservanza degli obblighi formali imposti ed il diritto alla detrazione dell’IVA, si sono poi registrati ulteriori arresti, nel tempo consolidatisi, (Cfr. Cass. 14767/2015; Cass. 5401/2017; Cass. 16367/2020) dove, partendo dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’11 dicembre 2014 , causa C-590/2013, caso Idexx, si è sostenuto che la violazione degli obblighi relativi all’inversione contabile, pur non impedendo il sorgere del diritto alla detrazione, può inficiarne l’esercizio, quando l’acquirente, consapevole della natura imponibile della prestazione, ometta, per tardività o negligenza, di richiedere la detrazione entro il termine riconosciuto dalla legge.

Da ultimo, la Corte ha ritenuto opportuno citare la sentenza della Corte di Giustizia del 28 luglio 2016, causa C-332/2015, caso Astone, dove si è sostenuto che la direttiva 2006/112 non osta ad una disciplina domestica che neghi al contribuente il diritto alla detrazione quando questi, in modo fraudolento, abbia deliberatamente violato gli obblighi formali funzionali all’esercizio di detto diritto.

Ciò premesso, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Commissione regionale non abbia tenuto conto dei principi giurisprudenziali sopra esposti e pertanto, ha accolto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate e cassava la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR in diversa composizione.

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