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Giurisprudenza

Recepimento CRD IV: le modifiche al TUF sulle sanzioni amministrative non si applicano alle violazioni commesse prima dell’entrata in vigore delle disposizione Consob e Banca d’Italia

4 Ottobre 2016

Avv. Vittorio Mirra, Professore a contratto di Diritto dei mercati e degli intermediari finanziari – Corso progredito, LUISS Guido Carli, Roma

Cassazione Civile, Sez. I, 30 giugno 2016, n. 13433

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo è frutto esclusivo delle opinioni personali dell’autore, che non impegnano in nessun modo l’Istituto di appartenenza (Consob).

 

In materia di sanzioni amministrative non è applicabile il principio della retroattività della legge più favorevole al reo di cui all’art.2 del codice penale, in forza dell’autonomia reciproca dei due sistemi sanzionatori. Occorre l’espressa previsione di retroattività, quale eccezione alla regola. Fuori delle ipotesi espressamente previste, valgono il principio generale di irretroattività, sancito dall’art. 11 delle preleggi, ed il divieto di applicazione analogica di cui all’art. 14 delle preleggi.

Con la sentenza n. 13433, pubblicata il 30 giugno 2016, la prima sezione civile della Corte di Cassazione affronta il tema delle sanzioni amministrative irrogate dalle Autorità amministrative indipendenti, del rispetto del principio del contraddittorio e dell’applicabilità del favor rei a tale tipologia di sanzioni.

In particolare, col recepimento della direttiva CRD IV (vedasi il D. Lgs n. 72/2015), sono state apportate delle sostanziali modifiche alla Parte V del Testo Unico della Finanza, le quali però – come stabilito dallo stesso D. Lgs. n. 72/2015 e confermato dalla Suprema Corte – non si applicano alle violazioni commesse prima dell’entrata in vigore delle disposizione di attuazione della Consob e della Banca d’Italia.

In merito alla possibile equiparazione delle sanzioni amministrative ea quelle penali è intervenuta anche una famosa pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (sentenza Grande Stevens e altri contro Italia, sentenza del 4 marzo 2014), che viene però ben sintetizzata dalla Cassazione, la quale chiarisce che “la ricorrenza di alcuni caratteri comuni non comporta, di necessità, l’equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale a tutti gli effetti, in virtù di assonanze formali, talvolta ridondanti nella magia delle parole (“afflittività”)”.

I principi generali e la ratio del nostro sistema impediscono dunque di enucleare un principio assoluto di equiparazione tra le due tipologie di sanzioni, tale, da estendere, nella diversa fattispecie oggetto del giudizio in commento, il principio – di natura eccezionale – della retroattività dello ius superveniens.

Nella sostanza, viene confermato che nel campo del diritto amministrativo, la ratio dell’irretroattività della lex mitior è ravvisata nell’esigenza di rafforzare l’efficacia deterrente della sanzione, eliminando ogni aspettativa di elusione per effetto di una più favorevole legge successiva; oltre che da esigenze di prevedibilità, certezza e celerità della contestazione e del recupero delle somme. Peraltro, l’equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale causerebbe anche antinomie incompatibili con alcuni principi di carattere costituzionale (es. art. 25 Cost.).

L’autonomia dei due sistemi sanzionatori rende pertanto non applicabile in materia di sanzioni amministrative il principio della retroattività della legge più favorevole al reo di cui all’art.2 del codice penale.

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